#unacuriositàvenezianapervolta 226
Fulgenzio Manfredi: un salvacondotto per il rogo.
Fulgenzio Manfrediè stato ed è un personaggio Veneziano dimenticato … Uno però che è accaduto e c’è stato per davvero dentro all’incredibile e molteplice realtà Lagunare del suo tempo nascendo pressappoco nel 1563.
Entrato nei Frati Cappuccini con i quali fece gran baruffe e contestazioni, passò ai Francescani Minori Osservanti di San Francesco della Vigna di Castello a Venezia dove divenne ben presto famoso per lo spessore della sua cultura, e la forza dell’eloquenza delle sue prediche. Si dice fosse dotato di notevole ironia, oltre che di felice senso critico e polemico, ed era conosciuto oltre che per la produzione di diversi scritti di natura Religioso-Dottrinale e Storica, anche e soprattutto per la sua verve patriottica e idealistica a favore della Serenissima.
Fulgenzio Manfredi quindi è un personaggio che merita la nostra attenzione curiosa per quanto d’insolito e singolare gli è capitato di vivere ... anche se quel nome oggi è buttato là nel dimenticatoio anonimo dell’oblio della Storia che conta.
Arriviamo però ai fatti !
Siccome, come dicevo, era uno spettacolo avvincente assistere alle sue prediche, soprattutto perché le arricchiva di una eloquenza e di una gestualità e loquela così efficaci che riusciva a raggiungere, pungere e catturare di volta in volta l’attenzione di tutti … Veneziani e non ... dai popolani più ignoranti e illetterati, ai Nobili e gli eruditi, ai Politici e Ambasciatori, e fino alla gente che contava di più a Venezia: il Doge e la sua stretta sequela accorrevano ad ascoltarlo …. C’erano perfino a Venezia i così dettiFulgenzini: donne popolane soprattutto, che come moderni fans non mancavano mai di accorrere entusiasti e ammiccanti quando c’era lui a parlare.
Predica dopo predica, catechizzata dopo efficace indottrinata, il Fratedivenne conosciuto, stimato e richiesto ovunque per Venezia, finchè venne deputato a calcare il pulpito di uno dei più prestigiosi luoghi di cultura e Dottrina della sua epoca: la chiesa dell’Umiltà sulle Zattere di Dorsoduro verso la Punta dei Sali e della Dogana da Mar.
A voi dirà poco o niente il nome della chiesa dell’Umiltà, anche perché oggi non esiste più, ed è stata sostituita ormai da secoli da un largo cortile che ha visto migliaia di Veneziani e giovani calcarne ludicamente e pensierosamente il terreno … me compreso.
Nel 1550, invece, ai tempi del nostro Frate Fulgenzio chiesa e Monastero dell’Umiltà erano giunti all’apice del loro fulgore … L’Umiltà era di sicuro un altro di quei gioielli Veneziani, un bijoux d’Arte e Bellezza quasi sensuale che attirava Veneziani e non come api sul miele.
A farla breve: il Luogo dell’Umiltà ai tempi di Frate Fulgenzio viveva una stagione di grande fervore e splendore artistico. La chiesa era totalmente ricoperta da teleri, quadri e opere d’Arte degli autori più illustri della Venezia di allora: Paolo Veronese aveva dipinto mirabilmente gli scomparti del soffitto con teleri da rimanere a bocca aperta a guardarli, e poi c’erano le opere di Jacopo Tintoretto, Marcantonio Moro, Paris Bordone, del Fiammingo Baldissera D’Anna, Jacopo Bassano, Palma il Giovane, Fabio Canal e affreschi del Petrelli… un intero piccolo museo per intenderci.
Che poi il sito della chiesetta sulle Zattere ai Magazzini del Salealla Punta della Trinità della Visitazione della Vergine detta volgarmente: Santa Maria dell’Umiltà col Monastero delle Monache di San Servilio era già famoso a Venezia perchè aveva già una sua ricca Storia. Era stato prima luogo di Cavalieri Templari“Poveri Cavalieri di Cristo” di cui sapete vicende e losche, tragiche subdole peripezie, poi dei Cavalieri Teutonici… Non ultimo aveva ospitato San Ignazio di Lodola o Loyola con i suoi compagni che abitavano nel vicino spartano Ospedaletto degli Incurabili dove si dedicavano a curare gli infermi … Ignazio di Loyola diceva a suoi di far finta di trovarsi in India ... Più tardi ancora l’Umiltà trovando rinnovato splendore ospitò i Padri Gesuiti: i Preti del Gesùfedelissimi del Papa che rinnovarono tutto: chiesa e Monastero nel 1589, trasformandolo in sontuoso Collegio Educativo per i figli dei NobiliVeneziani.
La chiesa per la munificenza di Nobili Veneziani come i Lippomano, di Nobildonne come Bernardo Adriana vedova di Vincenzo ContariniGovernatrice dei Derelitti e delle Zitelle, e dello stesso Stato Serenissimodivenne un preziosissimo bijoux. Nel marzo-giugno 1560 si provvide a diversi interventi edilizi spendendo 800-1000 ducati, altri 1500-2000 scudi due anni dopo, e nell’agosto 1563 si completò la mirabile decorazione pittorica sempre affidandola ai “migliori” … Completato tutto, dieci anni dopo, i Cronisti Veneziani scrivevano: “…il sito è assai comodo… la chiesa ha cinque altari ed un ricco e bel soffitto, è dotata di una bella e grande Sacrestia ben provvista di paramenti ed ornamenti per la chiesa … (si accenna ad un ricchissimo tabernacolo da 1.000 ducati offerto da NobilDonne) … la casa ha un cortile con una cisterna nel mezzo, un Oratorio in prossimità della porta per confessare uomini e ragionare con forestieri … dispone a pianoterra di due camere per il portiere ed i forestieri, di un magazzino per la legna, cantina, cucina e refettorio … ed un assai bello e grande giardino … la casa è articolata in due soleri: il primo con dodici camere, ed il secondo con undici: alcune talmente grandi da poterne fare quattro, oltre la Biblioteca assai grande e ben fornita di libri … Infine una comoda e grande sala dove si fa fuoco durante l’invernata.”
E ancora cinque anni dopo, nel 1578, quando il sito era perfezionato: “… s’è aggiunto alla chiesa la Cappella Grande col Coro di dietro con sedili di noce ben lavorati (in solaro sopra la porta della chiesa esiste un altro Coro capace di 200-300 persone), pavimenti in pietra viva di vari colori e con alcuni quadri grandi di pittura sulla vita della Madonna … rendendola più capace … allo scopo non sono mancate le elemosine … anche la Signoria ha fatto più larghe elemosine per vitto e la fabbrica rispetto agli anni passati … Dall’altra parte di dentro si sono fatti due Oratori nei quali si può celebrare la Messa, udir predica e far esortazioni. Di sotto a ciascuno di questi ci sono due stanze che possono servire a Sacrestia et altri bisogni … si hanno belle Reliquie in bei reliquiari …”
Nel 1580 una nota storica racconta che si dovettero interrompere le prediche in chiesa: “… alcune Feste dell’estate per essere impedita la chiesa da muratori e falegnami nel far il pavimento e li banchi nuovi da sedere alla predica, tutti a modello così per gli uomini che per le donne; il che ha aggiunto grande ornamento alla chiesa …”
Anche il Doge in persona si serviva per la sua Confessione personale dei Gesuiti dell’Umiltà mandandoli a prendere con una gondola per portarli a Palazzo Ducale.
I Padri Gesuiti consapevoli del loro ruolo, era parecchio ringalluzziti facendo un po’ alto e basso nella Città Lagunare: rifiutarono, ad esempio, di guidare e gestire il Seminario Dogale dei Chierici del Doge, rinunciando anche a un’entrata considerevole, considerando apertamente i Chierici del Doge come: “Preti bassi e di troppo dissoluti costumi.”
L’Umiltà sulle Zattere divenne piano piano luogo istituzionale di Politica e Dottrina, un pulpito prelibatissimo: un luogo di cultura, ma anche di prestigio dove la Serenissimaesternava pubblicamente le sue convinzioni … Non a caso presenziavano in massa alle celebrazioni e alle prediche gli Ambasciatori di tutti gli Stati Stranieri, i rappresentanti più o meno palesi dell’elite Veneziana, nonchè gli spioni del Papa che stavano a pesare e centellinare ogni cosa che veniva detta considerandola come uscita dalla bocca della Serenissima stessa.
Era insomma ambitissimo predicare all’Umiltà: solo i migliori potevano accedervi “cum summa laude” dello Stato Serenissimo … Fra costoro ci fu anche Frate Fulgenzio Manfredi dei Frati Minori di San Francesco della Vigna nel Sestiere di Castello che mirava a calcare impronte e tracce illustri come quelle lasciate dal suo amico un po’ esuberante e apocalittico: il Servita Paolo Sarpi divenuto Teologo Ufficiale della Serenissimaper gli affari di Religione e Consigliere Dottrinale Dogale con tanto di profumatissima e pingue Pensione di Stato.
A fine 1500-inizio 1600 Papa e Gesuiti andarono però in aperta disgrazia alla Serenissima, e dopo numerosi scontri a Padovae in Laguna vennero espulsi e cacciati via da Venezia e da tutto il suo Dominio al tempo del famoso Interdetto e della Scomunica propinata a Venezia. Poco prima un gruppo di 27 Patrizi Veneti: Loredan, Foscolo, Morosini, Barbaro, Barbarico, Venier, Foscarini, Malipiero, Marcello, Priuli, Vendramin, Molin, Paruta, Corner, Pesaro, Badoer e Rimondo chiesero e ottennero il riavvio di un Collegio per Nobili all’Umiltà che durò tre anni in tutto: giusto fino all’espulsione dei Gesuiti … Il complesso dell’Umiltàrimase abbandonato.
Solo a fine giugno 1615 tutta l’area venne affidata dal Governo della Repubblica alle Monache Benedettine provenienti dai Santi Basso & Leone di Malamocco trasferite prima nell’Isola di San Servolo con poca fortuna dall’Abate di Sant’Ilario di Fusina.
Facciamo però un passo indietro tornando al nostro Frate Fungenzio Manfredi. Costui era sempre in stretto contatto col Padre Sarpi, di cui aveva grandissima stima, quasi una venerazione, e col quale scambiava di continuo opinioni ed entusiasmi, ma soprattutto velleitarie, furenti e aspre critiche infuocate lanciate contro il Papa Sovrano Pontefice di Roma… Era il tempo in cui la Serenissima si stava contrapponendo apertamente al Papa anche e non solo dal punto di vista Dottrinale, ma anche mettendo ai ferri corti il Clero Lagunare costringendolo a pagare tasse come tutti i Veneziani … cosa da cui il Clero Veneto era da sempre stato esentato tutelato dal Papa in persona.
Fra Fulgenzio allora si recava spesso a predicare all’Umiltà diventata palcoscenico mediatico del momento … Lì, come vi dicevo, confluivano ad ascoltarlo immancabili Nobili acculturati e Letterati, antipapalini sfegatati, Nobili Mercanti vogliosi di saperla lunga, il Doge in persona col suo entourage, e gli Ambasciatori Stranieri che non mancavano di aggiornare puntualmente i loro lontani Sovrani di quanto stava accadendo e si andava dicendo a Venezia.
A tal proposito esistono, ad esempio, dei dispacci inviati al Re d’Inghilterra dall’Ambasciatore Britannico residente a Venezia con i quali veniva aggiornato sulle: “… parole spinte, provocanti e dure di Fulgenzio Frate Veneziano … Quel Frate parla peggio di un Protestante e di un Inglese … usa uno stile oratorio diseguale, a volte sublime, altre volte triviale, ma esibisce sempre un’esorbitante libertà e fluidità di parola efficace che affascina e coinvolge tutti.”
Enrico IV di Francia, mediatore in seguito fra Venezia e Roma, intercettò una lettera che un Ministro Preteresco di Ginevra Calvinista: Giovanni Diodati oriundo Lucchese scrisse a un Ugonotto di Parigi: “… in pochi anni raccoglieremo il frutto de travagli che io e Fra Fulgenzio Santissimo Predicatore Evangelico sosteniamo per introdurre la Riforma nella vigna di Venezia, dove il Doge Lorenzo Donà e i Senatori hanno ormai aperto gli occhi finalmente alla Verità, anche se hanno risoluto a non scoprirsi per ora, ma di attendere un’occasione più favorevole, mentre il numero dei loro partigiani cresce ...”
Lo stesso Diodati affermava e scriveva d’aver fatto un viaggio a Veneziaincontrando e avendo molti colloqui con Padre Sarpi e Fra Fulgenzioinsieme ... Nel 1609 Linckh agente dell’Elettore Palatino aveva avuto un abboccamento diretto con gli stessi Fra Paolo Sarpi e Fra Fulgenzio suo Confratello. Scrisse a sua volta che entrambi dirigevano un’associazione segreta di oltre mille persone, di cui trecento Patrizi delle Primarie Famiglie col fine d’introdurre la Religione Protestante a Venezia… Attendevano solo che il Protestantesimosi fosse introdotto e diffuso almeno un poco nelle Regioni Tedescheconfinanti e limitrofe con la Serenissima.
Pensate se fosse accaduto ! … Sarebbe cambiata la Storia di Venezia, che si sarebbe risvegliata e dichiarata Protestante e Riformata: unico Stato d’Italia… Sarebbe cambiato l’intero Mondo Europeo di allora con tutti i suoi equilibri dettati dalla Religione.
Non accade però, perchè Venezia preferì riappacificarsi col Papa che provvide a fornirle soldi e navi da utilizzare contro i Turchi.
La Guerra e le Economie, si sa, sono sempre venute prima e sono più importanti di qualsiasi Religione, salvo non sia essa stessa il pretesto per fomentarle e realizzarle.
Frate Fulgenzio allora, consapevole di cavalcare il suo momento e l’onda del successo, non si trattene affatto dal pronunciare parole in più, e neanche dal compiere a volte gesti eclatanti a corredo … Si racconta, ad esempio, di una volta quando al termine della funzione con la sua predica, il Frate uscì di corsa quasi invasato e spiritato sul sagrato delle Zattere tirando giù dalla facciata lo Stemma Papale e gettandolo a terra … Lo sostituì con uno stemma “da Papa Morto e Sede Apostolica Vacante”.
Il gesto fu di sicuro clamoroso e spettacolare: fece irritare il Nunzio Papale a Venezia, e il suo racconto in breve saltò di bocca in bocca non solo dei soliti curiosi, ma di tutti i Veneziani “che finirono col ridere”, per giungere poi fino ai confini della Laguna e ben oltre. Quel gesto ad effetto di Fra Fulgenzio voleva significare: “Venezia è senza Papa … Non ne ha bisogno: per lei è come morto … Ne sa fare benissimo a meno.”
Fu subito scandalo grandissimo che giunse fino al Papa di Roma che aveva orecchi più grandi di quelli di Dumbo.
Frate Fulgenzio venne convocato prontamente a Roma presso la Congregazione del Santo Uffizio per essere “valutato”.
Si era nel 1606, e Venezia e Santa Sede erano ormai ai ferri corti … Già: valutato a Roma… Ma in che modo ?
Fra Fulgenzio non si presentò ovviamente, ma pubblicò alcuni scritti in cui si difese dalle accuse della Sacra Inquisizione di Roma dichiarandosi: “Predicatore vero e fedele della Dottrina Evangelica e Apostolica”.
E dai … e dai … e batti e ribatti: come ulteriore gesto la Serenissimaincarcerò, processò e condannò due Preti per reati comuni … Cosa rara, non inaudita a Venezia dove non si andava tanto per il sottile con il Cleroe i Religiosi inadempienti e non curanti delle Leggi dello Stato … Fu di sicuro un altro gesto provocatorio, e di certo non utile alla causa Veneziana contro il Sovrano Pontefice.
Un ulteriore gesto di sfida da parte dei Veneziani venne considerata l’elezione a nuovo Doge del dichiaratamente e fattivamente antipapale Lorenzo Donà che non fece affatto mistero delle sue convinzioni, né di voler strapazzare il Papa un bel po’.
Venezia era Venezia … Non temeva nessuno.
Il Papa implose ... e nel gennaio seguente lanciò Interdetto e Scomunica su tutta Venezia, il Doge, i Senatori,e su tutta la loro congrega associata compresi Frate Paolo Sarpie gli altri Frati “eretici e mezzi matti”… Il Papa proibì ogni cerimonia religiosa in Laguna e in tutto il DominioVenetoa tempo indeterminato … In un certo senso era caduto il cielo sopra Venezia.
Ma la Serenissima non si scompose né battè ciglio: cacciò via subito i Gesuitidalla Laguna sequestrandone e incamerandone i numerosi beni, precettò tutti gli Ecclesiastici di continuare a celebrare i loro Riticome se niente fosse, e si scagliò contro Roma con tutta la forza della sua acculturata e diplomatica eloquenza. In quel contesto primeggiò su tutti e si valorizzò l’eloquenza teologica del Padre Servita Sarpi che si diede parecchio da fare tuonando dai pulpiti e negli scritti.
Il Papa superoffeso si ribaltò sul suo seggiolone tanto da mandare immediatamente da Roma un paio di sicari a Venezia, che sul Ponte di Santa Fosca a Cannaregio, poco lontano dal suo Convento di Santa Maria dei Servi, provarono ad ammazzare Frate Paolo Sarpi… Venne solo ferito, invece … e questa è Storia.
E Frate Fulgenzio ?
Sull’onda di tanto eclatante entusiasmo politico-religioso, continuò a fare la sua parte, sperando anche intensamente in un riconoscimento economico da parte della Serenissima simile a quello attribuito al suo amico Sarpi di cui era di fatto il “braccio destro”.
Frate Fulgenzio Manfredi non mancò di schierarsi apertamente e in maniera spettacolare dalla parte dei Teologi della Serenissima. Si scaglio più volte apertamente nella chiesa del Redentore e appunto in quella dell’Umiltà contro Papa Paolo V e “contro li costumi corrotti della Corte Romana” ... Ma non soltanto. Si riferì di lui al Papa: “FraManfredi sostiene che il potere Papale non è superiore a quello di un qualsiasi Piovano di campagna … e che la Volontà Divina non può essere modificata dalle preghiere … che i Sacramenti sono cose da fanciulli, e il Catechismo del tutto inutile …” e infine: “… che la navicella di San Pietro sta per essere sommersa, tanto male è governata ...”
La piega della Storia poi assunse contorni diversi suggeriti dagli eventi. Si mise di mezzo come mediatore nel contrasto fra Papa e Venezia il Re di Francia tramite il quale le due potenze italiane giunsero finalmente a compromesso. Il Papa avrebbe ritirato l’Interdetto e la Scomunica, mentre Venezia avrebbe mantenuto le sue tasse sul Clero Veneziano, ma restituito i due Chierici imprigionati ... e messo a tacere certe malelingue: “soprattutto quelle di certi Frati ispiritati e mezzi matti”.
Il Doge allora, più preoccupato della sorte e dell’immagine dello Stato piuttosto che di quella dei singoli suoi sudditi diede ordine a Frate Fulgenzio di allontanarsi dalla chiesa dell’Umiltà e di tacere: “… d’astenersi dal predicare, e dal far gesto eclatante mettendosi silenziosamente da parte.”
Per Frate Fulgenzio fu la fine, e la crisi totale personale ... A Frate Paolo Sarpi, forse più astuto e pronto, il Doge e il Governo dissero solo: “… d’essere più prudente e riservato nel parlare e scrivere in avvenire.”
Privato della cosa a cui teneva di più, e per la quale in fondo viveva: cioè la predicazione, privo poi di riconoscimenti da parte dello Stato in cui grandemente sperava, si sentì tradito e messo da parte ... Era vero: l’aveva fatta grossa come Predicatore Ecclesiastico…Come Frate poi gli pesò soprattutto il fatto d’essere stato escluso dalla Comunione Ecclesiale con la Chiesa e con lo stesso Papa… Sentiva odore e sapore d’Inferno, di dannazione eterna … Si sentiva quindi fallito come Religioso.
Per cui giunse alla pensata finale: “Vado a Roma a spiegarmi direttamente col Papa e a chiedergli perdono e riconciliazione.”
Scelta insulsa e scellerata, insensata gli dissero tutti a Venezia: “Tutti pensano: doveva tra se dire che sarà impiccato et abbrusciato.” … Una volta giunto a Roma Papa e Cardinali dell’Inquisizione Romana avrebbero fatto un sol boccone succulento di lui ... Se fosse rimasto a Venezia lo Stato Serenissimogli avrebbe in ogni caso garantito ogni forma di sicurezza: sarebbe stato intoccabile se restava in Laguna, anche se non cavalcava più l’onda del successo.
E invece: no … Frate Fulgenzio fu determinato e irremovibile nel voler recarsi a Roma.
Scrisse al Doge una lettera giustificando la sua partenza per Roma, e si lamentò d’essere stato abbandonato dal suo Governo che aveva sempre difeso lealmente … In cambio era stato reso: “quasi seppellito, e mutilo”... Frate Fulgenzio era davvero risentito e arrabbiato con la Serenissima Repubblica.
Berlingerio Gessi Vescovo di Rimini e Nunzio Apostolico presso la Serenissima Repubblica di Vinetia, aiutato dal Prete Alessandro Bon e dal Frate Francescano Livio da Verona, durante tutta questa Storia non aveva mai smesso d’informare Roma “minuto per minuto”, subodorando l’impresa di togliere da Venezia uno dei protagonisti dell’acerrimo schieramento antipapale: “covo d’eretici impenitenti come Fra Sarpi e Fra Fungenzio suo emulo, degno dei fulmini del Vaticano”, si affrettò a pagargli il viaggio verso Roma fornendolo di spettacolare quanto speciale Salvacondotto che gli garantiva ogni incolumità fino al suo arrivo alla Capitale della Cristianità: “ … Amplo, libero e assoluto salva condotto per se, suoi compagni, et robbe per tutto lo Stato Ecclesiastico di non poter essere per qual si voglia causa, o quesito colore, trattenuto e travagliato, conferirsi sicuramente a Roma, et presentarsi ai piedi di NS per cui commissione doveranno anche li sudditi Magistrati e Governatori porgergli ogni aiuto, favore e comodità, secondo che dal medesimo Padre saranno ricercati …Il quale giunto che sarà a Roma, lo assicuriamo per parola dello nostro istesso NS, che non sarà molestato, o aggravato, o offeso nella persona, né in cosa che concerna la persona o l’honor suo, dicendo egli andarvi liberamente e spontaneamente per zelo del Signore Iddio, per obbedienza, e per servizio di sua Santità e della Santa Chiesa Apostolica Romana della quale asserisce essere per professione humil soggetto et obediente figliolo…”
Giacomo di Castelvetro provò a dirgli per ultimo: “La Corte di Roma non perdona chi l’offende con la Verità ... Andando a Roma in luogo di una mitra o di un cappello rossi avrete fuoco o un capestro …”
Niente da fare: Frate Fulgenzio aveva ormai abboccato all’amo … e partì nello sconforto generale di tutti incontro al suo destino. A niente valsero i tentativi di trattenerlo a Venezia dei suoi amici Religiosi Sarpi e Bedell.
Frate Paolo Sarpi scrisse al Doge:“Le dirò, di nuovo, che quell‘altro Fulgenzio Manfredi cordeliero, il quale ha ripreso li vizii della Corte Romana, come Vostra Signoria sa, e da loro è stato perseguitato questi due anni. finalmente, edotto da loro, parti di qua il di 8 di questo, furtivamente, inviato verso Roma, dove presto giongerà. Ed essi piglieranno in spalla la pecora smarrita, e faranno la festa in forma.”
Giunto a Bolognain Terra Papale, previo suggerimento dello stesso Papa e del Nunzio Veneziano, Fra Fulgenzio venne accolto benissimo. Alla partenza per Roma si disse di lui: “Povero Frate: con che allegrezza e sicurezza va a Roma, non si avvede che sta andando volontariamente al macello.”
Infine giunse a Roma, alla Città Eterna dei Papi: la Città di Dio… E qui all’inizio tutto sembrò andare per il meglio. Gli venne offerto ospitalità nel bel Convento di San Pietro in Montorio sul Gianicolo. Il posto in Trastevere era spettacolare oltre che accogliente: nel 1502 Bramanteaveva realizzato lì nel cortile del Convento il suo bellissimo Tempietto circolare: un capolavoro di perfetta simmetria e di raffinata bellezza, prototipo forse della realizzazione della stessa Basilica di San Pietro in Vaticano. Il modello del monumento era esemplare nelle sue forme: richiamava plasticamente a più livelli l’Ordine della Chiesa:con la Chiesa Originaria delle Catacombe nella Cripta-Sacello di sotto, la Chiesa Militante reale visibile nel cortile, e la Chiesa Trionfante dipinta nella Gloria della Cupola che andava ad aprirsi al Cielo dei Cieli Sempiterni con quale la Chiesa si confondeva ... Insomma: Frate Fulgenzio venne ammesso ed accolto a Roma in un contesto davvero singolare che ricapitolava plasticamente l’identità Ecclesiastica, nonché i valori della Perfezione Architettonica ma anche Dottrinale di Papa & Chiesa.
La costruzione del Tempietto Circolare doveva celebrare il Martirio di San Pietro avvenuto secondo tradizione proprio sul ColleGianicolo, era stata commissionata dalla Congregazione Spagnola che abitava il Monastero, e dal Re di Spagna in persona.
Fra Fulgenzio scrisse d’essere rimasto davvero colpito da tanto splendore.
Subito dopo venne condotto direttamente davanti al Papa a San Pietro sul Colle Vaticano col quale ebbe diversi colloqui personali. Il Papa sembrava intenzionato a voler sapere tutto su Venezia e il suo modo d'intendere, e su come forse stava diventando una Città Protestante: "Gionto in Roma, ha ricevuto dal Papa assignazione di spese pubbliche per se e per tre servitori: ha avuto da Sua Santità favorite e longhe audienze; e specialmente, già due settimane, stette col Pontefice due ore ben grosse ..."
Si prospettava per Frate Fulgenzio la piena assoluzione e il perdono del Sommo Pontefice, e perfino la possibilità di riprendere a predicare e insegnare ... Non accadde nulla in realtà: tutto veniva di continuo procrastinato, il denaro era meno del previsto, i confratelli lo evitavano ... C'era dell'altro in serbo per lui.
Ben presto Fulgenzio si rese conto d’essersi cacciato in trappola spontaneamente, e che l’Inquisizione stava guadagnando tempo accumulando prove sulla sua colpevolezza ... Inviò allora una supplica a Venezia con la speranza di poter essere riaccolto dalla Serenissima, anche se la sua partenza era stata letta da Venezia come un’offesa e un tradimento: “La partita di Fra Fulgenzio, in verità, non fu offesa pubblica, perché egli non era servitor pubblico, non stipendiato, non pigliato particolarmente in protezione, se non solamente per la legge generale fatta che tutti li Ecclesiastici che non hanno servato I’Interdetto fossero sotto la protezione del Principe. Meno a Fra Fulgenzio fu mai comunicata cosa alcuna secreta, né meno mai dimandatoli parere suo …”
Era troppo tardi però per qualsiasi scelta e compromesso … e anche per qualsiasi aiuto esterno che potesse salvare Frate Fulgenzio.
Infatti all’alba del 06 febbraio 1610 giunsero le guardie dell’Inquisizione a prelevarlo per ordine del Cardinale Girolamo Pamfili Vicario Pontificio a Santa Maria in AraCoeliperché sospettato d’essere in procinto di fuggire per l’Inghilterra ... Non era affatto vero.
Venne quindi condotto direttamente al Carcere di Torre di Nona: prigione comune “ove custodivansi i rei di delitti comuni”, ma soprattutto: luogo d’indagine e di riferimento della Sacrosantissima Inquisizione Romana.
Subito dopo, a seguito dell’esame di alcuni suoi scritti e a una perquisizione fattagli in casa su segnalazione e soffiata diPaolo Zevio che l’aveva accompagnato fin da Venezia, Frate Manfredivenne sottoposto a Processo Inquisitorio: “il Padre Fulgenzio Manfredi Minorita, che nel tempo delle controversie predicava qui, e già diciotto mesi se ne andò a Roma con salvocondotto, è stato imprigionato di ordine del Pontefice, ed è ritenuto in secreta.”
Fino alla prima metà del 1600 Tor di Nona di Roma fu sudicio e temuto carcere, e luogo di processi, torture e uccisioni gestito dal “Soldàno”scelto tra i familiari del Pontefice. Situato all’interno dell’antica Torre dell’Annona su tre piani, superstite di un recinto murario del 1300, era sta posta a difesa della riva sinistra del Tevere fra Porta Flaminiae Ponte Sisto. La "presòn de lo Papa"aveva un posto di sbarco affacciato sul Tevere, e una portaccia per fare entrare materiali, legname, rifornimenti alimentari e vinaccio esente da Gabella... Era un posto squallido e desolato soggetto a periodiche inondazioni del fiume, con circa venti celle o "segrete"su ogni piano dai nomi insoliti come: “il Pozzo, l’Inferno, il Paradiso, il Purgatorio, la Fiorentina, la Monachina, la Zoppetta, la Conserva, e la Paliana.”… Nel dicembre 1485, ad esempio, molti dei duecento carcerati divisi a seconda delle categorie economiche d’appartenenza in:“agiati, non poveri, e poveri” finirono annegati.
Alle inferriate del pianoterra c’era appesa una cassetta che raccoglieva oboli per chi non aveva proprio niente … Nel Carcere si raccoglievano sia donne che uomini mantenendoli separati. Una casa-prigione a parte occupavano i Frati-Monaci e Preti, e c’era anche una prigione speciale di transito per Galeotti. Fino alla fine del 1400 i condannati venivano impiccati e appesi ai merli della torre con ai piedi un cartello dov’era scritto il nome e il genere di delitto commesso, mentre nel 1500 si preferì usare una più sbrigativa mannaia decapitando i condannati nel cortile della prigione.
Insomma: Frate Fulgenzio finì lì dentro … e il resto lo potete immaginare un po’ da soli … Fu messo insieme in cella con i sicari del Veneziano Frate Sarpi: quel Prete Michiel Viti e quel Pomasfuggiti chissà come da Venezia, e andati a Roma per ottenere un premio. Siccome quel premio non arrivava, si misero a parlare male del Papa: “la cui offesa era come se fosse fatta a Dio”, per cui il Papa li aveva fatti acciuffare e gettare in gattabuia.
Infine nei locali del Tribunale del Vicario, del Governatore e dell’Auditore di Camerasi tenne il processo unilaterale contro Fra Fulgenzio: senza scampo, con tutta la serie delle accuse inappellabili da cui era praticamente impossibile sfuggire e difendersi.
Frate Fulgenzio venne anche torturato con la corda perché facesse i nomi dei suoi complici … Non disse nulla al riguardo.
Durante il processo: “Diedero poi di mano sopra le scritture sue, e, scrutiniate quelle, lo trasportarono dalla prigione su detta alle prigioni dell’Inquisizione. Là li fu dato tre imputazioni: una che avesse tra li suoi libri alcuni proibiti; la seconda, che tenesse commercio di lettere con eretici d’Inghilterra e di Germania; la terza, che vi fosse una scrittura di sua mano, la quale conteneva diversi articoli contro la Dottrina Cattolica Romana: in part6icolare, che san Pietro non era sopra gli altri Apostoli; che il Papa non è capo della chiesa ; che non può comandare alcuna cosa oltre le comandate da Cristo; che il Concilio di Trento non fu né generale né legittimo; che nella chiesa romana vi sono molte eresie …”
Frate Manfredi tentò strenuamente e inutilmente di difendersi, ma alla fine con sentenza firmata ed emessa dai Cardinali: Zapata, Millini, Taverna, Bernieri, Pinelli, Aldobrandini, Bianchetti, Varalli e De la Rochefoucault venne condannato come Eretico Relapso: “...il giorno 4 di luglio, fu condotto nella gremita chiesa di San Pietro … furon lette le sue colpe e fatta la sentenza: che dovesse esser escluso dal gremio della Santa Chiesa come eretico … Finita la cerimonia, fu condotto nella chiesa di San Salvator in Lauro, e là degradato eridotto allo stato laicale consegnandolo al Governatore di Roma; e la mattina seguente in Piazza di Campo di Fiore ove fu impiccato ed abbruciato.”
S’era fatto tutto in fretta, perché non ci fosse tempo per eventuali rinvii o ripensamenti … Morì così il veemente Frate Fungezio Manfredi Veneziano.
L’Ambasciatore Giovanni Mocenigo trasmise subito dettagliatamente la notizia al Senato Veneziano.
Nel suo ritratto conservato paradossalmente oggi nell’Archivio per la Congregazione della Fede di Roma venne rappresentato con una fiamma ardente dietro: segno della sua predicazione infuocata da spirito indomito … ma anche premonizione truce di quanto gli sarebbe accaduto in seguito di fatale ... Un’iscrizione sotto al ritratto attesta che quel Frate è stato: Predicatore e acerrimo difensore della Verità Evangelica:“Evangeli Veritatis praedicator et propugnator acerrimus”.Infine più sotto è scritto ancora: “Si fulmen fulgens fulgur, fulgentius ergo Fulgidus emisso fulmine fulgur erit.”
Tristissime infine le considerazioni che fece il Doge postmortem circa Frate Fungenzio Manfredi al NunzioPapale che gli riferiva che: “… s’era scoperto Fra Fulgenzio per vero tristo et male huomo.”… Il Doge ribadì solo: “Noi mentre dimorò nel nostro Dominio l’habbiamo sempre tenuto et conosciuto per huomo Religioso et buono: se pervenuto a Roma sia tal divenuto, tal sia di Lui.”
Come a dire che i Giudizi di Dio sono impenetrabili e imperscrutabili … Non c’era niente da fare.
Già … ma la stessa cosa si poteva dire per i Giudizi degli uomini ?
“… tale è il guiderdone che il moderno Vicario di Christo da ai suoi sudditi et figlioli …”