#unacuriositàvenezianapervolta 234
Jesolo-Equilio o Cava Zuccherina
Jesolo un tempo si chiamava Equilo o Equjlio… Non era solo spiaggetta, ma aveva addirittura un Vescovo che governava buona parte del Litorale Veneziano … E sapete com’erano i Vescovi nei tempi antichi: mica si scherzava tanto con loro, sapevano il fatto loro, ed avevano anche le idee piuttosto chiare su ciò che era di loro proprietà … e anche su ciò che poteva esserlo con qualche piccolo “accorgimento”, e con qualche dedizione più o meno spontanea … Nel marzo 1096, ad esempio, Calembrano Sanul e Pellegrino di Martino entrambi da Equilo-Jesolovennero chiamati a presentarsi davanti a uno dei Preti-Notaio della zona: Vivianus Barbo.
Che c’era da testimoniare e dichiarare ? … Ah ? … Niente di particolare: “robetta del Vescovo”… Che cioè tutte le acque fra Lammengolo alla bocca del Livenza e il Trageto(traghetto) col Canale di Altura, e tutte quelle col Canale di Albaro, l’acqua Canvello, Lequentino e il Ramo de Mugla… insomma: tutta l’acqua che c’era intorno a Jesolo … Beh: tutto apparteneva di diritto al Vescovo Equilenseo Jesolano ... e guai a chi osava dire il contrario !
Era forse un problema per qualcuno ? … Beh: sicuramente no … o meglio: si … Perchè chi pescava qualcosa doveva dare per forza una parte al Vescovo, così come chi attraversava quelle acque doveva per forza pagare una tassa di transito, chi vi cacciava sopra doveva dare per forza una parte della cacciagione allo stesso Ecclesiastico, allo stesso modo in cui chi faceva sostare e brucare le pecore sulle terre del Vescovo: ovviamente doveva sborsare per forza … come chi metteva un banchetto in piazza per mercanteggiare qualcosa: perché anche la piazza era del Vescovo … Insomma: chi avesse voluto piantare anche un chiodo, un solo palo, o infilare un albero in terra … Beh ? … Avrebbe dovuto chiedergli debito permesso … a pagare qualcosa s’intende.
Che c’era di strano ? … Niente: era ovunque così … Perché no anche a Jesolo ?
I due firmarono con buona pace di tutti … più o meno ... e di sicuro per la contentezza e soddisfazione dello stesso Vescovo ... un po’ meno degli Jesolani.
Chi era quel Vescovo ? … un bravòmo tutto compreso, seppur sempre figlio degli usi costumi e convinzioni del suo tempo ... Non era però molto simpatico agli Equilejesi o Giesolani.
Aeculum o Equilo o Equiljo oppure Vesulo o Gesolo o Jesolo si identificava nella paludosa Dioecesis Equiliensis: antica ma piccola sede Vescovile Litoranea soppressa da Papa Paolo II nel 1466 che "per la povertà della Mensa e la totale distruzione della città e della chiesa…", la rese “suffraganea”insieme a Torcello, Chioggia e Caorle del neonato Patriarcato di Venezia.
Il Chronicon Gradenseracconta che era stato il Patriarca di Aquileia a istituire il Vescovado di Jesolo a Grado nel 578 d.C., ma si dice che quella notizia era un falso messo in atto a posta per allargare la giurisdizione di Grado fino a quel lembo di terra litoranea Veneziana. Più credibile forse Giovanni Diacono secondo il quale Jesolo è stata una sede un po’ “nata da se”, sorta forse verso la metà dell’800 o qualcosa del genere ... Poco cambia … La Storia di Jesolo elenca una successione di una trentina di Vescovi in tutto. Iniziò il Vescovo Pietro ... Curioso personaggio: eletto nel 876 e subito interdetto dal Papa, poi presente come Giudice nel processo contro i sicari del Doge Pietro Tradonico nel 864, e chiamato d’urgenza a Roma nel 877 presso Papa Giovanni VIII insieme al Vescovo Felice di Malamocco a rendere conto del Vescovo Caloprino di Torcello ormai vecchio e infermo, che era risultato eunuco e quindi inidoneo al suo ruolo.
C’era stato poi come Vescovo: Buono Blancanico, chedivenne anche Patriarca di Gradonel 956. Fu probabilmente lui a benedire la Flotta dei Veneziani che partì proprio da Equilio guidata dal Doge Pietro II Orseolo per combattere e sottomettere gli Schiavoni.
A lui successe in seguito anche Pietro III Tralonico o Tradonico già Piovano di San Paternian a Venezia. Il Vescovo Tradonico governò Jesolo dal 1324 fino al 1343, dopo che Jesolo era rimasto senza Vescovo per tre anni. Litigò non poco col Podestà di Lio Maggiore per la gestione dei diritti di un largo canneto a Lio Piccolo trascinandolo in una causa che vinse davanti agli Avogadori da Comun di Venezia.
Toccò poi di governar “da Vescovo di Jesolo” a Pietro IV de Natali che era impegnato come Piovano a Santi Apostoli di Cannaregio a Venezia ... Venne promosso ancora a Vescovo di Jesolo anche Missier Prè Andrea Bon: Dottore in Decretali, Vicario del Vescovo di Castello di Venezia, e iscritto alla Schola Granda dei Tentori o della Misericordia di Venezia. Costui morì proprio l’anno della soppressione definitiva della Sede Equileiense. Conscio dell’imminente perdita del posto “perché Jesolo era ormai rovinoso e coperto di Ellere e Spini”, aveva pensato bene visto di premunirsi di “buona salute economica” garantendosi la nomina-beneficio dell’Abbazia di San Gregorio a Venezia. Fra gli ultimi atti del suo governo concesse ai Frati di Santa Maria dei Servi di Venezia la chiesa di San Martino di Capodistria che dipendeva da Jesolo, e diede alle Monache di San Giovanni Battista di Jesolo una vigna a Jesolo di sua proprietà … Poco prima lo stesso Vescovo era stato convocato a Roma, e richiamato aspramente per essersi permesso di andare a Cresimare a Mestre “senza licenza”violando la giurisdizione del Vescovo di Treviso che ne era titolare ... e ne aveva l’esclusiva di ogni beneficio spirituale, e soprattutto “temporale”… cioè economico.
Altre note storiche curiose sempre su Jesolo:
___Nel 819 un Monaco di San Giorgio in Pineto di Jesolo fu fra i firmatari dell’Atto di fondazione della famosa Abbazia di Sant’Ilario di Fusina nel primo entroterra Veneziano.
___Nel febbraio 1045 a Rialto davanti al Prete-Notaio Johannes: Orso Patriarca di Grado coadiuvato da altri due Preti Veneziani, da un Diacono e dal Primicerio di San Marco, concesse a Pietro di Vitale Caroso Monaco del Monastero di San Giorgio in Pineto di Jesolo rifugiato a Venezia, di ricostruirlo dopo la distruzione perpetrata dagli Ungari. A tal scopo gli vennero concessi in usufrutto alcuni fondi ad Eraclea, due acquimoli sul Piave, alcuni orti, prati da pascolo, vigneti e saline insieme a vari arredi sacri: calici e croci d’argento, turiboli, vasi liturgici d’argento, Sacre Reliquie, Libri Corali e diverso mobilio già messi in salvo a suo tempo dagli Jesolani ... In cambio il Monaco avrebbe dovuto versare ogni anno un censo di 30 denari il giorno di San Giorgio, e rispettare e onorare il diritto del Patriarca di Grado di visitare il rinnovato Monastero ogni triennio ricevendo in quell’occasione: se era estate 50 pani, 10 polli, un orcio di vino e dei mullòni (pesci); se fosse stato, invece, inverno: 2 Anitre e 1 Cinghiale, o in alternativa: 4 Moncosi d’argento o rame oltre ai soliti 50 pani.
___Dell’agosto 1284 si racconta, invece, di come un Guglielmo Vescovo di Jesolo autorizzato dal Patriarca di Grado Francesco Gerardi, investì e concesse per 28 anni i Consiglieri e il Comune di Lio Maggiore della facoltà di pescare nelle “Acque Tragole” versandogli opportuno censo d’affitto.
___Poco prima, invece, nel 1240 circa, un altro Vescovo di Jesolo: Leonardo andò a Venezia a consacrare la nuova chiesa di San Felice di Cannaregio in compagnia di Fra Marino Vescovo di Caorle, poi concesse il tratto d’acqua del Vescovado di “Canale d’Arco” a Jacopo Belli da Lio Piccoloper pescare in cambio di annuali tre libbre di Denari Veneti e un’anatra; a Jacopo di Andrea e a Francesco Doro diede l’uso di parte del Pineto di Jesolo che sopravanzava il suo Vescovado; infine esonerò in perpetuo le Monache di San Giovanni di Jesolo dal pagamento della decimaquinta parte dei frutti che dovevano al suo Vescovado.
Equilio in seguito, fra Vescovi saggi o affaristi o scomunicati perché disobbedienti, venne considerata non più “terra di profughi dell’Agro Opitergino e del Friuli, e pastori e guardiani di razze di cavalli”, bensì: “florida, forte e rinomata terra e Diocesi con Noci et Olmi seminata a frumento” ... Giunse a contare ben 42 chiese o “grandi Fabbriche ricche di preziosi marmi e selciate a mosaico alla foggia della Basilica Marciana Veneziana”, ed estendeva la sua giurisdizione sulla foce del Piave e del Livenza arrivando fino a Caposile e Cà Turcata di Eraclia o Eraclea o Città Nova con la quale storicamente si ricordavano almeno 90 anni continuativi di aspre lotte giurisdizionali e territoriali. Jesolo contava anche diversi chiese e Monasteri: il Santa Croce; il Convento degli Agostiniani di San Vito; il Monastero delle Monache di San Giovanni Battista e San Vittore (dal 1211) col vicinoOspedale di Cava Zuccherina siti sulla sponda del Piave, voluti dal Doge Ordelafo Falier fin dal 1105; il Monastero dei Benedettino poi dei Cistercensi di San Daniele di Venezia di San Giorgio in Pineto sul Canale Cavetta in zona Campanilasso; il Monastero di San Leone in Pinetopoco distante verso Cortellazzo; il Monastero del Santissimo Salvatore; quello delle Benedettine di San Mauro o San Moro voluto dalla famiglia Biancanico o Flabanico sul Porto di Jesolo; e le Piovanie o Parrocchie di San Martino, San Tommaso associate alla Cattedrale di Santa Maria Assunta o Ad Nives con 10 Canonici, le Dignità di ArciDiacono e ArciPrete, e un capiente Ospedale. Il Duomo di Jesolo fungeva da Matrice col Battistero-Fonte di ogni filiazione spirituale e giurisdizionale ... beneficiaria ovviamente.
Equilio-Jesolo era insomma una Venezia dilatata oltre la Laguna … sempre Venezia nell’animo e nell’intento.
Ancora nel 1640 un po’ di anni dopo la Pestefamosa della Madonna della Salute di Venezia che fece strage dappertutto in Laguna e nella vicina Terraferma, c’era a Cava Zuccherina di Jesolo un Prete proveniente dalla Romagna: Prè Marco Nocentini, che insieme al Padovano Zuanne Milan che abitava nello stesso luogo, e al Piovano di Passarella: Prè Giobatta De Bonis ne combinarono di diversi colori.
D’inverno e di notte, avevano già ammazzato David Comen per antichi rancori con un colpo d’archibugio. Gli avevano sfondato la porta di casa e rubato tutto: ori, argenti e una cassa di denaro, poi s’erano fatti latitanti stando nei dintorni. Il Prete di Cava Zuccherina era insolente: non temeva nessuno, si portava dietro più o meno consenziente anche Caterina donna maritata, e la storia di soprusi andava avanti complice sempre anche l’altro Curato Giobatta, che andava sempre in giro armato con armi proibite.
Dieci anni dopo tutti si stancano della situazione: il Giudice entrò in funzione e li invitò a presentarsi.
Figurarsi se quelli si presentarono ! … Vennero allora “pizzicati”, e imprigionati e interrogati perché sospettati e indiziati di tante … fin troppe cose … Prete Marco di Jesolo le provò tutte per aggirare la Legge: appelli, intromissioni, raccomandazioni, sospensioni di pena … La Serenissima perse la pazienza: Bando perpetuo per lui e per il Milan “per omicidio, sparo d’arma da fuoco proibita, rapina, e sequestro di donna maritata.”
Prete Giobatta di Passarella, invece, non si sa bene come, riuscì a farla franca e a convincere il Giudice d’essere innocente: venne rilasciato dalla prigione “sulla parola … ma che facesse attenzione !”.
Prete Marco di Cava Zuccherina tornò libero sette anni dopo nel maggio 1657 … Aveva pagato di tasca propria una bella cifra per cancellare “il rimanente danno equivalente al Bando”.
E balziamo in avanti a inizio 1700 … ancora a Jesolo ovviamente ... Prete Antonio e suo fratello erano riusciti a combinare il matrimonio della loro sorella Marina con un Cappellaio Francesco da Oderzo che si risposò così la seconda volta portandosi dietro una figlia Caterina del primo matrimonio. Dopo un po’ la moglie infelice non ne poteva più d’essere maltrattata di continuo, e d’essere infastidita sempre dalla figliastra ... Volle scappare dal marito ... Perciò i due fratelli si attivarono per assecondarla.
Che fecero ?
Il giorno dell’Assunta 1702 andarono ad Oderzo, si presero “come dote della sorella” tutto il prendibile, rapirono la figliastra del Cappellaio, e se ne andarono a Cava Zuccherinanella Canonica di Prete Antonio che “curava Anime in una Cappellania di Campagna”. Al fratello Giobatta non sembrarono sufficienti quei gesti, e siccome secondo lui la figlia del Cappellaio era la causa di tutto quello scompiglio e trambusto, pensò bene di farsi pseudogiustizia da se violentandola e lasciandola incinta.
Il Cappellaio di Oderzo ovviamente non rimase a guardare: andò con i Cappelletti a Cavallo (soldati)del Podestà di Treviso fino a Jesolo, chiese un attimo in giro, e il “gioco” fu fatto: il Prete Antonio di Jesolovenne buttato in prigione per quattro mesi con l’obbligo di restituire il mobilio rubato al Cappellaio se voleva uscire libero di là ... Mentre Giobattasi fece otto mesi di carcere in “prigione serrata” senza luce, e per uscire dovette pagare 100 ducati di dote a mamma Caterina e al nipotino del Cappellaio.
Infine in una notte buia dello stesso secolo, forse per il maltempo, o più semplicemente per equivoco, il Nobile Patrizio Federico Molin Procuratore di Veglia finì con la sua nave naufrago (?) sul Litorale del Lido di Cava Zuccherina… Lo vide per primo l’Oste del Borgo che, Nobile o non Nobile:“lo prese a mali termini e con indiscrettezze gravi”… Poi fu il turno del Piovano di Jesolo, che appena venne a sapere “di quella nave invadente”non stette lì ad aspettare: fece suonare le campane a martello facendo balzare giù dal letto tutto il paese, e radunò gente con armi e forconi esclamando: “Questi credono di venirci a rubare la terra !”… e tutti gli andarono dietro inviperiti … Il Nobile Federico Molin scappò via provando a mettere in salvo la pellaccia, ma non perdonò l’umiliazione subita dagli Jesolani.
Piovano e Oste dovettero sborsargli 100 ducati per ripagarlo dell’offesa … e per fortuna che il Nobile aveva ritirato la denuncia alla Serenissima, altrimenti … “Furono comunque le ultime bravate e alzate di cresta da parte dei Nobili Veneziani … Fra poco sarebbero rimasti solo in camicia, e avrebbero perso anche le lacrime per piangere.” commentò un cronista senza volto seduto in faccia al mare di Jesolo “mentre il Tempo continuava a scorrere, e la Storia ad accadere e ruotare”.