#unacuriositàvenezianapervolta 237
Vòvi, pàn e miseria a Rialto … l’altro ieri.
“Ne a Vita bisogna fàr sempre tutto queo che Dio e la Natura comanda.” mi spiegava ogni tanto la Mamma: “Ghe xè poco da sceglier … E quando se gha fiòi piccoli e genitori vèci ghe xe sempre tanto da fàr … Dove ti vol andàr a torsiàndo in giro pal Mondo ? … No se gha tempo per altre ròbe … e neanche par nissùn ... Ghe xè solo da star qua e lavoràr …”
Saggezza spicciola, semplice, immediata e popolare basata sull’esperienza del vivere tutti i giorni in modo qualsiasi e con poco o niente.
E quella Rialto che emerge da certe vecchie foto che ritraggono certi Veneziani “semplici” del Mercato e della Contrada … Certe donne “lavoranti”, ad esempio nel Sottoportego dei Oresi in Ramo Parangon nel 1889 ... o quelli accanto alla rivendita del pane di tutti i giorni. Difficile immedesimarci in quello che poteva essere il modo di vivere di allora in quell'angolo di Venezia ... Era tutt’altra Storia, tutt’altra idea della Vita e del Vivere e lavorare ... e a volte del sopravvivere.
Come avrà vissuto la donna col cesto delle uova ? … Che vita avrà fatto ? …Chi era ? … Che cosa pensava, chi l’aspettava a casa, a chi voleva bene … in che cosa credeva ? … Chissà ?
Di sicuro faceva parte di quell’esercito “un po’ scuro” di persone qualunque che vivevano e soprattutto lavoravano nel grande Emporio Realtino dove la Vita pulsava intensamente per secoli dall’alba fino al campanòn della sera che invitava “a seràr bottega” e spegner tutto “da notte” ... Sarebbe lunghissima la lista di quelli e quelle che s’aggiravano vispissimi nei meandri di Rialto: Mercanti da Vin, Carbonèri, Peatèri, Mastellèri-Barilèri-Gadelèri, Mandolèri, Pestrineri-Lattivendoli, Salumieri, Travasadòri, Farinanti, Becchèri, Gallineri-Buttiranti, Fruttaròli ed Erbaròli, Semolini-Cruscadòri, Telaròli-Cimadòri, Biavaròli, Ternieri-Casaròli, Garbeladòri, Stagnèri, Pistori, Stramassèri, Gondolieri e Barcaròli, Bastàzi o Facchini o Manovàli, Canevèri-Bastionanti-Osti e Locandieri solo per citarne alcuni … Un mare immenso di persone insomma senza nome, con impressi e dipinti sul volto i segni della fatica quotidiana, ma anche quelli della voglia di vivere … e di vivere a Venezia.
Sapete secoli prima, nell’autunno 1460, quanto costavano le uova a Rialto ?
Per 5 uova si dovevano pagare: soldi 2 … 20 uova, invece, valevano, conto tondo: 1 lira … Se ne compravi 50 ti facevano un prezzo speciale: 1 soldo per ogni 5.
Le uova potevano essere fresche o “non rezentibus” cioè stantie, ovverossia secche: “ovis siccis”… Costavano meno ovviamente se li volevi comprare lo stesso: solo soldi 6 per un buon numero … ma da contrattare.
Questo è solo un lampo da Rialto … Chissà quanti ce ne sono stati … Un’infinità di sicuro fra quell’umanità povera a caccia del Pane Quotidiano … Gira e volta non sono cambiati molto i tempi: forse non andiamo più in giro scalzi e laceri a quella maniera, forse c’è qualche deodorante e bagnoschiuma che gira in più, e qualche donna cura un po’ più capelli, mani e piedi … ma la fame rimane sempre la stessa: quella di Vivere.
Nel settembre 1751 a Venezia ci fu una timidissima rivendicazione dei Lavoranti dei Panettieri-Forneri… Con la Serenissima non si andava tanto per il sottile: se alzavi troppo la testa o la cresta … semplicemente te la tagliavano … però qualcosa si poteva ottenere … qualcosina: non di più ... Quella protesta, fra l’altro molto contenuta, ebbe quindi un suo effetto: il Magistrato alle Biave e il Senato della Repubblica si pronunciarono … magari con quattro anni di ritardo ... come oggi insomma.
Ne venne fuori un breve accordo di categoria in 5 punti:
___Primo: chi lavorava nei Forni-Pistorie continuava ad avere “la libertà” di servirsi del pane per proprio vitto, bisogno e mantenimento: “non si può toglier di bocca il pane a chi lo fabbrica”.
___Secondo: il vino somministrato ai Lavoranti del Pane non doveva essere “Vino Schiavone”assolutamente escluso, ma vino di buona qualità, sano in ogni stagione, temperato con l’acqua ma bevanda sempre conveniente alle circostanze.
___Terzo: al Lavorante spettava l’olio residuo dell’Illuminazione del Forno o Panificio.
___Quarto: a ciascun Lavorante spettava un quarto di libbra di minestra al giorno sul posto di lavoro o l’equivalente in denaro.
___Quinto e ultimo: lo stipendio settimanale dei Lavoranti Forneri e Pistori non doveva essere inferiore a lire sette (s’erano raggiunte le lire cinque condite con “strapàssi”e minacce di licenziamento)… e si doveva garantire alle Compagnie dei Lavoranti Forneri i soliti “pranzi sociali” a Natale e Pasqua.
In caso di inadempienze i Lavoranti potevano ricorrere al Gastaldo dell’Arte per la loro difesa, e se questi “non emendasse l’occorso”, l’Arte poteva far diretto ricorso e opportuna istanza all’Eminentissimo Magistrato alle Biave... Insomma: niente era niente … qualcosa era qualcosa … Si poteva continuare a lavorare il Pane a Venezia preservando una certa dignità ... Infatti nel 1782 i Lavoranti tornarono alla carica e a rivendicare … ma ormai c’erano fosche nubi sull’orizzonte di Venezia: i tempi stavano cambiando … Eccome che cambiarono !
Secondo la Legge emanata dal Governo Vicereale di Milano, dal maggio 1806 fino al 1814 Venezia divenne Capoluogo del Dipartimento Adriatico del Regno d'Italia comprendente anche le “dipendenze” di Istria e Dalmazia. Il Dipartimento a sua volta era suddiviso “alla Francese” in Distretti, a loro volta frazionati in quattro Cantoni: Venezia, Chioggia, Adria e San Donàframmentati in tutta la serie dei Comuni … Negli anni seguenti il Distretto venne ulteriormente ingrandito aggregandovi i territori del Basso Po, del Brenta, e di Passariano col Tagliamento.
Il Comune Veneziano con una popolazione di 160.400 persone comprendeva: Venezia col suo Centro Storico e l’Isola di San secondo, la Giudecca, San Giorgio Maggiore, e tutta la serie delle Isole: Lazzaretto Nuovo e Vecchio, Sant’Andrea con la Certosa, La Grazia, Sant’Elena, San Servolo, San Clemente, San Lazzaro “di fede Armena”, Santo Spirito, San Giorgio in Alga, Sant’Angelo della Polvere, Murano con le Vignole, Sant’Erasmo, San Mattia, San Michiel e San Cristoforo, Malamocco col Lido, Alberoni e l’Isola di Poveglia, e Gambarare con i suoi “sei Quarti” annessi.
Com’era Venezia ? … Difficile da dirsi: i pochi dettagli sparsi non ne rendono il quadro nella sua completezza. Più di 25.000 persone avevano bisogno d’assistenza per vivere; più di 2.000 erano “Poveri Vergognosi” quasi del tutto anonimi e in incognito; nelle case c’erano più di 1.400 infermi: numero equivalente a quello degli Invalidi Cittadini; per le strade, i portici, le calli e i campi dei Sestieri s’aggiravano più di 20.000 mendicanti bocca in più o bocca in meno da sfamare ... La Pubblica Beneficenza prestava aiuto più che altro a promesse e parole a circa 40.000 persone ... Solo qualche decennio dopo si provò a ricostituire le soppresse Fraterne Parrocchiali per i Poveri.
A domicilio, nelle Locande e per le strade, ma spesso fra casa e prigione era attivo e prospero un mercato di 150 Prostituterigorosamente riconosciute e “iscritte a ruolo” dal Comune come Pubbliche Meretrici ... Buona parte di loro arrotondava i magri guadagni prestandosi anche come Cantanti, Ballerine e Comparse stagionali e occasionali nei vari Teatri Apollo (Goldoni) e Fenicenei pressi dei quali sorgevano diversi postriboli ... La crisi economica com’era ovvio furoreggiava: il numero dei Commercianti era paurosamente sceso da più di 10.000 a poco più di 3.000; gli Artieri o Artigiani privati delle loro Schole d’Arte, Devozione e Mestiere diminuirono da 6.500 a 2.500; le Maestranze dell’Arsenalecontavano 400 unità impiegatizie e le 300 dei Militari-Ufficiali al posto dei 3.300 che si occupavano in un tempo di poco precedente; i Gondolieri da Traghetto erano più di 600, mentre i Barcaroli da Casadaerano ancora circa 300, ma andavano paurosamente scomparendo insieme ai Nobili che li patrocinavano e finanziavano ... Circa 1.000 Preti s’aggiravano ancora per la Diocesi Patriarcale con non meno di 100 ex Frati e Monaci che bussavano ovunque in cerca di sistemazione, nuovo Abito e ospitalità … In pochi decenni i Preti Veneziani divennero 400 in tutto.
Nel 1866: il Podestà Pierluigi Bembo tristamente scrisse affetto da insito sconforto: “… a Venezia migliaia di persone si voltano fra luridi cenci e fradici strami, in orribili bicocche dove raramente penetra un raggio di sole, dove l’aria infestata da vapori mefitici mal si fa strada fra l’angustia delle callicelle e le sporgenze dei tetti. I due Sestieri di Castello e Dorsoduro offrono spettacolo di dolorosa miseria…”
Venezia ieri come oggi faticava a “respirare”… Il Mondo di allora s’era capovolto … Ci ricorda qualcosa forse ?