Quantcast
Channel: #unacuriositàvenezianapervolta
Viewing all articles
Browse latest Browse all 357

Insoliti Preti Veneziani ... da dimenticare

$
0
0

 


#unacuriositàvenezianapervolta 239

Insoliti Preti Veneziani ... da dimenticare

Quando spulcio documenti e Cronache Storiche Veneziane sentendo parlare di Preti, Frati e Mùneghe tiro gli orecchi e drizzo per forza le antenne che non ho … Sono un ex Prete e non ce l’ho più di tanto su con la Categoria a cui appartenevo … come, invece, dovrei … Ogni volta però che rinvengo notizie che riguardano “loro”, diciamo che mi lascio calamitare e incuriosire un po’ di più.

Non lo nego, mi hanno sempre affascinato vicende e notizie come quella dei Frati che durante il tempo della Peste della Madonna della Salute del 1620 giravano tirando un carretto per le Campagne del Mestrino raggiungendo i luoghi più isolati e dimenticati. Lo facevano “per Pietà”, cioè per portare soccorso materiale e spirituale a chi stava nell’assoluto bisogno … magari in cambio di un buon salame, di un bichieròzzo di vino, o di qualche striminzita elemosina … oppure per un semplice pugno d’Ave Maria ... Un giorno di primavera però quello sgangherato “Carretto della Carità” fu rinvenuto vuoto e rovesciato dentro a un fosso, mentre i Frati stavano tutti privi di vita buttati sul bordo della strada … Era stata la Peste ad accalappiare la loro vita ? … O era stato piuttosto qualche bandito da strada che li aveva alleggeriti anche di quella ?

Nessuno lo seppe mai.

A Venezia, invece, nel popolarissimo Sestiere di Castello, in quella che oggi è la Via Garibaldi, c’era e c’è ancora l’amena chiesa dell’ex Convento dei Minimi di Venezia: San Francesco di Paola… I Veneziani chiamavano bonariamente quei semplici e pratici Frati di scarsa Dottrina: “i Paolòtti”… Erano benvoluti in città, ed erano simpatici a confronto dei vicini fin troppo austeri e bellicosi Padri Domenicani Inquisitori che bruciavano Libri Proibiti sul Ponte, e avrebbero voluto mettere al rogo anche quelli che li scrivevano, stampavano, vendevano, compravano e leggevano.

Beh: in quell’epoca post Pestilenza, non tutti i Frati, Monaci, Preti e Suore se la passavano benissimo dal punto di vista economico … Si: i Conventi e i Monasteri in se erano ricchi e potenti, ma i singoli lo erano molto meno, soprattutto in certe frange di Frati Minori Questuanti legati all’obbligo della Povertà ... A volte la privazione si trasformava in miseria, ed alcuni insomma: languivano …Vivevano quindi in una stagione storica in cui molti della Religione Ecclesiastica davano la caccia senza tante remore a Benefici, Commende, Prebende, Mansionarie di Messe, Congrue, Cappellanie e Incarichi retribuiti di ogni sorta ... Alcuni di quei “bassi Prè o Frattaciòni” per arrotondare, visto che a Venezia “il mercato” era saturo di arraffoni più che di offerta, si spingevano oltre la Laguna e fino a qualche angolo remoto della Terraferma per racimolare qualche spicciolo di Elemosina, o per celebrare qualche Messa in qualche modo retribuita in qualche sperduta chiesetta, Convento o Oratorio, o Villa Padronale di Campagna.

Tipico fu il caso di Frate Antonioproprio dei Paolòtti di Castello, che partiva da Venezia e si recava fino a Motta di Livenza nel Palazzo del Podestà per celebrare una particolare “Messòtta” che gli permetteva di guadagnarsi di volta in volta la pagnotta. In realtà si trattava di una Mansioneria da pochi soldi: un beneficio di poco valore, ma meglio che niente … Tuttavia mentre celebrava il solito Rito si accorse che aveva per le mani un bel calice e una patèna (il piattino da calice) d’oro massiccio di sicuro valore … Che fece “il Frate Paolòtto” secondo voi dopo un po’ di Messe celebrate raggiungendo quel luogo così fuori mano ? … L’avete già capito: in un afoso giorno estivo provò a rubarselo sotto l’occhio sveglio delPodestà di Motta che lo fece subito rincorrere con un mandato del Tribunale che gli impediva di lasciare il territorio di Motta. “Furto Sacrilego” diceva il mandato: gli sarebbe costato una condanna di almeno dieci anni di voga incatenato ai remi di una Galèa Veneziana… o in alternativa, se dichiarato inadatto alla voga, e lui lo era di sicuro: taglio della mano e vent’anni di prigione … Per uno della sua sorta sarebbe significato in ogni caso: morte certa ... Il Frate allora scomparve sia da Motta che da Venezia, e gli venne appioppato un Bando da tutto il Territorio di Treviso, Ceneda e Dogado Veneziano ... Se solo fosse ricomparso: addio Frate !

Ve ne dico un'altra ?

Più o meno nella stessa epoca, ma anche prima e dopo, non tutti i Preti, Frati e similari erano dediti e coerenti del tutto col loro ruolo e la Mission che si proponevano o di cui erano investiti … Anzi … E non lo dico solo perché pregavano poco, erano poco poveri, e scarsamente addottrinati e poco obbedienti … Lo dico perché a volte si degradavano del tutto abbassandosi a compiere gesti che erano il giusto contrario dei Valori, Principi e Dottrine che rappresentavano e andavano predicando in giro gridando e sbracciandosi dai Pulpiti e dagli Altari.

C’era in giro per Venezia, ad esempio, una banda di ladri che agiva in Laguna derubando San Giulian de la Palada verso Mestre, ma anche saccheggiando nottetempo Chiese, Canoniche, Conventi indifesi, e Ville e Case del Mestrino. Il loro capo era Frate Liberal da Venezia che operava insieme a Moro Miozzo, Stèco de Marocho e l’Homòn, che di mestiere facevano: uno la spia per la Serenissima, e un altro il Barcarolo che portava la refurtiva a Venezia utilizzando la sua barca ... Dopo un po’ vennero tutti acciuffati … e il Frate rilasciato “in prova” in quanto Religioso.

Ancora a Venezia viveva un altro Pre’ Domenicoproveniente da Trau in Dalmazia. Sembrava un uomo a posto … Infatti trovò da impegnarsi come Cappellano di un Monastero di Monache del Centro Mestre: Santa Maria delle Grazie… Solo che non frequentava solo il Monastero e le Monache, ma anche le Osterie di Mestredove andava a bere e giocare a dadi e carte ... Una sera d’autunno entrò ubriaco in un’Osteria brandendo minaccioso spada e pistola … e “fece scandalo”, cioè un putiferio … pur senza provocare danni ingenti. Alla fine gli saltarono addosso e lo disarmarono menandolo quanto bastava … e il Magistratofu pietoso con lui: “dopo la sbornia lo rimandò dalle Mùneghe con l’obbligo di rigàr dritto ... altrimenti: erano là pronti a tènderlo e sistemarlo”.

In Contrada di San Salvador sulle Mercerie di Rialto verso San Marco, c’era ancora un certo pomposo Canonico Regolare Lateranense che aveva sempre particolare “fame di soldi” pur essendo già benestante, anzi: ricco. Si trattava di Fra Giacomo Gregijsche fra l’altro si curava anche della Plebania di Selva del Montello che raggiungeva saltuariamente da Venezia. Da lì un bel giorno sparirono un migliaio di ducati, argenteria, preziosi e suppellettili … Fatalità i ladri: il nipote di un Canonico di San Marco col suo Servitore Tomè e altri due loschi complici, erano stati tutti ospitati il mese prima nella Canonica dallo stesso Frate Giacomo… Sempre per pura casualità: la notte del furto lui non c’era … ma c’era solo la sua Serva sospettosa che non aprì al ladri permettendo loro solo di sistemarsi nel fienile per la notte in attesa che arrivasse Fra Giacomo. Non altrettanto sveglia e furba fu, invece, la Massàra di casa: Vittoria, che li fece entrare dando loro generosa ospitalità in attesa del Frate.

A mezzanotte i malviventi chiamarono prima la Serva con la scusa di farle accendere il fuoco in cucina, e dopo un segnale convenuto fecero entrare anche altri due malviventi che si presentarono armati. Sentito il frastuono di sotto, scese allora anche la Massara che venne costretta a passare in rassegna tutte le stanze della Canonica per racimolare oro, soldi e argento ... compresi i suoi risparmi messi da parte da una vita intera. Non contenti del bottino, e visto che la donna non era disposta a collaborare quanto avrebbero voluto, la appesero a una trave del soffitto, ma rottasi la corda la colpirono sul pavimento col calcio degli schioppi e la finirono a coltellate ... Poi per finire bene il lavoretto: presero il cadavere e lo nascosero in un vicino casone sotto a una catasta della legna ... e scomparvero per sempre rimanendo impuniti …

E il Frate Canonico Veneziano ? … Insufficienza di prove: se la cavò ... Maledetto !

Ho terminato … Anzi: no … Vi dico anche dell’Isola di San Giorgio Maggiore… Si: della stupenda Isola dei Cipressial di là del Bacino di San Marco in faccia alla famosa Piazza. Lì da secoli c’è sempre stato il Monastero, e c’è tuttora in parte in mano ai pochi Monaci Benedettini rimasti, e soprattutto in mano alla Fondazione Ciniche ne è diventata padrona. Il Monastero era forse, e anche senza forse, il più insigne, ricco, influente e potente dell’intera Laguna Veneziana. Si trattava di un’entità Religiosa ammanigliatissima col Doge e la Serenissima, ma a volte anche contrapposta fieramente con loro ... Lo ricordate vero ? … Giusto nell’anno 1800 tondo tondo, proprio a San Giorgio Maggiore, venne eletto in marzo Papa Pio VII, cioè il timido Monaco Benedettino da Cesena: Barnaba Nicolò Maria Luigi Chiaramonti… Il Conclave Veneziano fu un grandissimo evento storico: unico !

Insomma in quell’Isola Monastica visse fra i tanti Novizi anche un certo Girolamo, che si stava facendo Monaco non tanto per un potente impulso interiore, ma piuttosto con l’obiettivo di “far soldi”. Il posto in cui si trovava era quello giusto per i suoi fini: bastava saper cogliere l’occasione giusta, e lui la individuò e personificò nella figura del PadreMonaco Teodoro Custode della Corte delle Cadène... in altre parole: uno dei Monaci che gestivano le economie del pingue Monastero ... Il Novizio era convinto che quel Monaco tenesse nascosto da qualche parte un gruzzolo di almeno 10.000 ducati.

Organizzò quindi nei minimi dettagli l’assalto al vecchio Monaco: barbe finte, armi, volto coperto e complici … tre per la precisione, e si passò all’azione ... Prima sorpresa: trovarono le porte del Monastero chiuse a chiave, perciò furono costretti a scalare qualche muretto per poter penetrare in un cortile interno del Monastero ... E già lì: gli animi si surriscaldarono … Dal cortiletto il Novizio Girolamo chiamò ad affacciarsi a una finestra il Cuoco del Monastero chiedendogli di aprirgli la porta. Quello allora scese ignaro, e aperta la porta si trovò davanti i ladri con le armi spianate che gli intimarono di andare a chiamare il Monaco Teodoro… Vista l’ora notturna, il vecchio non si scompose e non volle uscire dal tepore del letto, perciò mandò da basso il suo domestico per vedere che cosa stava succedendo.

Giunto di sotto il Converso assonnato, venne a sua volta strapazzato dai ladri che lo costrinsero ad accompagnarli di sopra nei Dormitori dei Monaci della “Mànega Lònga” ... Entrati allora nella cella giusta, i ladri presero a frugare dappertutto nei cassoni della stanza cercando il tesoro ma senza rinvenire niente d’importante. Trovarono solo 40 ducati, qualche posata d’argento e la biancheria del vecchio Monaco.

E il tesoro ? … Doveva esserci per forza.

Abbrancarono allora il vecchio Monaco e gli attorcigliarono una cintura alla gola per farlo parlare ... Quasi lo soffocarono … ma il Monaco non parlò … Che avrebbe potuto dire ? … Forse ciò che non sapeva o non esisteva ?

Desistettero allora, ma prima di andarsene minacciarono il Monaco delle cose peggiori se non avesse preparato per loro entro il mese seguente almeno 100 doppie ... Poi quasi per sfidarlo si servirono del suo vino, e scapparono credendosi al sicuro.

La Serenissima ci mise il tempo di un lampo a scoprire l’accaduto, e Novizio e complici vennero Banditi da Venezia e da tutto il suo Dominio … Sarebbero stati perdonati solo se avessero restituito al Monaco il maltolto ... ma i ladri erano ormai scomparsi del tutto: più visti né sentiti.

Oltre al resto, successe anche questo a Venezia.

 


Viewing all articles
Browse latest Browse all 357

Trending Articles



<script src="https://jsc.adskeeper.com/r/s/rssing.com.1596347.js" async> </script>