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L’Arte dei Fruttarioli a Venezia.

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L’Arte dei Fruttarioli a Venezia.

Pietro di Quero Marangon a cui era stato amputato un piede per una ferita riportata a bordo della Cocca di Mercato di Ser Pietro Badoer, si concesse “in maniera specialissima” nel 1353 di tenere alla Giudecca: “bottega de Fruttaria, Speciaria, Casaria ed Herbe”.

Ugo Benci Spezial, invece, venne multato pesantemente perché aveva fatto mettere in botte e in bolletta della Tavola del Dazio tre migliaia di Datteri… In sua assenza i suoi famigli ne avevano aggiunto altri 1900 … Sapeva niente ? … Lo sapeva ? Aveva provato a imbrogliare ? … Poco importava: multa e sequestro … e fine del discorso.

Era il 1460, invece, e mancava ancora una cinquantina d’anni perché venisse scoperta l’America al di là degli Oceani così da cambiare un po’ gli equilibri di tutto il Mondo di allora, compreso anche quello Venetico e dei Veneziani. 

Da metà settembre fino al 1 marzo le Rape in Erbaria, nelle botteghe e banchi di Rialto si vendevano a peso e a quattro per fascio quelle grandi, otto le mezzane e dodici le piccole al prezzo di 1 Denaro ... 100 Rape valevano 1 Grosso, 100 fasci: 7 Soldi, 3 libbre di Rape sciolte o “desgranelàe”costavano: 1 Denaro ... 100 Rape piccole: 28 Piccoli, mentre i Raponi o Navoni: 2 libbre e mezza per 1 Denaro e 100 per un Grosso ... Chi comprava 25 libbre o più di Raponi o Navoni le pagava 100 Soldi ... Mi sono già perso in mezzo a tutti questi prezzi: in novembre 200 Rape costavano 10 soldi, e per assumerle e mangiare si usava a Venezia amalgamarle e combinarle con Droghe e Spezie che non mancavano di certo a Rialto.

Bàcari, Osterie, Magazèni, Furatole, Malvasie, Bastioni e tutti gli altri luoghi di commercio, assaggio e vittuaria non sono stati inventati di certo ieri a Venezia ... I Veneziani spesso vivevano in strada dall’alba al tramonto, erano di bocca buona, amavano la buona cucina, e mangiare e bere bene in buona compagnia ... Ieri come oggi.

Dicevo nel 1460 … Nel Mercato-Emporio Realtino: Cappucci e Verze e Verzotis grandi o piccoli che fossero non dovevano costare ed essere venduti a più di 3 Denari l’uno ... La Lattuga andava a Soldi 14: un torso 1 Soldo … mentre la Lattuga di pregio dell’Orto delle Canonchesse Bianche di San Daniel di Castello andava a 1 Soldo … e quella buonissima dell’Orto dei Monaci Benedettini dell’Isola di San Giorgio Maggiore di fronte a San Marco costava ancora di più.

La Sallatiziis” si vendeva a Soldi 19 ... i “Radizibus Thamaralibus” a 1 Soldo come un manipolo di Zyrpholio, le Carote, i Capùssi” o un cofano di Borragine... Per 4 cofani di Spinaccie si spendevano: Soldi 6 … la “Figadèla”andava via a un Piccolo, un fasciculos di Bruscandoli costava 2 Soldi, un mazzetto di 8 Agli e un fascio di Porri, o 2 Rafani… come i Cavoli in certe stagioni valevano: 8 Soldi in tutto.

Per due manipoli di Prezzemolo si pagava 2 Soldi, come per 4 fascetti di Asparagi che prima di Pasqua però ne costavano 4 di Soldi.

A maggio la Bieta in foglia andava a 2 Soldi … e sempre a maggio nel 1339 le Ciliegie primaticce si dovevano vendere a 3 Piccoli la libbra: non di più ... Sei Fruttaroli Veneziani vennero multati per averle vendute a 4 Piccoli ... Si fece eccezionale sul prezzo solo durante la Guerra di Chioggia, quando com’era ovvio il prezzo delle Ciliegie quasi introvabili schizzo in alto a Lire 12 !

1 libbra di Capperi dall’Egitto costava Soldi 10 … 8 o perfino 5 se c’era eccedenza sul Mercato … Una quarta di Cece Rossa valeva Soldi 7, 3 quartaroli di Ceci: 14 Soldi … 3 quartaroli di Zenzero o Zizerum: 1 Soldo … 4 Soldi se era di “qualità Rupho”.

I comuni Fasiòli Grossi venivano smerciati: ¼ a Soldi 6 … e andavano a 4 se c’era abbondanza ... a 8 per 2 quarte, o anche a 6 secondo della stagione ... La Fava Franta si vendeva a Soldi 5 la quarta, 8 per 2 quarte … la Fava Fresca, invece: a Soldi 3 … 2 libbre di Pisellia Soldi 4 a maggio, 3 Soldi a giugno.

I Pomi Calimanorum costavano 1 Soldo la libra a marzo … 3 libbre di “Pomi prestanti”: 7 Soldi … quelli dolci: 10 … 3 libbre d’Uvain maggio costavano 5 Soldi … Uva Crispina e Spina: Soldi 6, Marzeminaa 10 … se non ancora matura: andava a 2 come l’Uva di pergola… mentre l’Uva Fresca a novembre si vendeva a Soldi 2 ... “Ottimi Peri belli da vedere e succosi da mangiare” a luglio costavano 2-3 Soldi … 40 Prugne 1 Soldo … 3 grossi Fichi: 1 Soldo … 7 per 2 … I Fichi d’Arbe costavano Soldi 2 … quelli piccoli erano a Soldi 6 la libbra.

A settembre sui banchetti di Rialto: 1 libbra di Nespole costava 1 Soldo.

A ottobre: 4 Meloni “peponizzi” si vendevano a 4 Soldi … 7 Melonidi cui 4 piccoli e 7 Anguriette: a 12 Soldi in tutto, mentre ad agosto: 2 Meloni piccoli: 4 Soldi e un’ottima Anguria si pagavano a 2 soldi … 10 Anguriette Ferraresi valevano Soldi 12.

Ci siete ancora ? … O avete chiuso tutto e vi siete spostati in cerca di altro ?

Se siete ancora qua, e continuando ancora un poco quasi fossi un Fruttarolo di Rialto del 1460: una Zucca la prendevi per un Soldo … 3 Citriolia 3 Soldi, 15 Limoni a 4 Soldi … C’era poi la Frutta Secca: un quartiere di Noci costava 4 Soldi … Fichi Secchipiccoli: 10 Soldi la libbra … 6 la libbra quelli “eletti” … i Fichi Illirici: 8 Soldi “per 2 reste”… Venivano spediti a Venezia dentro a botti e avvolti in stuoie o “storòli”.

Uva Passa a 4 soldi … Zibibbo 8 soldi per 3 libbre, ottima Uva “Cimbibalium” a 2 Soldi … buone PrugneSecchea 3 Soldi … Amandorle a 2 Soldi, Marroni a 1 Soldo, Datteri venduti soprattutto dagli Speziali: da 4 a 6 Soldi la libbra secondo la stagione ... Ottimo era il Coriandolo e Zucchero, che si potevano comprare dagli stessi Speziali a 14 Soldi.

A maggio a Rialto si vendevano le Olive “ammanite col Finocchio” a 2 Soldi la libbra, mentre una scodella di Olive normali costava un Soldo … I Cappucci si condivano e commerciavano salati con Senape, Anice, Zinziberis o Aceto Odorifero.

Basta: mi fermo … Vi ho detto tutto questo solo per farvi un’idea: quasi per far una foto di un mondo antico di Mercato di Frutta e Verdura Veneziana che non esiste più … Altra epoca di una Venezia perduta indietro nel tempo.

A Venezia però non si poteva fare incetta di prodotti. Ad esempio: non si poteva comprare una barca intera di Verze per 100 Soldi, perché “Hoc inducit penuriam in terram”. La Serenissima era sempre attenta, si opponeva al monopolio, e calmierava i prezzi di Frutta & Verdura: “Fruttivendoli, Rivendugoli e Venderigoli”non dovevano fare Compagnia insieme, e soprattutto non dovevano giocare al rialzo sui prezzi ... Poiché i Fruttaroli di San Marco e Rialto“commisero multa turpia et inepta cercando di evadere le Gabelle, si vietò loro di comprare direttamente all’ingrosso i prodotti da maggio a settembre … pena 25 lire e un mese di carcere” ... Era proibito ai Fanti degli Uffici di Sorveglianza di ricevere frutta e verdura in omaggio dai Fruttaroli.

Una Legge del 1347 vietava l’acquisto di frutta ed erbaggi all’ingrosso da Grado a Cavarzere e in tutta la Marcha Trevigiana per poi rivenderli al minuto nelle botteghe, canali e rii senza il controllo della Serenissima. Tre Saviappositi vigilavano perché certe combricole non provocassero la Carestia …I contravventori prendevano un punto di penalizzazione per ogni inadempienza ... Chi assommava tre punti di penalità in un anno veniva estromesso dall’Arte dei Fruttaroli, e non poteva esercitare più il Mestiereper 3 anni: nè lui, né figli, né fratelli, né moglie, né nipoti, né chi abitasse con lui pena una sonora multa di 10 Lire di Piccoli e un anno di Carcere … Come sempre non si scherzava tanto su certe cose a Venezia.

Secondo le Regole imposte dai Giustizieri Vecchi e Nuovi, dagli Ufficiali al Cattaver, e dagli Ufficiali al Levante e Sopra Rialto, e secondo le indicazioni date ai Capi di Sestiere e ai Capitani che vigilavano sulle “poste” di vendita: chi portava Rape, Cappucci e Verzòtos a Venezia non le poteva vendere e portare in giro, ma solo direttamente alle rive dei Mercati di Rialto e San Marco dove veniva rilasciata apposita bolletta ... pena multa di 40 Soldi per volta e sequestro di barca o burcjo ... Il Dazio del Quartarolo o di Rialto su tutto ciò che veniva condotto a Venezia si poteva saldare a settembre o un po’ per volta: su ogni Erbaggio e Frutta, sul Pane e Legnasi doveva preventivamente pagare un Dazio prima d’aver libero accesso a botteghe e Rii e Canali Veneziani ... Anche Zucche, Cocomeri (Angurie)e Poponi coltivati “fin in antico nelle Isole” non si potevano vendere direttamente nelle botteghe o banchi o scanni di San Marco e Rialto.

Solo i Chioggiotti potevano acquistar Frutta e Legumi ed Erbaggi freschi prodotti a Chioggia e portarli in barca a Rialto e Piazza San Marco a Venezia ... e l’antico Commercio della Pomaranciaall’ingrosso e al minuto era permesso ai Marinai che le tasportavano in nave fino a 12 miglia da Venezia ... Poi sarebbe stata competenza esclusiva di quelli del Mestiere e Arte dei Fruttaroli, che provvedevano a rifornire Venezia, e anche ad esportare nella Terraferma: Così si sarebbe avuta maggior abbondanza”.

Secondo le Cronache Veneziane, ieri come oggi i Fruttaroli Veneziani dietro “all’aria bonacciona e modesta da semplici Campagnoli hanno sempre fatto fortuna giocando fra prezzi e qualità delle loro ròbe bòne provenienti dalle Isole e da Sant’Erasmo dove venivano prodotte secondo le scadenze e cadenze degli antichiCalendaji Veneti dei Campi”.

Insomma: quello dei Fruttaroli ed Herbaroli era in ogni caso un laborioso “Mestiere Fortunato” che corrispondeva di sicuro a buoni se non lauti guadagni.

Lo Statuto dei Fruttaroli Veneziani risale al 1433, mentre la loro Mariegola “la Mare di tutte le Regole”è del 1483. Immaginatevi però se un Arte del genere poteva non esserci prima in città … I Fruttaroli-Herbarolici sono stati da sempre nell’Arcipelago Veneziano: probabilmente fin dall’inizio della sua storica epopea.

Ancora a fine 1700 a Venezia si contavano sparse in tutta la Città Lagunare: quasi 400 botteghe, una decina di posti chiusi e quasi 250 fra inviamenti e banche all’aperto o in posti barca attraccati alle rive o in giro per i Rii e Canali. Dentro a quei luoghi a volte provisori agivano 383 CapiMastri, 48 Garzoni e 58 Lavoranti-Coadiutori dell’Arte ...Venezia era piena di Corti e Calli del Fruttarol: se ne trovano nel Sestiere di Cannaregio, San Marco e Castello ... Intorno all’Arte dei Fruttaroli gravitavano quasi 1.250 persone fra Associati-iscritti, collaboratori e stretti simpatizzanti.

Era curiosa per non dire strana, inclusiva, polivalente ed eterogenea a fine 1500 l’Arte-Mestiere dei Naranzeri, Erbaroli e Frutarioli di Veneziaperché anche i Marinai-Barcaroli che trasportavano i prodotti, e i Pescatori della Gastaldia di San Nicolò dei Mendicoli e dell’Anzolo Raffael avevano licenza di vendere frutta e verdura all’ingrosso oltre che di vendere e piazzare Uova non tenendone in deposito più di 300, nonchè Vetri, la cui vendita era prerogativa dell’Arte degli Stazonieri.

La maggior parte però delle merci di Frutta & Verdura si vendevano come il solito “al minuto” a San Marco e nei bassi magazzini a “piè pian e a volta” del Palazzo dei Camerlenghi dell’Emporio Rialtino dove si pagava il Dazio alla Serenissima.

Dalle notizie storiche, era il 1414 quando il Civico nella figura del Consiglio dei Dieci concesse ad alcuni Veneziani “que vocetur de Arte Frutarolorum”, reduce da vari vagabondaggi fra le centrali Contrade di San Paternian, Sant’Apollonia ai Santi Filippo e Giacomo e la periferica Contrada del Vescovo a San Pietro di Castello, di poter costruire per la loro Schola una “sede de muro", lasciandole facoltà di sceglierne la locazione ... Si decise infine per la vispissima Contrada di Santa Maria Formosa nel Sestiere di Castello dove già c’erano ospitate storiche e attivissime Schole come quella dei Casselleri, dei Bombardieri e dei Manganeri, oltre a una delle prestigiose Nove Congreghe Cittadine del Clero Urbano di Venezia.

Quella di Santa Maria Formosa non era una Contrada qualsiasi di Venezia in quanto la sua chiesa era una delle cinque leggendarie ProtoChiese Matrici Veneziane fondate da San Magno. Da Santa Maria Formosa dipendevano ed erano affiliate ben 9 Parrocchie-Contrade: Santi Apostoli, San Felice, San Zuane Crisostomo, San Giovanni ossia San Zuane Novo o in Oleo, San Lio o Leone Papa, Santa Maria Assunta o Nova, Santa Marina, San Procolo o Provolo e Santa Sofia… Per antica consuetudine il Piovano del Capitolo dei Preti di Santa Maria Formosa offriva annualmente a Pasqua buzzoladi ai Piovani e ai Preti dei Capitoli delle chiese filiali …Santa Maria Formosa probabilmente era stata in origine anche una delle mitiche Sante Marie delle Lagune insieme a Torcello, Murano, Eraclea, Grado e forse Caorle: più antiche dello stesso Vescovado di Olivolo-Castello… Santa Maria Formosa era vivissima come chiesa-Contrada: le ronzavano intorno come Api di continuo non meno di una trentina di Preti di cui quattro fungevano da Capitolo Piovani-Contrada.

L’Arte dei Fruttaroli comprendeva “Naranzèri venditori d’Arance e Limoni, Erbaioli e Frutarioli”, che s’aggregavano e congregavano sotto l’egida direttiva della Banca della Schola composta da: Gastaldo, Vicario, Scrivano e da due ViceGastaldi o “Officialesper frutta fresca e secca” controllati dai Soprastanti ai Mercati che calmieravano prezzi e controllavano incette, vendite, guadagni ed eventuali contraffazioni e monopoli.

Quando i Fruttaroli decisero di mettere su nuova sede a Santa Maria Formosa, erano reduci da un’intensa stagione travagliata durante la quale avevano litigato e lottato non poco fra loro. Il motivo di fondo risaputo da tutti i Veneziani era l’eccessiva esosità di molti Fruttaroli: “troppi soldi e troppi guadagni in ballo facevano troppa gola a tanti, che diventavano più che spesso disposti a tutto anche a spese e discapito degli altri Confratelli”.

Ci pensò il Michele Steno: Dogedal 1º dicembre 1400 al 26 dicembre 1413, a redimere saggiamente quella cronica contrapposizione fra Fruttaroli … Per questo si meritò una buona ricompensa “in Meloni”... E così da quella volta, nel primo anno di governo di ogni Dogei Fruttaroli rinnovarono quel gesto-consuetudine di stima andando in agosto ad omaggiarlo in corteo a Palazzo Ducale con grande sfoggio di addobbi, costumi e musici ... La chiamarono “la Processione dei Meloni”.

Giunti davanti al Doge nella Sala dei Banchetti, Gastaldo, Vicario e Fruttaroligli consegnavano consistenti doni: porchette, lingue salate, prosciutti, formaggi, ciambelle e vino moscato in un tripudio cerimonioso di discorsi e fiori. Il Doge ricambiava e contraccambiava a sua volta l’omaggio offrendo: "due barili di vino, sei lingue salmistrate, sei prosciutti, sei soppresse, cento buzzoladi da zuppa, cento pani, sei forme di formaggio pecorino, ventiquattro formaggiette" che andavano a riempire di nuovo le quattro "corbe" portate in omaggio al Doge dai Fruttaroli.

Nella tradizionale coreografia codificata della Processione dei Fruttaroli dal Doge, aprivano il corteo sei Mazzieri con bastoni verdi filettati d'oro e con l'Arma del Dose in carica, quattro con trombe e tre tamburi, e cinque Gonfaloni dell'Arte. Nel mezzo dei Gonfaloni stava quello della Gastaldia di San Nicolò dei Mendicoli il cui Gastaldo indossava: “una ducale rossa e calotta nera in testa". Quelle prime figure processionali introducevano un baldacchino o Solàro con l'immagine del Santo Josaphat Patrono dell’Arte inghirlandato di fiori con lo stemma del nuovo Dose e l'ornamento di variopinte bandiere sorretti da quattro facchini. Facevano poi seguito quattro "gran còrbe"dipinte e argentate piene di Meloni, sostenute su grosse mazze da robusti facchini in costume teatrale. Seguivano ancora due fanciulli nerovestiti con mazzi di fiori su vassoi d'argento: “l’uno col Sonetto e l’altro col Maccetto da presentarsi a sua Serenità”. Seguiva ancora “l’Interveniente Gastaldo dell’Arte de Fruttaroli che farà lo Officio a sua Serenità”, poi il Gastaldo Grande di San Nicolò “tenendo alla dritta il Gastaldo dell’Arte dei Fruttaroli ed alla sinistra il Vicario dell’Arte … Susseguiranno il resto poi della Banca verranno dietro a due a due e cioè a quiete e pace reciproca i Fruttarioli con meloni in piatti d'argento e cesta dorata, e altri 80 Fruttaroli Compagni con flauti e pifferi tutti “vestii a festa” con casacche e berretto di tela stampati a fiori rossi con piatti e cesta argentata.”



Il corteo rituale dei Fruttaroli partiva dalla
 Fondamenta di Santa Maria Formosadove c’era la Schola dell'Arte, e avviandosi verso Campo San Lio passava poi per Campo San Bortolomio, attraversava le Mercerie di San Salvadore e San Zulianarrivando infine in Piazza San Marco e a Palazzo Ducaledove il Dose li accoglieva in veste ducale e berretta a tozzo" nelle stanze dove si riuniva di solito la Signoria ... Al ritorno il corteo tornava alla sede della Schola seguendo l’itinerario più breve passando attraverso il Campo de la Guera, mentre il Doge a Palazzo distribuiva a sua volta alle varie Magistrature buona parte dei donativi ricevuti dai Fruttaroli.

Le stesse Cronache Veneziane chiosavano concludendo la descrizione: “Li Bancali e Principali dell’Arte chiudevano la festa sagiamente, assicurandosi che avrebbero fatto un sontuoso pranzo all’Osteria per magnificare quella storica giornata.”

Viste allora nel secondo decennio del 1400, che nonostante l’apporto del Doge Steno i Fruttaroli non smettevano baruffe e contrasti tra loro, la preziosa autorizzazione d’erigersi la nuova sede per la Schola venne “messa in ghiaccio” e revocata dopo otto giorni “per gravedines” proprio perché gli Ufficiali della Banca della Schola imponevano esosissime Tasse di Benintrada e Luminaria ai Fruttaroli poveri obbligatoriamente iscritti all’Arte ... Chi non pagava non poteva esercitare in Città e in Laguna.

Il Consiglio dei Dieci tenne “in standby” i Fruttaroli Veneziani per ben quattro anni: solo dopo concesse il nulla osta per la loro riorganizzazione … La Tassa d'istituzione-iscrizione dei Fruttarolo sarebbe stata quindi equa o addirittura volontaria in certe occasioni: “zaschùno del dito mestier vi potrà entrar liberamente senza algun pagamento”...Patrono dei Fruttaroli sarebbe stato San Josaphat Re dell’India… Perché mai proprio lui ? … Uno Santo così insolito fuori dal tradizionale alveo Devozionale ? … Strane connivenze fra Oriente e Occidente.

La Festa Patronale di San Josaphat cadeva il 14 novembre, e i Preti di Santa Maria Formosala celebravano ogni volta con un gran Messone Cantato “in terzo”... E sorse quindi la sede della Nova ScholaNel 1425 I Fruttaroli Veneziani della Schola presero finalmente accordi col Capitolo dei Preti di Santa Maria Formosa ottenendo il permesso d’erigere: "una casa tanto erta quanto a lor fosse piaciuto, tanto in fuore quanto fosse quello della Madonna Santa Maria Formosa et de tanta longhezza quanto è quella ch'è pure messa appresso della dicta chiesa possendo stroppar la fenestra appresso la porta Sancta".


Sempre “da contratto”, i locali della Schola dovevano rimanere aperti il 2 febbraio di ogni anno: giorno Titolare della Chiesa dedita alla Purificazione della Vergine Santa Maria Formosa, e“per la venuta della Serenissima Signoria per la Festa e le Funzioni della Candelora". L’idea della festa era probabilmente d’origine gallicana, e si richiamava di sicuro anche a una concettualità liturgico-Cristologica dell’Yppapante d’origine Orientale e Bizantina ... Sempre secondo le indicazioni della Mariegola, oltre agli usuali obblighi riguardanti le Funzioni di Chiesa, i Fruttaroli nel giorno di Santa Marina dovevano offrire al Capitolo dei Preti 25 Meloni, ai quali si aggiunsero dal 1517 anche 17 mazzi “de spàresi” (Asparagi) e 104 “articiòcchi” (Carciofi)… La Schola venne inoltre autorizzata a costruire tre arche” dove poter tumulare i Compagni Fruttaroli Morti collocate sotto al Portico della chiesa (demolito nel 1542 per allargare la navata). Il piccolo edificio della Schola dei Fruttaroli condiviso in seguito anche con la Schola dei Casseleri per ridurre le spese, sorse in Fondamenta Santa Maria Formosa fra chiesa e campanile: “Sopra l'entrata di destra era murato un bassorilievo del 1497 raffigurante il Santo Patrono Giosafat Re dell'India che respinta la Corona Terrestre riceveva dagli Angeli quella Celeste ... L'interno al pianterreno era decorato da bei quadretti leggiadri realizzati da Alvise dal Friso che raccontavano “Vita e Passione del Christo Santo”.

Curiosamente, oltre alla Schola si costruì in Corte dei Fruttaroli nelle vicinanze di Santa Maria Formosa anche un insieme di caxette e un vero e proprio Ospiziocon 19 camere date gratuitamente “Amore Dei” ai Fruttaroli bisognosi … Si conservava infine in Contrada di San Piero de Castèo in Fondamenta de San Gioachin e Sant’Anna una specie di ampia dependance con Ospizio della stessa Schola dei Fruttaroli.

 


Ho quasi finito …

Nel 1551 ci si lamentava che a San Marco presso il Ponte della Paglia“ci fosse la bruttezza e disconcio di quell’honorato locho dovuto alla presenza di certe botteghe, casupole e tezze di tavole di Piazza affittate a Herbaroli et Hortolani … che fra quelli della Giudecca e Venezia assommavano a ben 33 ai quali andavano aggiunti anche i venditori di polli e d’altro.”

A inizio ottobre 1576, invece: i Provveditori alla Sanità ordinarono di mettere sotto sequestro i tre Sestieri de qua da Canal cioè: San Marco, Castello e Cannaregio ... Le famiglie furono invitate a far scorta di vettovaglie per almeno otto giorni, e i commercianti in particolare: Pistori, Fruttaroli e Luganegheri ad assicurare un tempestivo rifornimento di tutte le botteghe e della popolazione interessata ... Stava diffondendosi il contagio della Peste a Venezia e in Laguna.

1599: si tenne un Processo portando a condanna GiovanBattista Bonacini Frutariol che aveva venduto di frodo due botti di vino fatto in casa.

Dopo il 1697 la Schola dei Fruttaroli Veneziani che possedeva diversi beni immobili sparsi in tutta Venezia da cui traeva una rendita annuale superiore a 150 ducati, si trasformò e riorganizzò in Sovvegno dei Fruttaroli assumendo maggiore indirizzo di soccorso caritativo–assistenziale-previdenziale con cassa comune. Ogni iscritto versava una cifra prestabilita e in caso di malattia riceveva: sussidio, visite mediche e medicine. Ai poveri della Sovvegno veniva rilasciata una “Tessera di Carità per far spese di bisogno con una pera dei Fruttarioli stampata da un lato e San Josafat stampato sul retro”.

Il Capitolo dei Preti di Santa Maria Formosa come sempre non rimase ovviamente a guardare. Non perse l’occasione di contrattare “come d’uso” col neonato Sovvegno dei Fruttaroli per la spesa di una Messa Solenneogni terza domenica del mese, alcune Messe di Suffragio per i Fruttaroli Morti, nonché l’uso a tal scopo di “Banco e Altar proprio”in chiesa … Sarebbe stato l’Altar del Crocifisso dei Fruttaroli. 

Il primo febbraio 1761 Pietro Gradenigo raccontò nei suoi “Notatori”: “… nel Campo di Santa Maria Formosa fuori della Schola dell’Arte dei Fruttaroli, essi esposero, secondo consuetudine un sontuoso confalone dell’anno 1602, dipinto da ambo le parti con famoso pennello, esprimente al vivo l’immagine di San Giosafat e li originali e ritratti di alcuni principali loro Gastaldi e Confratelli che allora fiorivano; et in oltre un ornamento di ogni sorte de Frutti et Herbaggi di stupenda imitazione …”

Sei anni dopo si diffuse per Venezia la precisazione: “Solo i Veneziani possono commerciare in Arance, Limoni, Pomi d’Adamo e Melograni.”… L’Arte già vacillava: si stava ormai affacciando anche sul Mondo Lagunare la Modernità dei Tempi.

Nell’agosto 1789 l’Associazione dei Fruttaroli Veneziani allestì e realizzò mestamente la rituale e tradizionale Processione dei Meloni in omaggio dell’ultimo Doge Lodovico Manin a cui donarono 480 meloni "della maggior grandezza e della miglior qualità".



Poi cadde la Repubblica Serenissima, quando ormai l’Arte Cittadina e la Schola-Sovegno dei Fruttaroli erano in crisi da un pezzo avendo sospeso anche le sovvenzioni per i “Fradèi Malài”. L’Arte di Vittuaria dei Fruttaroli venne soppressa e definita“da aprirsi e regolamentarsi in quanto soggetta a schiavitù” ... I loro beni residui vennero incamerati dal Demanio del Nuovo Governo, e la loro vecchia sede-Albergo fra chiesa e campanile a seguito a un violento incendio che l’aveva distrutta completamente venne ricostruita a spese dei Fruttaroli e della Parrocchia incorporandola fino a farla scomparire del tutto nel Nuovo Oratorio della chiesa di Santa Maria Formosa.

Giunto il 1803, alla Visita-Censimento del Patriarca Flangini si relazionò: “il Sovegno-Schola d’assistenza dei Fruttaroli finanzia ancora ai Preti di Santa Maria Formosa e in Città la celebrazione di 132 Messe, di altre 12 Messe Cantate nella quarta domenica di ogni mese, un Esequiale nell’Ottava dei Morti, e i Vespri Solenni nella vigilia della Festa di San Giosafatt.”

Ancora nel 1804 Giacomo Alberti, GiovanMaria Meneguzzi, Pietro Carrer, Clemente Bottazzi e Pietro Rocchi portavano il titolo di “Cinque agli Agrumi della Naranzeria di Rialto”.

Oggi ?

Rimane ancora visibile nella Corte del Frutariol nei pressi dei luoghi dell’antica Casseleria di Santa Maria Formosa, l’insieme degli edifici e caxette dell’Ospissio e Oratorio “per i compagni Fruttaroli poveri e ammalai” edificato nel 1599 con un mascherone sopra alla porta. Lì è visibile un'iscrizione su patera rotonda col simbolo dell'Arte dei Fruttarolo con le iniziali del Santo Patrono "IO" cioè: Josaphat, decorate da una corona … un simbolo simile si può notare nel Sotoportego del Frutariol della stessa Corte.

Sono segnacoli, briciole e input muti del tanto che esisteva un tempo a Venezia, ed oggi non c’è quasi più … C’è forse da ripensarci quando andiamo qualche volta col guanto a scegliere un anonimo frutto o ortaggio sugli scaffali dei nostri moderni supermercati ormai privi diFruttaroli.

  


 


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