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Campo San Vidal zò del Ponte dell'Accademia

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Campo San Vidal zò del Ponte dell'Accademia

Scendendo il rattoppato Ponte in legno dell’Accademia, e scavalcando così il famoso Canal Grande, si arriva in due passi, subito dopo i Gondolieri e l’immancabile bancarella mangiaturisti: in Campo San Vidal. Si tratta del “cuore” di quella che un tempo era una delle Contrade Veneziane del Sestier de San Marco, e nella stampa di Giovanni Pividor del 1847 si nota la mancanza del sontuosissimo Palazzo Cavalli-Gussoni-Franchetti che riempie oggi la veduta e la scena di quell’angolo Veneziano.

Il monumentale Palazzo con giardino è stato rifatto nelle sue pompose sembianze neogotiche soltanto in tardo 1800, mentre, come si vede nella stampa, prima ne sorgeva uno di fattura più modesta quando apparteneva ancora ai Nobili Marcello.

Su Campo San Vidal vi dico solo tre cose curiose stavolta: solo tre … promesso.

La prima si può leggere nel Giornale della Sacrestia della vicina chiesa Conventuale dei Frati Agostini di Santo Stefano, dove alla data del 2 aprile 1556, si scrisse che una Veneziana partorì in un colpo solo in Contrada di San Vidal: sette bambini … che vennero subito sepolti nel Cimitero dei Padri appunto di Santo Stefano: “Povera donna ! … Non ne rimase per sua consolazione alla Vita neanche uno solo.”

La seconda: nel 1729 abitava sempre lì in Contrada di San Vidal un certo Nicola Faragonefiglio d'un contadino d'Ariano Pugliese o Irpino, che in realtà si trova in Campania ... Costui praticando prima la casa di un Avvocato del suo paese che derubò, rubò anche grosse cifre a un certoCostanzo Della Noce di cui istruiva i figli come“Maestro de casa”… Scoperto, venne messo in prigione da dove fuggì trovando riparo a Venezia, e qui divenne amico di due prostitute Napoletane madre e figlia: Fortunata e Leonora ... Beh: amico ? … Non proprio tanto … Una notte per appropriarsi di quanto possedevano le due donne, le uccise e le fece a pezzi mettendole in un baule che calò provvisoriamente con una grossa fune insieme a una pesante pietra dentro al pozzo di casa ... Maldestro l’ometto … Recuperò poi nottetempo il baule, lo mise in barca, e lo trasportò oltre il Canale della Giudeccaliberandosene gettandolo in Laguna. La corda a cui era legato il baule però andò a imbrogliarsi e incagliarsi insieme a quelle di una barca ormeggiata lì vicino ... Tira di qua le corde, tira di là: riemerse il baule, e si scoprì ben presto il delitto ... AFaragonecondannato il 12 settembre 1729 venne tagliata la testa, e il corpo fu diviso in quattro parti affisse a monito per tutti:“una par cantòn de Venessia”.

 

Terza e ultima curiosità … più recente stavolta … Ah: si ! … Me la ricordo ben la cièsa col San Vidal a cavallo ! … e sai perché ?” mi ha detto tempo fa un mio compaesano Buranello: “Perché prima di tutto come buon Buranello so che nel 1700 viveva in questa Contrada Veneziana il nostro Baldassare Galuppi, che è sepolto proprio qua in chiesa … Abitava in Campo: esattamente nel vecchio Palazzo Cavalli  … E poi: c’è un’altra cosa che ricordo bene … Da bambino ogni tanto la mia Mamma, che doveva far certe faccende, mi affidava per un poco a una sua sorella Suora che mi portava con se in giro per Venezia: a cjèse soprattutto … Me la ricordo bene la Zia: era incandita e incartapecorita, secca come un ciòdò dentro al suo cotolòn da Mùnega (Monaca), ed era devotissima, anzi: proprio bigotta … Era un rosariàre continuo, e tutta Santi e Madonne … D’altra parte era una Mùnega no ? … Ricordo ancora che ogni volta che m’incontrava me metteva in man un pàcco de santini, poi uscivamo di casa, e passavamo da un Oste che conosceva. Lei prendeva sempre un caffè nero e denso: secco come lei, mentre a me: “el fiolo”, dava ogni volta una bustina de mandolètte salàe e una pastina microscopica gommosa … Mi rimaneva sete per tutto il giorno, e la pasta vècia me restava incastràda nello stomaco fin a sera  … La Zia poi mi portava attraverso la Corte dei Preti, e mi diceva ogni volta: “Vedi: qua fin dal 1200 gèra tutto dei Preti … Ed è cosa vera … A San Vidal ghe ne gèra almeno quaranta de Preti, che i disèva tutti i giorni un scravasòn de Messe da mattina a sera, mentre qua intorno ogni Nobile gavèva in casa ‘na so ciesètta: Barbaro, Cavalli, Pisani, Morosini, Gabrieli, Mocenigo, Falier, Giustinian-Lolin, Mastini, Marchesini e Novello … Ghe gèra parfin un Prete miserabile che disèva Messa: “a favòr de tutti i Preti poarètti” … Qua ghe gèra usanza che el Clero de San Vidal el giorno del Santo Titolare-Patrono andava annualmente in processione fino al Traghetto sul Canal Grando per incontrar a metà strada i Preti del Capitolo de San Trovaso. Quelli ghe offriva un mazzetto de fiori e la man destra come riverenza … San Vidàl gèra el Papà dei do Santi Gervasio e Protasio ciamài dai Veneziani: Trovasio … Dopo, tutti i Preti insieme de le do sponde del Canalàzzo andava insieme a cantar Messa a San Vidal … Stessa cosa el giorno de la Festa de San Trovaso: quando i Preti de San Vidal andava a far festa e garanghèllo (banchetto) da quelli de San Trovaso.”

 La Zia Suora me portava in seguito dentro in cièsa de San Vidal: in Sacrestia … da un vècio Monsignor-Piovan che a conosèva … E là, ogni volta gèra a stessa solfa: dopo un fià de insistenze e tira e molla, el Prete ne mostrava un’altra volta con grande sussiego traendole da un involto de panno rosso consumà: certi preziosi Reliquiari che per secoli gavèva attratto tanti Pellegrini in sosta a Venezia prima de partir par la Terrasanta … El ne fasèva veder: le Spine e la Croxe del Signòr, ma anca: el Cuore del Beato Barbarigo, la Pelle de San Bòrtolo, e le Carni de San Luca e San Barnaba … Mamma mia ! …Gèra una cosa macabra: me fasèva paura solo l’idea de tutti quei Morti scuoiài e messi là dentro in cjèsa … Me parèva d’essere in un Cimitero … ma anche, detto sottovose: in una Bèccheria de a carne … Che ribrezzo ! … Non vedevo l’ora de andar via … E non xè tutto … Quello che me xè rimasto più impresso in mente … gèro putèo … Ricordo che con le altre cose el vecchio Prete ne mostrava anca a Reliquia “del pannolòn de Gesù Bambin” … No scherzo: xè vero … Oddio: si pisciava addosso pure lui, mi dicevo, e la cosa mi confortava parecchio perché a quei tempi qualche volta capitava ancora anche a me … C’era poi insieme ad altre Reliquie dorate che non ricordo, anche quella “dei capelli de a Madonna”, e anche “un pezzo del velo che a portava in testa” … E poi la Reliquia ch’el ne mostrava sempre per ultima: quella con i “Sacri resti del mantello de San Giuseppe” … Era più forte di me ogni volta: ridevo senza contegno, perché a me mente riandava al pensiero del mantello de Zorro … Sorridevo, e abbassavo la testa … La Zia che se ne accorgeva sempre, me tirava ogni volta fra capo e collo un scappellotto simbolico davanti al Monsignore, disèndome: “Vergognite ! … Ti xè spudorà e sacrilego !” … Il Monsignore allora, che aveva sempre un fiato malefico mortale, la vesta slavàda, e un colletto giallo attorno al collo, mi accarezzava la testa con una manomorta sempre fredda e biancopallida che pareva di cera … Poi tornavamo per strada finalmente, e anche quella volta l’avevo scapolàta di star là insieme a tutti quei Morti.”

 

Un altro angoletto di Venezia ... uno spicchietto di ieri.

 


 

 

 


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