#unacuriositàvenezianapervolta 262
Pètta di Bò … in Laguna Sud.
Ovverossia verrebbe da dire: le dimensioni del niente … Venezia è grande, grandissima, ma è anche parte di un contesto più grande che la contiene: la Laguna… Questo micro-macrocosmo dilatato a volte si fa anonimo, quasi impalpabile … ma esiste e c’è, anche se la nostra mente non lo considera perchè tutta presa dal pensare a vivere e a tutt’altro … La Laguna è tanto di più, non è solo le isole … E’ anche un sorprendente “niente” nascosto e recondito in cui ci si può pure perdere … ma che in ogni caso è capace nel suo piccolo di trasudare ugualmente Storia curiosa.
Pètta di Bò… Che è mi direte ?
Già … Un niente perso in Laguna, un semplice affioramento in Laguna Sud, che non so perché ha catturato la mia curiosa attenzione.
Come descrivere un posto così ? … Ci provo.
Pètta di Bòè una “motta”della Laguna emergente dai bassi fondali, che si staglia giusto in mezzo a due grandi quinte-scenari che la contornano … Da una parte c’è laTerrafermadella gronda Lagunare Veneziana con Oasi, Valli e Casoni. La zona è quella della Fogolana-Conchecon irecenti casoni,delPonte sul Nuovissimo e l’area detta della Bonifica di Brentache giunge ad affacciarsi sulla Laguna con i ruderi delCason della Boschettona… Per intenderci, è la stessa zona dellaValle-Casòn di Millecampi, che sorge pure lui sopra a una“motta”raggiungibile solo in barca dalle parti della Palude Fondella e di Casa Rossaverso Chioggia, il Lagone, e Valle Fossa della Magra verso il Casòn del Cornio e Valle Figheri.
Quanti nomi vero ? … Già in questi c’è di che perdersi.
Volgendosi dalla parte opposta stando a Petta di Bò, si ha in faccia oltre lo specchio umido e bagnato della Laguna col canale e le barene che portano alla Sacca Grande e al Casòn delle Sacche oggi “Centro di educazione ambientale”: San Vito di Pellestrina affacciata sul Litorale e sul mare, e poi Sant’Antonioproprio di fronte alla Motta di Bombàe o di Bomba. Sulla stessa linea dell’orizzonte s’affaccia poi tutto il resto di Pellestrina con le chiese di Ognissanti, il Santuario della Vergine dell’Apparizione, l’edificio bianco delle le scuole elementari, la torre dell’acquedotto, il cantiere navale De Poli con le sue gru, e via via la linea di costa fino alla bocca di Porto di Malamocco e degli Alberoni.
Pètta di Bò è un residuo di antichi cordoni di dune della linea di costa di 5000 anni fa, fra il ghebbo de la Croxee La Bassa dei Pii… E’ insomma un posto fra cielo e acque lontano da tutto e da tutti in laguna aperta. E’ da considerarsi forse solo un “luogo estivo” posto lungo la fila delle briccole che indicano il canale verso Chioggia, un luogo d’acque e silenzi dove stare un po’, rimanere magari brevemente ad indugiare, prendersi il sole, o rimanere a pescare e rilassarsi dimenticando tutto il resto del vivere ... o a ripensare il Passato ...
Di moderno che c’è ? … Niente di niente … Solo la stazione mareografica dell’A.P.A.T., niente di più.
D’inverno poi, forse è meglio non andarci perché l’acqua può essere mossa, ci può essere il maltempo o la nebbia, e ci si può perdere facilmente ...Credetemi … Non è uno scherzo vagare per la Laguna Sud quasi Chioggiotta in certe condizioni. Chi mai potrebbe venire a scovarti e prenderti in caso di necessità ?
Pètta di Bòè una “Mota o Motta”vi dicevo, cioè una "collinetta, piccolo dosso o affioramento emergente” dalle acque Lagunari … Ce ne sono diverse di Mottesia in Laguna Nord che nella Laguna Sud di Venezia. Si tratta di microisole effimere che prendono di volta in volta nomi come: Motta dell’Asèo, di Sant’Antonio, di Valgrande, del Cornio Nuovo o di Volpego. Sono spesso zone di navigazione o di caccia nei pressi di antiche Isole come San Marco e San Lorenzo in Boccalama, ad esempio … o ancora possono chiamarsi: Motta dei Cunicci(una delle più grandi, al di là del Rio Maggiore a nordest di Torcello), o Motta di Beveràsse o di Beveràra, o essere l’enigmatica Motta di San Lorenzo di Ammiana: quella studiatissima da eruditi archeologi, scavatissima e cercatissima:“fra tumbae ed emersioni, fra canali soggetti alla marea, ghebbi, e il Fondazzo in fàzza alla Valle di Cà Zane e il Pantano, e fra le barene e acque spesso cinte da grisiòle o palàde nel Sucaleo, nei Sette Soleri o Saleri, alla Punta, dello Scanello, del Tragio o Traglo e della Centrèga o Sentrèga.”
Sembrano quasi luoghi da favola, ed è curiosissimo riconoscerli e leggerli sulle antiche carte scovandone collocazioni, tracce e toponimi … Sono quasi una piccola sfida ad osservare, sapere, e capire meglio la nostra Storia Lagunare.
La Motta di Petta di Bò, come molte altre, è uno splendido sito naturale dominio e area di nidificazione di Sterne e Avocette, delle onnipresenti Garzette, e degli Aironi Cinerini ... ma ci sono anche: Cavalieri d’Italia, Volpoche, Germani Reali, qualche Beccaccia di mare ... In autunno sono presenti anche: Svassi, Folaghe e Anitre, e man mano che si va verso il mare aumentano Gabbiani e Cormorani… Ci sono però anchegrosse famiglie di Pantegane che qui fanno da padrone … Non sempre in queste zone remote della Laguna c’è quella magia poetica che s’immagina e si vorrebbe ...Sono aree molli e bagnate poco adatte alla crescita di Piante e Alberi, spesso prive di vegetazione, o ricoperte solo di fitti cespugli e di piante salmastre, o contornate da canneti che usufruiscono di vene d’acqua dolce che si frammischiano nel dedalo labirintico dei canali.
Che aggiungere ancora sullo “sputo fangoso di terra bagnata” di Pètta di Bò, così perso e fuori dal Mondo ?
Aggiungo due-tre lampi storici … o poco più … Secondo alcuni queste zone perse della Laguna Veneziana oltre ad essere luoghi di caccia e pesca, erano un tempo addirittura il capolinea dell’antica “Via dell'Ambra”, che giungeva qua oltre le foci del Timavo passando l’Adriatico. Da Venezia poi si proseguiva verso la grande pianura padana, e poi verso il resto dell’Europa. Antiche memorie ricordano che fin dal 1215 per il collegamento del canale lagunare denominato Pètta di Bò passavano: cambiavalute e usurai, e accadevano piaggerie di ogni sorta fra Chioggia, Venezia e Ferrara. Le stesse note antiche ricordano ancora che per quelle zone un tempo transitavano le barche del Sale dei Veneziani che andavano verso Ferrara e distretti, e fino alla Lombardia pagando dazio: “i Salineri viaggiavano da Chioggia con barche sigillate da funi per evitare frodi” ... A volte ai controlli risultava che c’era più sale di quanto dichiarato nelle Lettere Dogali d’accompagnamento … Si provvedeva allora a scaricare le barche o navi, a rimborsi, denunce, rimisurazioni e rivalutazioni delle spese dei cariaggi, del carico e scarico … si rimborsavano o multavano i Mercanti di Sale, che a volte perdevano il carico, o i padroni della barca a cui veniva sequestrato il natante che diventava proprietà del Comune … Finivano tutti anche a pagare le spese processuali ... Quanta Storia !
In questa parte della Laguna Veneziana si tenevano “legni armati” per controllare i passaggi e impedire i contrabbandi ... Sabellico e Bernardino Zendrini nelle sue “Memorie storiche dello stato antico e moderno della Lagune di Venezia.” ricordano di una parte presa dal Maggior Consiglio a fine luglio 1303 contro alcune operazioni che si tenevano proprio a Pètta di Bò nella Laguna Veneziana. Lì erano giunti da tempo i Padovani, che avevano debordato in quella parte di Laguna scendendo lungo il Brenta per farne proprio territorio. La risoluzione del Maggior Consiglio metteva fine a quella vicenda dando ordine di demolire quanto avevano costruito i Padovani, cioè “una bastia sul Canale di Pèta di Bò nei pressi di Chioggia a difesa di certe saline contro i Veneziani … nel distretto di Calcinara, nei pressi delle Valli di Millecampi, Posegato, Moraro e Inferno.”
L'opera realizzata dai Padovani a danno dei Veneziani era una piccola fortificazione nel Canale di Pètta di Bò… Secondo il Cronico Patavino nel 1303 i Padovani soffrivano di penuria di biada in città, e per questo furono costretti ad addentrasi in Laguna in cerca di risorse, fabbricando così quella specie di presidio lagunare: “Albertus et Mastinus de la Schala detentores Marchiae Trivisanae, Veronae, Brixiae, Parmae et Lucae, superbia elati, in Venetorum contemtum, contra pactorum formam, iuxta locum vocatum Peta di Bò castellum fortissimum fabricaverunt.”
I Veneziani dicevano a loro volta: “De una forteza fata per Padoani chiamata Peta di Bo ... In lo ditto tempo li Padoani cun grandissima superbia et inzuria de' Venetiani fece su el suo tignir chiamatta Peta di Bo, digandola … et affirmando che lor voleva.”
In realtà già nel 1215 i Padovani avevano costruito all’estremità del Canale Lagunare di Pèta di Bò presso Chioggia un fortilizio chiamato Cannè con stabile guarnigione armata quasi a sfida alla Torre delle Bebbe dei Veneziani che sorvegliava fra paludi, acquitrini e boschi le sbocco di Brenta e Adige in Laguna ... Lì accadde anche uno scontro fra Veneziani e Padovani: “vinsero i Veneziani più abili a muoversi in quell’habitat umido e piovoso: catturarono 350 soldati Padovani, armi, tende, cavalli e buoi, 2.000 carri e 5 grandi catapulte.”
Una seconda nota storica su Pètta di Bò, invece, risale a secoli dopo. Riguarda un ordine del Magistrato alle Acque del 29 marzo 1546 col quale si decise di distruggere molte Valli fra San Pietro in Volta e Treporti. Il Senatonel dicembre dello stesso anno proibì l’uso di certi lotti di terra per interrare le stesse valli ... e tre anni dopo ancora, si ordinò anche di togliere “arèlle o grisuòle” piantate in quei luoghi ormai proibiti dalla Legge … In seguito, nel 1559, si ordinò espressamente di distruggere le Valli di Melisson, Naviosa e Rossina, ma di conservare quelle diPezzegato, Sacca Grande, e Sacca Piccola a patto che li si fosse obbligati a rispettare con rigore ogni Legge in materia di contraffazioni e contrabbandi … Si decise anche di conservare le Valli esistenti “sòcto Cjòsa”, cioè: la Valle dell'Aseo e di Peta di Bò in Sacha… A fine 1574 si ordinò a Chioggiadi disfare gli argini costruiti abusivamente nella Valle dell’Aseo... Infine nel 1591: siccome erano sorti molti abusi proprio nella Valle di Pètta di Bò, si ordinò di regolarne tutti i confini … A differenza di noi di oggi, era attenta la Serenissima nel gestire nel dettaglio anche quella parte così remota della sua Laguna.
E’ impressionante il numero e l’accuratezza dei scandagli che la Serenissima eseguiva in quelle stesse paludi e canali … Nel 1674: “gli Eccellentissimi Delegati alla Laguna riscontrano false le testimonianze di un popolo lagrimante che riferisce la laguna agonizzante …. Fra le altre misure fecero prendere quella della profondità maggiore della Valle di Pètta di Bò che fu trovata di piedi 5 essendovi once 6 di secca … Diciotto anni dopo, cioè l'anno 1692, dagli Eccellentissimi predecessori dell'EE.VV. furono fatti scandagliare tutti i paludi della Laguna, e negli scandagli della valle di Pètta di Bò si trovò la stessa profondità, se non maggiore ...”
“Essendo stati alla visita delle Valli della Laguna i Savi alle Acque: Andrea Soranzo, il Cavaliere e Procuratore Niccolò Sagredo, ed il Procuratore Niccolò Venier cogli esecutori Marco Valier, Ottavio Gabrielli e GianAntonio Contarini, assieme cogli aggiunti Niccolò Delfino, Giovanni Bondumiero, Daniel Renieri, Giovanni da Ponte ed il Procurator Luigi Contarini, stabilirono concordemente con la terminazione XIV Aprile, che restassero distrutte tutte le Valli Basse che si trovavano nella Laguna viva, in quella cioè che ogni XII ore viene dal nuovo flusso ravvivata col corso delle acque. Erano queste le Valli di San Marco nuovo, Beverèra, Bombài e Magrèa, intorno alle quali furono tutti d'accordo; ma per le altre, dette medie, cioè: Pètta di Bò, Cannèo grosso, Valle in Pozzo, Valle Grande, Cormio, Sette Morti, Riòla e Torsòn di sotto e sopra, non tutti i membri della deputazione accordavano la massima di distruggerle; nondimeno così fu preso, sebbene la proposizione fosse gagliardamente contraddetta dal Cavaliere e Procuratore Sagredo e dall'Esecutore Gabrielli ... Le Valli poi più lontane, dette dell'Inferno, Morràro, Valle di Mezzo, Pozzegàto e Sacca Grande e Piccola restarono obbligate al rigor delle leggi. Fu parimenti comandata la distruzione della Valle detta Pisòrte di Sotto esistente nella Laguna di Chioggia, come pure di quella detta La Dolce, restando permessa quella dell'Aseo, sebbene contro l'opinione del Procuratore Venier e dell'Esecutore Marco Valier, e permesse altresì le altre nella detta laguna di Chioggia, dette di Brenta e Pisèrte di Sopra.”
La terza e ultima nota storica su Pètta di Bò, è invece, più recente: risale agli anni nostri, all’ultimo secolo.
Sono davvero copiosi i documenti e gli atti che rimandano soprattutto alla seconda metà del 1900, e si rincorrono fino ai primi decenni del 2000 ed oggi … Il mondo intero sa, anche se spesso ancora oggi tace e fa finta di non sapere e di non ricordare, di come tantaparte della Laguna Veneziana: formidabile nursery naturale ideale per tanta Flora e Fauna, è stata a lungo soggetta agli effetti deleteri non solo del moto ondoso e delle correnti, ma soprattutto è stata luogo di discarica di prodotti tossici-inquinanti risultanti dalle zone industriali e di bonifica di Marghera.
Anche nella recondita zona di Pètta di Bò, negli ultimi decenni del 1900, è accaduto un sistematico spandimento e discarica di prodotti inquinanti inorganici altamente tossici come: Diossine, e metalli pesanti come Arsenico, Piombo e Mercurio, che d’inquinanti biologici-organici come Salmonelle e Coliformi. Tutto ha di sicuro danneggiato Flora e Faunaautoctona, ma quel che è peggio, in parallelo è accaduto anche un lungo periodo di sfruttamento, raccolta, distribuzione e consumo abusivi di materiale ittico e dei fondali nonostante fosse nocivo alla Salute.
Inutile minimizzare o negare facendo finta di non sapere: ci sono stati numerosi decreti di sospensioni di raccolta, pesca e produzione di Molluschi (Vongole Veraci) e Pesci proprio nelle Paludi del Fondello e di Pètta di Bò, ma non solo là … con stretta raccomandazione d’invio del raccolto a opportuni centri di depurazione e trasformazione per garantire un minimo di sicurezza sanitaria.
Inutile anche disconoscere i dati storici della Cronaca.In quegli anni si sono attivati più di 1300 fra Pescatori, Vongolari e piccoli e grandi imprenditori di Chioggia, Pellestrina, Burano e Cavallino, che hanno messo in piedi un grosso “giro d’affari e d’indotto”con guadagni dell’ordine di 300 milioni di euro annui ... La pesca abusiva autogestita veniva praticata con pescherecci di mare dotati di turbosoffianti, draghe vibranti e rusche trainate sui fondali da operatori ignari degli effetti del loro lavoro … Si praticò la raccolta selvaggia di novellame di Vongola, la realizzazione d’impianti di produzione e allevamento improvvisati, e si sfiorò di sicuro lo scempio ecologico e la rovina dell’ecosistema Lagunare.
E’ Storia questa: non credo di esagerare in queste narrazioni.
Fino all’ 80% del prodotto veniva commercializzato “in nero” procurando ai vongolari abusivi ricavi di 100-150.000 euro annui. Chi poi è riuscito a commercializzare illecitamente i prodotti distribuendoli in Italia, Spagna e Europa,ha di sicuro guadagnato cifre 5-10 volte superiori. In questo lavorio illegale non sono mancate di certo infiltrazioni di criminalità organizzata con i soliti metodi di riciclo e profitto, così come non sono mancati i momenti di tensione: nel 1995 si fu un vero e proprio assalto alla Capitaneria di Porto di Venezia nel tentativo di mettere fine ai provvedimenti della Provincia e Regione che intendevano regolarizzare la situazione ... Qualche pescatore ha perso la vita o è stato accoltellamento durante certe operazioni abusive … Si sono sequestrarono centinaia di tonnellate di pescato inquinato, e altrettante imbarcazioni arrivando a denunciare più di 200 pescatori l’anno, e arrestandone almeno 70: “Associazione a delinquere, implicazioni mafiose, danneggiamento ambientale, traffico di alimenti adulterati e pericolosi, resistenza a pubblico ufficiale, falso, pericoli per la navigazione nell’area della Laguna Veneziana e di Porto Marghera” le motivazioni più frequenti dei provvedimenti messi in atto dallo Stato.
Infine il Consorzio Covealla prima, e G.R.A.L. (Gestione Risorse Alieutiche Lagunari) poi, riuscirono piano piano, non senza difficoltà, a irregimentare la situazione. Intervenne ancora la Magistratura che ordinò sequestri di flottiglie e pescato, e qualche anno dopo, Ministero dell’Ambiente, Magistrato alle Acque e Regione Veneto coinvolgendo la Camera di Commercio, e i Comuni di Venezia, Chioggia, Cavallino Treporti, Mira e Campagna Lupia provarono a risolvere il contenzioso permettendo l’avvio di attività legali d’allevamento in cooperativa coinvolgendo i quasi 1400 soggetti-Marinai-lavoranti fino ad allora attivi al margine dell’attività di pesca“ufficiale e autorizzata”... Era precisamente il 2002 quando il Magistrato alle Acqueassegnò in concessione ancora una volta diverse aree della Laguna per un totale di 3514 ettari, stavolta da dedicare a pesca programmata, tracciabile e sicura ... Nell’elenco di quelle aree di raccolta e pesca era compresa anche quella della Motta di Pètta di Bò.
Ho terminato … Mi piace lanciare nella mia mente un ultimo sguardo intorno all’amenità dei siti Lagunari di Pètta di Bò… Vedo in lontananza pontili di legno e scivoli di remiere posti lungo il bordo Lagunare … Vedo il sali e scendi della marea “che sei ore a crèsse, e sei ore a cala” seguendo quel ritmo e calendario di cui non conosciamo inizio né senso … La bassa ferma tutto: non si può passare navigando in alcun modo … Tutto si ferma … Non resta che fermarsi a sentir respirare la Laguna: le velme, i ghebbi e le barene, ma anche i Vegetali e gli Animali ... Ogni tanto transita qualche rara imbarcazione che passa pigra e silenziosa nei canali quasi volando sopra ai bassi fondali … come se fosse un fantasma.
M’impressiona una volta di più in conclusione, appoggiare lo sguardo su questi affioramenti Veneziani che la Storia sembra avere appena appena sfiorato … Esistono però … riservatissimi, quasi persi nel niente ... Ci sono però.