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L’esosa Decima del Piovàn de San Tomà

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L’esosa Decima del Piovàn de San Tomà

Lo sapete già dove si trova San Tomà a Venezia … Era una delle antiche Contrade Veneziane … Sorgeva stretta fra un nugolo di canali e canalicoli, campielletti e calli strette accanto al colosso di Santa Maria Graziosa dei Frari: il potentissimo Convento dei Frati Minori della Cà Granda che non solo si prendeva tutta la scena della zona, ma anche calamitava ogni possibilità di finanziamento attraendo verso di se e il suo splendido chiesonebasilica più Nobili e Popolani, Schole, Mecenati, Benefattoti e Protettori che poteva.

Agli altri enti della Contrada rimanevano solo poche briciole … Pochi, infatti, erano i Nobili che abitavano e praticavano la Contrada di San Tomà: qualche Priuli e Bondulmer o Bondimero, alcuni Civran, e i Centani o Zantani, che però s’erano ramificati in diverse sottofamiglie che da Patrizi che erano gli avevano fatti diventare quasi popolani … Nella Contrada di San Tomà c’erano poi i Dalla Frescadavenuti dall'Istria, e i  Nòmbolo, che Nobili non erano, ma erano solo macellai benestanti che avevano in zona le loro attività, come i Saonèr, un’altra cinquantina di botteghe, artisti e commercianti che lavoravano in zona ... La Contrada, insomma, era una zona di commercio e artigiani: un inviamento da forno con casa e bottega di qua, una Pistoria, una Speciaria e una bottega da Mandolèrdi là, che apparteneva ai Padri della Certosa di Sant’Andrea di fronte al Lido …  In Contrada ha sempre abitato circa un migliaio di Veneziani, centinaio più centinaio meno, a seconda dei momenti storici … Buona parte della Contrada è sempre stata formata da case di proprietà dell’altrettanto potente e ricchissima Schola Grande di San Rocco che sorge ancora lì vicinissimo: il suo simbolo è ancora oggi impresso sui muri un po’ ovunque. La Contrada di San Tomà sembrava quasi l’entourage, la dependance della prestigiosa Schola Granda.

 

Il Piovan del Capitolo dei Preti di San Tomà con i suoi due sparuti Preti, si sapeva a Venezia: faceva fatica a far quadrare i conti della chiesa-Parrocchia. Gli toccava anche di andare a fare il Notaio a Rialto e San Marco dove come Segretario presso la “Curia del Proprio” doveva star lì a compilare i Registri di Judicatum" sulla legittimità dei clan dei Nobili e dei bastardi. Il Notaio doveva attestare e verbalizzare matrimoni, alleanze fra Nobili, influenze e prestigio vari destreggiandosi fra Diritto Civile e Canonico, entità di capitali, blasoni, e restituzioni di doti ambite da vedove ed eredi. Il Piovan di San Tomà insomma doveva da sempre tirare un po’ la carretta per far girare la ruota della sua chiesa-Parrocchia.

Si: era vero … La chiesa dava anche ospitalità a qualche Schola di Devozione e Arte-Mestiere, per cui se ne ricavava qualcosa. C’erano presenti e attive nella chiesa di San Tomà oltre all’omonima Schola di San Tommaso, anche le Schole d’Arte e Mestiere poco significative della Purificazionedell’Arte dei Sagomadori da ogio e miel, quella di SantaTeodosiadei Testori Fustagneri, e quella dei Barcaroli del vicino Traghettoche operavano proprio là appena fuori della porta della chiesa … C’erano ancora un paio di Sovvegni, e altre due tarde Compagniesorte tardivamente durante il 1700 … Poca roba insomma ... S’era anche allestita una Madonna Vestita “miracolosa” che indossava vesti in panno d’oro, veli d’argento e merli d’oro … Però … a conti fatti … non erano migliorate di molto le economie della Parrocchia.

Se andate a vederlo oggi, il bel Campo di San Tomà, è ancora dominato da una parte dalla bella sede della Schola dei Callegheri che nel suo periodo di massimo splendore contava ben 1500 iscritti-associati. Con la sua singolare storia del mestiere è bella da vedere con gli affreschi all’interno, l’immagine della Madonna dei Calegheri in facciata, e le scarpe impresse sulle pietre del massiccio edificio … Dalla parte opposta del Campo sorge, invece, proprio la quadrata chiesa di San Tomà eternamente barricata e chiusa, inaccessibile, in mano da decenni solo ai NeoCatecumenali che ne hanno fatto loro privè di lusso, e azzurra aula magna liturgica … Un tempo la zona di San Tomà, ben servita dal Traghetto omonimo strategicamente collocato sul curvone del Canalàsso (Canal Grande), era portico ospitale e ambito luogo di sepoltura dei Veneziani … Nella stessa zona c’era anche “la vigna di San Tomà”, e un’antica “piscina presso il Rivo Tomanicoche divenne del Comune Veneziano nel 1294 … La zona era soggetta all’influenza dei Nobili Tonisto.

 

Beh … Nell’angolo di destra accanto alla chiesa, sorge ancora oggi l’austero Campiello del Piovan, che un tempo era chiuso da un alto muretto. Lì anche nel 1503, abitava appunto il Piovan di San Tomà col suo ridotto Clero.

Una Cronaca Venezianaracconta, che un giorno del 1503: Marina Querini andò a confessarsi da quel Piovano visto che la Festa di Pasqua era ormai imminente. Accadde però, che siccome lei non gli offrì prontamente “la Decima” dovuta per il conferimento del Sacramento, cosa che il Piovano pretendeva da tutti i suoi fedeli in cambio dell’assoluzione dei Peccati, lui le negò il perdono sacramentale ... C’è da aggiungere che la stessa donna era recidiva agli occhi del Piovano, perché non gli aveva pagato neanche le assoluzioni precedenti, per cui il Piovano si sentì in dovere di punirla “lasciandola nel Peccato, e mettendola in disgrazia con Dio e con la Chiesa”.

Scoppiò finalmente lo scandalo ! … La donna irata e giustamente infastidita, si fece coraggio e andò a denunciare al Patriarca l’abuso perpetrato da quel Prete che l’aveva sollecitata così eccessivamente ad offrire pecunio ... Non che a lei mancassero i soldi: era Nobile, ma giustamente era il mercimonio “delle cose di Dio”che non andava bene.

Chiamata in seguito a testimoniare, la donna affermò che con una mano il Prete segnava le teste assolvendole, mentre con l’altra di solito accettava e raccoglieva regalie, galline e capponi.

In realtà un fatto del genere non era affatto una novità a Venezia. C’erano stati diversi precedenti simili, anzi: quel modo d’agire dei Preti era quasi una costante …Tanto era vero che nella primavera del 1489 erano stati aspramente condannati a carcere ed esilio alcuni Nobili Veneti: Silvestro da Leze, Leonardo Bembo, Alvise Soranzo, Filippo Panila, Alvise Loredan e Giusto Gauro che si erano divertiti a rubare le galline e polli del Piovan di San Giovanni Crisostomo di Cannaregio, che li aveva raccolto durante le Confessioni e le Funzioni dei giorni dell’Indulgenza di San Giovanni ... Furono accusati di spregio alla Religione … pensate un po’ ?

Venezia è stata anche questo ... diciamolo serenamente.

Che altro poteva ancora capitare in una Contrada come San Tomà ?

 

Poche storie curiose degne di nota in verità ... In una fredda notte dell’inverno 1520, Andrea VassalloCapitano dei Dieci passò di pattuglia per il Campo dei Frari sentendo gridare nel vicino Campiello di San Rocco. Corse subito a vedere ovviamente, e lì arrestò i giovani Girolamo Toscan e Antonio Zenturer della vicina Contrada di San Tomà che avevano appena “mazzoccàto” in testa un ignaro passante con un bastone.  Erano abituati a tendere agguati alla gente: buttavano cenere negli occhi, calavano una bastonata sul collo dietro alla testa, e poi privavano i malcapitati di abiti, mantelli e borse lasciandoli sanguinanti per strada ... Stavolta era andata male ai due di San Tomà. Portati in prigione, dopo “due meritati tratti di corda” ammisero ogni addebito confessando che per ben sette volte avevano compiuto quell’operazione con successo.

Alvise Badoer loro avvocato d’ufficio provò a ribadire fino alla fine davanti ai Giudici, che in fondo i due non avevano ammazzato nessuno, e che non avevano fatto altro male che quello.

Vero … ammise la Quarantia al Criminal, e li condannò entrambi a morte ... All’inizio del mese seguente i due vennero condotti in barca lungo tutto il Canal Grande fino a Santa Croce annunciando il motivo della loro condanna, poi furono condotti a piedi fino aPiazza San Marco accompagnandoli con sonore frustate, e giunti in Piazza, venne loro mozzata la testa ... Infine a completamento dell’opera vennero squartati e appesi a monito ai quattro angoli della città: “Bèn ghe stà !” esclamarono i Veneziani in coro.

Venezia era Venezia … il metro della Giustizia Veneziana era elastico e severo … se voleva ... Dipendeva chi eri.

In una serata autunnale di circa cinquant’anni dopo, due famigli-domestici di Cà Badoer chiamarono la stessa ronda delle Guardie Veneziane dicendo loro che c’era un personaggio sospetto che si aggirava furtivo nei pressi della chiesa di San Tomà. Le guardie sopraggiunte, fermarono Nadalin da Trento, figlio di un Sarto, di professione: Garbelador e Ligador al Fontego dei Tedeschie abitante in Contrada di San Lio. L’uomo portava in spalla un pesante sacco contente tutta una serie di arnesi da scasso. Tradottolo in carcere, e recatisi a ispezionare casa sua, trovarono un gran numero di arredi sacri e ori e argenti sottratti che aveva già provveduto a fondere complice la moglie Cassandra, che non ci mise molto a squacquarare e confermare tutta la faccenda.

Provando a salvare il salvabile, il Nadalin ammise che quella sera stava provando ad entrare in San Tomà dov’erano esposte alcune Sacre Reliquie e oggetti preziosi per l’imminente Festa di Sant’Aniano dei Calegheri. Ammise anche d’aver rubato nelle Scuole Grandi di San Marco e San Roccoentrando dentro da un canale e da una tomba ... Al Consiglio dei Diecinon servì altro: lo condannò all’impiccagione, e poi ad essere arso in “Piazzetta fra le due colonne”.

Nel giugno 1581, invece, alla Visita Apostolica della Chiesa-Parrocchia-Collegiata e Contrada di San Tomà, si mandò a processo e si condannò il Prete-Diacono Giovanni Locatello “per gravi irregolarità carnali e patrimoniali, e persistenti vizi di gioco”… Nel 1587 il Maestro Giacomo De Armiatis andava a casa della Clarissima NobilMadonna Lucrezia Correr di San Tomà per istruire et insegnare alle sue due figlie che intendevano entrambe “andar Monache”.

Nell’anno 1600 tondo tondo, Zuane Orese in Campo San Tomà insieme ad Anzolo Strazaròl in Campo dei Frari furono chiamati a comparire davanti ai Capi del Consiglio dei Dieci accusati d'aver fatto compagnia a Catte da Cattarorifugiata in chiesa dei Frari dopo aver ucciso suo marito Floriànd'intesa col suo amante Daniele d'Hanna, e averlo seppellito nella propria abitazione a San Geremia. I due poi l'avevano portata a casa di Antonio Verghezin ex Campanèr dei Frari, e lì l’avevano aiutata a travestirsi da uomo promettendole di portarla in salvo fuori da Venezia ... Inutile dirvi che fecero una brutta fine pure loro.

Nel novembre 1630 in tempo di peste, Prè Melchiorre Cecchinititolato di San Tomà sparì per 16 giorni dalla Parrocchia per paura della peste “con non modica diminuzione del culto divino e detrimento delle Anime della parrocchia”… Non ricomparve più, perciò venne privato del Beneficio Parrocchiale … Nel febbraio 1662, invece, un Diacono di San Tomà non venne eletto Prete “perché difettoso di mente e incapace d’intendere e volere” ... In quegli stessi anni era Pievano di San Tomà Prè Matteo Caburlotti che possedeva una ventina di quadri a tema religioso, alcuni ritratti compreso il suo, e una gran bella divagazione mitologica rappresentante “le Grazie e la Carità” dipinte dal Padovanino … curiosità di Contrada Veneziana.

 

Il 01 marzo 1707, si sa bene, proprio in Parrocchia-Contrada di San Tomà nacque il famoso commediografo Carlo Goldoni: uno dei grandi maestri nel descrivere e interpretare il mondo Veneziano di allora … Un grande.

Qualche decennio dopo ancora, secondo i Notatori di Pietro Gradenigo: il Piovano della nuova chiesa ancora non completata di San Tomà si mise a cantare Messa Solennissimaper implorare l’aumento di elemosine utili per la povera fabbrica della chiesa: “Sempre e ancora i soldi in ballo … sempre quelli … che fanno girare il mondo, ma anche la testa” ... In quella stessa occasione si scoprì ai fedeli e al pubblico il nuovo soffitto dell’Altar Maggiore di San Tomàaffrescato dal pittore Veneziano Jacopo Guarana, figlio di un barbiere, abitante in Contrada di San Tomà in Calle del Cristo con padre, madre, moglie e tre figli pagando 40 ducati annui d’affitto.

Infine, alla fine della fine nel 1840, si allestì sul fianco destro della chiesa su disegno dell’Architetto Antonio Mauri una grandiosa Cappella-Santuarietto in forma ellittica dove il Prete Guglielmo Wembel raccolse e dispose più di sessanta pregevoli Reliquie buttate via e sparse ovunque dai Francesi e dagli Austriaci durante il saccheggio e la distruzione di chiese e Monasteri Veneziani … Allo stesso tempo si demolìil campanile cadente costruendone uno piccolo“a vela … alla romana”, dove si collocarono le risultanti vecchie campane rimaste mute per sempre.

 


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