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Calle della Malvasia al Traghetto fra San Beneto e Sant’Aponàl

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Calle della Malvasia al Traghetto fra San Beneto e Sant’Aponàl

Lo scenario Veneziano provate a immaginarlo da voi … Era quello tipico delle nostre Contrade Veneziane di un tempo … L’anno era il 1586-87 … Il contesto era quello della Venezia Rinascimentale dei grandi eventi storici che hanno riempito memorie, Cronache e libri, ma allo stesso tempo era anche quello spicciolo degli accadimenti quotidiani quasi banali dei Veneziani qualsiasi di allora ... Tutte cose in ogni caso, secondo me, curiosissime.

I protagonisti ? … Un grumo, quasi un ciuffetto di Veneziani e Veneziane d’allora: qualche donnetta soprattutto.

Le Contrada a cui mi riferisco sono quelle di San Benèto e di Sant’Aponala cavallo del Canal Grande”: il Canalàsso, fra i Sestieri di San Polo e San Marco … Due piccole Contrade Veneziane tipicissime, del tutto strette attorno alle loro chiese, e ciascuna satura della vita laboriosa dei Veneziani che risiedevano là.

I fatti … Un furto, la sparizione delittuosa di “gioie e ori”: del piccolo tesoretto “salvavita” di una famiglia popolarissima qualsiasi ... Spuntarono allora i soliti sospetti, la ricerca quasi spasmodica di un colpevole, e iniziò il comune tendere l’orecchio che provò a trovare un perché e per come … magari un nome, o una circostanza che spiegassero il tutto.

Chi poteva essere stato o stata ? … Perché l’aveva fatto ? … Ognuno cercava come poteva, usando le “sue armi”, e le ridotte capacità disponibili ... Se era il caso si sarebbe potuto magari consultare qualcuno che la sapesse lunga, che sapesse leggere e intendere ciò che i più non sanno e non vedono … O che facendo qualche gesto arcano, misterioso, fosse capace di frugare dentro all’ignoto … Insomma: si riuscisse ad andare al Aldilà delle cose.

Infine spuntò fuori un modo, anche se un po’ incerto, e “fai da te”… forse un po’ pericoloso anche ... Non da tutti … E fu  così che il gruppetto delle donne imparentate fra loro iniziarono a mettere insieme i pezzi necessari per poter scovare finalmente una qualche “Verità”... o almeno così speravano che fosse.

Secondo Fulvia Brunalesco serviva innanzitutto prelevare dell’Acqua Santa in qualche chiesa ... Di certo non mancavano a Venezia … L’Acqua era un oggetto indispensabile per poter raggiungere e svelare l’arcano ... Bisognava però che fosse una fanciulla Vergine a riempirne un’Inghistera intera (un boccione di casa, una caraffa da cucina), e la portasse a casa. Solo allora si poteva recitare un paio di formule adatte, e il gioco era fatto se c’era la fiducia di tutti. Nell’acqua lustrale sarebbe apparso, materializzato, il volto del colpevole del furto … Era vero ? … Sarà stato niente ? … Non avendo altro per le mani, le donne si affidarono a quello.

Ci fa sorridere oggi, ma per loro era tutto  in quanto non avevano altro … Poteva pur sempre essere la via buona per scoprire una qualche verità circa quell’insolito furto.

Però non erano stupide e sempliciotte del tutto: era opportuno non infilarsi nella chiesa della Contrada dove tutti si conoscevano e sapevano tutto di tutti … Troppo rischioso … Il Piovano e i Preti di Sant’Aponal poi erano fin troppo svegli e accorti … Come si faceva a rubargli tutta l’Acqua Santa ?

Perciò le donne pensarono che sarebbe stato meglio traghettare il Canal Grande, e andare di là in un’altra Contrada dove forse si era meno conosciute … E poi sapendo di quella certa chiesa … Sarebbe stato facile prendere l’Acqua Santa: non c’era mai quasi nessuno che la guardava.

Le donne quindi, conniventi e partecipi fra loro, si attivarono e si recarono probabilmente nella Contrada di San Beneto oltre il Canalàsso(Canal Grande) ... Bastava non darsi a vedere … e tutto si sarebbe fatto e risolto in fretta. 

Nella Contrada di San Benèto(Benedetto) risiedevano allora circa 600 persone, c’erano poche botteghe e un inviamento da forno, e nella vecchia chiesa spoglia a tre navate, che tutti chiamavano: “la gjèsia de le venti Reliquie”, si distribuivano solo 200 Comunioni ... una miseria come numero ... Non era quindi molto frequentata e appetita San Beneto … Forse perché lì dentro vi andavano e venivano i Monaci di Brondolo di Chioggia, che abitavano poco distante nella vicina Corte di Sant’Andrea(andatela a vedere !) ... San Beneto era una specie di “pied a terre” nella Capitale, di quei Monaci “aspri e traffegòni” sempre intenti a vendere e comprare sale. Avevano perfino il diritto esclusivo di eleggere il Piovano Secolare di San Beneto, che era soggetto a offrire annualmente al Capitolo del Vescovo di Olivolo-Castello un censo annuo, e una buona porzione delle Decime sui Morti della Contrada. Capite allora come San Beneto fosse un po’ disertata dai Veneziani della Contrada, oltre che trasandata probabilmente, e forse incustodita quanto bastava ? … Non esisteva ancora l’edificio di San Beneto e Scolastica visibile ancora oggi, ricco delle colorate e splendide opere del Mazzoni, Strozzi, Pilotti e Tiepolo. Venne realizzato solo in seguito, nel 1619-20, quando la vita della Contrada ebbe una svolta ... Infatti: c’era la Peste.

Riferisce la Cronaca del Barbo che proprio in quegli anni:adì 29 Novembre 1540 el campaniel di San Benetto in Venesia a hore 22, e senza algun strepito di temporal, ma da vecchiezza, cascò con ruina fin su le fondamenta, et era de domenega, et indivinò non trovasse niuno a passar, et dannizò la gesia ruinando un quarto di quella che fu la parte verso il campo, qual tegnivase con el detto campaniel”.

 

Sempre in Contrada di San Benèto, proprio nel 1586-87, cioè l’anno dei fatti che vi sto raccontando: “Antonius Figarius, Chierico di 65 anni da Verona, insegnava a 45 alunni:“Umanità … Ciceron, Verzilio et la Retorica di Cicerone ad Rhenium, e talli putti pizoli le Fabule di Esopo. Alcuni fanno epistole, altri fanno latini per tutte le regole. Alcuni fanno versi e anche concordantie in San Benetto, avendo come ripetitore un suo nipote.”

Sant’Aponàl, invece, dall’altra parte del Canal Grande … che sarebbe Sant’Apollinare: un Santo e una titolazione d’impronta e importazione Ravennate-Bizzantina, sorgeva poco distante, anzi, era quasi prolungamento del vivissimo Emporio di Rialto. La Contrada era zona ricca di botteghe, piena di gente, artieri, mercanti e lavoranti. Dalle dichiarazioni fiscali di quegli anni si può rilevare che vi risiedevano a lavorare e commerciare numerosi: Varotteri, Specieri, Coltreri, Spaderi, Pelizèri e Cimadòri… Vi abitava: Nicolò de Rizardo dalla farina, e c’erano Frutaròli, Piero dalle Stagliere, e Cortèleri, Miedegi e Lanèri ... C’era una rivendita di pane-Pistoria gestita da Antonio de Zane nel 1471, che consumava quasi 5.000 stara di farina annue ... Un bel giro di lavoro e affari insomma.

Sant’Aponal nel Sestiere di San Polo era una Contrada piena di vita, che quasi svelava e dipingeva la sua identità scrivendola sui muri:Calle, Ponte, Sottoportico della Furàtoladove c’era uno che fungeva un po’ da pizzicagnolo, e rivendeva pesce fritto e “vinàzzo sottobanco da poveraglia”in una casupola a pianoterra fumosa e buia. IFuratoleritenuti d’occhio dalla Serenissima, non potevano vendere cose riservate ai Luganegheri, né condire cibi con cacio, “onto sotil”, e grassi pena 40 ducati di multa e bando da Venezia e Dogado per un anno ... Se fossero stati Impiegati dello Stato o Pretiquelli scoperti a condurre una Furatola, sarebbero finiti in carcere, e avrebbero perso il posto o il Beneficio Ecclesiastico … Ma succedeva rare volte a Venezia … O meglio: succedeva, ma si tollerava: si chiudeva un occhio, e a volte tutti e due … Tutti sapevano, ma si andava avanti lo stesso … Bastava non far danni alla Serenissima, e non importunare il prossimo.

La zona di Sant’Aponal era anche Contrada di traffeghini e Prostitute… C’era ancora nell’aria l’antica memoria di quando un Nobile Davanzago, che era stato Capo Sestiere, s’era alleato con due sue amiche meretrici di Corte della Pasina aiutandole a resistere allo sfratto esecutivo imposto loro dai Signori di Notte. Il Davanzago aveva tirato fuori la spada, minacciato il Nobile Federico Michiel con i suoi amici, e gli aveva strappato di mano le chiavi della caxetta d’affitto ridandole alle due prostitute. La Serenissima in quel caso era intervenuta subito: processo, condanna, interdizione perpetua dai Pubblici Uffici per il Davanzago, e 100 lire di multa … L’onore del Nobile Michiel non si doveva toccare, ed era stato quindi adeguatamente preservato ... Che fossero attenti a non osare troppo quelli della Contrada !

Sant’Aponal nel 1509 era ancora Contrada vispa e popolosa: vi abitavano 1.858 Veneziani … La chiesa con una Madonna del Carminedi legno e vestita era ricoperta d’abiti e ori ... Era appena stato rifatto l’edificio a 6 altari, e la chiesa s’era fatta un nome in città e fra i Pellegrini sempre più rari di passaggio in quanto deteneva ed esponeva oltre alle solite Reliquie della Passione, anche la Testa del Profeta Giona che era stato mangiato dalla Balena biblica, il dito di Santa Caterina da Siena con cui ammoniva i suoi devoti ascoltatori, e soprattutto il braccio di San Sigismondo Re dei Burgundidal 516 al 523: primo Santo dei Barbari, la cui testa era finita nella Cattedrale di Forlì, e altri pezzi erano sparsi a Plock in Polonia nel Voivodato della Masovia sulle rive della Vistola; nella Basilica di Rivolta d'Adda nel Cremonese; e nella Cattedrale di Frisinga nella Baviera Tedesca.

Immagava molti la storia di San Sigismondo: uomo importante e famoso … Secondo la “Historiarum Francorum” scritta da Gregorio di Tours, Sigismondo era stato figlio e successore di Gundobado, aveva sposato una figlia dell’Ostrogoto Teodorico il Grande con quale fece alleanza nel 496. Incitato comunque in vita da Alcimo Ecdicio Avito Vescovo di Vienne, Sigismondo aveva abbandonato il paganesimo Arianoconvertendosi al Cristianesimo Ortodosso che impose anche ai suoi sudditi nel Conciliodi Epaon del 517mettendo a morte ogni eretico. Andò pellegrino a Roma incontrando Papa Simmaco, mentre l’Imperatore Anastasio I°lo aveva elevato a rango di Patrizio. Dalla moglie Ostrogota ebbe il figlio Sigerico erede al trono, che però fece uccidere perché accusato di aver stuprato la matrigna sua seconda moglie, poco prima che il suo regno finisse in mano ai Franchinel 534 … Sigismondo quindi non era proprio Santo del tutto ... Si diceva che era finito eremita ad espiare i suoi peccati nell’Abbazia di San Maurizio ad Agaunum nell’attuale Canton ValleseSvizzero, da lui costruita nel 515 a memoria della Tradizione secondo la quale la Legione Tebea era stata massacrata per ordine dell'imperatore MassimianoAugusto e da Diocleziano ... Non era vero che andò eremita ad espiare peccati … Dal 523 in poi, Sigismondo, in realtà, s’era battuto per il controllo dei territori con Franchi e Barbari suoi pari, ed era finito prigioniero ad Orléanscon moglie e figli, e lì venne decapitato con tutti i famigliari e fatto gettare in un pozzo a Colombe… Brutta fine per Re San Sigismondo, che a quel punto venne considerato anche Santo Martireveneratissimo da tanti in tutta Europa.

Lasciando perdere Sigismondo … Nel 1529 il Piovano Giacomo Grassolario di Sant’Aponal, prestigioso Notaio della Cancelleria del Dogevenne citato in giudizio dal Patriarca Querini in quanto “non aveva ottemperato alla sua proibizione di utilizzare nelle chiese durante le Feste dei Titoli e delle Schole: Sonadòri con trombe e corni con canti inonesti” ... Insomma aveva trasformato la Festa dell’8 settembre, la chiesa e dintorni in baldoria e garanghello, con canti, danze, e ubriachi molesti in Campo Sant’Aponàl e in giro per tutta la Contrada …  Altro che Devozione e Dottrina ! .. Il Piovano provò a difendersi dando la colpa al Gastaldo e ai Confratelli della Schola della Natività di Maria dei Fontegheri Venditori de farina o Farineri, Farinanti, che a loro volta dichiararono d’aver ottenuto opportuna autorizzazione per la Festa dallo stesso Vicario Patriarcale... Niente da fare: Prete, Schola e Devoti Confratelli dovettero rivedersi e “chiudere bottega” ... La Schola che aveva appena cambiato sede nel 1528 passando da San Silvestro alla Sacrestia di Sant’Aponal su iniziativa di un benestante Compagno "mercadante de Malvasia", e col consenso del Consiglio dei Dieci, venne momentaneamente sospesa dal Patriarca.

Poco importa … La Schola pur essendo stata messa in stadby, strinse lo stesso accordi col Piovano e i Preti di Sant’Aponalrealizzando la loro nuova Mariegola: “la Mare di tutte le Regole”; si diede come “sede di adunanza”la Sacrestia di Sant’Aponal; e si decise che i Fontegheriavrebbero avuto in uso in chiesa l'Altar de la Madona collocato a fianco di quello famoso della Schola dei Tagjapiera Veneziani; avrebbero inoltre ottenuto in uso “l’'Arca dei Morti”che si trovava nella Cappella per i loro Confratelli Defunti, insieme alla promessa di poterne costruire presto un’altra davanti a loro altare dove recitavano “i Suffragi”, e sempre lì si sarebbero accolti i nuovi iscritti Fontegheri recitando “un Pater-Ave, e basàndo la Mariegola""Tuti i Compagni li debbano poi tocàr la man (dargli la mano) in benvenuto”.

Curioso vero ? … Si stabilirono anche le contribuzioni e i sussidi con cui la Schola avrebbe sussidiato i Fontegheri precisando che erano esclusi dalla “Carità della Schola” quelli che fossero stati affetti da malattia incurabile, o non trovati a letto in caso di dichiarata malattia. Infine s’era detto e scritto che la Schola dei Fontegheri non avrebbe avuto diritto ad alcun rimborso per le opere e le migliorie realizzare in Sant’Aponal, qualora si fosse trasferita altrove. I Fontegheri allora aveva infisso in muro accanto alla porta d'entrata della Sacrestia, come loro “segno”,un bassorilievo in marmo greco rappresentante una Crocifissione(oggi quasi del tutto smangiato del tutto da intemperie e salsedine).

A Sant’Aponal c’era ancora la Calle e Ramo del Brusà, che si diceva si chiamasse così perché lì un tempo un edificio era stato distrutto dal fuoco su un'area diventata poi orto. La mezza leggenda raccontava, invece, che lì abitava “un brusà in carne e ossa”, un eretico dannato dato alle fiamme, il cui terreno maledetto doveva rimanere vacuo, incolto e non affittato a nessuno a monito perenne dell’accaduto.

C’era ancora Calle dell'Erbaròl, che si spiega da se ... Curiosissima una nota del dicembre 1510 redatta dal solito amabile Diarista Veneziano il Nobile Sanudo:“Adi 19 fo portato in Collegio uno mostro eri nato qui in Venexia in Campiello di Santo Aponal da uno povero Erbaruol, videlicet uno puto et una puta che si tieneno insieme davanti, videlicet do teste, 4 braxe, 4 gambe, chome apar per questa figura; el qual nacque eri, et vixe una hora: fono batezati la femena Maria, el puto Zuane: fo portati poi dal Patriarca et in Colegio, et cussì molti andono a caxa a vederli, et pagavano uno soldo, et fono imbalsamati. Et, cossa mostruosa, hanno un corpo solo”.

C’era ancora: Calle, Campiello e Rio e Ponte dei Meloni, che voleva dire anche delle Angurie e dei Poponi, dove ancora nel 1725 aveva bottega Bartolammeo Baggietta Barbitonsore accusato dal proprio garzone d'aver tagliato la testa col rasoio a un “Forèsto” per derubarlo, e poi d'averlo seppellito in bottega prima di gettarne il corpo dritto nel Canal Grande. Il Barbiere venne catturato e messo in prigione prima di scoprire che era innocente, in realtà calunniato dal suo maltrattato lavorante … che andò a sostituirlo in carcere … Storia questa però di un’altra epoca che lascio perdere.

Insomma la Contrada di Sant’Aponal ne aveva tante di cose da raccontare.

C’era infine la Calle del Luganeghèr che portava al Traghetto di Sant’Aponal che tragittava per la Contrada di San Luca e soprattutto di San Beneto oltre il Canalàsso.

Ecco ! … Fu lì, da quella parte che probabilmente andarono le donne della storia che vi sto raccontando. Abitavano precisamente in Calle della Malvasiaa Sant’Aponàl, che portava pure lei dritta al Traghetto affacciato sul Canal Grando.

Zona un po’ pericolosa e solitaria la Calle del Traghetto, a certe ore soprattutto. Tanto è vero che proprio lì negli stessi anni (05 agosto 1582) un certo D. Rossi da Cividale del Friuli assalì e ferì due Monache Converse del Santo Sepolcro in Riva degli Schiavoni ancora in giro per Venezia “a ora impropria”… Sembrò che fu “per affari d'amore e gelosia” … una delle due Monache venne colpita alla testa e l'altra al braccio ... Poi l’energumeno si diede alla fuga da Venezia ... Il Consiglio dei Diecilo condannò in contumacia al “Bando Capitale” e alla confisca di tutti i beni: 1000 ducati, che vennero versati “a beneficio del Convento del Santo Sepolcro”. Se avesse osato ripresentarsi a Venezia sarebbe stato decapitato “fra le due colonne” in Piazzetta a San Marco.

In Calle della Malvasia di Sant’Aponal(andatela a scovare ! con in mente questo racconto)abitava quindi Fulvia Brunalesco moglie di Lucrezio Cilla, insieme a sua sorella Valeria sposata con Girolamo Mariani o Maraini da Oderzo, che aveva una figlia: Splendiana. Entrambe le famiglie erano quindi originarie di Oderzo (paese noto a Venezia in quell’epoca per la sua predisposizione ad accogliere e sfornare pericolosi Eretici, Luterani, Calvinisti, nonché fattucchiere e malefiche Streghe e stregoni della risma di Francesco Stella da Buffolè che aveva procurato gran casino col Santo Uffizio dell’Inquisizione in giro per il Veneto e l’Italia del NordEst di allora).

Diversi di Oderzofacevano la spola con Venezia soprattutto a servizio dei Nobili Diedoche aveva possedimenti lì oltre che in Laguna. Poi impiantati nella Capitale finivano per restarci impiegandosi anche in altro e inventandosi un modo di vivere tutto Veneziano.

 

Fu lo stesso Lucrezioun bel giorno ad andare a bussare alla porta del Santo Uffizio di Veneziapresentandosi al Tribunale dell’Inquisizione. Andò a raccontare fra l’altro, che: “una certa donna  Splendiana cortisanella, insieme con sua madre Donna Valeria … come donne pessime, cattive et di mala vita quali sono senza timor di Iddio e dalla Santa Madre Chiesa, fanno tante stregherie, incanti e cose diaboliche in giro per Venezia … Tengono un magazzino pieno di scoàzze et altre poleronarie (cianfrusaglie), e lì si ritrovano a recitare preghiere strambe con Rosari senza Croce, e senza dire Amen alla fine … Poi con dell’Acqua Santa presa nelle chiese fanno degli Atti Diabolici sacrileghi…”

Ve le immaginate per un attimo le facce dei navigati e furbi Savi e Giudici Veneziani mentre ascoltavano quelle cose dette da quella specie di Campagnolo importato in città ? … Avranno pensato: saranno verità queste ? O questo qua è sballato e fuori di testa ? … come probabilmente lo saranno anche gli altri con cui avrà a che fare ? … Che venga qua solo per farci perdere tempo inseguendo le sue banali vendette personali e casalinghe ? ... Questa storia sembrano sia un insieme di beghe sciocche fra parenti.

Di sicuro non la pensavano allo stesso modo l’Inquisitore col suo entourage … C’era sempre in quei tempi la voglia nell’aria di tirare fuori l’acciarino per accendere qualche buon rogo ed estirpare così un po’ di Mali ed Eresie dalla società.

Curiosa comunque la figura di quell’uomo che andò a denunciare moglie e cognata … E sapete perché lo fece? … Forse …

Perché gli avevano detto che nell’Acqua Santa dell’Inghistera prelevata dalle donnine cercando di non farsi notare nelle chiese limitrofe a casa, era apparso il suo volto … Le donne lo ritenevano quindi reo della sottrazione e scomparsa dei beni di famiglia … Se li era forse impegnati per andarseli a giocare ? … Che ne aveva fatto ? … Chissà ?

Sta di fatto che bene o male le donne tramite i Sortilegi dell’Angelo Santo avevano incolpato proprio lui: uomo nefando, che aveva rubato i preziosi di famiglia ... Quel tesoretto meticolosamente conservato da chissà quanto tempo, per chissà quali avversità ... Disgraziato e farabutto minimo.

L’uomo da parte sua si dichiarò incredulo per quell’accusa secondo lui infondata, oltre che insolita nel modo con cui era nata … Proprio per questo s’era rivolto all’Inquisizione… Ma forse proprio non gli andava d’essere preso di mira da tutta la famiglia, o che perlomeno s’intrufolassero nei fatti suoi.

Insomma: finirono tutti citati in Tribunale, e comparvero davanti ai Savi all’Eresia che in quegli anni erano i Nobili Domenico Duodo e Zaccaria Contarini insieme forse a Giustiniano Giustinian il cui zio Paolo era considerato mezzo Santo … Non mancarono di presentarsi anche un buon numero di testimoni pronti a calcare la mano contro le donne confermandole come Streghe.

Comparvero: Giustina dalla Contrada di Santa Maria Materdomini: “che stava so del Ponte della Madonne oltre San Polo verso Santa Croxe”, e una certa Elena mugier de Ludovicoche stava drio alla Schola Grande di San Rocco”... C’era poi lo stesso Cilli rabbioso, che trascinò dentro alla faccenda perfino sua moglie Fulvia, che in realtà di “stregonèssi” ne sapeva più di tutti.

Era stata lei, infatti, a istruire le donne, e a suggerire quella trovata dell’Acqua Santa e dello Spergiuro.

Dalle chiacchiere di strada, quelle Verginelle insolite e un po’ fuori orario, erano state viste anche dal Gondoliere della “prima” del mattino del Traghetto intento a sistemare e ripulire lo Stazio de çitra de San Benèto ...Le aveva notate anche quello dell’“ultima all’Ave Maria di notte”mentre accendeva “il cesendetto a olio” davanti alla Madonnetta: "la Madre nostra", infissa in muro di Cà Tron (sostituita nel 1800 da una “Madonna con Putto” infissa sulla facciata di Palazzo Donà) nello Stazio di spalla, “dalla banda de ultra del Canalàsso”.

I Barcaroli-Gondolieri vedevano traghettare spesso quelle ragazzine fra Sant’Aponal e San Beneto, e uno di loro le aveva anche intraviste più volte infilarsi furtive nella chiesa di San Beneto, e uscirne poco dopo: “di fretta e circospette” provando a nascondere goffamente un’Inghisteria, quel vasotto a pancia baissa “d’uso de càsa”, che poteva contenere, che cosa, se non Acqua Santa sottratta in chiesa ?

Il Gondoliere le riconosceva quindi, perché le aveva notate più volte in giro, anche quando i Gondolieri col loro Gastaldo Sier Bernardin Favella s’erano recati a consolidare e confermare gli accordi col Piovano di San Beneto circa l’uso e l’occupazione della riva, dei gradini e del "portegheto" che erano proprietà del Parroco, e circa il quantitativo di candele da versargli come indennizzo per quell'uso.

Il frequentatissimo antico Traghetto di Sant’Aponal-San Benèto risaliva al 1293: “in Confinio Sancti Apollinaris ad tragettum Sancti Benedicti”, e costituiva il principale collegamento fra i mercati di San Polo e San Marco. Era un Tragheto da paràda (attraversamento) con 31 “libertà d’esercizio” (licenze)per i Compagni Barcaroli-Gondolieriautorizzati a trasportare ogni volta non più di sei persone ...

Oggi non c’è più.

Le donne allora finirono davanti al Tribunale dell’Inquisizione … Apparentemente non si persero d’animo e affrontarono decise l’interrogatorio e la prassi processuale … Sveglie quanto basta, ammisero ogni addebito, confermarono ogni presunta “gestualità Demoniaca”fatta a domicilio, e si autocensurarono ammettendo la loro colpa ... ma testimoniarono anche della loro ignoranza circa il significato dei gesti che avevano compiuto.

Più di tutte “squacquarò”e disse tutto Spendiana Mariani, che raccontò ai Giudici di come lei insieme alla sua amica Polonia, e a due tre ragazzine verginelle di circa quattordici anni, avevano fatto il Sortilegio dell’Inghistera pronunciando lo Scongiuro: “Angelo Bianco, Angelo Santo … Per la tua Santità ... Per la tua Verginità, dimmi chi è stato a robàr qua ?”

Toccò poi a Valeria, la madre di Splendiana, di parlare. Pure lei non si fece pregare nel dir la sua “verità” quasi ingenuamente: si … Era vero che s’era trovata con Polonia, e che avevano messo una fede nuziale sotto all’Inghistera piena d’Acqua Santa, e che una donna incinta con due ragazze vergini s’erano inginocchiate con una candela in mano recitando lo Spergiuro e invocando l’Angelo Bianco ... Loro non sapevano però che si trattava in realtà di un’invocazione al Demonio “mascherato da bontà angelica”.

Dall’acqua comunque era venuto fuori il volto del ladro … e si sapeva adesso chi era stato a rubare le cose di casa.

Per dare allora un qualche senso compiuto al tutto, si giunse infine al gesto ufficiale dell’Abiuraimposto alle donne dall’Inquisizione … che forse sperava di arrivare più in là.

Madre e figlia recitarono e sottoscrissero non senza un certo timore con un segno di croce perchè analfabete, l’atto formale di Abiura giurando sui Sacri Vangeli davanti al Patriarca Angelo Trevisan in persona, e al temibile Inquisitore Angelo Mirabini da Faenza… Tutto venne confezionato come Atto Giuridico dall’Avvocato Veneziano Giuseppe Vidali.

Tutto filò liscio e così si concluse … Non forse come avrebbe voluto l’inviperito Lucrezio Cilla che avrebbe voluto strapazzare per bene quelle donne … Le donne se la cavarono, invece, con soli 5 giorni di pubblica punizione: di “Banno-Berlina”fuori delle porte di qualche chiesa Veneziana … di Sant’Aponalforse ?

Poi tutto finì e venne messo a tacere dall’Inquisizione, che obbligò tutti al silenzio più assoluto su tutta la faccenda ... Ognuno se ne andò poi per i fatti suoi, e dopo quelle fosche vicende di chiacchieratissimi “Strighessi e Strigonerie” la vita delle Contrade riprese normalmente … Venezia sapeva assimilare tutto e tutti, si sapeva convivere benissimo e senza difficoltà con tante situazioni simili di Streghe, Megère, Strigòni e ciarlatani: “poveràssi: uomini e  donne qualsiasi, anco persone di rango a volte, tutti intenti a viver e campar inseguendo sogni e bisogni, nonché qualche fantasioso o concretissimo smorosèsso che finiva dentro ai letti o a intaccare i patrimoni.”

Anzi: non cambiò proprio niente di niente in Contrada di Sant’Aponal, dove il gruppetto delle donnette della Contrada s’era pentito e impegnato a percorrere la “retta via” ?

Macchè … Neanche a distanza di un anno dai fatti, all’Inquisizione Veneziana venne segnalato che la stessa Fulvia Brugnalesco faceva ancora le stesse medesime cose che faceva prima “inventandosi e prodigandosi ancora in ulteriori riti e arti magiche” ... Il Lupo perde il pelo ma non il vizio … Erano un po’ come noi di oggi, che una ne diciamo e cento ne facciamo. Ci teniamo strette e difendiamo opinioni e convinzioni, nonché scaramanzie e rimedi empirici su ciò che è giusto e utile fare o non fare, per poi continuare spesso a destreggiarci nel nostro vivere come più ci piace.

Comunque: le donne erano recidive, morbose megère, perniciose relapse da inquisire di più e di nuovo ?

Non se ne fece assolutamente nulla a Venezia per quanto ci è dato da sapere … I Veneziani avevano altro per la testa piuttosto che “la vògia de continuar ad andar drio ai borèssi de quei homeni e done ispiritài e mezzi matti”… La Storia continuò a ruotare e scorrere come se niente fosse accaduto.

Nel maggio 1606, comunque, il Senato Terra autorizzòla spesa e pagamento di 24 ducati,19 grossi e 10 piccoli a Mastro Alvise Stramassèr della Contrada di Sant’Aponal(dove vivevano 2.016 persone)“per il facimento di 24 stramazzetti di cordami damaschini e 4 di raso cremesin pontadi, fiochadi e distesi compreso spago, cordon per la realizzazione del Nuovo Bucintoro.”

Nella stessa Contrada, sempre più emancipata e vivida di ben 76 botteghe, secondo i Necrologi Sanitari dell’epoca, visse e morì il 07 ottobre 1609 il pittore Alvise Benfatto, detto “Dal Friso”, nipote di Paolo Veronese: “07 ottobre 16O9. Missier Alvise Benfatto Pittor de anni 65 in circa, morì da febbre in giorni 8, in Sant’Aponal”... poi …

Poi: basta … mi fermo qua stavolta.



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