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Pierantonio Andrea Giovanni Grattarol: insolito Veneziano della Cancelleria Dogale

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Pierantonio Andrea Giovanni Grattarol: insolito Veneziano della Cancelleria Dogale

Come sapete meglio di me, accanto ai forbitissimi Nobili Veneziani esisteva nella nostra Città Lagunare una categoria di persone e famiglie non meno ricche e prestigiose, ma di ceto considerato inferiore: i Cittadini Originari.

Niente da fare: non ci doveva essere Storia per loro disponibile ad accoglierli. Erano un Ceto(classe-casta-categoria) che veniva dopo dei Nobili dei quali potevano essere solo lecchini e ruffiani riverenti, o perlomeno sempre e comunque sottoposti. I Cittadini non avevano modo di scalare di categoria diventando Nobili pure loro, se non in rarissime occasioni, ma non mancarono lo stesso di ottenere prestigio, e soprattutto potere occupando posti nevralgici in quelli che erano i centri della complicatissima gestione burocratica della Serenissima Repubblica ... Non dimentichiamolo: Venezia era uno Stato.

Rimanendo in un certo senso dietro alle quinte, i Cittadini Originari con la loro grande competenza e maestria soprattutto Giuridica e Politica facevano funzionare al meglio il complesso ma funzionale apparato di San Marco e Rialto fungendo da Avvocati, Notai ed esperti Segretari dei vari Savi, Inquisitori, Ambasciatori e Magistrati della Serenissima … I Cittadini insomma, sono stati di sicuro delle Famiglie, che hanno contribuito grandemente a inventare la Storia di Venezia.

Fra tutte quelle Famiglie: che erano parecchie, ce n’era una: quella dei Grattarol o Grattariol.

Il Clan dei Grattarol non era affatto una famiglia di morti di fame. Erano, infatti: Medici, Avvocati e Mercanti distinti in diversi rami … C’era, ad esempio, il Ramo dei Grattarol Dalle Navi, che si occupavano ovviamente di Mercandia e Commerci spostandosi più volte in cerca di fortuna a Bergamo e Padova per poi tornare a stabilirsi definitivamente a Venezia. Rinunciato alla Nobiltà, era ovvio che provassero la scalata almeno alla Cittadinanza Originaria. Infatti l’ottennero fra 1605 e 1612. Un Grattarol giunse a ricoprire l'ambita carica di Segretario del Consiglio dei Dieci; mentre Giuseppe di Andrea Grattarol riuscì ad essere dal1713: Cancelliere Ordinario della Serenissima… Toccò quindi l’apice di quanto c’era di raggiungibile nel mondo socio-politico Veneziano dei Cittadini.

I Grattarol stavano benone economicamente: possedevano immobili, "fabriche coloniche” e appezzamenti di terra a Malamocco, Marghera, Carpenedo, Marcòn, San Trovaso, Lovadina, Conegliano, Campolongo, Battaglia, Camposampiero e Gambarare… Che ve ne pare ? Non male vero ?

Oltre ad essere Veneziani d.o.c. d’animo, i Grattarol erano anche figli del loro tempo. Infatti, essendo facoltosi, si preoccuparono di vincere la comune paura dell’Aldilà e del Giudizio Finale postmortem lasciando parecchi buoni soldini ai Preti della Contrada di San Lio dove abitavano perché mettessero in piedi “a suon di Messe” un buon Suffragio per la famiglia.

Non erano riusciti a diventare Nobili, ma a garantirsi un buon posto nell’Eternità ... Beh … Almeno questo: si.

A tal proposito, Ambroso quondam Zuanne GrattariolCancellier Grandodella Serenissima depositò per testamento nella Zecca di San Marco un capitale per finanziare una Mansioneria Mensileda 207 Messe da lire 171 l’una, che i Preti di San Lio, senza batter ciglio, riscossero e celebrarono puntualmente per 200 anni ...  Due secoli eh !

Non pago di questo, lo stesso Ambroso Grattariol lasciò ai Preti ulteriori 400 ducati perché si realizzasse nella stessa chiesa di San Lio una pala d’altare “a sua perenne memoria”.

Che ve ne pare ? … Un Veneziano encomiabile vero ? Un modello di persona davvero affezionata alla sua Contrada e alla Città.

Dieci anni prima di morire il Cancelliere Grande Grattarol dichiarò al Fisco Veneziano dei Savi alle Decime una rendita imponibile di 867 ducati annui, indice di sicuro limato abbondantemente al ribasso del tanto in più che potevano gestire e permettersi.

Figlio unico dello stesso fortunato e intraprendente Cancellier Grandofu: Pierantonio Andrea Giovanni Grattarol nato nel 1738.

Di lui si disse e scrisse: “Veneziano libertino imprudente, uomo sbagliato nel momento sbagliato … Viaggiatore inesperto in terre inospitali … Personaggio fra il tragico e il patetico.”

Di lui intendo raccontarvi qualcosa.

Dotato ovviamente fin dalla nascita di buone risorse economiche, fu un incredibile scialacquone ambizioso, capriccioso, leggero ma galante. Ancora giovanissimo, si ritrovò a Venezia perseguitato dentro al vorticoso gioco senza scrupoli della Politica e della Giustizia Veneziana. Di Pierantonio Grattarol in giro per Venezia si diceva: “E’ un orgoglioso, un imprudente, un puntiglioso commiserabile, un uomo d’umor viperino, bilioso, indomito, affettivamente arrischiato in mille avventure (erano un donnaiolo insaziabile), e per i più: è vendicativo e pericoloso”. In tanti a Venezia ce l’avevano un po’ a morte con lui, anche perché s’intrufolava dappertutto suscitando le ire e le invidie di tanti, e andava “a fregàr e insidiàr le più belle mogli dei migliori partiti ... accalappiandole per di più.”

Facciamo un passetto indietro per capire un attimo di più il Mondo Veneziano in cui si muoveva Grattatol.

A dodici anni PierAntonio Andra Giovanni Grattarol divenne orfano … Suo padre prima di morire precocemente "da tubercoli" nell’autunno 1750, oltre a lasciargli vitanaturaldurante un ingente patrimonio economico, si premurò di preparare al figlio la strada spianata per poter ottenere il “meglio del meglio” sulla sua stessa scia. Per ottenere questo, gli affibbiò come educatori e tutori il Padrino Andrea Diedo, e soprattutto Natale Dalle Lastre: un consulente espertissimo delle cose della Serenissima, che senza gran fatica introdusse il giovane in tutti i segreti del mondo politico ed economico veneziano.

PierAntonio quindi trovò fin dall’inizio ben indirizzato verso una probabile Vita fortunata all’interno della Cancelleria Dogale. Infatti venne introdotto in Cancelleria: prima come Estraordinarionel 1752, poi come Effettivo tre anni dopo ... Abile o non abile, a soli vent’anni era già diventato Segretario del Provveditore Generale della Cittadella militare di Palmanova nella Patria del Friuli, finchè nel 1765 venne richiamato a Venezia per conferirgli la mansione di Segretario dei Provveditori alle Artiglierie dell’Arsenale.

Un bel salto in avanti: niente da dire ... Grattariol stava diventando un uomo di successo:“per capacità e serietà professionale”, si diceva in giro di lui.

Fu, infatti, tutto un andirivieni a fianco delle alte cariche di Stato: passò alla Segreteria degli Uffici della Zecca, per poi ritornare di nuovo alle Artiglierenel 1771 ... Aveva 33 anni quando venne scelto come uno dei Segretari del Senato: funzione a diretto contato e conoscenza dei più importanti e delicati affari dello Stato Serenissimo. Da lì avrebbe potuto aspirare al Segretariato del Consiglio dei Dieci,o alla Diplomazia Veneziana nelle Corti Minori Italiane ed Europee… E perché no ? … Avrebbe potuto puntare anche all'ambitissimo incarico di Cancelliere Grande: la carica che aveva ricoperto con successo suo padre prima di lui … Sarebbe stato il  massimo possibile per un Grattarol … I presupposti giusti c’erano tutti.

Ve ne risparmio la lettura, ma sentiste in quale modo ruffiano e furbo PierAntonio Grattarol seppe essere plateale lecchino enfatico e adulatorio di Giovanni Colombo, cheoccupava la carica di Cancelliere Grande. In una Pubblica Gratulazione del 1766, Grattarolpareva proprio un gatto che si struscia facendo sfacciatamente le fusa a caccia di cibo. Leggendolo, si ha proprio l’impressione di uno abilissimo a sgomitare e spingere per trovare a tutti i costi un posto in primissima fila al sole.

La reazione dei Veneziani fu ferocissima. Venne subito preso in giro, "assalito e malignato"da tutti i Nobili, dagli ambienti invidiosissimi della Cancelleria soprattutto, e additato e sparlato in giro per tutta Venezia: “Chi crede d’essere … Chi vuol diventare quel Grattarol ?

La sua abilità insieme alla sua spudorata intraprendenza gli fecero però guadagnare la stima di alcuni eminenti Patrizi: Francesco Pesaro, Domenico Contarini, Angelo Emoe altri, che si schierarono apertamente a suo favore.

Grattarol si rese conto allora che quello era il suo momento: quello in cui forse avrebbe dovuto osare un po’ di più.

Che fece ?

Pensa e ripensa … Vista la nomèa non tanto bella che si era acquistato, e per darsi ulteriore tono facendosi notare emergendo di più, Grattarol fondò la primaLoggia Massonica Veneziana: “l’Union”... Si trattò di una figliazione diretta della grande Loggia Inglese dei Moderns, di cui Grattarol  divenne all’inizio Maestro Venerabile con la Patente di Riconoscimento Massonica n. 438.

Il nostro personaggio fece le cose per bene dando una sede alla Loggia segretain un appartamento prestigioso sito in Corte di Cà Da Mosto in Contrada di San Marcuola affacciato sul Canal Grande. Affittatolo inizialmente a un Milord Blandir, da lì riuscì a coinvolgere e associare diversi “fratelli Veneziani” di diversa estrazione sociale. C’erano alcuni Nobili Sceriman, Marcello e Dandolo, il Conte Thiene, alcuni facoltosi Mercanti e affaristi Ebrei e Greci, qualche “Forèsto”(straniero)di spicco, ed altri esponenti dell'entourage politico-amministrativo dell’apparato burocratico e istituzionale Veneziano … Il Grattarol seppe quindi coinvolgere “in quel gioco pericoloso” anche la Cancelleria Ducale insomma.

Figuratevi la reazione dell’ormai decadente seppure ancora ricca e potente Nobiltà Veneziana, giunta anche se quasi inconsapevolmente quasi al capolinea della propria travagliata ma fortunatissima Storia epocale.

Quella del Grattarol era di certo una vera e propria macchinazione a discapito della Repubblica … Il Potere era il Potere … Controllarlo di più o perlomeno metterci lo zampino era di sicuro prerogativa del Grattarol, che nel frattempo non smise mai di supportare ulteriormente la propria candidatura ad incarichi di prestigio dentro alla Repubblica Serenissima ... Volava alto, e voleva salire e innalzarsi ancora di più.

Vi risparmio tanti dettagli

Per inseguire i suoi scopi, Grattarol fece allora qualche altro azzardo … arguto forse. “Puntò con successo” prima Caterina Dolfin: “la Tròna” moglie (già divorziata dal NobileMarcantonio Tiepolo)del potentissimo Procuratore Andrea Tron detto: “el paròn”,Cavaliere dalla Stola d'Oro, uomo intelligente e potente giunto ai vertici del potere veneziano, aspirante Doge di sicuro.

Da qualche anno si diceva che Tron avesse ormai tutta Venezia in mano: era appunto: “el Paròn de Venessia”.

Caterina Dolfin, sua moglie, era una bella NobilDonna “ingegnosa”, emancipatissima, senza scrupoli né pudori, che aveva saputo collocarsi abilmente al centro della vita culturale e mondana di Venezia sposando Tron molto più attempato di lei.

Grattarol si diede parecchio da fare per corteggiarla e guadagnare i suoi favori. Non gli costò pochissimo quella sua specie d’impresa. Spese, ad esempio, 2.400 Zecchini anticipatigli dallo Stato e molti altri soldi propri allestendo banchetti e ricevimenti, vestendo abiti di lusso e contornandosi di domestici. Grattarol era un aitante “galletto ruspante”: fisico minuto, capelli chiari, fronte spaziosa, lineamenti sottili e sguardo accattivante: “Vestiva impeccabilmente di variopinte sete e rasi alla moda francese, con modi ricercati e manierosi non scevri di una certa arrogante presunzione di sé ... Grattarol sembrò quasi voler attrarre una greve e quasi generale ilarità col suo stile effeminato. Desideroso di emergere nel bel mondo, accanto ai doveri professionali non disdegnò di frequentare teatri, casini da gioco, salotti alla moda, ricevendo a sua volta sontuosamente nel suo palazzo in stile rococò, con grande dispendio di denaro, attinto alla cospicua dote della moglie, Santina Olivieri, di origine modenese e già ballerina, sposata a soli ventidue anni e dalla quale ben presto si separò, senza figli, per condurre una vita più leggera e libertina.”

Riuscì però nel suo intento d’invaghire la donna, che finì con l’intercedere presso il potente marito a favore del Grattarol.  Pierantonio Andrea Giovanni nel 1773 ricevette  l’incarico di “Residente presso la Corte Sabauda” andando a sostituire G.F. Zen. Seguì allora per breve tempo il Nobile Pietro Contarini Ambasciatore Straordinaria a Torino per felicitare Vittorio Amedeo III salito al trono di Sardegna. Successo per il Grattarol al seguito ? … No: fu un buco nell’acqua, perché improvvisamente la Corte Sabaudaper un vizio di protocollo ritirò il suo Ambasciatore a Venezia, e la Serenissima di rimando richiamò il suo sopprimendo la sede diplomatica di Venezia a Torino.

Non ci voleva.

Ma non solo … Era capitato anche che con quell’incarico concesso al Grattarolo, si fosse trovato messo involontariamente in diretta concorrenza con un altro protetto dello stesso Procuratore Andrea Tron, che gli passò davanti.

Tanta fatica per niente: Grattarol rimase a terra.

Come non bastasse, in parallelo, l’avventuroso Grattarol s’innamorò e intrigò anche con Teodora Ricci:fiammante attrice ballerina e comica incontrata al Teatro di San Salvadora Venezia. Era l’amante di Carlo Gozzi: rancoroso letterato teatrante iperprotettivo e gelosissimo, che però aveva un buon successo a Venezia, soprattutto fra quelli che contavano.

Un gran casino insomma, che fece chiacchierare tanto e tanti a Venezia, ma che non mancò di provocare reazioni e pettegolezzi nei confronti del Grattarol.

Intanto, quasi a simbolico risarcimento per il mancato “scatto di carriera”del Grattarol, il Senato gli assegnò il 22 gennaio 1774, su richiesta del Cassiere di Collegio e del Cancelliere Grande, un vitalizio mensile di 14 ducati: "onde quest'atto di grazie dia stimolo maggiore alle accette ed utili di lui applicazioni".  Grattarol incassò, e sembrò non risentire affatto della momentanea delusione per la mancata carriera ... Si prese una specie di anno sabatico, e col permesso del Senato girò per tutte le corti più significative d’Italia andando in Lombardia, Toscana, Calabria, Roma e Napoli da dove ogni volta rientrava a Venezia per far rapporto … Una specie di agente segreto della Serenissima ? … Forse.

A fine 1775 comunque, tornò a risiedere a a Venezia dove riprese l’attività nella Cancelleria Ducale aspirando nuovamente a cariche diplomatiche di prestigio, forte stavolta dell'appoggio di diversi illustri quanto potenti Senatori.  Nell'ottobre 1776, infatti, dopo aver perso un’occasione “d’essere eletto per Milano”, Grattarol ottenne finalmente ciò che lo appetiva di più, cioè: la nomina alla Corte di Napoli al seguito del Residente di Napoli Vignola.

Napoli finalmente !

Gli Amici lo celebrarono scatenandosi in eruditissimi e aulici Sonetti che risvegliavano i Miti antichi, e paragonavano Grattarol “ai Sommi e Vincitori Dei”.

Il potente Procuratore Tron, intanto, prese a non benvolere la relazione del Grattarol con sua moglieCaterina.

Sapete meglio di me come vanno a finire di solito certe situazioni: i nodi finiscono con l’arrivare al pettine, e le pentole lasciate a bollire finiscono col traboccare … rovinosamente a volte. Le donne se tradite poi, reagiscono e si vendicano … giustamente … A certi livelli poi sono capacissime di mettere tutto il mondo in confusione.

E infatti così accadde col Grattarol.

Tramite l’influenza del marito la inviperita Caterina ostacolò la nomina del Gratarol come Residente a Napoli.

Ma non solo … La libertina Caterina veniva canzonata dal popolino Veneziano per la sua eccessiva smania: la mania delle feste, del lusso e del Teatro. Erano arrivati a dire in giro su di lei:“E brava la Tròna, che vende el palco più caro de a mòna!”

Nel suo Palazzo di San Stae superfrequentato giorno e notte da tanti Nobili e parenti: d’intesa con lo stesso gelosissimo Gozzi tradito a sua volta, mise in piedi allora un’arguta quanto bassa rivincita su Grattarol e sull’attricetta sua spasimante. Fecero elaborare una vecchia opera teatrale in tre atti:Le droghe d'amorecaricandoneun personaggio: Don Adone, che assomigliava tantissimo al Grattarol.

Perfidi davvero la Tròna” e Gozzi.

La commedia comunque non venne subito rappresentata per via di un’improvvisa partenza da Venezia della Compagnia Sacchi, che allo stesso tempo interruppe la frequentazione amorosa di Grattarol e Teodora, e assopì di conseguenza anche i desideri di rivincita della Dolfine Gozzi.

Grattarol sembrò salvarsi per il momento ... Solo che la Riccitornò a Venezia e ripartì la relazione. Tutto quindi precipitò di nuovo.

Si rispolverò la commedia, malgrado l'attrice si opponesse di rappresentarla minacciando di rivolgersi alla Censurain difesa dell'onore e della dignità del suo amante ... La Censura Veneziana ?

Che problema era? … Tron e la Dolfin controllando tanti l’avrebbero superata facilmente. La vendetta si sarebbe realizzata.

Dopo aver provato più volte la Commedia nel salotto della stessa Dolfin, vincendo le incertezze dello stesso Gozzi che temeva le reazioni degli Esecutori contro la Bestemmia, si decise finalmente di portarla a Teatro affidando il ruolo “di Grattarol” a un certo Vitalba, che fisicamente anche gli assomigliava. Agghindato nelle vesti e istruito negli atteggiamenti in modo da non lasciare dubbi sull'identità del personaggio che rappresentava, si mise in scena la ferocissima quanto perversa satira.

E venne in giorno fatidico.

Preceduta da sonora pubblicità per tutta Venezia e negli ambienti che contavano, la Commedia con le scenografie dell’architetto-pittore Domenico Fossati(figlio di Giorgio) andò in scena la sera del 10 gennaio 1777 nel Teatro di San Luca traboccante di pubblico in ogni ordine di posti. Non mancava nessuno: erano presenti ovviamente Gozzi e Caterina Dolfin con tutto il suo codazzo di Nobili, parenti, e amici a caccia di gloria, e c’erano tutti i Nobili Dolfin da San Pantalon, gli Emo, i Barbarigo, e tutti i Nobili Zulian al gran completo. Ovviamente nei palchetti c’era pure lo stesso ignaro Grattarol.

Immaginatevi la scena e la ilare sorpresa: Don Adone era proprio  Grattarol in tutto e per tutto. Pareva proprio lui, così che ad ogni intervento dell’attore scoppiava l’ilarità generale di tutto il teatro che si rivolgeva divertito a canzonare e ridere di Grattarol. La Commedia venne interrotta a metà dell'ultimo atto, perché Grattarolperse il controllo, e si esternò in un’esageratissima reazione: si mise a ingiuriare apertamente Gozzi e compagni … Nel Teatro scoppiò un putiferio, e alla fine la sala venne sgomberata.

Quello che la Dolfin e Gozzi volevano che succedesse era però successo: l’immagine diGrattarol era rovinata.

A poco servì che Grattarol andasse il giorno seguente a presentare una supplica al Tribunale degli Inquisitori di Stato chiedendo di difendere la sua reputazione e la sua "fama svantaggiata"in quanto stava per partire per Napoli a nome di Venezia … Il Tribunaleoltre a ridergli in faccia, lo ignorò, anzi, pressato dal Procuratore Tron dietro alle quinte, costrinse lo stesso Grattarol a presentare pubbliche scuse scritte al teatrante Gozzi ingiuriato.

Le repliche della Commedia continuarono di sera in sera solo con lievi e ininfluenti ritocchi sulla trama per tutto il Carnevale … Venezia si sbellicava dalle risate su Grattarol… A niente servì che la stessa Riccisimulasse una sera un incidente in scena. Un Fante del Consiglio dei Diecisalì sul palco a rialzarla chiedendole, anzi: obbligandola a riprendere lo spettacolo … La Commedia fu un successone: il tormentone del Carnevale di quell’anno, e Grattarol fu costretto a chiudersi in casa dandosi perfino malato per non dover apparire al lavoro in Senato a Palazzo Ducale.

Sperò e tergiversò quindi, aspettando che arrivasse presto il momento di partire per l’incarico di Napoli … Provò a scagliarsi contro Tron e la Dolfindefinendoli come: "mali maggiori della Repubblica Serenissima"... Della Caterina Dolfin disse anche: "La prostituta patricia soggiogatrice d'un semi-dittatore insigne per talenti, per ricchezza, per passioni, per tirannide ..."

Non furono parole gettate all’aria senza effetto, ma ottennero l’effetto di mettersi apertamente contro al ProcuratoreTron con tutto il suo largo entourage. Ben presto l'isolamento di Grattarol mise fine alla sua carriera. Il Senato, per salvare il salvabile, gli suggerì "paternalmente" di presentare le dimissioni dall’incarico di  Residente a Napoli, e di riprendere le sue normali attività nella Cancelleria Dogale.

Era solo apparenza e l’inizio, perché poi traboccò tutto e arrivò il peggio.

Gli Inquisitori di Stato, che già dal 1774 erano informati tramite i confidenti Manuzzi e Andrioli, sulle attività della Loggia Massonica del Grattarol, erano rimasti quieti in attesa aspettando l’occasione giusta. Arrivò nel maggio 1777, quando giunse in visita a Venezia Federico Adolfo fratello del Re di Svezia, ed esponente di spicco dellaMassoneria Svedese.Grattarol allestì in suo onore "in tutta segretezza"un sontuoso pranzo a Palazzo Priuli di Cannaregio. Alla festa partecipò anche il Duca di Gloucestercon i suoi Cavalieri, e un Conte Colonna, che si beccò una severissima ammonizione da parte del Consiglio dei Dieci. La Loggia Massonica Veneziana venne smascherata, e Grattarol nella notte tra il 10 e l'11 sett. 1777 scappò precipitosamente da Venezia senza l’esplicita "permissione"del Consiglio dei Dieci.

Secondo una legge del Consiglio dei Dieci del gennaio 1665, quello era un pesantissimo reato per chi lavorava dentro alla Cancelleria di Stato: furto di segreti di Stato.

Grattarol venne quindi processato in contumacia e bandito in perpetuo da Venezia e da tutti i territori. A fine dicembre il Serenissimo Principe in persona comunicò che Grattarol era stato all'unanimità dall’Eccelso Consiglio dei Dieci privato in perpetuo: “del carico di Segretario, ed etiam di tutto l’Ordine della Cancelleria Ducale, e di tutti gli Uffizj, Grazie, Salarj, e Provvigioni ad esso concesse in qualunque tempo ... Sia bandito da questa Città di Venezia, e Dogado, e da tutte le altre Città, Terre, e Luoghi del Dominio nostro Terrestri, e Maritimi, Navilj armati, e disarmati definitivamente, ed in perpetuo.”

Gli furono confiscati tutti i beni, e si pose una taglia di 2.000 ducati sulla sua testa … e pena la forca se fosse tornato a Venezia: “Rompendo in alcun tempo il confine, ed essendo preso, sia condotto in questa Città, ed all’ora solita fra le due colonne di S. Marco supra un eminente solaro gli sia per il Ministro di Giustizia tagliata la testa, sicchè si separi dal busto, e muoja […]. Se alcuna persona dello Stato nostro, etiam che fosse congiunto con il suddetto Gratarol in qualunque grado di parentela gli darà in alcun tempo in questa Città, o in altro luogo del Dominio nostro, o fuori di esso, favore, indirizzo, danaro, o recapito, l’accetterà, gli somministrerà ajuto di qualunque sorte, ovvero averà qual si sia pretesto, o intelligenza col medesimo, cada in pena di Bando, Prigione, o galera, e confiscazione de beni, secondo la qualità di trasgressione, e delle persone.”

A Grattarol non rimase che avvalersi degli appoggi internazionali che gli garantiva la sua appartenenza alla realtà Massonica. Iniziò così una vita vagabonda e di peregrinazione in giro per l’Europa. Non fece più ritorno a Venezia.

Partì prima per Padovadove ebbe un incontro segreto col Barone K.E. von Wächteremissario del Duca Ferdinando di Brunswick esponente di spicco della Massoneria, poi andò a rifugiarsi a Ceneda (Vittorio Veneto) dove abitava un suo amico d'infanzia: il Conte Folco Lioni. Da lì inviò una lunga serie di lettere cercando appoggi da quelli che considerava i suoi amici fidati. Si rivolse al cugino Pietro Antonio ContariniCoadiutore presso l'Avogaria da Comun, poi al Nobile Emo, al Conte Sceriman e ad Agostino Mocenigo. Prese contatto perfino con  Titta Pelai “semplice pescaòr"attraverso il quale riuscì a saldare numerosi debiti aperti che aveva lasciato a Venezia ... Provò poi inutilmente a spiegare alla Serenissima i motivi del suo operare chiedendo "compatimento e ragione". A sua moglie Santina, assicurandole "il più sincero e cordiale affetto",  scrisse poche parole, dicendosi convinto: “d’aver preso la decisione che meglio conveniva alle mie vicende, alle ragioni mie, alla sensibilità e delicatezza del mio animo, alle ingiustizie sofferte, alla mia conservazione e alla mia stessa fortuna". Concluse augurandosi: “che in futuro avesse giusta occasione di rallegrarvi del partito ch'io presi."

La macchina della Giustizia Veneta si mise intanto sulle sue tracce: intercettò le sue lettere, interrogò suo cugino Contarini, ricostruì i passaggi della sua fuga, e sollecitò gli Ambasciatori Veneziani residenti a Firenze, Genova, Livorno, Napoli e Vienna perchè segnalassero l’eventuale presenza del fuggitivo Grattarol. Gli venne più volte anche comunicato personalmente di presentarsi a Venezia per costituirsi ... Grattarol neanche rispose ovviamente.

Alcuni “spioni Veneziani” fecero rapporto su Grattarolagli Inquisitori della Serenissima nell’ottobre 1777: “Sorprendente notizia vi aggiungerò Sappiate ch’egli venduti i suoi mobili, e una parte dell’equipaggio, che già avea inoltrato a Napoli occultamente, sparì da 15 giorni, né si sa ov’egli siasi rifugiato. Chi dice in America, chi nell’Indie Orientali, chi in Moscovia, e chi a casa del Diavolo … Per fuggire in faccia al ridicolo in cui si trovava esposto in questo paese; e quindi avea pensato degno di absentarsi per vivere occulto e più tranquillo in altro clima. E’ vero ch’egli parta per l’Indie Orientali Capo d’un vantaggio Commercio di Compagnia per la Svezia?”

Inutilmente Grattarol provò a distanza di qualche tempo ad assicurare a Giovanni Zon Segretario del Consiglio dei Dieci, di non aver sottratto ed esportato alcun atto della Repubblica: “per via dell'onore, il quale fu la guida eterna delle mie azioni, per cambiamento di cielo in me non cambia di forza"… Su tutto prevalevano e riaffioravano ogni volta le sue pesanti e diffamanti affermazioni contro il Procuratore Tron e sua moglie Caterina Dolfin.

La vicenda Grattarol però andò a pesare negativamente sul successo politico del Procuratore Tron la cui figura istituzionale traballò paurosamente. I Nobili Pesaro con Paolo Renier, che rappresentavano “l’opposizione”sua avversaria, gli soffiarono sotto agli occhi il posto da Doge.

Grattarol intanto raggiunse alcuni suoi amici Massoni a Braunschweig “città del Leone” nella Bassa Sassonia Tedesca. Il caso del Segretario del Senato Veneziano perseguitato fece parecchio clamore in giro per l’Europa interessando stampa e opinione pubblica … Poi si recò alla Corte di Stoccolma in Svezia dove si disse che venne nominato Governatore o Direttore degli Stabilimenti del Re nelle Indie Orientali. Sempre risiedendo in Svezia, Grattarol scrisse la sua “Narrazione apologetica” denunciando lo strapotere dell’Oligarchia Veneziana: “Stato nello Stato, un potere concentrato nelle mani di pochi Patrizi che macchinano dietro alle quinte nel Senato e nello stesso Consiglio dei Dieci minando le sorti dell'interno Stato Veneziano.”

L’opera di Grattarol venne distribuita in 600 esemplari divenendo un po’ il best seller dell’epoca. Venezia provò inutilmente a rallentarne la diffusione mettendo in campo anche l’azione di un anonimo Frate, che Grattarol definì: "Frataccio veramente Frate", e una Lettera di Carlo Gozzi che confutava le cose dette da Grattarol riproponendo il testo della famosa commedia: “Le droghe d'amore”.

Il libro ottenne ancora più pubblicità, favore e successo: venne più volte ristampato apparendo un po’ ovunque, anche in copie manoscritte e clandestine vendute nella stessa Venezia e nei suoi Territori ... Un successone editoriale insomma.

Grattarol si trasferì allora in Inghilterra provando ad inserirsi negli ambienti mondani di Londra, dopo aver ottenuto il supporto e i favori di William Morton Pitt Cavaliere membro del Parlamento, che lo ospitò nella sua tenuta di campagna prestandogli 8000 zecchini per saldare in parte i suoi debiti Veneziani. Un “pubblico avviso"d’inizio giugno 1781 invitava i creditori a rivolgersi entro un mese al negoziante di Genova Pier Francesco Tini che avrebbe provveduto al rimborso. Le somme non riscosse entro un anno sarebbero state devolute ai poveri e a qualche "Fraterna" o "Ospizio" Veneziano.

Grattarol, ricco della sua esperienza da Segretario Dogale, avrebbe voluto risiedere a Londra, e trovare un Pubblico Impiego all’interno dell’organigramma dello Stato Britannico. La Costituzione Inglese, però: vietava agli stranieri di poter ricoprire cariche di Stato.

Grattarol allora si trasferì a Lisbona in Portogallo(giugno 1782), quando  a Venezia i confidenti Manuzzi e Marcoleoni andarono subito a dire agli Inquisitori di Statoche Grattarol era stato inviato ufficialmente lì come Console o Soprintendente alla Mercanzia della Corte Inglese… Non era proprio così.

Non trovando però fortuna neanche in Portogallo, Grattarol decise di attraversare l’Oceano Atlantico sbarcando in America del Nord. Nell’occasione scrisse alle cugine Teresa, Chiara e Anna:"che sarebbe ritornato quando la Fortuna gli si fosse spiegata a favore"... Da Baltimora scrisse il 29 agosto 1784 all'amico milanese G. Viazzoli dicendogli che stava bene di salute ... Nell'ottobre dello stesso anno insieme a Marianna ed Enrico Baroni d'Adelsheim, e all'avventuriero M.A. Benjowski“Conte di spada” s'imbarcò per il Brasiledove giunse dopo un viaggio travagliatissimo. Lì rimase solo il tempo di riparare la nave e di far scorte, e subito ripartì diretto in Indiacircumnavigando l'Africa.

Brutta idea ! … Però ! ... Siamo sinceri: che intraprendenza !

Grattarol in verità non aveva più nulla da perdere.

Il suo viaggio si concluse infelicemente nel luglio seguente sulle coste del Madagascar, dove il Capitano del vascello su cui viaggiava lo abbandonò sulla costa con gli altri dopo averli derubati di tutto. A Grattarol prese le ben 800 sterline che aveva addosso.

Per qualche tempo “i sopravvissuti” non disperarono pensando di poter riaversi, e di poter ripartire in qualche modo diverso … Poveri illusi. Il 21 maggio 1786 videro avvicinarsi un vascello, e la mattina seguente il villaggio che ospitava Grattarol e compagni venne invaso da una ventina di soldati che razziarono tutto. Il Conte di Spada Benjowski provò ad opporsi e reagire, ma venne stecchito da un colpo di moschetto che gli venne sparato in pieno petto.

Grattarol sopravvisse, ma solo per andare incontro a “un’epidemia di febbre violenta", che si pensò fosse più che altro un avvelenamento da parte degli indigeni del posto. Grattarol morì nel più totale anonimato all’inizio ottobre 1785 in un villaggio poco distante da dov’era sbarcato, raccomandando fino all'ultimo al Barone d'Adelsheim di soddisfare i suoi creditori per salvare il suo onore.

La notizia della sua morte giunse a Venezia solo due-tre anni dopo attraverso corrispondenze di commercianti Inglesi e qualche racconto di testimoni viaggiatori. Inutilmente Andrea, cugino del Grattarol e suo erede provò a reclamare dallo Stato Veneto la restituzione dei beni confiscati al Pierantonio Andrea Giovanni Grattarol. La verità era che erano già stati venduti nel 1778- 79.

Si ottenne l’effetto opposto … Il Fisco e l'Avogaria da Comun Veneziani, sempre assetati di risorse, oltre a “rigettare con sprezzo le pretese degli eredi Grattarol”, non perse l’occasione di pretendere anche i beni dello stesso Andrea riconducibili alle confische, alle evasioni e alle condanne inferte al deceduto  Grattarol. Tutto ciò che in qualche modo era appartenuto al GrattaroI doveva essere quindi nuovamente confiscato e venduto. A tal proposito, s’ignorò anche una tardiva sentenza dei Giudici del Procurator che indicavano la restituzione alle sorelle Teresa, Chiara e Anna Gratarol.

Niente da fare: tutto perduto.

Nel frattempo “la Dora”: l’attrice-amante Teodora Ricci “era andata a morire pazza” nel Manicomio dell’Isola di San Servolo… Due anni dopo morì anche il Procuratore Andrea Tron: “el paròn de Venessia”, senza essere riuscito a scalare il Dogado. Più tardi: a fine secolo, morì anche Caterina Dolfin: “la Tròna” consumata di anni … il Capocomico Sacchi morì per mare durante un viaggio venendo buttato morto in acqua, mentre il Drammaturgo Carlo Gozzi, letterato e scrittore di Fiabe, fondatore dell'Accademia dei Granelleschi per la difesa della purezza della Lingua Fiorentina, strenuo oppositore del rinnovamento scientifico del secolo, e “fiero innimico degli scrittori(Carlo Goldoni, Pietro Chiari e Saverio Bettinelli)che sostengono nuove strampalate teorie”, morì nel 1806.

Solo dopo la definitiva caduta della Serenissima Gratarol venne parzialmente riabilitato ... Si ripubblicarono le sue Memorie nel 1797: “Anno Primo della libertà”, e su sollecitazione degli eredi e col supporto di "certe carte di A. Revendin e del rapporto del Cittadino Dandolo" si provò ad aggiustare i danni messi in atto dalla Serenissima contro il patrimonio familiare … Si chiamò perfino direttamente in causa lo stesso napoleone “perché dicesse almeno una buona parola sul caso Grattarol” ...  La Municipalità Provvisoria però fu incapace di rendere in qualche modo Giustizia alle sorelle Grattarol: “I beni venduti da tempo erano da considerarsi effetti dell’antico corrotto Regime Veneto ormai tramontato, della cui opera ed effetti la Nuova Municipalità non poteva farsi carico.”

Di Pierantonio Andrea Giovanni Grattarol rimase quindi solo la Memoria, che Elena Querini ricordò nelle sue lettere come: “… la gagliarda convulsione che occupò la mente del Grattarolo che lo portò fuori del nostro Stato …”

Un’altra curiosità della Storia Veneziana: miniera ricchissima senza fine, che merita sempre d’essere scavata e sindacata.

 


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