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Le Muneghètte de Castèo

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Le Muneghètte de Castèo

Perché m’incuriosisce il piccolo complesso delle Muneghètte di Castello in Calle del Bastion al numero  2548 ?

Perché è uno di quei posti di Venezia che è come un “luogo non luogo”, un sito che sembra quasi non esistere perché semisconosciuto, e quasi “chiuso da notte”. Invece: c’è ed esiste a soli due passi dall’antico Arsenale, ed è come al solito un luogo ricco di Storia e vissuto.

Venezia non si smentisce mai.

“E Muneghètte de Castèo ? … E xè un buso, ‘na vècia colombèra par come che e xè fatte.”

“Ma ghe abitava i Colombini in antico ?”

“Ma no ! … La dèntro ghe gèra dee Colombine … Quee vècce Venessiàne zitelle e mèze matte che ghe gèra ‘na volta.”

“E gèra: Mùneghe allora ? … Suore.”

Mi piace un sacco rimanere a volte ad ascoltar parlare i pochi Veneziani di ieri rimasti.

Le Muneghettedi Castello, da non confondere con le Muneghette di San Simeòn a Santa Croxe, era uno dei tanti Ospizi che un tempo punteggiavano le Contrade Veneziane. Si trattava di realtà minori di un’edilizia sanitaria e assistenziale di una certa efficienza, che oggi non esistono né potrebbero mai più esserci.

Le Muneghette erano e sono un piccolo complesso talmente nascosto e incorporato dentro all’amalgama delle case e della Contrada di San Martin, che quasi non si vede, e pare non esserci. E’ l’ennesima conferma che Venezia è sempre curiosa e interessante, e quasi ogni pietra ha qualcosa da raccontarci e svelarci.

Il piccolo complesso sorge nell’omonima calle nella labirintica quanto stupenda Contrada, proprio a due passi da Campo Do Pozzi, e a pochi metri dalla Fondamenta e Rio delle Gorne in cui s’aggettano le mura della grande e laboriosastorica “Casa dei Venesiani”: l’Arsenale.

Il nome completo e corretto delle Muneghettesarebbe: “Conservatorio delle Pizzoccherete o delle Muneghette o Venerabili Madri Terziarie Domenicane di Santa Maria del Rosario”.

Già … Il nome così lungo e pomposo dice quasi tutto da se, cioè che anche in quell’angolo remoto di Venezia: “c’era ed è successo qualcosa”.

Scriveva Don Sante della Valentina, Cappellano di San Rocco nel 1852, che Santa Maria del Rosario col Convento de le Muneghette de Castèo erano sulla lista delle chiese, Badie e Monasteri secolarizzati e demoliti. Aveva ragione, in quanto l’edificio era stato convertito dalla Regia Marina Austriaca nella: Prisòn de Muneghette.

Secondo l’“Annuario Amministrativo e Commerciale d’Italia” del 1889, le Muneghette appartenevano in antico “alle pertinenze e Benefici delPrimicerio di San Marco”: che in pratica era il Vescovo Privato scelto e investito dal Doge di Venezia. Venezia aveva già il suo Vescovo Capo della Cristianità dipendente dal Papa di Roma: era il Vescovo di San Pietro di Castello o Olivolo, che gestiva la Città-CapitaleSerenissimarimanendosene “in periferia”, in fondo al Sestiere: a Quintavalle.

Per secoli Doge e Venezianihanno voluto far intendere al Papadi Roma che sapevano essere indipendenti anche da punto di vista Religioso. Non tanto circa la Dottrina e Verità della Fede … anche su quello qualche volta: pensate all’episodio di Paolo Sarpi e all’Interdetto … ma in riferimento al controllo e alla giurisdizione sul Clero, sulla gestione dei soldi e sulla conduzione dei Fedeli. Insomma: non se ne parlava che Doge, Nobili e Venezianifossero soggetti al Vescovo di Castello o al Patriarca di Grado riassunti poi nel Patriarca di Venezia. Venezia voleva e doveva rimanere libera: una specie di Chiesa nella Chiesa ... Non in maniera scismatica s’intende, ma ciascuno con i propri Diritti e il proprio spazio al sole, le proprie Liturgie, e le proprie convinzioni e tradizioni.

In conclusione: Venezia si eleggeva il suo Vescovo Privato Ducale, che era come una filiazione spirituale del Doge e dello Stato Marciano, che poteva pacificamente convivere col Patriarca eletto dal Papa. Il Papa da parte sua: mai e poi mai riconobbe alcuna autorità al Primicerio di San Marco.

Consideratela forse una cosa complicata, ma i Veneziani erano abituati a dire in faccia al Papa: “Se San Pietro è stato il numero uno della Chiesa, San Marco è stato di sicuro il numero due … San Marco è stato a diretto contatto col Cristo scrivendo le sue parole nell’Evangelo, cosa che non ha fatto Pietro: pescatore analfabeta ... Venezia Serenissima quindi, non potrà mai essere considerata da meno del Papa.”

Erano così i Veneziani di un tempo: tosti … E non solo in quell’occasione.

Nella concretezza dei fatti, il Doge si considerava indipendente dal Foro Ecclesiastico nel giudicare il suo Clero Dogale; aveva il suo Seminario “sfornaPreti”indipendente da quello del Vescovo di Castello a San Nicolò di Castello in Riva degli Schiavoni(abbattuto e cancellato dal napoleonino) a cui era annesso il vecchio Ospizio-Hospedal de i Marineri; e aveva un suo proprio Rito Liturgico antico col quale si celebrava a San Marco: il Patriarchino.

La giurisdizione del Primicerio di San Marco e dell’Ecclesia Ducale si estendeva a Venezia su ben 12 realtà Ecclesiastiche diverse: la Basilica di San Marcoin primis, che era la “chiesetta privata” del Doge … Poi controllava San Giovanni Elemosinario di Rialto e San Giacomettocon le relative Collegiate dei Preti, San Basso, San Geminiano, San Zulian e la Pietà, cioè Santa Maria della Consolazione con l’annesso Ospizio degli Esposti… Aveva controllo ancora sull’Hospedale dei Feriti dei Santi Pietro e Paolo di Castello di fronte al riottoso Monastero di Sant’Anna, “sull’Isola di San Servolo dei pazerelli e degli invalidi” in mezzo alla Laguna; su San Filippo e Giacomo: enclave dove risiedevano i Canonici e Preti legati al Primicerio; sulla Rettoria dell’Ascensionecioè su Santa Maria in Broglioo in Brolo in “bocca di Piàssa”, antico retaggio dei Cavalieri Templari finito nelle facoltà del Doge; sull’antico Priorato di San Gallo Abatecon l’annesso Ospizio delle Vecchie; su Santa Maria dell’Anconetta a Cannaregio; sulla chiesa di Santa Maria dell’Arsenale giusto sulla Porta della Caxa dei Veneziani … E perché no … anche sulla Vergine del Rosario annessa alla Casa delle Terziarie Domenicane delle Muneghette di San Martinodi Castello supportate dai Frati Domenicani di Venezia.

Le Muneghètte erano quindi di Juspatronato Dogale, cioè sotto la diretta tutela del Doge.

L’Ospizietto venne eretto nel 1318 in Corte Peschiera verso Campo Do Pozzi accanto a un perduto Oratorio di San Giovanni Battista di San Martin per via di una disposizione testamentaria di Giovanni Pollini. Il generoso donatore lasciò il necessario per realizzare un “ricovero per almeno sei poveri Marinai, ciascuno dei quali dovrà percepire 24 ducati annui in mia memoria.”

Vennero nominati allora degli Esecutori Testamentari: il Priore della Schola Granda de la Misericordia di Cannaregio e il Priore della Schola de Sant’Orsola di San Zanipolo(Santi Giovanni e Paolo), e partì il progetto che venne realizzato diventando operativo in soli quattro anni. Come da testamento, l’Ospizio venne affidato all’amministrazione della Schola di San Cristoforo dei Mercanti della Madonna dell’Orto, e alla stessa Schola di Sant’Orsola.

Contrariamente però a quanto disposto dal Pollini testamentario, invece di accogliere sei poveri, l'Ospizio venne ridimensionato fin dall'inizio accogliendo al massimo tre Marinai.

La differenza in denaro ?

Semplice … Le risorse vennero destinate alla costruzione di un piccolo Oratorio titolato a San Zuane Battista giustapposto all’Ospizio, che venne abbellito con due pitture commissionate a Palma il Giovane: “San Giovanni che battezza il Redentore” e “la Vergine col Bambino”… mentre venticinque ducati annui presero la strada delle tasche del Priore dell’Ospizio, e altri venti vennero assegnati annualmente alle spese di gestione dello stesso Oratorio ... ossia: ancora nella disponibilità dello stesso Priore.

L’Oratorio in seguito scomparve, e rimasero i tre Poveri Marineri ospitati gratuitamente, e il Beneficio Economico intascato dal Priore dell’Ospizio di turno ... Tradizione popolare vuole che alle Muneghette sia deceduto Andrea Chiribiri: ultimo Pedoto (pilota)Admiraglio del Bucintoro Dogale

La Chiesa-Conventino delle Muneghette sorse in Contrada di San Martin de Gemino, dove già risiedevano fino dal 1427 alcune Terziarie di San Domenicodette appunto Muneghette, anche se Monache non lo erano affatto.  Erano delle Pizzocchere Veneziane, cioè delle minuscole comunità di sole Pie Donne ultraquarantenni, spesso nubili o vedove, dedite soprattutto ad esercitare Opere di Misericordia, assistenza ai malati, devozioni, e insegnamento alle fanciulle della Dottrina Cristiana e delle Buone Maniere, però senza Voti e Obblighi Monastici temporanei o perpetui, e ispirandosi alla Regola Francescana, Domenicana o Carmelitana.

L’inziale Pizzoccheraio delle Muneghette era del tutto chiuso verso l’esterno in ogni senso, stretto attorno al chiostro-cortile centrale a portico con logge sovrapposte unite da una scala ovale “a lumaca”. Sembra che scale e Cappella siano state disegnate da Baldassarre Longhena, o perlomeno dal suo entourage.

Sopra l'ingresso principale di Calle de le Muneghete, venne posto nel 1500 un altorilievo con la Madonna del Rosario fra San Rocco e San Cristoforo, e si pose anche una Croxèta(crocetta) con incise alcune iscrizioni e le iniziali del motto dell'Ordine Domenicano a cui s’ispiravano le donne: S.N.D.B.” cioè: Sit Nomen Domini Benedictum (Sia lodato il nome del Signore), e: Sia Laudato il Sa[n]tis[s]imo Sacrame[n]to e O Maria Ora Pro Me”.

Trascorse il Tempo … cioè i secoli.

Per via del compito meritevole delle Pie Donne Pizzocchere, nel 1401 il Vescovo di Castelloapplicando alcuni privilegi concessi dal Papa Bonifacio IX, concesse loro di potersi confessare e ricevere i Sacramenti dai Padri Predicatori, esclusa Pasqua, dentro al loro Claustro.

Nel 1433 Allegranza Biancomorendo lasciò per testamento casa ed orto alle Muneghette, che incrementarono così le loro risorse e la loro indipendenza economica … Solo un paio di secolo dopo però, nel 1616, alcune Venerabili Monache Domenicaneprovenienti dalla Contrada dei Santi Apostoli di Cannaregio si associarono alle Muneghette di Castello. Nel 1641 ottennero il permesso d’erigere una chiesuola-Oratorio dedicata alla Madonna del Rosario, riproponendosi di mettere in piedi nel 1649 una vera e propria Comunità di stampo monastico con Clausura e Offiziatura del Coro, e soprattutto col diretto supporto e tutoraggio economico e politico del Dogein persona col suo Primicerio Marciano.

1649 agosto 21 consenziente il Capitolo dei Preti di San Martin, il Patriarca Gianfranco Morosininon entusiasta della concessione, concesse a sua volta alle Monache la facoltà di poter celebrare una Messa al giorno nel loro Monastero … ma solo una e non di più.

Nel 1665, quando le Pizzocchere di San Martin diventate Monache possedevano ormai una rendita annuale di 154 ducati da immobili siti in Venezia, il Capitolo dei Preti di San Martin si rifiutò di andare a celebrare Messe da loro in quanto: “…ardiscono nell’esporre casselle pubbliche, nel tener aperto l’Oratorio tutto il giorno, farvi dir Messa da Sacerdoti fuori del Capitolo con amministrazione dei Sacramenti, Benedizione delle ceneri, esporre il Cristo per l’adorazione il Venerdì Santo ed altre Fontioni, che s’aspettano solo a noi Parrochi…”

Poco male … Le Monache si rivolsero altrove per trovare Preti disponibili, e nell’estate di tre anni dopo ottennero anche dalla Congregazione sopra i Vescovi e Regolari di poter accogliere nella comunità non solo donne mature ma anche giovani di 18 anni compiuti … Le Muneghette ebbero quindi anche un Noviziato-Educandatoa disposizione dei Nobili Veneziani della zona ... Il futuro era garantito.

Non si sa molto altro sulle vicende che hanno caratterizzato la microstoria delle Muneghette di Castello... Si sa, ad esempio, che qualche anno dopo, nel 1670, una delle Muneghette: Suor Maria Giacinta Basso partì da Venezia e si recò a Coneglianoper suggerire la Regola del Terzordine Domenicano alle Monache del Corpus Domini del posto … Sempre lei più tardi, si recò a fondare altri tre nuovi Conventi “dependance e figliazione delle Muneghette di Venezia”a Macerata, Monte Oro e Montefiore.

Sulla scia di tale successo, nel 1682 si pensò di costruire un nuovo Oratorio più grande alle Muneghettedi Castello, con porta aperta sulla pubblica via … e con immediata vertenza intentata dal Capitolo dei Preti di San Martin contro le Monache, che però vinsero la causa ottenendo di poter conservare il Santissimo nel loro Oratori, di poter “tener sepoltura”, e di poter far celebrare nel loro Oratorio da chi volevano loro (in particolar modo dai Padri Domenicani) senza dover rendere conto al Capitolo di San Martin.

Successo delle Muneghette… e batosta per i Preti di San Martin a cui bruciava non poco la perdita considerevole delle Elemosine calamitate dalle Monache che vivevano a soli due passi da loro.

Perché non ci fossero ancora dubbi al riguardo, ancora nel marzo 1750 il Senato della Repubblica decretò che: “Il Collegio delle Terziarie delle Muneghette del Rosario, beni e rendite tutte… rimangano sotto la protezione Pubblica, annesse ed aggregate alla chiesa Ducale di San Marco” … I Preti del Capitolo di San Martin erano avvertiti: se toccavano le Muneghette avrebbero dovuto vedersela direttamente col Doge.

Poi come si sa, a Venezia cadde tutto e andò in rovina con l’arrivo dei Francesi. Con la soppressione realizzata dal Decreto 28 novembre 1806, gli ambienti delle Muneghettevennero consegnati alla Marina, che fin da subito vide il luogo adatto per essere trasformato in Carcere Militare. Nella stessa estate le 7 Religiose Domenicane rimaste alle Muneghette di Castello: “antico Pizzoccheraio”, vennero prima concentrate nel Monastero del Corpus Domini di Cannaregio (attuale Stazione Ferroviaria), e poi costrette a dismettere l’abito da Monache e mandate a casa loro. Le Muneghette col fortunato Oratorio vennero chiusi, e gli ambienti occupati dai militari “che ne fecero manbassa”.

Ancora: durante la Dominazione Austrica di Venezia(1798-1866), le Muneghette venivano considerate uno dei più accoglienti e meno aspri Carceri Austriaci. Dai prigionieri era quasi desiderato andare là per la sua minore austerità.

Fra 1798 e1805 avvenne la repressione Austrica dei filofrancesi Veneziani che finirono dentro alle Muneghette, poi nel 1814-1848 la repressione di Patrioti e Carbonari, che vennero raccolti ancora là.

Nel 1821 si tenne nell’Isola di San Michele e nei Piombi il famoso Processo Politico contro Pietro Maroncelli, Silvio Pellico e compagni che terrorizzò i Veneziani portandoli a 13 condanne a morte da eseguire “in Piazzetta fra le due colonne”. Vennero poi tramutate “per grazia” in anni di carcere duro a Lubiana e nel terribile Spielberg dall’Imperatore Ferdinando.

Fu pesante la presenza Austrica a Venezia: repressione dura e stato di Polizia con mille divieti, censure, controllo di Teatri e Chiese, legge marziale e proibizioni di ogni sorta, chiusura di tutti i locali pubblici alle 10 di sera, e arresti e impiccagioni al Campo di Marte, cioè qui: a Santa Marta dove abito io adesso sull’attuale Marittima del Porto sul Rio de la Scomenzèra: il parcheggio che vedo fuori dalla mia finestra.

Maddalena Montalban Comello venne arrestata nel 1863 “per alto tradimento” e incarcerata di continuo, mentre Teresa Danielato Labia organizzò una protesta silenziosa contro il Regime Austriaco: “Fasèndo listòn in Piazza San Marco co coccarde, nastri e abbigliamento tricolore.”… Comparve in Piazza l’Arciduca Massimiliano con al braccio l’Arciduchessa Carlotta del Belgio, e tutti fuggirono per evitare il peggio che s’era fatto imminente.

Venezia ex Capitale era punteggiata da 15 Caserme Austriache: Santa Marta, Tolentini, Santa Maria Maggiore, Incurabili, Gesuiti a Cannaregio, San Salvador, San Francesco della Vigna, il Sepolcro in Riva degli Schiavoni: Caserma dei Carabinieri tuttora, Santa Maria Celeste, cioè la Celestia di Castello, San Francesco di Paolatrasformata poi in scuola, San Daniele, San Pietro e Quintavalleex Sede Patriarcale, e San Cosmo e le Convertitealla Giudecca… e sette erano le Prigioni Austriache in Città: San Severoe il Carcere Militare della Muneghette a San Martin, lo Stockhaus delle Beccarie a Rialto: “il luogo delle rimanenze e degli scarti umani”, le Prigioni al Ponte della Paglia, quelle dell’ex Convento di San Michele in Isola destinato poi a Pubblico Cimitero, la Casa di Correzione alla Santa Croxe della Giudecca istituita dai francesi nel 1801, e le Vergini di Castello demolite nel 1869 per ampliare i bacini dell’Arsenale.

I Veneziani disertavano le manifestazioni austriache in Piazza San Marco compresi i concerti della banda musicale andando a passeggiare sulle Zattere. Rifiutavano anche le nomine, e rimanevano assenti alle convocazioni delle Congregazioni Provinciali e Centrali per le quali venivano obbligati regolarmente a partecipare come membri ... volenti o nolenti.

Abbandonato e chiuso poi per “alquanti anni”, le Muneghètte disastrato venne comprato nel 1884 dalla Congregazione di Carità Cittadina per concentrarvi e alloggiarvi “alla buona”ospiti e donne anziane povere dei diversi Ospizi Cittadini rovinosi in “condizioni igieniche fin troppo basse”. Si chiusero così diversi antichi e storici Ospizi Cittadini inviandone gli ospiti alle Muneghette: l'Antichèr detto Ospissio del Moriòn (fondato nel 1312) in Contrada di Santa Ternita; l’Ospizio-Hospedaletto Della Frescada (1320) in Contrada di San Vio e Modesto nel Sestier de Dorsoduro; l’Ospizio di Corte dei Pignoli in Frezzeria: l’Ospizio Querini (1290) in Contrada di San Pietro di Castello; e l’Ospizio da Pesaro detto anche Hospeàl de Sant’Anzolo (1309)in Contrada di San Giacomo dell'Orionel Sestier di Santa Cròse.

Già dal 1807 con i francesi ogni forma di assistenza e ricovero venne riunita sotto il titolo della Congregazione di Carità, titolo mantenuto dagli Austriaci, che lo distinsero dall’ Elemosiniere, cioè la Commissione di Pubblica Beneficenza.

Con la Legge Fascista del 1937 la Congregazioni di Carità divenne Ente Comunale di Assistenza(E.C.A.)con la possibilità di decentrare gli Istituti di ricovero. Due anni dopo nacque l'I.R.E.(Istituzioni di Ricovero e di Educazione), con lo scopo di amministrarli, ed E.C.A. e I.R.E. furono federate insieme fino al 1975, quando gli E.C.A. vennero soppressi.

A quel periodo risale l'ultimo restauro delle Muneghette nel 1973, che divenne: “Moderno Pensionato per accogliere almeno quaranta ospiti, perlopiù: donne anziane o sole.”

Passo successivo fu la cessione da parte dell’I.R.E. (diventerà I.P.A.V. nel 2020) del fatiscente ex Istituto delle Muneghette in comodato gratuito per trent’anni alla Caritas Veneziana. L’operazione diede inizio a una pluridecennale stagione travagliata di stallo e inutilizzo dell’ex Ospizio.

Fin dal 2007 e a più riprese almeno fino al 2012, si presentò alla Regione Veneto un complicato “Progetto di adeguamento alle norme di prevenzione incendi da sottoporre all’approvazione del Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco ...Lavori di ordinaria manutenzione per la messa in sicurezza e valutazione del rischio, esecuzione di campionamenti dei materiali contenenti amianto presenti nei locali sottotetto dell’ex convento Muneghette sito a Castello 2616.”

Nel frattempo, Charitas e Istituzioni Sociali hanno cercato in più occasioni di usare il complesso delle Muneghette come “hub e luogo assistitoper varie situazioni d’emergenza, come, ad esempio: gli sbarchi dei Profughi del Nordafrica, o per supplire e risolvere provvisoriamente disagi di singole persone e famiglie Veneziane e non ...Ancora nel  2011-2012 sopravviveva l’idea di sistemare Famiglie alle Muneghette appena l’ex ospizio fosse stato liberato e messo a norma.

Il complesso sempre più fatiscente, intanto, ha vissuto momenti di difficoltà gestionale al pari di altri Enti simili dell’I.R.E., come la “Ca’ di Dio”, ad esempio, (casa d’assistenza pubblica fin dal 1272), per la quale si sono cercate locazioni alternative (2016-2017)prima di giungere alla sua chiusura definitiva con la vendita e la destinazione ad uso Alberghiero

Era  del 2015 un Avviso Pubblico” tampone per:“Lavori di sostituzione caldaie e ripristino c.t. C/o ex convento Pensionato Muneghette”.

Poi la penultima pagina della storia delle Muneghette, che l’ha vista diventare ennesimo regno dei poveri” coinvolto inuna lunga serie di contradditorie vicende di degrado assoluto. A più riprese e a diverso titolo le Istituzioni Religiose e Sociali hanno sostenuto “una selvaggia gestione caoticadelle ex Muneghette” ospitando o lasciando insediarsi liberamente situazioni di difficoltà avviando un’emergenza abitativa durata diversi anni conuna ventina di residenti problematici: famiglie in crisi economica e senza casa, coppie in difficoltà, pensionati a volte invalidi o malati e realtà simili. Emblematica di quell’epoca era la porta dell’immobile sfondata, aperta ad accogliere situazioni anonime di ogni tipo nel degrado più totale: appartamenti sbarrati, chiavi scomparse, ospiti misteriosi che entravano dalle finestre ... paura per chi in qualche modo soggiornava nelle Muneghette.

Squallide le ultime descrizioni delle Muneghette: mancanza di utenze domestiche, riscaldamento, acqua calda, luce e gas, infiltrazioni e muffe, calcinacci, rifiuti e fatiscenza negli stanzoni e nei corridoi, condizioni di vivibilità drammatiche aggravate dall’acqua alta eccezionale e dalla mancanza di riparazioni.

Arrivò allora il tempo del “dictat sanatorio” e quasi liberatorio imposto dalla Charitas: “Il Pensionato  deve essere liberato perché non a norma e per urgenti lavori di straordinaria manutenzione e messa in sicurezza, in modo da non mettere in pericolo la vita delle persone che sino ad oggi lo abitano”.

Lo sgombero delle “Nuove Povertà” non è stato affatto indolore creando situazioni limite e contestazioni patrocinate dal Gruppo 25 Aprile, che sonogiunte fino all’orecchio capiente di Papa Francesco. Si è giunti allora a sistemazioni transitorie in Albergo in attesa di soluzioni e bandi comunali per nuove assegnazioni residenziali.

Nel recente giugno 2021 infine: una specie di speranzoso lieto fine.

Le Muneghette di Castellosono state coinvolte in un progetto di ambiziosa rinascita, che le ha trasformate finalmente nella neonata sobria ed essenziale Casa San Giuseppeinagurata e benedetta di recente dal Patriarca. Affidata alla custodia della Famiglia Tripodi, l’ex Muneghette è destinato ad essere: “Laboratorio di Carità”, “Luogo duttile per l’accoglienza e l’accompagnamento di persone a disagio”, e Centro Servizi Diocesano-Patriarcale dove unificare tante iniziative sparse sul Territorio Veneziano finite ormai in palese crisi per cause economiche o per carenza di operatori.Nella neonata Casa San Giuseppe si sono conglomerate diverse opzioni pastorali del Centro Storico: gli Uffici della San Vincenzo e della Charitas Diocesana, il Consultorio e Centro d’Ascolto di Santa Maria Materdomini, l’ex Mensa di Betaniadiventata “Casa dell’amicizia” per 40 personeaffidato alle Suore di Maria Bambina storiche e indomite conduttrici della Mensa-Dormitorio della Tana di Castello all'Arsenale(22 posti letto per persone senza fissa dimora).

Con inusuale quanto lodevole trasparenza sull’operazione, il Patriarcatoha comunicato d’aver speso 930.000 euro tratti da Fondi Diocesani, “8 x 1000” e “Carità del Vescovo” per restaurare, mettere in sicurezza e rendere nuovamente disponibili i 2000 mq sparsi su 3 piani dell’ex Ospizio Muneghette.

In una profusione generosa di titoli modello “Evangelico-Terrasanta” si sono creati: la Cappella Redemptoris Custos , leDimore Betlemme, Santa Bakhita e San Giovanni Paolo II. Il tutto per ospitare persone affette da vario genere in difficoltà:separati, nuclei famigliari finiti per strada, profughi del Mare o della Guerra, donne o minori in difficoltà, anziani abbandonati e ragazze madri, ma anche stanze di studio per ospitare iniziative formative di volontari e operatori, gruppi e associazionismo di varia natura come Scout o Ritiri Spirituali.

Il Covid e le necessità dei tempi, ma non solo quelle, hanno di sicuro cambiato la mappa della povertà sociale, ma anche l’organizzazione della Carità dei Preti e della Chiesa divenute forse obsolete, dispendiose e inadatte nei tempi e modi: forse anche “complicate e poco chiare nella gestione”a volte.

Encomiabile comunque l’idea di far rinascere leMuneghette … Magari altre organizzazioni, attività e Movimenti Cristiani presenti sul nostro Territorio fossero altrettanto limpide, generose e trasparenti nel condividere quanto fanno e quanto passa nelle loro capienti e nascoste tasche “in nome di Dio”.

Verissimo che: “Nella Carità la mano destra non deve sapere quanto fa la sinistra”… Altrettanto vero che tante Verità “andrebbero gridate e mostrate senza tanti timori e veti sui tetti”… se sono per davvero“Buone e Limpide Verità”.


In ogni caso le Muneghettedi Castello sono state e sono un altro angolo di Venezia che insegna e svela tante cose curiose inducendo a pensare.

 

 


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