#unacuriositàvenezianapervolta 283
“Luglio col bene che ti voglio … a Venezia ”
“Luglio par i Veneziani xè tempo par l’acqua de: Angusigole, Bisatto marin, Cappe Sante, Caustelli, Sfogi e Volpine … Par terra, invèsse: xè Tempo de seminàr Cerfoglio, Indivia e Ramolacci ... par aria, ancora, col giorno decimoquinto s'apre legittimamente ogni caccia. Essendoché la selvaggina ancora è dispersa, e la novella non è pur anco bene adulta, sono vaganti bambocci senza ordine ... Si cacciano Gambirli, Totani, Tramontanelle, Cocalette, le prime Folaghe, e l'Anitrozze.”
Una dimensione del vivere a Venezia di sicuro diversa da oggi.
Spulciando nelle Cronache Veneziane, sempre di Luglio a Venezia sono accadute tantissime cose …
Fin dal superlontanissimo luglio 1177: Venezia inziò “a salir in scàgno”ospitando l’Impero di Federico Barbarossa e il Papato di Alessandro III dopo due mesi d’intense trattative diplomatiche. Quel giorno il Doge Sebastiano Ziani col Vescovo di Castello-Olivolo e le massime autorità della nascente Serenissima si recarono a San Nicolò del Lido per accogliere solennemente la nave dell'Imperatore che rimase a Venezia fino alla fine di settembre. Il grande incontro di riconciliazione fra i due mondi-potenze accadde con la mediazione Dogale dopo ben diciassette anni di guerra. Quel giorno Venezia assunse significativa figura nel panorama Europeo-Mediterraneo di quelli che contavano, e l’incontro fra i due Grandi si concretizzò nella Pace di Costanza.
Nel luglio 1249, invece, il Doge Jacopo Tiepolo abdicò dal Dogado poco prima di morire: “Il Doge non muore mai.” Disse … Due anni dopo Papa Innocenzo IV concesse ad Jacopo Belegno Primicerio di San Marco, l'uso della mitra, dell’anello e del bastone pastorale: il Doge aveva così il suo Vescovo Personale Privato.
Nel luglio 1268, invece: mori un altro Doge Veneziano singolare: Zeno Renier. Abile in politica e affari, accumulò l'ingente fortuna di circa un milione e mezzo di lire d’oro. Pio e benefico, però: per testamento lasciò incredibilmente gran parte delle sue sostanze ai poveri, agli infermi e a molte chiese veneziane. Alla moglie lasciò il palazzo e 3000 lire, a patto che non si rimaritasse di nuovo ... Ai carissimi e amatissimi nipoti: condonò i debiti ... e basta.
Al Zeno, sempre in luglio, successe il Doge Lorenzo Tiepolo famoso "Generale da Mar" contro i Genovesi che andò a sconfiggere ad Acri. Con la sua nomina s’iniziò ad applicare il nuovo complicato sistema di elezione che durò immutato fino alla fine della Repubblica. Il Maggior Consiglio estraeva a sorte fra i suoi componenti 30 nomi; questi ne tirano a sorte fra loro altri 9 incaricati di designare 40 elettori. I 40, a loro volta, ne tirano a sorte altri 12, che ne eleggono 25 incaricati di tirarne a sorte 9. I 9 rimasti ne designano 45, che ne tirano a sorte 11, i quali ne eleggono 41. Questi ultimi, dopo essere stati confermati dal Maggior Consiglio, procedevano alla elezione del Doge, che doveva ottenere almeno 25 voti …. Tiepolo ne ottenne 25: e fu Doge.
Dal luglio 1282 si ordinò, invece, la chiusura notturna a chiave del Ponte di Rialto… Quattro anni dopo un'ordinanza della Serenissima vietò alle navi di gettare zavorra in mare al di qua di Jesolo ... Nel luglio 1298: “Si ordinò di non gettare immondizie nei canali. Apposite barche settimanalmente le avrebbero raccolte pattugliando i canali Veneziani.”
E ancora in un luglio lontano nacque dapprima come Magistratura Provvisoria(1310) il famosissimo Consiglio dei Dieciformato da Nobili incaricati di vigilare sulla Sicurezza dello Stato. Non potevano essere parenti tra loro, non ricevevano stipendio, non potevano accettare doni di alcun tipo, nè potevano ricoprire altre Magistratura nello stesso tempo. Duravano in carica un anno, alternandosi fra loro ogni cinque-sei mesi, non erano rieleggibili, ma avevano poteri illimitati, disponevano di una rete segreta d'informatori, di un'armeria personale, e di un proprio corpo di polizia. Trascorso l'anno tornavano privati cittadini privati di tutti i privilegi.
Quando passava il Fante dei Cai disarmato e vestito di nero, cioè il temibilissimo Messo che portava gli ordini del Consiglio dei Dieci, anche il più orgoglioso dei Nobili abbassava la testa in segno di saluto e rispetto, mentre i popolani si facevano il segno della croce.
Sempre a luglio morì a Venezia il Doge Marino Zorzitalmente amato dai Veneziani che si dovette nascondere il luogo della sua sepoltura per impedire che il popolo si recasse a dissotterrare la salma per farne Reliquie delle sue vesti (1312). Solo più tardi lo si seppellì a San Giovanni e Paolo: Phanteon dei Dogi.
Nel luglio 1360 vennero frustate pubblicamente Margarita "revendigola", Beruccia vedova di Paolo d'Ancona, Maddalena di Bologna e Lucia "schiava": “per aver esse portato in modum ruffianorum, lettere amorose ad alcune Monache del Convento di San Lorenzo a Castello.”… le giovani Nobili Veneziane imprigionate nei Monasteri Veneziani incominciavano a svegliarsi ed agitarsi … era un inizio.
Nel luglio dell’anno seguente morì a Venezia il Doge Giovanni Dolfindopo soli cinque anni di Principato. Eletto Doge mentre stava partecipando alla difesa di Treviso assediata dagli Ungheresi, raggiunse Venezia aprendosi il varco tra le file nemiche con la spada in pugno e perdendo un occhio strada facendo. Portò sempre una benda sotto al berretto da Doge ... Essendo vedovo, morì assistito nella malattia ultima dal Fisico Albertino da Padova.
Gli successe … fatalità ancora in luglio … Il Doge Lorenzo Celsisotto il quale la Repubblica Veneta prese il volo come potenza allestendo la flotta marina più potente del mondo di allora, e assumendo il monopolio di tutti i mercati dell'India e dell'Estremo Oriente. Uomo deciso e raffinato, teneva a Palazzo Ducale una scuderia di superbi cavalli e un piccolo serraglio di animali esotici compresi alcuni leoni.
Morì malamente sobbarcato da una miriade di documenti infamanti, con la stessa infamia di traditore per la quale era stato decapitato il Doge Marin Faliero. Ma nel luglio 1365: Il Maggior Consigliodecretò la distruzione di tutte quelle false accuse indicando che il nuovo Doge Marco Corner(tardo d’età e di scarse fortune finanziarie)affermasse pubblicamente nella sua prima adunanza del Consiglio, che il suo predecessore era stato indegnamente calunniato di misfatti commessi contro il Comune di Venezia risultati falsi.
Nel luglio 1372 a Venezia si scoprì l’ennesima congiura ordita contro lo Stato da alcuni Patrizi Veneti affini alla politica di Francesco da Carrara. Bartolomeo Grataria da Mestre considerato il protagonista principale della congiura venne portato a Rialto dove: “tagliatagli la mano destra et legatagli al collo, fu strassinato a coda di cavallo sino a San Marco, et fu squartato nel mezzo delle colonne di Marco e Todaro, et li quattro quarti appicati ne li soliti luoghi”.
Due anni dopo in luglio, Francesco Petrarca morì ad Arquà sui Colli Euganei dove stava in villeggiatura da qualche anno. Fu trovato morto all'alba col capo chino sulle pagine di un libro: “Le confessioni di Sant'Agostino” dissero alcuni, l’“Eneide”dissero altri ... Poco importa, abitava di solito a Venezia nel Palazzo delle Due Torri sulla Riva degli Schiavoni che gli aveva assegnato la Repubblica Veneta che lo considerava “Grande Amico”.
Nel luglio 1389, invece, una certa Orsa Veneziana, approfittando della partenza del marito per Corfù, abbandonò i figli, si prese le cose di valore che c’erano in casa, e andò a vivere in casa del Piovano di San Samuele: Prè Francesco Carello mettendosi a convivere con lui. La Serenissima reagì: condannò al carcere a vita la donna, anche se cinque anni dopo ottenne la grazia. Tremendo, invece, il Piovano Carello di San Samuele. Avvalendosi dell’immunità Ecclesiastica, venne coinvolto in un’altra sentenza del 6 settembre 1391, in quanto scoperto in flagrante adulterio con Lucia moglie del Nobilomo Marco Barbarigo. La donna venne condannata a due anni di carcere e a perdere la dote per esser stata col Prete ed aver abbandonato il tetto coniugale ... E il Prete ? … Niente di niente: tutto come non fatto.
In vari luglio diversi del 1404, durante la Guerra contro i Carraresi Signori di Padova (1404), duecento Fanti Venezianientrarono nella "bastia" di Gambarare, dopo aver indotto al tradimento il Capitano della Bastia dandogli seimila ducati. Subito saccheggiarono tutta la zona e Sambrusòn: "pigliando e rubando qualunque a trovava".
L’anno dopo, sempre in luglio: 20 Ambasciatori da Verona giunti a cavallo fino in Piazza San Marco di Venezia, consegnarono le bandiere, il sigillo, il bastone del comando e le chiavi di Verona, in segno di spontanea dedizione a Venezia e al suo Doge.
Nello stesso mese estivo: vennero condannati ad esser sepolti con la testa in giù in tre buche appositamente scavate tra le colonne della Piazzetta di San Marco i Preti Taddeo Buono della chiesa di San Marco, Pietro Andrea di San Simeone Profeta e Prete Andrea di San Giacomo dell'Orio. Erano stati incaricati dai Carraresi di Padova di appiccare con dei complici alcuni incendi in diverse Contrade della Città. Scoperti, vennero condannati a morte d'accordo con le Autorità Ecclesiastiche Veneziane.
In un ulteriore luglio, si decretò che: “Ogni anno si pubblichino in Maggior Consiglio i nomi di quelli che rubassero beni dello Stato, e ciò per tutta la vita loro"(1416) ... Quattro anni dopo … sempre in luglio ovviamente … Il Doge di Venezia Tommaso Mocenigo invitò i Cadorinia fare atto di dedizione alla Repubblica Veneta. Durante la riunione un Cadorino gridò: “Eamus ad bonos Venetos ! (Andiamo dai buoni Veneti !)”. L'assemblea e il popolo radunato in piazza si unirono al grido entusiasta, e da quel momento iniziò il dominio di Venezia sul Cadore, che seppure godendo di grande autonomia, fu sempre fedelissimo al Leone di San Marco.
Enrico di Barbante fabbricante di "verrettoni" da Pavia venne condannato (nel luglio 1426) al taglio della testa tra le due colonne della Piazzetta. Dietro ricompensa di 2.200 ducati era stato incaricato da Filippo Maria Visconti Signore di Milanodi appiccare un incendio nell'Arsenale dei Veneziani. Fattosi assumere come lavorante nella Caxa dell'Arsenal, s’era incautamente confidato con un Arsenalotto … che non ci pensò su un attimo, e andò dritto a denunciarlo dalle Autorità Veneziane.
Nel luglio 1446 le Schole dei Battuti di Venezia dovettero smetterla di suonare le loro campane "a morto" per i loro Confratelli per più di mezz'ora al giorno … Il troppo stroppia sempre e in ogni caso.
Nel luglio 1453: una flotta di trenta navi Veneziane imbarcò in fretta e furia l'Imperatore Baldovino, il Podestà di Costantinopoli Marco Gradenigo, il Patriarca Pantaleon Zustinian, e altri tremila profughiche lasciarono in fretta la città per riparare a Negropontesfuggendo agli incombenti Turchi … Fu la fine epocale dell'Impero Latino d'Oriente.
Nel luglio 1454: “il cielo pianse su Venezia: si scatenò un grande uragano che arrecò grandissimi danni in città ed in tutto il territorio Lagunare.”… Nel luglio dell’anno seguente morì a Venezia Paolo dalla Pergola: primo Maestro stipendiato dalla Repubblica, detto “Dottore insigne perspicacissimo”. Teneva pubbliche lezioni di Logica, Filosofia e Teologia nella famosissima Scuola di Rialto sita presso la Chiesa di San Giovanni Elemosinario di cui era il Piovano ... Secondo la testimonianza, forse esagerata, di un discepolo: insegnava 14 ore al giorno: dalle 7 del mattino alle 9 di sera.
Il Senato Veneto decretò la costruzione della nuova Pescheria di Rialto nel luglio 1459: “Per far veramente comodo el luogo de la Pescaria, siano atteradi gli edifizi dal canton dela Fruttaria fino al canton del Rivo dela Becaria; et da un capo a l'altro sia fata una riva la qual serva al Tragheto de Sancta Sofia, a la Pescaria et a quele persone che conducono polli et altro da la Terraferma”.
Quattro anni dopo in luglio: i Cadorini donarono a Venezia il Bosco della Vizza o di Sommadida chiamato da allora il Bosco di San Marco. Andatelo a vedere: stupendo ancora oggi … Fornì per secoli il legname per costruire le navi dell'Arsenale dei Veneziani, e dopo la caduta della Repubblica venne depredato dai francesi per rifornire l'Arsenale di Tolone.
Nel luglio 1470: i Turchi conquistarono l'isola di Negropontenel mare Egeo. Risultò inutile l’ultima disperata difesa dei Veneziani che contrastarono l'avanzata Turca casa per casa. Al momento della resa, il Sultano Maometto assicurò al Bailo Veneziano Paolo Erizzo che “avrebbe avuta salva la testa”... Infatti lo segò vivo a pezzi senza toccargli la testa.
Nel luglio di tre anni dopo, morì a Venezia“per flusso" all'età di settantaquattro anni il Doge Niccolò Tron seppellito ai Frari di fronte al Doge Francesco Foscari. Piccolo di statura e d'aspetto sgraziato, col volto quasi scimmiesco per via di una barba lasciata crescere incolta in segno di lutto per il figlio trucidato dai Turchi, a Venezia lo chiamavano: “il sòrse”(il sorcio). Si deve a lui un'ardita riforma della moneta veneta in un momento di grave crisi economica per la Repubblica quando i Milanesi avevano messo in circolazione una gran numero di monete venete false. Tron fece coniare una nuova moneta d'argento: la Lira Tròna dal suo nome, sulla quale fece incidere il suo volto al posto del tradizionale San Marco. La moneta godette di grandeprestigio sui mercati mondiali, e diede origine al detto popolare: “Bruto ma bon, come la lira trona.”
Morì di luglio (pare in Polesine) il navigatore veneziano Alvise Da Mosto(1483). Appassionato di viaggi, si trasferì in Portogallo al servizio dell'Infante Enrico il Navigatore. Effettuò così l'esplorazione delle Coste dell'Africa spingendosi oltre la foce del Senegal, e tentò di risalire il corso del fiume Gambia. Nel 1456, in compagnia del Genovese Antoniotto Usodimare scoprì le Isole di Capo Verde. Le relazioni dei suoi viaggi furono d'aiuto al Cosmografo Fra' Mauro autore del celebre mappamondo Muranese (oggi conservato alla Biblioteca Nazionale Marciana di Venezia).
Nel luglio 1487 il Consiglio dei Dieci decretò che tutte le fornaci da stoviglie e Bocalèri esistenti a Venezia fossero trasferite alla periferia della città: per evitare pericolo d’incendi, per mantenere pura l'aria, e per il decoro della Capitale della Repubblica.
Durante i luglio del 1500, capitò che il Senato Veneto decretò d’affidare ai pittori Lazzaro Bastiani(primo maestro di Carpaccio) e Benedetto Diana l'esecuzione di tre stendardi da innalzare sulle antenne di Piazza San Marco nei giorni festivi (1505): “Dovranno essere in seta rossa e oro, lunghi diciotto braccia, larghi tredici. Il compenso pattuito é di 630 ducati. Inoltre, se i gonfaloni saranno eseguiti (dice il decreto) «con degna, fedel et perfetta opera, verrà dato ai due pittori anche un beveràzo (una buona mancia per fare una bella bevuta)”.
Leggendo le cronache del Diarista Marin Sanudo circa luglio dell’anno seguente, veniamo a sapere: “E in questo zorno poi disnar da uno franzese fo amazà Jacomo Gradenigo: haveva benefici et feva la sua vita a San Salvador, homo pacifico, et per voler pacificar la moglie col marito, fo amazato dal deto marito, era francese e falconier del re.”
Nel luglio di tre anni dopo ancora: nel 1509, ad Asolo, occupata dalle truppe imperiali, scoppiò una rivolta popolare provocata e diretta da Agenti Veneziani. Alcuni insorti, fra i quali c’erano soprattutto gli abitanti di Pagnano, gridarono: “Marco ! Marco !”, e occuparono la cittadina, disarmarono il Presidio Spagnolo, e diedero alle fiamme l'Archivio Pubblico distruggendo preziosissimi documenti storici.
L’anno dopo, in luglio, le truppe dell'Imperatore Massimiliano, giunte a Feltre, intimarono la resa alla città. I Feltrini risposero a cannonate e si batterono con ardore ed impeto sulle brecce delle mura aperte dall’artiglieria imperiale di un esercito di 12 mila uomini. Gli Imperiali alla fine prevalsero, trucidarono quasi tutti, e diedero alle fiamme la città riducendola in tre giorni a un mucchio di rovine. I Veneziani, che riuscirono poco dopo a riconquistarla, datarono le loro lettere: “dalle ceneri di Feltre”.
Il Senato veneto nel luglio 1512 autorizzò Nicolò de Manòli detto Sbisào, a progettare e realizzare la sua opera di recupero di una nave affondata nei pressi delle Isole di Brioni (piccolo arcipelago istriano presso Pola oggi in Croazia). Precursore dei moderni palombari, il Manòli aveva inventato: “un certo vestimento. cosa davero sopranatural, cum el qual va sotto aqua, et dice di poter stare per ore sei senza nocumento, lavorando come se el fusse in terra piana.”
L’anno dopo in luglio si collocò sulla cuspide del Campanile di San Marco a Venezia: una statua in legno rivestita di lamine di rame rappresentante l'Arcangelo Gabriele. Scriveva Marin Sanudo per l’occasione: “In questo zorno fo tirato suso l'Anzolo de rame indorado con trombe e pifari a hore 20; et fo butado vin e late zoso in segno di alegreza, che prego Idio sia posto in hora bona et agumento di questa Republica.”
L’anno dopo ancora in luglio, e siamo nel 1513, Padova era assediata dalle truppe Spagnole. Davanti a Porta Santa Croce si presentò un araldo a chiedere la resa della città in nome del Viceré Don Raimondo di Cardona. Bartolomeo d'Alviano Comandante dei Padovanilo accolse benevolmente, gli donò un bel vestito, e lo pregò di portare al suo Viceré“alcuni rinfrescamenti” (bibite) per togliersi la sete in quanto faceva molto caldo. Dopo di che lo congedò, aggiungendo ironicamente: “Scusami col tuo Capitano se non gli posso mandar anche le narànze, perché voglio ch'el vegna a tuorsele de persona.”
Due luglio dopo ancora: è ancora Marin Sanudo a raccontare: “In questo zorno, da poi disnàr, fu fato una forca al Traghetto de San Silvestro, zoè di qua da San Luca, apresso la caxa di Corneri da la Piscopia, e fo apicado uno ladro, qual era familiar de caxa barcaruol ... che con molti altri rupe una feriada e intrò in caxa, e robò molte robe... E’ stà preso di apicarlo, e cussi foffato ... Ha moièr e fiòli; era honesto homo.”
Nel luglio 1525 si mise in vendita all'incanto a Venezia un palazzo sul Canalgrande in Contrada di San Samuele. Si trattava di Cà del Ducacostruita su progetto di Bartolomeo Bon, ed iniziata dalla famiglia Corner che intendeva fame una sontuosa reggia con saloni ancor più grandi e belli di quelli di Palazzo Ducale. Nel 1461 il Palazzo era stato acquistato dal Duca Francesco Sforza di Milano da cui prese appunto la denominazione di Cà del Duca ... Rimasti però incompleti i lavori per mancanza di denaro, passò in proprietà del Governo Veneto che se ne sbarazzò mettendolo in lotteria. Fu vinto da Alvise Dolce che era in possesso del fortunato biglietto n° 5420.
Nel luglio 1540,invece, un certo Natale Veneziano Ufficiale della Magistratura Veneta dei Signori di Notte, si buttò giù dal Campanile di San Marco inaugurando la serie dei suicidi dal campanile che nel tempo si dice siano stati più di cento ... Nello stesso mese un potente fulmine cadde su San Zanipolo(Santi Giovanni e Paolo)incendiano la cupola, e mettendo in fuga i terrorizzati Frati Domenicani che se ne stavano a pregare nel Coro di sotto.
A luglio faceva sempre un caldo insopportabile a Palazzo Ducale, per cui venivano disertate le sedute del Maggior Consiglio. Si autorizzò allora l'apertura di due nuovi poggioli nel salone, ed era il luglio 1552, mentre due lugli dopo: Jacopo Sansovino firmò il contratto per la fornitura di due statue colossali simbolo della potenza terrestre e marittima di Venezia. Vennero collocate nel cortile di Palazzo Ducale in cima alla scala che da loro prese il nome di Scala dei Giganti.
Nel luglio 1560: si destinò “a deposito di rovinàzzi" il tratto del Lido da San Lazzaro alle Quattro Fontane. "Due soprastanti agli scarichi delli fanghi e rovinazzi" sorvegliavano in modo energico e severo gli scarti edili della discarica ... Nel 1589 divennero quattro in carica due anni, e rieleggibili.
Nel luglio 1574 giunge a Venezia Enrico III Re di Polonia futuro Re di Francia. Il giovane e simpatico Re conquistò i venerandi Senatori della Serenissima che decretarono in suo onore accoglienze mai viste: regate, ricevimenti, un banchetto da tremila convitati e la recita in Palazzo Ducale di una tragedia con accompagnamento musicale di Claudio Merulo. Inoltre gli fecero visitare le segretezze dell’Arsenale dove in un giorno solo, sotto i suoi occhi stupiti, fecero costruire dalle maestranze una Galea Veneziana armata di tutto pronta a navigare.
E tornò la Peste a Venezia … Nel luglio 1576 in ottemperanza delle disposizioni emesse dal Magistrato alla Sanità vennero eletti tre Nobili per ogni Sestiere cittadino per gestire l’epidemia ... L’anno dopo, sempre in luglio: si decretò il pellegrinaggio annuale del Doge e di tutta la Signoria e dell’intera Città al Tempio del Redentore Liberatore della Peste costruito alla Giudecca ... La tradizione sta continuando ancora oggi nel 2022.
Due anni dopo quel luglio, e ancora in luglio: Venezia perse la pazienza: “Pena la forca ogni bravo forestiere deve lasciare immediatamente i territori dello Stato Veneziano!”
Nel luglio 1582, invece, il Podestà di Portogruaro a nome della Repubblica Serenissima, intimò alla popolazione di cessare ogni tipo d’ostilità contro i Caorlòtti(abitanti di Caorle) lasciando che venissero con le loro barchette a vendere pesce e a provvedersi di biade e di vino.
Dieci anni dopo in luglio (1592) morì a Venezia suicida per ipocondria, il bravo pittore Francesco da Ponte detto il Bassano. Annunciò il Necrologio Sanitario:“Missier Francesco Bassano pittor de anni 42 se butò zozo da un balcon per frenesia.”Figlio dell’eccellente Jacopo, aiutò il padre nei lavori di Palazzo Ducale realizzando alcuni quadri del soffitto nella sala del Maggior Consiglio.
Anche i luglio del 1600 non mancarono di note e sorprese.
A inizio secolo (1602) un decreto del Senato stabilì che la somma necessaria per la dote e il corredo delle "novizze"(promesse spose) non doveva superare i 1300 ducati … Troppi spropositi in giro per Venezia: 5.000-6.000-7.000 ducati di dote … Un affronto alla povertà di tanti Veneziani ... Quindici anni dopo in luglio si elessero i "Capi di Contrada sopra il pacifico viver".
Dal Senato venne formata in luglio una commissione di dodici savi, otto effettivi e quattro supplenti, incaricati di regolamentare definitivamente il corso dei fiumi Piave, Marsenego, Dese, Sile, Zero e Meolo ... Era luglio 1620 per la precisione … e l’incubo della Peste stava incombendo ancora una volta. Fra i tanti morì di Peste a Venezia (nel luglio 1629)anche Messer Paolo Rimondo, e i Veneziani tirarono un respiro di sollievo. Rimondo era un personaggio piuttosto turbolento, uno di quei Bravi malvagi, che spadroneggiavano per Venezia e Terraferma offrendosi al miglior offerente, incuranti delle Leggi, disposti a compiere qualsiasi sorta di male seguendo una pseudogiustizia del tutto personale.
Nel luglio 1644 si diede ordine di costruire il ponte che collega le isole di Burano e Mazzorbo nella laguna Nord.
Tre anni dopo in luglio ovviamente, per sostenere le spese della Guerra contro i Turchi, la Serenissima concesse l'iscrizione nel Libro d'Oro della Nobiltà Veneziana di quelle famiglie che avessero offerto 100 mila ducati, di cui almeno 60mila in dono più altri 40mila a prestito. Furono 77 le Nuove Famiglie aggregate che in quell’occasione entrarono a far parte a pieno titolo del Patriziato Veneto.
Due anni dopo ancora in luglio, si celebrano a Venezia le nozze del futuro Doge Silvestro Valier con la bella e ingegnosa Elisabetta Querini. La sua antica e potente Famiglia Patrizia era stata esclusa per sempre dall’accesso al Dogado per aver preso parte alla congiura di Baiamonte Tiepolo nel 1310. In quel modo, tramite la Dogaressa Elisabetta, i Querini arrivarono in qualche modo al Dogado per parte di donna.
Nel luglio 1660 morì a Padova Francesco Maffei, pittore vicentino fantasioso e bizzarro, potente nelle composizioni e gustoso nel colore, che aprì la via della pittura veneziana del 1700. Marco Boschini nella sua “Carta del navegar pittoresco” lo dipinse dicendolo: “Pitor no da pigmei ma da ziganti, Maestro, che in quatro sole penelae fa che ognun tegna le çegie inarcae. Manieron che stupir fa tuti quanti.”
Nel luglio 1686, invece, nacque a Venezia il compositore Benedetto Marcello detto “il Michelangelo della Musica”, autore dell'“Estro poetico-armonico”, nonché arguto scrittore. Nel suo “Teatro alla moda” satireggiò piacevolmente sul divismo dei cantanti del 1700, mentre nelle briose poesie vernacole ironizzò sui mediocri rifacitori della Tragedia di Euripide: “Ifigenia in Tauride che viva xe restada
in man de Greci, Latini e Francesi, per le man vostre alfin resta amazzàda.”
Nel 1700: tempo e secoli dei lumi, Venezia annaspava, inciampava, scivolava incerta perdendo i pezzi. Si fermava a filosofeggiare e discorrere, si dava alle Lettere, alla Cultura, alla Musica, al Canto del Mito e al buon vivere in Villa, trascurando le economie e la cura delle aspirazioni del Governo. Una Serenissima sempre splendida, ma pantofolaia: in vestaglia e ciabatte, china su se stessa.
Nel luglio 1718: Austriaci e Veneziani firmarono il trattato di Passaromtz con i Turchi. Venezia si dichiarò neutrale e disarmata, conservò le sue ultime conquiste in Epiro e ai confini dell’Erzegovina, ma dovette abbandonare le ultime basi nelle Isole Cretesi ed Egee.
Nel luglio 1724 Il Tipografo Ermolao Albrizzi fondò l’Accademia Letteraria Albrizziana con sede in Calle della Cavallerizzatra la Schola Granda di San Marco e le Fondamente Nuove. Scopo dell'Accademia era: “stampare ogni specie di opere, o degli Accademici, o di edizioni rare, o di manoscritti non mai pubblicati, e ciò col denaro che da tutti i letterati d'Italia si raccoglie". Il ricavo della vendita dei libri era destinato ad incrementare la biblioteca e a coniare medaglie con l'effige dei più illustri Accademici. Il Senato protesse l'Accademia fino al 1745 quando la soppresse.
Nel luglio 1764 i Fornai Veneziani disputarono una curiosa regata sul Canale di Cannaregio usando come imbarcazione le madie per impastare il pane, e come remo mestoli di legno.
Venezia decadente provava poi timidamente a salvare la facciata: nel luglio 1720: gli affittacamere Veneziani obbligati a dare in nota gli ospiti al Magistrato alla Sanità, si costrinsero a non tener più di due letti per stanza e ciascun letto per non più di due persone … Nel luglio 1734: "Le mendicanti che conducevano mala vita venivano condannate alla berlina." ... Un Decreto Suntuariodel luglio 1750 prevedeva che: "Le dame, scambiandosi visita, non si offrano bibite e dolci per oltre il valore di un ducato".
Nel luglio 1763, invece, per rimediare alla decadenza degli scambi commerciali, la Magistratura dei Cinque Savi alla Mercanzia propose d’istituire a Venezia una Camera di Commercio. La proposta venne bocciata, ma poco dopo, a causa della guerra d’indipendenza Americana, dal momento che la maggiori potenze navali erano impegnate oltreoceano il commercio marittimo veneziano rifiorì notevolmente al punto tale che a Costantinopoli-Istanbuloltre il 52% delle navi nel porto erano Veneziane.
Nel luglio 1778 si rinnovò ai CiechiVenezianiil permesso di chiedere l'elemosina nelle chiese, purchè in silenzio e in non più di quattro per chiesa e per volta ... Nel luglio di dieci anni dopo, una terminazione proibiva i cani vagabondi, e “prescriveva ai botteghieri di tenere tutto il giorno fuori della porta uno mastello d’acqua dolce e netta.”
Infine arrivarono i luglio del 1800: età di Rivoluzioni, Novità, Motti dolorosi e stravolgenti, eroismi e novità.
Curioso luglio 1815 ad Asolo coperta di neve, con freddo siberiano e branchi di lupi affamati che scorrazzavano per le vicine campagne.
L’anno dopo a Venezia, in luglio, venne messo sopra la porta centrale della Basilica Marciana un Leone di San Marco:“Ma é così smuntoche appare misterioso e morto di fame.” scrissero i giornali:
L’anno dopo ancora, tanto per cambiare: in luglio, il Governo Austriacomise in vendita a Venezia la gigantesca statua di napoleone eretta durante l'occupazione francese in Piazzetta dei Leoncini. Venne comprata dallo scultore Bosa per 3000 lire, ma prima della consegna la Polizia Austriaca ne fece sfigurare la testa a colpi di martello in modo da renderla irriconoscibile. Il popolo, inoltre, non fu da meno, per conto suo si era accanito con farle ulteriori “altri servizi”.
E siamo al luglio 1849, quando un anonimo Veneziano propose ironicamente di cambiare i vecchi nomi di ponti e calli veneziane con altri nomi affini moderni e più corrispondenti alla situazione politica del momento: Ponte Stortodoveva chiamarsi: Ponte dei Decreti, Ponte Caèna: sia detto della Libertà; Calle del Gambero sia chiamata Calle del Progresso ... e via così ... Se ne fece poco o niente per fortuna.
Nello stesso mese a Venezia, un brulotto (piccola imbarcazione)carico di materiali infiammabili provocò gravi danni alla Fregata Austriaca Venere esplodendo. Il nemico si lamentò che i Veneziani ricorrevano a mezzi tanto “vili” ... “L'Austria” commentarono ironicamente i giornali Veneziani: “conduce una guerra delicata e generosa: bombarda le città, ma rifiuta i brulotti come cosa bassa e indegna. Dimenticando poi di averli usati per prima.”
Quasi a rappresaglia, nello stesso mese gli Austriaci inviarono su Venezia alcuni palloni aerostatici carichi di razzi incendiari affidandoli al capriccio del vento. Secondo le intenzioni degli inventori i palloni avrebbero dovuto incendiare irrimediabilmente la città. La trovata fu accolta con grandi risate dai veneziani. Sui giornali apparve un articolo firmato “el Gobo de Rialto”, nel quale si proponeva ironicamente che tutte le mogli e i figli dei Magistrati Austriaci, salissero sui tetti delle case provvisti di mantici per meglio dirigere i palloni incendiari.
Il terribile bombardamento su Venezia però poi accadde per davvero, e gli Austriaci raffinarono non poco le loro abilità aeree. Svegliate in piena notte dal tremendo frastuono, le donne abbandonarono le case con i bimbi al collo, brontolando: “Nato d'un can de un Todesco, gnànca dormir in pase i ne làssa ... Viva Venezia!” Non fu episodico il bombardamento, ma durò ventiquattro giorni, provocò 120 incendi domati dalla popolazione rimasta sempre calma e disciplinata senza mai reagire in eccesso. Sulla città caddero circa 23.000 proiettili argutamente chiamati “narànze da Vienna”, che i Veneziani non mancarono di raccogliere andando a venderli all'Arsenale con discreto guadagno.
Intanto il Comando Austriaco di Piove di Sacco decretò … sempre di luglio … la condanna a morte di cinque patrioti: Giuseppe Bullo e Vincenzo Signoretto da Chioggia pescatori; Angelo Monticello da Pozzonuovo muratore; Antonio Marcolin da Pordenonefalegname, e Luigi Fernaroli da Fiesso di Polesine fittavolo. Erano stati catturati mentre tentavano di portare ai difensori di Venezia due barche cariche di viveri: due vitelli, undici pecore, quaranta polli, cinque cassette di limoni, quattro di uova. La sentenza di morte per fucilazione venne eseguita in giornata.
Nel luglio 1855, invece, venne impiccato Pier Fortunato Calvi di Briana di Noale sugli spalti di Belfiore. Calvi aveva organizzato e diretto l'insurrezione e la resistenza agli Austriaci nel Cadore; aveva partecipato alla difesa di Venezia, combattuto valorosamente a Mestre, Brondolo e Treporti meritandosi la promozione a Colonnello per merito di guerra. La sua fierezza e gentilezza commossero perfino i carcerieri e i carnefici Austriaci: al Giudice che gli lesse la sentenza di morte: offrì un sigaro; al boia che voleva aiutarlo a salire i gradini del patibolo disse: “No … Grazie. Le mie gambe non tremano ... Viva l'Italia!”
Nel luglio di dieci anni dopo, il Comando delle Bande Armate Venete emanò un proclama da Calalzo di Cadore per incitare alla riscossa contro gli austriaci: “Cadorini! Insorgiamo, nel santo nome d'Italia, per molestare alle spalle il nemico della nostra Patria, per tagliargli la ritirata, per minacciarlo ovunque tenti posare. I nostri padri, da questi monti, ci insegnarono a vincere o a morire. Dimostriamo al mondo ché sappiamo imitarli nel valore e nelle vittorie. All'armi, dunque, all'armi! Uniamoci tutti! Viva l'Italia !”
Pochissimi accorsero ... Anzi: Garibaldi si arrabbiò moltissimo. In realtà i Veneti avevano già avuto notizie su come i “liberatori”Piemontesi avevano trattato le popolazioni meridionali dopo averle “liberate”.
Poco dopo comunque, quando una frana di fango, massi e ghiaia precipitò giù dal Monte Antelao su Cancia, frazione di Borca di Cadore, seppellendo 13 case e uccidendo 12 persone, l’Assemblea Straordinaria di Pieve di Cadore venne aperta dal patriota Don Natale Talaminiche lesse e disse: “Come dopo settanta anni di schiavitù babilonica il popolo d'Israele risalutava le fatidiche rive del Giordano, così dopo settanta anni di servaggio straniero (dal 1796 al 1866) il popolo del Cadore risaluta la bandiera della libertà.”
Subito dopo, i delegati dei ventidue Comuni della regione, proclamarono l'unità del Cadore accorgendosi però ad ottobre che la bandiera della libertà non era più quella dello Stato Veneto, ma quella tricolore Italo-Piemontese dei Savoja.
Nel luglio 1885 si attivò a Venezia il nuovo Acquedotto che assicurava alla cittadinanza la quantità d'acqua necessaria seppure ancora non di buonissima qualità. In pochi anni a mezzo di condutture sublagunari, l'Acquedotto venne esteso anche a Murano, alla Giudecca, al Litorale del Lido e ad altre isole dell'Estuario.
Nel luglio 1893 a Venezia, durante il tradizionale Banchetto dei Gondolieriprecedente la Regata Storica sul Canalgrande, il Sindaco Riccardo Selvatico recitò per la prima volta la famosa poesia da lui composta per l’occasione: “No gh'é ne la storia del mondo una festa più bela più splendida Venezia de questa: incanto de popoli, de re e imperadori, delizia, martirio de artisti e scritori. Superba memoria de un tempo passà, inutile invidia de çento çittà.”
Nel luglio 1903 morì anche il patriota Francesco Beltrame da Conegliano. Da giovane partecipò alla sommossa Padovanadell'8 febbraio1848 contro gli Austriaci, dove si batté usando come arma un grosso ciottolo e riportando quattro ferite da colpi di sciabola. Ancora convalescente, accorse tra i primi alla difesa di Venezia. Daniele Manin, commosso per il suo coraggio, gli disse:“Vàrda de guarir presto, e de farghela pagar cara ai Todeschi.”
Stava cambiando tutto però nei luglio del primo 1900.
Giusto a metà luglio 1902 alle 10 del mattino: il Campanile di San Marco ondeggiò lievemente, e calò adagio su se stesso cadendo: “Vinto da mortale stanchezza di secoli, il colosso se ga cufolà quasi gentilmente, senza causare vittime. L'orrendo fragore é seguito da un tragico silenzio sulla Piazza resa quasi buia dal polverone. Costruito su fondazioni romane nel IX secolo, colpito più volte da fulmini, scosso da terremoti, il campanile era l'orgoglio dei Veneziani, el paròn de casa ... In una guida del 1500 si legge: “Nol par cosa de piera, ma hora el pianze, hora el ride; el parla forte con la buòra, el sòna pian con el sciròco.”
Riunitosi d'urgenza immediatamente il Consiglio Comunale deliberò di ricostruirlo subito dov'era e com'era.
I grandi cambiamenti comunque erano ribaditi inequivocabilmente dalle notizie che arrivavano da fuori Venezia: “dalla campagna”.
I giornali di Vicenza registrano, con sorpresa nel luglio 1909, i progressi della circolazione automobilistica in città: “Quest’elegante e rapidissima vettura, spavento e terrore dei viandanti, affacciatasi timidamente all'alba del secolo, aumenta continuamente il suo passaggio, di giorno e di notte, per Vicenza. Nella sola giornata di ieri sono transitate ben quaranta automobili.”
Nel luglio 1931 si piantò su progetto dell’Ingegnere capo del Comune di Venezia Eugenio Mozzi, il primo palo del nuovo Ponte trans-lagunare a fianco al vecchio Ponte Ferroviario per unire Venezia alla Terraferma per via carrozzabile.
Infine il 9 luglio1935 morì a Villa Fietta di Paderno del Grappa, il Cardinale Pietro La Fontaine Patriarca di Venezia ... Uomo singolare, acuto, dotato di vasta cultura, scrittore in elegante stile. Di costumi semplici e austeri però, quasi ascetico, d'inverno rinunciò al riscaldamento nel Palazzo Patriarcale e negli ultimi anni rinunciò anche all’uso della gondola per essere povero come i poveri Veneziani.
Bel esempio d’uomo di Venezia sfiorito a luglio.
Quante cose successe a luglio a Venezia … e vivendo noi, ne stanno accadendo altre in più.