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Redentòr: ieri come oggi

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Redentòr: ieri come oggi



Incombe ormai la Notte Granda: quella Magica, la Famosissima, la Festa delle Feste Veneziane, “quèa de a gran magnàda co i fòghi sora a testa.” … Gli epiteti non mancano, e tutti sapete bene ciò che significa.

Ci sono tutti gli ingredienti in scena il Ponte sul Canale della  Giudecca è aperto, il chiesone votivo anche pieno di Fraticelli che vanno e vengono mascherati, gli zatteroni con i pirotecnici sono allestiti, le rive piano piano si stanno affollando di tavoli e musica, Veneziani, invitati e  gente.  Le cucine ribollono ormai da un pezzo per preparare prelibateze … e non, così come le fondamente della Giudecca e delle Zattere sono tutta una passarella di barche, barchette e barconi con il solito sfoggio di chi vuol dar da vedere d’avere il meglio e il più grosso ... La plebaglia che s’accalchi pure sulla riva … com’è sempre stato.

Ritorna una Giudecca e una Venezia notturna festosissima, satura allo spasimo d’attesa, di popolo e allegria, di luci, atmosfere e colori. Una Venezia sudata, palpabile, corporea, eterogenea e multietnica, ma capace ancora una volta d’indossare l’abito da sera. …

Sentite un non dimenticato Venezianissimo D.O.C. che mi piace tantissimo.

Ancora nel 2004 scriveva sul “Nostro Redentor dei àni andài”. 

Secondo me sa riassumere benissimo il sapore autentico di Venezia da non dimenticare e perdere: “Se parla tanto de la Notte Famosissima attuale, ma a confronto de quella dei nostri tempi questa xè una paccottiglia fatta ad uso e consumo dei turisti. Voglio invece far conoscere come eravamo usati noi di quei tempi, e nel Sestier de Santa Croxe, a festeggiare degnamente questa nostra festa, seconda forse solo al Nadal (Natale) … La narrerò cusì: un po’ in lingua forèsta e ’na scjànta in lengua nostràna.

Dònca: se cominciava un par de setimane prima. Intanto nostro pàre prenotava una batèla da Romano a Sant’Agostin par andar a prenderla il sabato mattina per prepararla. Poi per le due domeniche prima andavamo con i sàndoli,  a do, a do: zii e nevodi e fradei, in giro per la laguna in cerca del “mastego”: i più gagliardi anche la sera, “ a fajaròto co l’acetilene” per pescare quello che si trovava. I più veloci, invece, per le isole in cerca di “comprare” (con la fionda…) qualche ànara di quelle che erano abituate a girare per i canali, vicino alle case dei contadini ... Quelli che andavano a pesca erano dispensati dal rientro presto alla sera, in quanto i “sfogi” si prendevano alla notte. Ma comunque c’erano sempre le sardèle da comprare a Rialto. 

La cerimonia del “saòr” iniziava immancabilmente al martedì. Nel frattempo i più piccoli dei fratelli e cugini, aiutati dalle mamme, preparavano i “baloni”, con la carta colorata, colla, e bastoncini di “grisiole”. Al sabato mattina tutti assieme ad andare in giro per i giardini a prendere le fresche frasche per coprire la barca: il primo giardino a fare le spese era quello del Palazzo Cappello in Rio Marin, sede della Guardia di Finanza, dove, complici i piantoni, prendevamo la maggior quota, assieme alle rame di làvrano (alloro), oppure andavamo in giro per i rii dove sapevamo esserci delle frasche a picandolòn fuori dei muri dei giardini. Al pomeriggio si iniziava la preparazione della barca: quattro “mezi murali” ai lati, spaghi in abbondanza per tenerli e per la struttura della copertura, quindi si posizionavano sopra le frasche. Si metteva la tavola e le banchine, fatte con un paio di tavole da mureri e si cominciava a fornire la barca: candele, acqua, vino, ànare, saòr, polenta, fasiòli cònsi, patate, angurie (messe in acqua dentro dei sacchi e legate alla barca per mantenerle al fresco), ultima di tutti arrivava la nonna, accolta con un bel battimano. Dal Rio de le Muneghette, dove abitavamo, dovevamo andare alle Zattare a San Basèjo. Si usciva dal Rio Marin, Canalazzo a Santa Chiara, Canal de Scomenzera e Zuecca, e finalmente: San Basejo. 

La Galleggiante era posizionata davanti al Molino Stuky, ed era uno spettacolo vederla. Il pontile d’attracco delle navi dell’Adriatica era gremito con tavoli e sedie e pieno di gente che cenava. Lo stesso dicasi per tutti gli altri pontili dei bar e della Bucintoro. 
Alle nove in punto spegnevano tutti i fanali delle rive della Zuècca e delle Zattare, venivano spente le luci della Galleggiante: rimaneva accesa solo la chiesa del Redentore, e i “padelàri” 
(padellieri) accendevano i loro padelloni con le candele rosse, ad una distanza di circa 10 metri l’uno dall’altro. Tutto il Canale della Zuecca era di un colore rosso veneziano, e vedere la barche con i palloncini accesi era uno scenario impossibile da narrare.

Quando i padelàri avevano spento l’ultima candela, iniziavano i primi fuochi da dietro Stuky e duravano circa mezz’ora. Dopo di che si riaccendevano le luci e iniziava la Festa: chi vogava, chi mangiava, chi cantava e suonava, ci si riconosceva da una barca all’altra, si legavano le barche l’un l’altra per stare più in compagnia, e ci si scambiavano le cibarie, i complimenti alle varie nonne che avevano cucinato tutto quel ben di Dio si sprecavano. Alle volte ci si avvicinava alla Galleggiante per ascoltare la musica e per intonare i cori delle canzoni rigorosamente veneziane. Alle dieci e mezza iniziavano i secondi fuochi, dietro la chiesa del Redentore: il segnale veniva dato dai fanali che si spegnevano. Intanto la Galleggiante si era spostata al Ponte Longo. La seconda ondata finiva verso le 11, 15. E si ricominciava come prima. Intanto ci si spostava tutti, piano piano, verso il Ponte Votivo per passare sotto e inviarsi verso il Bacino San Marco, e si spostava anche la Galleggiante fino al Redentore. E sempre cantando le nostre canzoni: nessuno si azzardava ad accennare un “O solo sole mio”, o “Funicolà”: arrischiava un bagno fuori programma!

A mezzanotte, dopo che la Marangona aveva finito i suoi rintocchi, iniziava la terza, e la più bella fase dei fuochi: da San Zòrzi (San Giorgio Maggiore). La bellezza dei fuochi di quelli anni è ancora negli occhi di quelli della mia età: quelli di oggi, quando si riesce a vederli, si dimenticano subito! Poco prima dell’una si avevano i tre “botti” finali, e tutto finiva. Allora c’erano le barche che si accalcavano attorno alla Galleggiante per continuare la Festa in canale e sulle rive sia della Zuecca che delle Zattare. E la festa continuava fino all’alba. I più giovani, e senza anziani a bordo, si avviavano verso il Lido per aspettare lì l’alba. 
Rammento che le barche erano talmente numerose che si poteva passare dalla Zattare alla Zuècca attraverso le barche! Non c’erano maxitaxi, non c’erano i barconi gran turismo, motonavi, cabinati … La festa ERA NOSTRA, non “multietnica” come è costumanza d’oggi! 

E’ dagli anni ’70 che è stata trasportata tutta in Bacino San Marco! … Questi governanti ce l’hanno scippata di brutto per favorire gli interessi degli albergatori e delle agenzie di viaggio. A noi veneziani lasciano solo l’incombenza di fare da comparse, e gli occhi per piangere!


La Festa del Redentore, come è ben noto, è stata istituita quale ringraziamento per lo scampato pericolo della peste del 1574. Il Tempio del Redentore, su progetto del vicentino Andrea Palladio di Pier della Gondola, è sorto alla Giudecca e le feste a esso dedicate sono sempre state fatte alla Giudecca. La Signoria inoltre, per agevolare il flusso dei veneziani al Tempio, fece da sempre gettare dei ponti di barche attraverso il Canal Grande e il Canale della Giudecca. In questo modo le Feste coinvolsero tutti i Veneziani delle Contrade dei Nicolotti, ossia: Giudecca, Zattere e zone limitrofe, e la Città intera. Fino a pochi decenni fa, la Festa si continuava tra l'attuale zona di San Basilio e le Zitelle. La festa si svolgeva, come adesso, nella terza domenica di luglio, continuava fino al 29 dello stesso mese: festa di Santa Marta. Era una festa molto e molto sentita dai Veneziani: vi si svolgeva il ''palo della cuccagna'' in acqua, il tiro alla fune da una fondamenta all'atra, corse con i sacchi, la gara delle ''Lavandere'' (non va dimenticato che Santa Marta era la Patrona delle lavandaie): “.. de larghi sfogi çercar l’aquisto unir compagni de alegro cuor e a Santa Marta, coga de Cristo, farghe la dedica de un bon saor…”

 


Venezia respira ancora di Tradizioni e Storie nell’afa estiva di luglio … Serve un po’ di orecchio per ascoltarle, e un po’ di voglia per lasciarsi prendere e portare perché tutto non perda il suo buon significato.


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