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Pettegolezzi e Cronachette della Venezia di ieri.

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#unacuriositàvenezianapervolta 285

Pettegolezzi e Cronachette della Venezia di ieri.

Mia Suocera, buonAnima, si dilettava a raccontarmi di come aveva vissuto fin da ragazzina e da donna nella sua Contrada dell’Anzolo Raffaèl nel Sestiere di Dorsoduro qui a Venezia ... Per me era una goduria fermarmi ad ascoltarla a volte: “La Contràda dell’Anzolo gèra un mondo a parte … Già oltrepassare il ponte e la calle del Confinio era come fare un viaggio, affrontare un’alterità ... Quelli delle altre Contrade erano Venessiàni di sicuro, non Forèsti (forestieri), ma erano in ogni caso estranei, di un’altra banda, di un altro modo diverso d’essere … Se viveva intensamente in Contrada: tutti stretti, vicini, giustapposti, quasi fossimo un’unica cosa: una grande e allargata famiglia … Se una mattina non si riapriva come sempre una finestra, era subito allarme e pubblica domanda e preoccupazione … Se si combinava qualcosa d’insolito o losco, se si frequentava un amante: tutti lo venivano a sapere in pochissimo tempo … Niente sfuggiva, si era tutti “miciziài” fra noi, quasi parenti … Qualsiasi cosa accadeva era subito e sempre affare di tutti: un immediato congetturare e interrogarsi su come, chi e perché … Niente sfuggiva a chi abitava in Contrada: l’orizzonte comune era quello, non c’era nient’altro.

“Ninna oh ! … Ninna oh ! … Tre civette sul comò.” cantavamo dentro alle caxette ai piccoletti nelle culle. Li ninnolavamo di braccia in braccia, come fossero di tutti ... In un certo senso si nasceva, cresceva, viveva e moriva in compagnia: sempre dentro alla stessa Contrada: “Lola ha le scarpe nuove … Ma non manda i figli a scuola … Che è successo ? … Che avrà ?” non era solo una canzonetta da canticchiare: ma dipingeva la realtà che avevamo davanti agli occhi.

Le Contrade erano luoghi d’infiniti pettegolezzi … Era quindi tutto un continuo osservare, bisbigliare, congetturare, raccontare, cercar risposte e spiegazioni, riferire e commentare … Era la regola comune del vivere dei Veneziani di ieri ... Se mancavi un giorno, chi t’incontrava si sentiva in obbligo e dovere d’aggiornarsi su di te, come tu facevi sugli altri.

Chi portava una novità avvertiva la sensazione di poter in un certo modo destabilizzare un po’ la vita e la quiete di tutti … Si poteva essere un uccello del malaugurio, ma anche “un benedetto” che portava buonenuove scuotendo un po’ tutti dal torpore e dall’appisolamento delle cose quotidiane sempre uguali, sempre le stesse … La novità ti costringeva a pensare e a reagire ... Magari fuoriusciva dalla Locanda o dall’Osteria, o dalla bocca di qualche Serva-Massera di qualche Nobile o Monastero … Era come una ventata d’aria fresca, una puntura sul vivo che ti faceva scrollare di dosso la solita quotidianità opaca scandita dal suono della solita campana, e dal ritmo sempre uguale dell’acqua: “che sei ore a crèsse e sei ore a càla”.

Dal Fruttivendolo-Verduraio, dal Fornaio, in Pescheria o dal Biavaròl non si andava solo per comprare, ma anche per “sapere del Mondo”, e lì come gli uomini in Osteria o dal Barbiere, arrivavano le notizie portate dalla barca che passava per i canali provenendo dalla Terraferma, o dal barcarolo de Casàda che tornava dopo aver barcamenà i Siori, i Nobili, i Paròni e i Mercanti in giro par i Fonteghi e Rialto, o sulla Muda in partenza o in arrivo dai Moli di San Marco dove approdava il Resto del Mondo, dell’Oriente e del Mediterraneo … La Contrada della mia giovinezza e infanzia è stata come un laboriosissimo formicaio, chiuso e spalancato insieme, perché sempre con orecchio e occhio attenti sul destino di tutto il resto del Mondo.”

Quanto mi piaceva ascoltare quella donna !

“I Sjòri vivevano dentro alle loro alte mura, chiusi e sorvegliati dietro ai possenti portoni … Come in mondi speciali alieni, microcosmi riservati a parte … Erano come un’altra Storia, persone per le quali il Tempo pareva scorrere in maniera e con ritmi diversi … Uscivano per acqua, dalla Porta da Mar per non mescolarsi col resto della plebaglia e col popolaccio senza nome che gravitava sempre e comunque attorno a loro … Anche di loro si doveva sapere tutto … Perché no ?

Si sapeva bene che lì dentro a quelle corti chiuse, e a quei palazzi pieni di tutto: mangiavano, bevevano, si vestivano lussuosamente, e si divertivano facendo di tutto: musica, feste, canti e balli … Sapevamo che avevano il denaro, col quale progettavano di andare a commerciare fin in capo al Mondo … Sapevamo dello stuolo grando o piccolo dei domestici che avevano, dei Fattori e dei Procuratori … Avevano i libri e la Biblioteca, le opere d’Arte, i gioielli, la cassa armata di famiglia con i Libri dei Conti, e l’Oratorio privato per vedersela direttamente con Dio … Avevano il Prete o il Frate di Casàda, che spesso era anche tutore ed educatore dei figli, e delle Nobilissime Signore ... A volte non c’era distinzione e confine fra Palazzi e Monasteri, perché i Nobili e le Nobildonne diventavano Badesse e Vescovi, e Cardinali, Alti Prelati … Dentro ai Palazzi si leggeva, scriveva, pensava, parlava, cantava, poetava, danzava, suonava, governava e comandava … Si progettava e costruiva Venezia.

I Siori comunque erano umani pure loro … Di notte anche i Nobili sognavano alla stessa maniera di tutti, e anche a loro capitava ogni tanto di svegliarsi ansiosi e avvolti dal terrore angosciante della Peste, della Morte o della Guerra, che facevano tremare e preoccupare tutti indistintamente ... di tutto questo si voleva sapere noi della Contrada … di come Venezia in fondo unificasse tutto e tutti in un’unica coloratissima gioiosa e triste Storia.”

Verso mezzogiorno in una Malvasia sconta presso la Calle della Bissa in Contrada di San Lio, davanti a un “bòn gòto de vin: una bella ombrètta e un cichèto”, due Bastàzi(facchini)della Stadèra(bilancia pubblica)de Rialto si spartivano e raccontavano il loro quotdiano sentire: “I te gha ditto del vagabondo che gha buttà in acqua el so compare de disgrassie a Rialto ?”

“No.”

“I abitava in strada insieme sotto alle stesse volte dei Porteghi de Rialto ... Quelmalciapà buttà in canal, forse imbriàgo, nol xè venùo più su … Forse gèra troppo gelide eacque de a Laguna, o forse troppo grève e gonfio el capotòn ch’el gavèva indosso ... I gavèva sbarufà tutta la notte par gavèr el posto mègio e riparà sotto al pòrtego ... Che brutta fine ! … Morto nègà(annegato).”

“In che mondo che vivemo ! … Gho sentiò che i Tintori Lucchesi protesta par a so condizion … Cossa dovarissimo dir noialtri Venessiani che semo sempre qua da secoli a tataràr (lavorare)?”

“El mondo gira e volta xè tutto ugual … Se venùo fòra che a la Zuèca (Giudecca) che xè un Prete Brigante, e anca un Prior d’Ospissio ch’el se gha rancurà un bel  gruzzolo in campagna a spese dei vèci miseri ... Che schifo !”

“E l’ultima ? Ti a gha sentia ? … Gli Avogadori da Comun gha condannà a un anno de prisòn Sandro Lombardo.”

“Chi ?”

“Lombardo dai ! … Non ti te ricordi: “el sbirro de Rialto” !”

“Ah: si ! … Quello che praticava l’Angela da Zara, la puttana che lavora e abita al Castelletto de Rialto … Dentro al postribolo de le do matrone: la Lucia Negra e l’Anna da Verona ... Si … Adesso gho presente.”

“Si … Proprio lu … Se dise in giro, che un bel giorno le donne non gliel’hanno data come il solito, e lui ubriaco, dopo un violento litigio con loro, gha appiccà el fògo (fuoco) a tutti i letti che ghe veniva sottomàn ... Par fortuna che xè accorsi subito Bastazi e Arsenalotti a stuàr (spegnere) tutto, altrimenti tutta Rialto saria deventà un gran fogaròn ... Alla fine el xè sta interdetto in perpetuo dal mestièr, e da ogni Pubblico Ufficio, e i lo gha messo al bando a vita dalla zona del Castelletto … Se i lo trova un’altra volta a bazzicar là dentro e a infastidir le donne: el xè morto ! … I pol copàrlo sul momento.”

“A Repubblica no scherza caro mio ! … I Signori di Notte, i Cinque a la Pace, e le Guardie Sestierali i xe pratici, immediati e decisi nel far Giustizia ... I xè temibili, no i vàrda in faccia a nessun … Basta do testimonianze scritte, un inseguimento, una cattura e un verbal … che ti xè degià morto stecchio.”

“Anca màssa ! … O quasi … Dipende da quanto che ti xè disposto a sborsàr.”

“Par carità ! … Se sa ben … Tutti sa che anca lori i xè gente violenta che mèna e man, ma anca: corrotti e arroganti … I xè spesso coinvolti e  pressolài, i maneggia, imbrògia, i vende tutto e tutti … Anca so màre se fosse el caso, pur de ottener qualcosa.”

“Però quando che i se attiva, i va par e spicce: i tàgia man, i cava qualche òccio, i fa saltar qualche testa, e i butta certi in prisòn oscura e serada buttando via a cjàve ... I fa Gistissia insomma.”

“SI … Più o meno … Dopo i ghe arraffà e intàsca tutto queo che i pol ciapàr … e alla fine ai disonesti e ai traditori i ghe butta xò a casa par far mostra e dar bon esempio.”

“Xè giusto dai ! … Chi perturba, fa sollevation contro el Ben Publico ... Chi sussurra in Consiglio per far nuovi ordini, o congiura volendo abbatter il GovernoChi solleva el Popolo, xè parzial e ribelle, o millanteggia e tratta co i nemici, o xè mandatario, parteggia, o aderisse ai Signori Esteri … Xè giusto che ghe vègna confiscà tutto, che i vègna picài a testa in zò, strangolai in prisòn, annegai e decapitai fra e do colonne in Piazzetta … Xè ben che i vègna squartai e appesi in quattro parti perché tutti veda, sappia e capissa.”

“I  farà a fine de Gerardo “dalle lance longhe: traditor”, ch’el gèra prima tanto contestabile e stimà: capo dei Fanti dell’Esercito della Serenissima durante l’assedio de Trieste ... Dopo el se gha schierà co i Triestini aprendo la porta della “bastia” Veneziana: i li gha fatti entrar ... Ti sa che fine ch’el gha fatto vero ? … I lo gha lancià vivo con un mangano direttamente sul campo dei Triestini … e fine della storia.”

“Me vien in mente anca de: Giacomo Morellato e dei tre Preti traditori che concertava coi Carraresi de Padova d’incendiar Venezia … I ghe svelava ai Padovani i progetti dei Veneziani che assediava la città gettando biglietti co saette (frecce) dentro a le mura ... I li gha picài a testa in zo in Piazza, per ordine del Consiglio dei Dièse, mentre altri li gha cussii dentro a sacchi e annegai al Lido … I Novello da Carrara i li gha strozzai tutti in prisòn insieme ai fiòi ...” (1405).

“Come (1416) Giorgio Bragadin, che gèra Ufficial al Sal … El gha intacà a cassa, e sottratto ingenti somme frodando mèza Venessia … Dopo el xè scampà a Portogruaro, dove el gha sparlà a tutti de Venessia ... I lo gha bandio appiopàndoghe una taglia de 10.000 lire … Impudente, el xè venuo a Venessia lo stesso, el xè finio piccà fra e do colonne.”

“Come Enrico de Brabante strasinà a còa de cavallo par mèza Venessia, e dopo squartà perché el gavèva provà a incendiare l’Arsenal spedio da Filippo Maria Visconti (1426)

“Come Francesco Carmagnola: Gran General d’Armata, ma traditòr de a Repubblica … ch’el xè finiò decapità e cavà de lengua perché non parlasse e imbrogiàsse più.”

“Xè vero … I o gha sepeìo ai Frari (1432).”

“Beh: Malipiero racconta che a volte basta davvero poco … Bartolammeo Memmo xè sta appiccà fra e Colonne Rosse de Palazzo Ducale perché el gha maltrattà a parole Domenego Erizzo, e perchè el gha da “del bècco” al Doge Cristoforo Moro (1471).

“E Andrea Contarini allora ? … Ti o desmènteghi ? …  I ghe ga tagjà a man destra, e po i ghe gha messo el capestro per aver da una botta sul naso al Doge Francesco Foscari (1430).”

“Se xè par queo: Santin Benzòn ribelle xè sta tirà par un pie co una cadèna in una barca par tutta la Brenta … I o gha rimorchià finchè no xè restà più niente, e el xè sta consumà dai pèssi (1510) … Amedeo da Cologna xè sta appiccà per aver esploso una pistola in Piazza San Marco el Venerdì Santo durante a Procession: el gha fatto impaurir tutti (1522).”

“EAlessandro Bon ti o ricordi ? … I ghe gha cavà a testa, perché el se gha inventà de rivelàr una falsa congiura per intascàr un premio (1566).”

“E Francesco Fulin ? … che l’andava a robar i effetti de i morti de Peste ?” (1575)… Appeso anca lu.

“Giusto così ... I gavaria dovùo anca brusarlo quel sacrilego privo de ogni rispetto par i Morti !”

Le notizie delle pubbliche sentenze giravano e rigiravano di continuo per Venezia generando sempre gran chiacchiericcio e clamore saltando di bocca in bocca:“Nobile o non Nobile … I ghe gha spicà a testa fra le colonne anca a Gabriele Emo … El gha assalìo in tempo de paxe una Galea Turchesca passando a fil di spada tutti i homini, e gettando in acqua tutte le donne … Troppo fanatismo … e soprattutto: troppa fame de far bottin e saccheggio(1585)... I gha copà anca queo che imbriago che gaveva perso una gran somma al gioco, el xè andà par strada bestemmiando e ferendo col coltello un’immagine della Madonna: tratti de corda a cavallo fin davanti al Capitello sfregià, taglio de a lingua e d’un orecchio, e dopo: decapità e squartà … Giustizia fatta (1557).”

“Come co GianBattista Pesaro, che i gha appiccà coll’archibugio attaccà ai pie (piedi) … Cusì el gha smesso de attentar alla vita de Carlo Zane: suo suocero.”

“Beh: qualche volta i se sbaglia … Come quea volta col povero Forner Piero Faciol, che i gha impicà come omicida … Dopo i gha scoperto ch’eò gèra innocente … Troppo tardi (1507).”

“Qualche volta però ghe vol proprio sentenze del genere: come quando i gha decapità e brusà el Prete Francesco Fabrizio Titolato de San Zulian e Cappellan de a Scuola de San Rocco … El gèra anca Maestro de Scuola del Sestier de San Marco, e l’approfittava de a so posizion par insidiar i putei … El Cosiglio dei Diee lo gha sistemà par e feste ... Ghe sta ben … a quel porco ! Ch’el vàga nel più profondo degli Inferni ! (1545)

“Come el Prete Piero Leon Rettor dell’Ospizio de le Convertite della Giudecca, che gha fatto peccato carnal costringendo tutte le recluse (1561).”

“E Alvise Negro el Cordellina ? … Stessa fine dopo aver lungamente usà carnalmente de so fia ... Homo degenerà.”

“Condannà a carcere a vita anca ella però: perché a gèra d’accordo(1556).”

Storie, storie … storie di Storia capitate a Venezia fra acqua e cielo.

Era già passata da un bel pezzo la prima ora di notte, quando giù per le scale di Palazzo Ducale uscivano in strada dalle Cucine del Doge, chiacchierando fra loro: un lavapiatti, un aiutocuoco, e un cameriere del Doge: “Che giornata ! ... Che lavoràda ancùo!”

I Nobilissimi commensali se n’erano appena andati da poco scomparendo nel buio notturno Veneziano dondolati dentro ai Felz delle loro sontuose gondole: “Che pranzo che gha organizzà el Doge Gritti ancùo!(1523)

Tutti i Venessiani sa quanti maneggi ch’el gha fatto par essere eletto Doxe … Tanto xe vero che el Popolo non l’ha neache applaudio quando el gha gettà el denaro in Piazza durante el giro in pozzetto: troppo falso ... Neanche i regali de Farina, cibarie e Legne gha sortio effetto …  El Popolo Venessian gha occi e rècce: no perdona.”

“Ma al Doge no ghe interessa: a lu preme de tenerse boni quelli che conta ... Ancuò el gha organizzà un gran pranzo par i quarantun Patrizi che lo gha sostenùo ed eletto ... El xè andà avanti mesi a procrastinar l’appuntamento per via de le complicazioni politiche co Francia, Germania e Italia, ma ancùo (oggi) dopo tanti rinvii: el gha fatto un gran desinàr nella sala granda de i so appartamenti privati.”

Racconta il Diarista Marin Sanudo lo stesso fatto: “Tre ore prima di notte cominciarono a venir gli invitati in la sala parechiada con fogàre et co gran lusso de damaschi e drapi de veludo, et il Doxe era vestido de restagno d’oro, di martoro, con un manto bianco e oro a fiorini et la bareta etiam bianca con frisi d’oro e col bavaro di armelini.”

“Non erano presenti tutti i suoi amici, ma solo trentaquattro su Quarantuno perché Sier Antonio Tron Procurator non va a niun pasto, Sier Pier Boldù, Alvise Diedo e Zuane Bolani erano fuori di la Terra (città), Sier Andrea Foscolo xè Locotenente in la Patria del Friul, Sier Zuan Moro non xè venuo per la morte di Sier Sebastian so fradelo, e Marco Contarini xè malado“

Il banchetto fu sontuosissimo: dieci portate con concerto Musicale e canto di virtuosi: “Sarà costado almeno trecento ducati … Portata prima: Zenzaro (zuppa) verde in taze, bozolai, scalete e vin di Malvasia ... Secondo piatto: uno fazan per un, smembrado, rosto, vin de Vernaccia … Terzo: Caponi lessi, carne de vedello, manzo bianco, vin moscado ... Quarto: Pavoni e Nomboli rosti, savor co i vovi ... Quinto: Pernise e Caponi rosti, Fugazine, vin grego …. Sexto: Colombini e Lònze de vedello roste, salade e patate ... Septimo: Torte, una zala e una bianca, cavi de late in taze, vin de Cipro ... Octavo: Marzapani, naranze e pomi ... Nono: Aqua odorifera a le man ... Decimo: Confeti di varie sorte e vin de Friuli bianco ... Alla fine a tutti i commensali xe sta consegnà un cestèo d’argento pien de confetti con lo stemma del Serenissimo Principe.”

“Che Paradiso e gran Cuccagna !”

“Già … Nell’allestir festini e festoni a Palazzo Ducale, noi Veneziani non siamo secondi proprio a nessuno ... Ricordo el pranzo nella Sala del Maggior Consiglio par Enrico III Re di Francia ?(1574)…. Nella sala addobbatissima e degnamente apparata spiccava su tutte le tavole quella del Re coperta da un baldacchin di broccato d’oro finissimo ... C’erano almeno 1200 pietanze predisposte, e si era pronti a soddisfare almeno 3000 persone ... Si sarebbe potuto aspettarsi più lusso di quello ? … miglior sollecitazione de la sensibilità, del palato e del buon gusto ? … Non credo proprio.”

“Sotto al Cielo della Serenissima se rimane sempre a bocca aperta, a pancia piena e soddisfatti ... Venezia sa sempre concedere il meglio del meglio quando ci si siede a tavola … Non sfigura mai, anzi: tutti hanno da imparar da lei … Ho visto sedere accanto Gentil’huomini, Patrizi e Nobili d’ogni sorta, e c’erano: Ambasciatori, Cardinali, il Nunzio Apostolico, e Duchi, Cavalieri, Procuratori, Senatori della Repubblica e una folla di Delegati e Consiglieri … Ho perso il conto delle vivande sofisticatissime, delle cacciagioni, dei pregiati Colombini, Fagiani, Pavoni, Pernici e Galli Cedroni … e poi: i confetti, gli zuccheri lavorati in fantasmagoriche e illusorie figure e rappresentazioni araldiche e allegoriche(spongàde)... I Marzapane (1530) venivano offerti “con figadeli in loco di pan", e poi ancora: dolci a base di pinoli (pignochàe), pistacchi (pistachee)farina, mandorle serviti con amido e Acqua Rosata (saònie)e storti (cialde), focaccine, bussolai (ciambelle), fritole e cai de late (panna) ... Si seguiva la moda lanciata da Zorzi Corner Cavalier (1508), che offrì una “colatione” a Bartolomeo d'Alviano, riproducendo in zucchero tutte le recenti conquiste fatte dai Veneziani a Gorizia, Cormons, Trieste e Pordenone, condendole con stupefacenti immagini di castelli, navi, ninfe, animali, personaggi e stemmi.”

“Beh … Quest’ultimo di oggi è stato un banchetto speciale, aggiunto ai soliti che si tengono sempre a Palazzo nei giorni di Santo Stefano, nella Festa di San Marco, il giorno de la Sènsa, e nei giorni di San Vito per ricordare la congiura sventata di Bajamonte-Tiepolo, e nel giorno de San Girolamo … Si spendono sempre parecchi denari, e c’è sempre un tripudio di vasellami pregiati, scelti manicaretti, primizie, regali, e fiumi di Vino dall’Oriente e dall’Occidente … Uno spettacolo ogni volta.”

“Chissà quanto verrà a costare alle casse della Repubblica tutta questa magnificenza ?”

“Tutti lo sa … El Doge Pisani de Santo Stefano (1755)ha speso 2.075 ducati per il solo banchetto del giorno di Santo Stefano; 2.235 per quello de San Marco; 2.444 per quello dell'Ascensione … Addirittura: 4.764 per quello dei Santi Vito e Modesto, e ha speso 573 ducati per quella che ha denominato “colaziòn de San Girolamo” … Tutte spese come da dota de Matrimonio: migliaia di ducati per volta … Xè sempre un tripudio de canti e suoni dei Virtuosi Musici portài a Palazzo dalla Cappella Ducale de San Marco, e ghe xè recite e improvvisazion de Dame singolarissime, giochi, rappresentazioni di favole pastorali e comiche, litanie di mottetti e sinfonie, danze e tanto altro sotto ai soffitti che ritràe Venezia Serenissima seduta a tavola col Tempo, con Nettuno e Bacco, fra Virtù e i Vizi e ogni forma di Verità della Storia.”

“Però ! … Che esborso che fa lo Stato !”

“Ma no ! … Sembra tanto, ma spesso tutto questo vien a costare al Doxe quasi niente, perché a Serenissima da sempre se gha premurà de caricare su altri la maggior spesa de tutto sto festeggiar … Convitti e banchetti di Stato da tempo immemore vien puntualmente rifornii dai Pescatori delle comunità di Chioggia, Grado, Caorle, Pirano, Adria, Loreo e Marano … Di queste obbligate forniture se ne fa quasi una questione di Stato e di Fedeltà alla Serenissima, tanto che queste cittadine suddite vien puntualmente sollecitàe, riprese, e perfin chiamae ad udienza se per caso le tarda nel loro “dovere” de rifornir el Palazzo.”

Magie della Politica Veneziana … Ieri come oggi: non è cambiato nulla.

“Che lusso soverchio e smodato però ! … una Serenissima godereccia da e man sbuse.”

“Vero … La Serenissima se xè accorta de esageràr … Infatti, per salvare la faccia oltre che le casse per la Guerra, ha messo più volte freno a tanta eccessiva opulenza  … Nel 1497 un viaggiator Tedesco giunto a Venezia xè rimasto stupefatto nel vedere una bella giovane sposa de un ricco Cittadin Veneziano: “Indossava gioie di non meno di seicentomila ducati di valore.” ha scritto. (Viaggio in Italia nel 1497 del Cavalier Arnolfo di Harff di Colonia sul Reno).”

“I Sopraprovveditori e Provveditori alle Pompe gha deliberà sommariamente de ridurre e calmierar il fasto de certi convivi, comprese certe feste monacali o di nozze, e le esagerazioni de le Compagnie Cittadine  … Basta nozze da capogiro “in restagno e panno d'oro”, e con doti da sproposito da diecimila ducati come quella della figlia di Zuan Francesco Loredan quondam Marco Antonio, "bellissima zòvene",  che sposò Zuan Francesco Giustinian quondam Girolamo il 18 febbraio 1531 … Basta “diabolici strascichi e zoccoli decorati e intarsiati, troppo alti che allungano ulteriormente le vesti rendendole ancora più costose … Basta ventagli d’avorio e osso lavorato in oro e argento, adornati di perle, e con pregiate pellicce de Lovi Cervieri, Linci et Zebelini e penne esotiche: “Semplicità, essenzialità." Ha gridato il Decreto ... Basta cappelli e cappelletti costosissimi e stravaganti in testa, ma si usino solo semplici "scùffie d'oro et d'argento", e niente di più ... Anche i pasti di carne, ad esempio, non dovranno avere più di una portata di rosti e lessi, nelle quali non dovranno esservi più di tre sorte di carne diverse … Basta montagne di Polli, Galli, Colombini Fagiani, Pavoni e Selvaggine indorati sui vassoi “in foglia d’oro” … e basta anche al pescato, ai fritti, agli antipasti, ai saladi, ai marzapani e confetti, che non potranno essere più di due … Le Ostriche, ad esempio, si potranno servire solo in banchetti con non più di venti persone ... e l’indicazione ufficiale è che le Colationi siano semplici e servite in stoviglie di terracotte e rame, e non più d’oro e d’argento … Sono cambiati i tempi: si fa austerità ... pena anche qualche multa salata per chi non si adegua avventurandosi nel proibito ... e bando, privazione degli Uffizi, e prigione per chi è recidivo o non vuol ascoltare e adeguarsi.”

“Hanno ragione … Venezia è diventata fin troppo libertina e impenitente, oltre che troppo buongustaia ed edonista … E’ conveniente un vestire schietto, sobrio e honesto, di un solo colore, anche se rimarranno lo stesso i veludi, i rasi, i damaschi e gli ormesini, i broccati, i merli, le sete e bavelle … Venezia non ci si ridurrà mai in penosa miseria, ma si dovranno evitare le code eccessive, le cascate sgargianti d’oro e d’ argento, le zogie di ogni sorta pendenti da ogni parte, le camiscie lavorate in lusso davanti e in cavezzo, anche dove nessuno vede.”

“Si … Proprio così: basta ricchi festoni su porte e finestre, i tamburi, le trombe, i pirotecnici che scoppiano come artiglierie a squarciare la quiete di calli e campielli a ogni ora … Basta Donne vestite da Madonne con strati su strati di Martore, Zibellini, Armellini e pelli pregiate addosso, guanti lavorati in oro e argento, manicotti, medaglie, bracciali e collane pesanti da fa piegare la testa, capelli imperlati di rare lavorazioni di vetro o smalto intrecciati a cordoni d’oro.”

“Un po’ di buon senso insomma …”

“Si … Basta petti e seni prosperosi ostentati al vento … E’ giusto che vengano ridotte barche e carrozze smodate, abbellite con mille stramassetti e pennacchi, le gondole con i Felzi dipinti, ricoperti di seta, arazzi e panni … e tutti quei valletti, famègi e barcaroli addobbati come Re, e come il Doge per la Festa de la Sènsa …. Solo alle Autorità sarà lecito usare cose prestigiose per dar lustro alla Repubblica…  Dentro alle case e palazzi non si dovranno più usare lenzuola e guanciali lavorati in oro e d'argento, ne baldacchini e apparati di seta, e padiglioni stuccati e dipinti ... I decreti sono chiari: non ci dovranno più essere Battesimi e Cresime con più di sei Compari … che non dovranno regalare se non un marzapane ciascuno  … senza altre cose mirabolanti, anelli, e donativi in denaro superflui … Non si dovranno  più superare i 20 ducati di spesa.”

“Venti ducati al massimo ? Ma quale Nobile si manterrà ligio a questo limite di spesa ?”

“Nessuno si sa … Ma Venezia intende dire che “il troppo stroppia” … e che i Veneziani devono smettere di sentirsi come quei mitici Dei Gloriosi dipinti su soffitti e pareti … Devono piuttosto misurarsi con le Economie e mirare alla Pace ... pur stando attenti che sotto a Ombrella e Baldacchin no ghe sia un Doge fanfaròn portà a spasso in Bucintoro con una Dogaressa solo vacua e pompòna al braccio ... Deve essere bòna l’immagine, ma anca el contenuto.”

Discorsi, discorsi … dentro a una Venezia storicamente sempre altalenante e combattuta fra lusso smodato e mondanità, e buon senso Civico e giusta economia delle cose … Una Serenissima, almeno sulla carta, preoccupata di non lasciare indietro nessuno.

Frasi che ricorrono ancora oggi a distanza di secoli, a riprova che in fondo non è cambiato molto, e non si è capito granchè dopo lo scorrere di tanta Storia ... La nostra Umanità rimane sempre uguale, con le sue fisime, le sue voglie di potere, e la sua smania godereccia a spese di chi è più fragile e sa meno alzare la testa.

Viceversa nell’ombra protetta del Claustro delle Vergini di Castello, non lontano dall’assiduità laboriosa della Caxa dell’Arsenale dei Veneziani, due annoiatissime Monache Nobilissime chiacchieravano amabilmente rilassandosi accanto alla frescura del pozzo: “Giostre e saltimbanchi in Piazza xè deventài dozzinali ultimamente … No divèrte più come un tempo … Anca i Teatri annoia par a so pochezza, sebben i sia deventài sempre più costosi.”

“Xè vero: no ghe xè più quell’aria frizzante e divertente de un tempo … Ancùo ghe xè tutto quel popolin insipido, e quèa poveraglia che s’infiltra dappertutto … irrita e disturba … I xè un mondo troppo estraneo dal nostro ... Ne resta solo del far eleganza e spettacolo dentro a e nostre Cjese, e nel privato dei nostri Parlatori, Oratori, Palassi e Monasteri.”

“No sopporto più neànca mi tutto quel strasinarse per ore in Processioni blaterando, spettegolando e cantando come imbriaghi in giro par le calli, fondamente e campielli de le Contrade … Xè demoralizzanti a volte certi spettacoli, i sembra una torba de esaltài andai in confusion.”

“Gho sentio de a Procession organizzada (1515)all’Abbasia de i Servide Cannaregio: “par placàr l'ira de Dio contro Venezia”… Cusì andava disèndo quel Predicatore Elia da Brescia, che gha organizzà e intruppà oltre quattrocento putti e putte vestendoli tutti de bianco e co la candela in man … El gha coinvolto anche tre Schole, i Frati, e tutte le fèmene, e assai popolin de la Contrada ... Una vagasiòn (confusione) general !"

“Mah ? … Par mi e xè tutte cose basse, manifestazion da poco … Come tutte quelle Feste Patronali de le Scholette Piccole, che e finisse sempre in balli e baldoria, avvinazzamenti, e qualche volta anche in risse … Ti vol metter a confronto le nostre Solenni Vestizioni de le Nobili Monache, o la raffinatezza de le nostre Esposiziòn, l’eleganza, il fasto, i canti, la musica, gli addobbi, l’incenso, e le belle Prediche erudite che savèmo metter i pie e andèmo ad ascoltàr ? … Xè un altro Mondo: un altro Cielo.”

“A proposito de Sermoni e Prediche ? … Me vien da ridere … Ti sa ben che ultimamente in Città xè tutto un accorrere per presenziar a Sermoni e Quaresimali de grido ... Grandi e piccoli se sposta e accorre da una parte all’altra de Venessia per poter cogliere con i propri orecchi il meglio del meglio ... Ghe xè a volte cjese piene de sempliciotti trasognai a bocca aperta, che no perde una parola de quanto vien sigà (gridato) dall’alto dei Pulpiti.”

“Chissà che cosa i capirà ? … Niente secondo mi: una parola su diese.”

“El bello xè che Monasteri, Parrocchie e Cjese fa vere e proprie lotte per primeggiar e prenderse gli oratori migliori, più acculturati e spettacolari e simpatici.”

“Tutti boni par attirar fiumi de elemosine ... Altro che Dottrina, Eloquenza e gradimento del Popolo Cristiano ! ”

“Quest’anno vien applaudio dall’uditorio e frequentà grandemente el Molto Reverendo Padre Teresio de San Cirillo … El xè un Carmelitan Scalzo che vien da Malò … In Quadragesima el gha fatto de quee prediche a San Moisè, che ghe gèra zènte fin in strada e in riva par ascoltarlo … Alti Ecclesiastici, Nobili Cavalieri, Ambasciatori e Procuratori, perfino il Doge e la Signoria: tutti ammirati e attenti in prima fila co la bocca vèrta (aperta) a ciapàr mosche.”

“O a ciaprà (prendere) el sonno davanti a tutti come xè capità a Missier Barbaro … La Contrada e i Nobili gha avùo modo de ridere par almanco un mese ... e quel gran Nobilhomo se gha ziogà a reputaziòn russando in Cjèsa davanti a tutti ... Xe andà el Servo a scantinarlo e svegliarlo tirandolo par a manèga, perché a Cjesa intera non deventasse un teatro a son de ridare.”

“Anca in San Lorenzo a Castello, quest’anno ghe xè un bon Oratòr: un certo Conte Abbate Luigi Pellegrini, Nobile da Verona, che xè sta Gesuita un tempo … Gran parlatòr, ammaliatòr de Aneme e Persone (1773).

“Anche dalle Benedettine de San Zaccaria che xè un famosissimo Abbate Antonio Venier … Veneto, ma fragile e indisposto de salute … L’anno scorso durante la Predica el xè sta ciapà da convulso, e el xè svenùo dentro al Pulpito … Gran strepito in Cjesa: i gha dovuò soccorerlo … e le Muneghe de San Zaccaria lo gha pagà lo stesso senza ch’el gabbia concionà (proferito)neanche una sola parola ... Troppi digiuni se disèva in giro … Paura del manfiguràr gha ditto altri ... In ogni caso e Muneghe gha ditto civilmente e co prudenza, che se capiterà ancora un fatto del genere, l’Oratore: bravo o no bravo ch’el sia, sarà congedà dal Pulpito prestigioso de San Zaccaria, dove non xè ammesso che capita fatti del genere.”

“A San Cassiano de Rialto predica un Abbate Bartolameo dal Monte: Missionario Apostolico da Bologna, mentre a San Polo ghe xè un Teatin: un certo Padre Gaetano da Asti.”

“Gho sentio anca che a San Lorenzo e Mùneghe gha acconsentio che alcune loro Nobili Educande recitino e cantino alcune parti del dramma in musica “Demetrio” nel Chiostro della Clausura alla presenza dei parenti ... Si sono vestite tutte pomposamente “all’eroica”, secondo il modo teatrale, con gran soddisfazione della Abbadessa Donna Marina Vendramin, di loro stesse, dei consanguinei, e di tante Dame, Nobildonne e amiche che sono accorse a presenziare …Per la Festa del Patrono poi, le Monache hanno organizzato un coro con 400 persone fra voci e strumenti diretto dal famoso Maestro e compositor Sassone da Hasse … L’orchestra appoggiata dietro al portale d’ingresso di fronte all’altare abbracciava tutta la larghezza della chiesa, ed era sollevata dal suolo di dodici piedi e distribuita in compartimenti abbelliti con estremo gusto …C’erano tutti i grandi nomi: Corner, Foscarini, Dandolo, Badoer, Marin, Donà … Per i partecipanti c’erano colonne che sostenevano tutta “una macchina” per ospitarli decorata con nastri e ghirlande ... C’erano numerose file di seggiole disposte in mezzo alla chiesa dando lo schienale all’Altare … Al concerto seguì la Messa, e il tutto durò cinque mortali ore caldissime, che pareva quasi di soffocarsi in cjesa … Le Monache tutte Nobildonne andavano e venivano dietro le grandi inferriate separate dall’Altare, conversavano e distribuivano a tutti ventagli e rinfreschi ... Celebrante e assistenti sudavano copiosamente, si asciugavano di continuo, e sembravano attendere con la più viva impazienza il successivo pranzo ristoratore(1754-1773).”

“In parallelo … El Patriarca Querini gha scoperto una Mùnega de la Celestia piena de drezuòle (treccine) de cavelli in testa … El gha tòlto direttamente una fòrfe (forbice), e el gha provvedùo de persona a tagjarghe i cavèi: la gha pelocàda par far Penitensia ... E dopo el xè andà a spogiàr un'altra Mùnega insubordinada a San Biasio de a Zuèca, che a sfoggiava davanti a tutti una gran peliza damaschina bianca fodràda de Martori … Te par ròbe da far in faccia a tutti in un Convento ? (1513 e 1525) ... I xè fatti che grida vendetta a Dio, oltre che al Popolo.”

Contemporaneamente, sulle Fondamente Nove de Cannaregio, giusto in faccia all’Isola de Muran, andava e veniva la barca dei Buranelli, “che faseva avanti e indrio” con l’isoletta in fondo alla Laguna ... Con lei viaggiava anche il fiume delle novità e dei pettegolezzi: Ti gha sentio ? … L’altra notte de marti grasso, mentre qua, appena al de là dell’acqua: ghe gèra a danzatrice-acrobata de Francia in casa del Patrizio Zuan Cappello a ballar sui trampoli ritmando el tempo coi sonagli, e simulando el gioco de a spada, e de la sensuale pànsa (1532), el Nobilissimo Baldissera da Canal con do so complici "stravestii", gha fatto una gran bravada da Carneval. El gha fatto irruziòn a Rialto sfondando una bottega, e el gha portà via de tutto: formazi, parsutti e luganege … I Zàffi lo gha scoperto e refà in fragrante … Che gran matùzzi e fiòi de un can che xè sta Nobiltà ! (1522)

Dall’altra parte della Città Lagunare intanto, in Contrada de San Barnabaprecisamente, il sole del mezzogiorno picchiava forte come ovunque in Città, ma non tanto da far chiudere le bocche delle donnette che discorrevano in piccolo gruppo accanto alla fontana: “A Signoria de Notte e a Quarantia al Criminal gha processà finalmente el  nevòdo del Piovan:  el Zàgo Zuanne de San Barnaba.”

“Gèra  ora  ! … Sarà cusì finio sto scandalo (1587).”

“El gavarà finio de robàr le elemosine in cjesa, le cere e tutti i vestiti “da Messa” ... O savèva tutto el Popolo ormai.”

“I Preti de San Barnaba ghe dava a colpa ai ladri par nasconderlo, ma no ghe gèra nessun ladro, né alcun segno d’efraziòn su e porte de a Cjesa né de a Casa dei Preti … Doveva essere par forza uno de casa.”

“Xè sta lù: el Zàgo … Anca un orbo se saria accorto, come se gha accorto i Fabbriceri de San Barnaba … Stefana: a compagnessa del Zago, a sfoggiava una camisètta del tutto identica alla cotta da Messa ch’el Piovan de San Barnaba gha ditto: scomparsa … Che ingenui ! … No i pensarà minga che i Venessiani sia tutti tonti ?”

“Alla fine a gha confessà tutto … Gèra el Zago de San Barnaba a regalarghe e ròbe ... El gavèva perso a testa par ella, e siccome non gaveva schèi da darghe, el ghe dava a ròba de cjesa … Quando i lo gha arrestà, el gha ammesso tutto: sia el trasporto par la Stefana, che i furti in cjesa, che tutte le busje ch’el gha contà … Cinque anni de remo in Galea el se ga guadagnà.”

“Secondo mi i xè anca pochi, perché tutta quea ròba robàda xè simbolo de i sacrifici e de le offerte de tutti i Venessiani de la Contrada, che gha sacrificà e se gha cavà el pan de bocca par offrirghe a Dio, ai poveri e alla Cjesa tutte quee ròbe cusì pressiose … I dovaria vergognarse, e punirlo de più.”

“Mah ?  … I parla già de ridurghe a pena perché el Prete xè reo confesso … magari i ghe darà un fia de carcere, e dopo i lo rimandarà a casa ... Come se niente fosse successo.”

“Sperèmo de no: che ogni Ingiustissia non scorra via come l’acqua de a fontana.”

Gridavano come ossesse le Cicale nascoste negli spazi dei Giardini Verdi d’intorno … Venezia era come sempre splendida … Trasudava Vita e Storie come i suoi Veneziani.

 


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