#unacuriositàvenezianapervolta 289
“Cèrdo sum”: sono Ciabattino.
I Caleghèri Tedeschi della Corte de la Pelle o del Curàme a San Samuèl
Se vi spingete a Venezia da Campo Santo Stefano dentro al bigolo stretto e poco illuminato della fenditura della Calle delle Botteghe, proprio di fronte alla porta principale del gran chiesone che è stato dei Frati Agostiniani, v’imbatterete ancora oggi in fondo a sinistra in quel che rimane della Schola dei Lavoranti Calegheri Tedeschi ... Oggi ospita una piccola Galleria d’Arte, che forse è rimasta affossata durante il Covid … Non so bene, dovrei tornare a guardare di nuovo.
Quell’area un tempo era parte integrante della Contrada di San Samuel, che confinava con quelle di Sant’Anzolo e San Vidal, ma su tutta la zona prevaleva l’influenza dei potenti e titolati Agostiniani del Convento di Santo Stefano, che davano nome anche al Campo principale della zona poco distante da Piazza San Marco.
E’ lì in fondo alla Calle delle Botteghe, che si può ammirare insieme a molto altro, quella scarpa d’altri tempi incisa sulla pietra, che ho postato qualche giorno fa su Facebook e Instagram incuriosendo diversi di voi.
Preciso subito un paio di cose: Lavoranti Tedeschi… non Mastri-Maestri: è diverso … Nelle Arti e Schole dei Mestieri Veneziani si distingueva fra Mastri d’Opera(rappresentati col cappello in testa), Lavoranti, cioè Assistenti (rappresentati a capo scoperto), e Garzoni-Allievi-Apprendisti:sottoposti, serventi (rappresentati ancora più piccoli, riverenti, inginocchiati e timidamente a capo chino).
Così li potrete notare rappresentati anche nel bassorilievo in facciata della Schola dei Caleghèri Tedeschi, dove si vedono 5 affiliati Caleghèri Tedeschiscolpiti di fronte alla Madonna.
Ho detto poi: Lavoranti Tedeschi… non Veneziani … Per Tedeschi a Venezia s’intendeva non solo gli Allemanni Teutonici, quelli dalla Germania per capirci, ma tutti gli Imperiali, e quelli che in qualche modo gravitavano attorno all’Impero oltre i confini della Serenissima. Si chiamavano “Tedeschi”anche quelli dell’Alto Adige,e tutti quelli provenienti da Belluno, dalle Montagne Venete, ma anche da Gradisca d'Isonzo, e dalle Valli Lombarde e Bergamasche ... Un gran centone insomma.
I Lavoranti Calegheri Tedeschi vanno distinti quindi dai Caleghèri Veneziani (quelli della Schola di San Tomà per capirci), che ebbero storia e vicende a parte, e dai quali i Tedeschi sono stati sempre ben separati.
Quella di Campo di San Tomà nel Sestiere di San Polofu fin dal 1446: sede preminente di riferimento dell’attività degli Scarpai o Scarperi o Calzolai Veneziani. Nella più defilata zona della Contrada di San Tomà, oltre il Canal Grande, e più lontano dal centro cittadino e dai posti commerciali di San Marco e Rialto, l’Arte dei Calegheri Veneziani collocò definitivamente la sua pomposa sede. Prima, quando contava ancora poco ed era scarsamente sviluppata in Città, l’Arte si riuniva a Capitolo in Calle Crosera nel Sestiere di Castello. Le prime aggregazioni dei Calegheri Veneziani risalgono al 1200, il Cronista Martino Da Canal li ricorda in sfilata ad omaggiare il neoletto Doge Tiepolo nel 1268 ... Il loro primo Capitolare-Statuto Corporativoè databile: 1278.
Da lì, cresciuta in prestigio e in volume d’affari, l’Arte si trasferì a Santa Maria della Carità(Accademia), dove le Cronache raccontano che celebrava la Festa del Patrono Sant’Anianoil 2 dicembre, noto per le sue leggendarie interazioni con San Marco ... Fino a quando passò a San Tomà, dove Pietro Lombardocommissionato nel 1478 da Gastaldo e Massèr dei Caleghèri, riassunse a colori sul portale della facciata della Schola, tutta contrassegnata da figure di scarpe, le vicende del Santo Aniano e dei Calegheri Veneziani.
I Calegheri Venezianisono quindi diventati una delle Arti Cittadine più importanti … Non a caso sono stati rappresentati più volte nei “luoghi simbol” del potere politico ed economico della Serenissima. Si fa riferimento ai Caleghèri Venezianinella Basilica Dogale Marciana, dove Sant’Anianoè raffigurato in uno degli smalti della Pala d’oro, nella Pala Feriale realizzata da Paolo Veneziano nel 1345, e in due mosaici sulle Cantorie e nella Cappella Zen ... Tanta ròba per un Mestiere !
Ma non è tutto …
Un paffuto Caleghèr Veneziano si può vedere rappresentato su uno dei Capitelli di Palazzo Ducale. E’ bellissimo con pettorale, il grembiule, i ferri del mestiere, e l’iscrizione “Cèrdo sum”: sono un Ciabattino … Ciabattini intenti al lavoro si riconoscono anche nell’Arco dei Mestieri sulla porta principale della Basilica di San Marco … Al Museo Correr si può vedere esposta l’Insegna dell’Arte dei Caleghèri, che in passato era collocata insieme a quelle delle altre Arti Veneziane nella sede del Magistrato della Giustizia Vecchia di Rialto.
Il titolo di Caleghèri e Zoccolèriè segnato e visibile ancora oggi sui listòni bianchidella pavimentazione di Piazza San Marco dove vevivano collocati i banchetti per la Festa-Fiera della Sensa. In Piazza San Marco si teneva anche mercato settimanale ... Insomma: a Venezia c’era e c’è tanto che richiama Scarpe e Caleghèri.
Il termine Calegheri, lo sapete, deriva da “càliga o galìga”: la scarpa-sandalo utilizzata soprattutto dai Romani … Erano Cerdònes: i militari con i sandali … Tirandola un po’ sul significato fa un po’ sorridere:“lo squadrone dei Legionari in ciabatte.”
Ve li immaginate i potentissimi e famosi soldati Romani con i sandali“co i òcci”, come quelli che indossavamo noi da bambini ?
Fantasia … lasciamo perdere.
Era il Magistrato alle Beccarie che controllava a Venezia il rifornimento di pellame e cuoio per i Caleghèri ... Chi poteva, pochissimi, teneva scorte limitate nei magazzini: la Serenissima vigilava acutamente e instancabilmente su tutto e tutti … Cronache Veneziane raccontano che gli Artigiani Caleghèri Veneziani erano spesso gente boriosa, a volte facinorosa, iraconda e attaccabrighe … Esistono gli atti di diversi processi, immancabili a Venezia, intentati dai Calegheri e contro di loro per secoli, conaccese discussioni e contrasti sulla concorrenza troppo sleale o eccessiva, sui prezzi esosi o stracciati praticati dagli ambulanti “Foresti” e dai Consazòcoli abusivi non autorizzati dalla Schola, sui Lavoranti preclusi e impediti nell’accesso alla carica superiore di Mastri dell’Arte, sulla maggiore o minore abilità nel lavorare cuoio vecchio o nuovo per confezionare scarpe, zavàte e stivali, e sui diritti della Schola non pagati, sui debiti ancora non riscossi.
A Venezia si distingueva fra: Socholàri o Zoccoleri i cui zoccoli furono molto usati per secoli, ePatitàri che realizzavano i “Patiti”(pattini o suole di legno adattate poi al piede con strisce di cuoio). A volte li realizzavano anche con eleganti disegni, e li intarsiavano in osso e madreperla ... C’erano poi iSolàri, che ritagliavano curiosamente vecchie suole di cuoio per applicarle sotto alle "calze"in sostituzione delle scarpe, come pratiche “scarpe da casa”.
Fin dal 1500, soprattutto le Cortigiane Veneziane, usavano i Calcagnetti in legno e sughero con zeppe in cuoio o velluto alte fino a 50 centimetri. Erano utili forse per proteggere gli abiti da fango e acqua alta, o“per non far andar tanto in giro le donne” si diceva … Era un po’ come camminare sui trampoli ... Furono perfino vietati per via delle rovinose cadute, che procurarono anche qualche aborto.
Sapete quante erano le botteghe da Caleghèr e da Zavatèr a Venezia nel 1765 ?
Erano 330 ! … Sorprendente vero ? … 29 nel Sestièr di Santa Croxe: il 65% di tutte le botteghe del Sestiere; 75 nel Sestièr di Castello; 77 in quello di Cannaregio; 56 a Dorsoduro; 34 a San Poloe 59 nel Sestièr di San Marco… Prima ancora, nel 1729: le botteghe da Caleghèr erano arrivate ad essere: 374 in tutto ... Non male vero ?
A Venezia un paio di scarpe invernali costava circa 10 lire ... Lire 1 per il curame della suola e i sopratachi, lire 3 per la copertura in vitello, lire 1,05 per soletta, tacchi e filo, lire 3 per la fattura del Lavorante, e lire 1,15 per l’utile da ricavare.
Nel 1770-71, il Sestiere di San Marco che contava 20.762 Veneziani, consumava più di 8.900 libre di cuoio in 54 botteghe da Caleghèr, che contavano circa 400 clienti. A Dorsoduro dove risiedevano 28.635 Veneziani, si consumava più di 8.310 libre di cuoio in 59 botteghe, che servivano circa 485 persone. Nel Sestiere di San Polo con una popolazione di 10.536 Veneziani, si consumavano 6.190 libre di cuoio in 31 botteghe, che avevano una clientela media di circa 340 persone. A Cannaregio, con una popolazione di 33.061 Veneziani, si consumava 10.502 libre e 8 once di cuoio in 60 botteghe con più di 550 clienti. A Castello dove abitavano 34.181 Veneziani, si consumava 15.532 libre in 67 botteghe, servendo circa 450 persone. Infine a Santa Croce, dove abitavano 13.861 Veneziani, si consumava 3.551 libre e 2 once di cuoio in 23 botteghe, che servivano più di 600 compratori.
Interessante vero ?
Torniamo però ai nostri Lavoranti Calegheri Tedeschi di San Samuel.
Ad essere preciso, dovrei dire chela Schola dell’Annunziata dei Lavoranti Calegheri Tedeschi era una specie di microcittadella di riferimentocon annesso Ospizio in Corte della Pelle o del Curàme dove sorgevano i magazzini dei Caleghèri. Già dalla fine del 1383 i Lavoranti Calegheri Tedeschis’erano congregati fra loro in Calle de le Botteghe come “Schola chiusa di Nazionalità” ottenendo l’apposito permesso sia dal Consiglio dei Dieci che dal Doge Antonio Venier. Al Doge i Caleghèri Tedeschi avevano presentato una particolare Supplica riferendogli che diversi … troppi … giovani apprendisti “di buona famiglia”, terminato il loro tirocinio come Garzoni dell’Arte a Venezia, si trovavano senza sbocchi occupazionali, costretti quindi per sopravvivere a imbarcarsi come “serventi” sulle Galee di Mercato Veneziane “dove rischiavano spesso la vita senza alcun frutto”.
Quella dei Lavoranti Tedeschi divenne quindi una delle “Scholae Comunes” di Venezia in cui ci si associava non solo per Mestiere, Devozione o Nazionalità, ma anche per essere “Consolidales”, cioè persone che si scambiavano sostegno economico, assistenza sanitaria nella vecchia, infermità e accompagnamento in Morte.
Il Simbolo-Logodella Schola dei Calegheri Tedeschi era una “M” di Madonna, sormontata da una corona sostenuta da tre eleganti scarpe. Lo si può notare a fatica in facciata, ma è ben visibile anche sull’Altare dei CaleghèriTedeschi dentro al chiesone di Santo Stefano(è stato rinominato come Altare dell’Addolorata, il secondo a sinistra entrando)… Fu costruito nel 1496, quando da poco la scoperta dell’America aveva ribaltato i tradizionali equilibri commerciali …Dedicato all’Annunziata(tipica Devozione d’ambito e sensibilità Germanica d’ispirazione Riformata-Protestante), aveva ai piedi l’Arca(tomba) per inumare i Morti della Schola. Una seconda Arca sarebbe stata ricavata nello spazio fra le due porte del Convento e Chiostro dei Frati Agostiniani ... Un’altra Annunciataè visibile anche sugli stipiti della Porta della Schola in Calle delle Botteghe ...Ai lati dell’Altare si sarebbero collocate alcune panche per il comodo del Celebrante e degli intervenuti. Sul nuovo Altare: Pietro de Boemia e Fredericus de BavariaConfratelli Calzolai Tedeschi, ottennero dagli Agostiniani di celebrare 50 Messe Domenicali di cui 5 Cantate nelle Feste Mariane di Febbraio, Marzo, Agosto e Settembre: la Natività di Maria, la Visitazione, l’Assunta, quindi Ognissanti a novembre, la prima domenica dopo la Festa di San Nicolò, e il primo lunedì dopo la Festa di San Giacomo del 25 luglio.
Non fu un caso se i Lavoranti Caleghèri Tedeschi si affidarono, pagando 16 lire annue, alla “Cura Animarum” degli Eremitani Agostiniani di Santo Stefano. Quello degli Agostiniani era un Ordine Religioso molto diffuso, potente e popolare in Germania, dove intesseva tradizionalmente stretti rapporti con le Confraternite e Corporazioni locali. Anche a Venezia gli Eremiti Agostinianiavevano ben attecchito ottenendo molta disponibilità e consenso sia dai Veneziani che dalla Signoria. Lo Studium Generale Agostiniano di Santo Stefano ospitava molti studenti transalpini soprattutto di provenienza Tedesca. In quell’epoca era guidato dal Priore Bartolomeo da Venezia: più volte Generale degli Agostiniani, uomo-Frate molto acculturato e simpatico alla Serenissima, che lo supportò, considerò e raccomandò fino a farlo diventare nel 1387 Patriarca di Grado: carica di gran prestigio dentro alla logica strategica dello Stato Veneto.
Il Priore Bartolomeoda Venezia fu famoso anche per aver più volte smascherato e sanzionato i Frati Agostinianiindisciplinati, portando reati e illeciti pecuniari e comportamentali tenuti nascosti fin davanti al Doge. Le Cronache raccontano che mise fine a commerci di Messe, Prediche e gestioni di elemosine e rapporti con le Corporazioni interessati ... Sembra che abbia carcerato alcuni Agostiniani dentro al Convento di Santo Stefano.
In un Inventario del 1653 dei beni accessori dell'Altare della Schola, si elenca fra il resto anche: cinque lampade d'argento, alcuni Cuoridorodi cuoio dorato e lavorato, e i damaschi per “vestire a festa” le quattro colonne ... era ben corredato insomma.
In Corte della Pelle o del Curàme, c’era poi l’Ospizio per i vecchi e gli invalidi dell’Arte. Sorse a fine 1400 con la donazione di un edificio contiguo alla Schola dato da Enrico Corrado Caleghèr d'Alemagna ... L’Ospizio venne poi ampliato nel 1482, riedificato nel 1609, e restaurato ancora nel 1659, quando la Schola possedeva rendite annuali da immobili posseduti in Venezia per 146 ducati.
Così infatti recita la corposa lapide posta al centro della facciata della Schola dei Caleghèri Tedeschi: “D.O.M. FV RESTAVRATO IL PRESENTE HOSPITALE DE CALEGHERI TODESCHI SOTTO IL GOVERNO DI MISTRO ZUANAE MESTICH GASTALDO ET SOPRAINTENDENTE DELLA FABRICHA CON L’ASSISTENZA DI MISTRO CHRISTOFFOLLO MENSORI SOPRASTANTE ALLA MEDESIMA CON CONSENTIMENTO DEL CAPITOLO GIENERAL ADI PRIMO OTTOBRE MDCLVIIII”.
Nel 1712 la rendita della Schola dagli immobili era salita a 188 ducati, nel 1740 divennero 219 ducati ... Poteva trattenersi per tre giorni nell’Ospizio dei Lavoranti Caleghèri Tedeschi i Pellegrini diretti in Terrasanta o a Roma, o qualche Lavorante disoccupato in cerca di lavoro, o qualche Mastro Calzolaio Tedesco di passaggio a Venezia, che intendeva stabilirsi in Città ... Interessantissimo: tutti costoro venivano chiamati dai Lavoranti Caleghèri della Scola: “Fratelli” … I ricchi Mercanti e i potenti Banchieri Tedeschi, invece, cercavano posto nelle Locande della Città o nel Fontego dei Tedeschi a Rialto ... Tutti gli ospiti dell’Ospizio venivano segnati nell’apposito:“Libro dei nomi dei Fradelli che capitano in Venezia di passaggio dalla Allemagna Alta” ... Oltre al posto letto, si elargiva anche un sussidio economico di lire 1 e soldi 16 se fosse servito.
L’Ospizio dei Lavoranti Tedeschi Veneziani era conosciuto in tutta Europa come buon punto d’appoggio e riferimento. Venne ricordato anche da Ludovico il Moro, e dal noto Mercante Fiorentino Jacopo d’Albinotto Guidi.
Nel 1550 l'attività dell'Hospeàl dei Lavoranti Calegheri Tedechiattirò l'attenzione del Governo Veneziano… Dieci anni dopo, il Senatoordinò l'elezione di Tre Nobili ai quali affidò il compito di rivedere le Regole che sovrintendevano alla gestione della piccola istituzione dei Tedeschi ... Quattro anni dopo ancora, furono i Proveditori da Comun che andarono a rivedere i termini di un accordo stipulato fra Calegheri Veneziani italiani e Calegheri Tedeschi, che aveva finito con danneggiare la Schola dei Lavoranti Todeschi ... Poco dopo ancora, i Proveditori sora gli Ospedali, i Lochi Pii e il riscatto de li Schiavi ordinarono che i locali dell'Hospeàl Tedesco fossero al più presto sgomberati da chi vi risiedeva senza titolo. Si ricordò che nell’Ospizio dei Calegheri Tedeschi poteva alloggiare solo il Priorea cui competeva riscuotere le entrate della Schola, provvedere ai restauri, e tenere aperto il locale a piano terra nel giorno dell'Annunciazione. Non poteva quindi abitarvi anche il Gastaldo dell'Artecom’era capitato ... Nella stessa occasione, i Proveditori da Comun ordinarono anche di produrre un inventario dei beni della Schola, invitando i Compagni a recuperare “una certa Croxe e altre cose che si trovavano depositate presso i Bombaseri del Fontego … prima che sparissero del tutto”.
Nel 1740 la "fabrica dell’Ospissio era vecchia e cadente", perciò fu necessario risanarla e restaurarla ... Nel 1769, invece, “dopo ripetute ed insistenti suppliche", venne concesso finalmente al Capitolo della Schola la facoltà di riunirsi nei locali dell'Ospedaletto, utilizzando la chiesa di Santo Stefano solo per le Funzioni Religiose... Nel 1781 si stabilì, invece, che l’Ospizio oltre ad accogliere i Compagni poveri e ammalati, avrebbe potuto dare alloggio anche a tutti "li passeggeri Todeschi dell'Alemagna alta" che si trovassero in transito a Venezia, seppure per un periodo non più lungo di tre giorni, e con la corresponsione di una diaria di 12 soldi al giorno.
In un nuovo Inventario dei beni della Schola del 1785, si accennava a un Altare situato a piano terra dell'Hospeàl, dov’era collocata una pala in legno dipinto “con la Santissima Annunciata”, ed altri sei quadri vecchi di minore importanza ... Il tutto nel 1797, alla caduta della Repubblica, venne valutato e venduto per lire 16, e a seguito degli editti napoleonici del 1806:Schola e Hospeàldei Caleghèri Tedeschi vennero soppressi e chiusi per sempre.
A fine gennaio 1815, il Locale dell’Arte al n° 2651 in Calle dei Santi Rocco e Margherita appartenuto all’Arte dei Calegheri Tedeschi, era nella “Lista delle vigne, orti, beni da affittarsi dalla Direzione del Demanio di Venezia” nei giorni d’asta 12 e 16 febbraio seguenti … Visto che nel 1823, i Preti con l’Abate Giorgio Martinelli avviarono proprio lì un’Accademia Morale, si può dedurre che furono loro a comprare l’ambiente della Schola … Poi se ne fece negozio.
L’attività della Schola dei Lavoranti Caleghèri a Venezia va collocata in un movimento più ampio che per secoli ha ospitato i Tedeschi con le loro attività e commerci in Laguna ... Chi trascorreva un periodo minimo di dieci anni esercitando una professione in città, avrebbero potuto essere considerato come "Suddito" e non più come "Forestiere".
Un Campiello dei Calegheri si trovava quindi vicino al Teatro della Fenice in Contrada di San Fantin, poco distante da San Marco, a soli due passi dal Confinio-Contrada di San Paternian, dove già nel 1469 si riunivano i Stampatori Tedeschi che realizzavano: Bibbie, opere di Cicerone, Plinio e Sant’Agostino (nel 1500 Venezia con Magonza, Strasburgo e Augusta erano i centro più importante dell’editoria d’Europa)… E ancora: un Ramo Primo, Secondo, Terzo e Quarto dei Calegheri si trova poco distante a Santo Stefano-San Fantin, un Ponte dei Calegheri si trova alPonte Stortoverso San Cassiano, una Calle del Zavatèr a San Marcuola al centro del Sestièr di Cannaregio.
Poco distanti dai Lavoranti Calegheri Tedeschi trovarono spazio fin dal 1333 in Contrada di San Samuel, dove avevano il loro proprio Ospizio, anche i Lavoranti Pistori Tedeschi associati a loro volta nellaSchola della Concezione della Beata Vergine Maria, con sede nella chiesa dei Santi Filippo e Giacomo a soli due passi da San Marco.
I Lavoranti Pistori Tedeschi erano deiPancògoli o Panicuòcoli, cioè dei Cuocitori e Artigiani del panein tutto simili ai Fornéri Veneziani. Unica differenza: i Pistori Tedeschi cuocevano il pane “alla tedesca”, senza però poterlo vendere sui Mercati di Rialto e San Marco riservati ai Panettieri Veneziani(20 botteghe ai piedi e attorno al Campanile di San Marco, e altrettante a Rialto).A Venezia si cuoceva il pane “alla Veneta, alla Lombarda e alla Tedesca”, ma anche il "Pan biscotto" per i Marinèri e la Navigazione delle Galee era esclusiva dei Panicògoli Veneziani che lo realizzavano in appositi forni riservati e ben guardati in Riva di San Biagio sul Molo di San Marco, e nell’Isola poco distante di Santa Lena(Sant’Elena).
A metà maggio 1422 il Consiglio dei Dieci provò inutilmente a unificare fra loro tutti i generi di Pistori attivi a Venezia in un unico sodalizio e con un unico Gastaldo del Mestiere. Piovve subito un effluvio di opposizioni e suppliche: oltre alle differenze tecniche della panificazione, c’era soprattutto il grosso inghippo della difficile convivenza fra Pistori Cattolici e Protestanti… Stava già incombendo il tempo della temutissima emergente Riforma con le sue presunte pericolosissime Eresie ... Il grande Riformatore Martin Lutero nacque in Germania nel 1483, e morì nel 1546 ... Il Consiglio dei Diese della Serenissima nella sua acutezza comprese subito le implicazioni dei nuovi indirizzi dati agli Artigiani, per cui ritornò sulle sue scelte, e ridiede ai Pistori la facoltà di associarsi liberamente.
I Pistori Tedeschi più tardi si trasferirono anche loro dalla disertata chiesa dei Santi Filippo e Giacomo alla più centrale e partecipata Santo Stefano degli Agostiniani, accanto ai Lavoranti Caleghèri Tedeschi a soli due passi da San Samuel dove c’era il loro Ospissio: “la Caxa dei Todeschi” in Calle dei Todeschifra Salizada Malipiero e Calle dei Zòtti. Ottennero in chiesa l'assegnazione dell'Altare della Concezione della Madonna: “dove furono autorizzati a celebrare “alla Protestante”(??? … non ne sono sicuro).
Comunque, un'apposita indagine dei Proveditori da Comun del 1785, certificò che i Pistori Tedeschi erano gente tranquilla, che sapeva mantenere con decoro il loro altare nella chiesa di Santo Stefano.
In Città esisteva insomma una vera e propria enclave Alemannadistribuita in molte Contrade Veneziane più o meno limitrofe all’Emporio Realtino con Fontego dei Tedeschi che fungeva da epicentro e punto di riferimento per tutti i Tedeschi importati a Venezia.
Per i Mastri Artigiani specializzati, e per i Mercanti Tedeschi con le loro merci, la domiciliazione più adatta era proprio il Fontego dei Tedeschi parte integrante dell’Emporio di Rialto. Si trattava di una realtà massiccia polivalente attiva già dal 1228, luogo di Dogana e Porto Franco, ma anche di Cultura, e d’esercizio-incontro tra Professioni Religiose alternative ed eterodossedi provenienza Transalpina e Germanica. Nel Fontego: Serenissima e Tedeschi hanno tessuto ampiamente e lungamente insieme per secoli le loro economie e i loro contatti e scambi bancari e imprenditoriali. Dai Mercati di Norimberga e Colonia, ma anche dalla Russia e dall’Austria Imperialegiungevano a Venezia: oro e argento, ferro, rame, zinco, legname, sete, pellicce, libri e oggetti di cuoio e corno abilmente stivati, immagazzinati, manipolati, imballati, trattati e piazzati sul mercato da una piccola folla di Ligadori, Bastazi, Battiloro, Fustagneri, Libreri, Segadori, Tessitori di Lana e Stivadori: tutti rigorosamente di origine Tedesca.
Almeno tre diverseMagistrature della Serenissimavigilavano e controllavano attentamente tutto quanto accadeva “di losco o pulito” all’interno del Fontego: iCinque Savi a la Marcanzia per la disciplina e l’economia, il Collegio a la Milizia da Mar per Dazi e Gravezze pubbliche, e i Tre Visdomini de Fontego per tutto un po’.
All’interno e nei pressi del Fontego lavoravano i Ligadori del Fontego, e sempre al Fontego era connessa l’attività dei Battiloro Allemanni che avevano botteghe in Contrada di San Lio a due passi da Fontego e da Rialto.
I Ligadori del Fontego erano Facchini-Bastazi di Nazionalità Tedescadiretti da un Gastaldo-ProtoMagistro, che ricopriva anche il ruolo di Direttore dei lavori. I Ligadòri venivano impiegati per l'imballaggio delle merci dei Mercanti Tedeschi attivi a Rialto. Gli imballaggi venivano eseguiti secondo un apposito tariffario formulato nel 1424, per conto dei Mercanti dei quali veniva apposto il personale sigillo.
La tariffa era: “da un massimo de lire 5 e soldi 6 per balla da lire 2.800 a 3.000, a un minimo de soldi 2 a barile di polvere di zucchero, o per una cassa di cannella, o a cusir intorno alla canevaxa” ... I Ligadori non potevano esercitare al di fuori del Fontego, ed operavano insieme a un Compagno alla presenza di un Mezèta o Sensale: “Avevano il monopolio sotto bolletta del carico d’imbottar, imbarilar, insaccar anche fuori del Fontego: polvere de zucharo, legname, fighe, lume (allume) e mandorle che fossero di proprietari tedeschi.”
Fin dal giugno 1418 i Ligadori Tedeschi s’erano associati in Fraterna di Devozione, che divenne quasi subito la Schola della Trinità dell’Arte-Mestiere dei Ligadori del Fontego nel 1423, quando i Tedeschi chiesero ospitalità ai temibili Frati Domenicani di San Zanipolo(quelli dell’Inquisizione). Secondo i dettami della Mariegola dei Ligadori: gli iscritti all’Arte dovevano appartenere alla "Nathion Todesca", e non potevano mai essere più di 18 (in seguito furono: 25-38). Con i Padri Domenicani, i Ligadori Tedeschi s’impegnarono a costruire un Altare della Trinità riservato accanto all’Altar Maggiore della chiesa di San Zanipolo(transetto sinistro, prima cappella dopo l'altare maggiore), dove i Frati avrebbero celebrato una Messa Cantata nella Cappella abbellita dalla Schola ... Nello stesso anno il Consiglio dei Dieci autorizzò i Ligadori a costruire anche una loro sede per ospitare la loro Schola.
Più avanti, nel 1472, gli stessi Domenicani dei Santi Giovanni e Paoloconcessero ai Ligadori Tedeschi anche di porre delle Arche per i loro Morti in chiesa, smettendo così di utilizzare per i loro scopi il vicino superaffollato Cimiterino di Sant’Orsola che contornava la chiesa.
Nel 1764 e nel 1773: secondo indagini e statistiche dei Proveditori da Comun, la Schola dei Ligadori del Fontego era formata in tutto da sei componenti: tre "Mistri" e tre Lavoranti, che comunque mantenevano l'altare e curavano la celebrazione delle funzioni religiose in chiesa.
Ultimissima nota … Sul frontale della Schola dei Lavoranti Tedeschi c’è scritto anche: “Questa Fratelidade si è dei Lavorenti Todeschi Calegheri”... Un titolo che credo riassuma alla perfezione ciò che è stato, e ciò che è accaduto un tempo in quel luogo … La “Fretelidàde dei Caleghèri Tedeschi Veneziani” divenne un esempio, perciò venne imitata anche dalle comunità dei Caleghèri Tedeschi residenti a Udine, Treviso, Vicenza, Trento, Verona, Firenze e Roma.