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La Scrìvia di Rialto

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La Scrìvia di Rialto

Avete letto giusto, ho scritto proprio: Scrìvia di Rialto… O se vogliamo dirlo meglio, a Venezia la si parlava della: Scrivarìa de Rialto.

Probabilmente penserete subito a un posto, a un luogo specifico, immaginerete un palazzo pieno di grandi banchi da scrittura, qualcosa tipo: Bottega da Libri, o tipo uno Scriptorium Medioevale delle Abbazie Monastiche.

No … La Scrivia di Rialto non corrispondeva a questo.

Non è stata neanche una specifica organizzazione, né una Fraglia, o una delle tante Schole d’Arte e Mestiere di Venezia spesso attive o accasate nei pressi o dentro a qualche Monastero, o nelle vivinanze del poliedrico Emporio Realtino.

In realtà: la Scrìvia non è esistita … Ma c’è stata corrispondendo a un gran movimento, a un lavorio continuo quotidiano molto partecipato e diffuso, un modo d’essere e agire di tanti Veneziani di ieri … Uno dei tanti modi.

La Scrìvia o Scrivarìa in un certo senso ha coinciso con tutta Venezia e le sue Lagune, anche se in realtà la si poteva vedere concretizzata e incarnata soprattutto in due posti ben precisi: attorno ai luoghi del Ponte, dei Portici e del grande Mercato di Rialto, e sui Moli e la Piazza di San Marco con le sue sedi monumentali e le sue prossimità. La Scrivia era quindi: “un mondo Veneziano”, una maniera d’agire e operare dei Veneziani, che da quei due posti si espandeva, allargava e traboccava condivisa da tutta Venezia e oltre.

Intendo dire, che i Veneziani hanno interpretato e dato vita a una Veneziaposta accanto a quella solita “Serenissima” e ufficiale, tutta pomposa e gloriosa, ricca e potente, furba, mercantile e guerrafondaia. E’ esistita anche una Venezia saggia e illuminata, una Venezia mielosa, civettuola, libertina e ludica che si esprimeva in poesia e nella Cortigianeria. E ancora c’è stata la Venezia dei Teatri, dei Ridotti, e quella delle Bettole, delle Locande, del diffuso Carnevale, dell’Arte e della Musica, e del “sentire comune”, spicciolo e popolare, che si percepiva sparso ovunque fra calli, corti e campielli … Venezia insomma è stata molto di più di quel che si immagina, e di quanto si racconta … a volte s’inventa per soddisfare la curiosità pagante dei turisti.

Beh: accanto e oltre tutto questo, c’è stata anche una “Venezia di Carta”, una Venezia dei Veneziani che scrivevano di continuo.

Come sapete, Venezia ne sapeva e ne faceva sempre “una più de Bertòldo”: s’inventava, superava ed esplicitava di continuo mai stanca di stupire anche se stessa, ma rimanendo allo stesso tempo fedele ai suoi irrinunciabili canoni e principi politici, economici e sentimentali.

Per lunghi secoli è accaduta una specie di Venezia “fatta di carta e carte”: un mare di carte, documenti, Regesti, Libri, Registri, Archivi e Atti che non basterebbero giorni per parlarne a sufficienza. Una Venezia complementare di cui si dice e conosce ancora poco, e di cui non si scrive e racconta ancora abbastanza.

Faccio un esempio per esplicitare meglio.

Durante gli anni convulsi della grande moria della Peste del 1620-30: quella del Tempio della Madonna della Salute per intenderci, quando la Città Lagunare: “gèra finìa un fià in asèo”,l’epidemia mortifera aveva sfondato e lasciato aperto in giro più di qualche porta. C’erano porte e Porte … Porte spalancate sul niente della miseria anonima di alcuni, e Porte aperte sulla realtà preziosissima di altri illustrissimi … Qualcuno era stato derubato perfino dai propri domestici, qualche Biblioteca o Scrigno erano stati saccheggiati nottetempo o anche in pieno giorno, ed erano scomparse anche molte “Carte”, fra le quali qualche “Carta di Debito”, per cui non si poteva più ricostruire spettanze, proprietà, rimborsi e pretese … Era sorta, insomma, una bella confusione, ma poi Venezia e Veneziani avevano voltato pagina mettendo ancora una volta una pietra sopra al passato, e si era continuato a vivere, e a produrre e scrivere un nuovo fiume,  una marea di “nuove carte” raccontando a tutti di tanti nuovi equilibri, nuovi affari e titolarità, nuove coesistenze, e di tanto altro ancora ... Se ci pensate: sono cose che capitano anche a noi di oggi.

Diversi Veneziani rientrarono allora dalle campagne, dai Monti e dalle Isole lontane dei Domini della Serenissima dov’erano scappati per sfuggire alla moria e ai danni del contagio. In quella stagione di ricomposizione, si preferì tacere su certi fatti scabrosi accaduti durante l’epidemia, documentati da tante Carteovviamente. Dov’erano finite ? … Che era accaduto, ad esempio, ai Frati Cappuccini di Mestre trovati morti sul bordo di un fosso col loro “carretto della carità” rovesciato e vuoto ? Erano morti di peste o erano stati uccisi per derubarli o per vendetta ? ... Si sapeva in realtà com’erano andate le cose, ma “le Carte” erano scomparse, o meglio: si preferì piuttosto tenerle nascoste e ignorarle aggiustando un po’ tutto, e ricominciando da capo … Quel che era successo era successo, inutile star lì a rivangare, cercare e rimestare Carte ... Meglio guardare avanti e farne di nuove.

Eccole qua quindi: le Carte che c’erano o non c’erano ... Un po’ le protagoniste, i testimoni di tante storie, cose e interrogativi.

E di quei maledetti Pizzegamorti assoldati dallo Statoallora durante la Morìa della Peste ? … Quelli avevano stuprato e violentato tanta parte della Città girando come Angeli della Morte, avevano saccheggiato e gettato perfino donne violentate e derubate ancora vive nelle “fosse da lasagne” degli appestati al Lido e nei Lazzaretti ? … C’erano nomi e cognomi, liste scritte ben precise con responsabilità, denunce di fatti, dati, compensi e tutto il resto ... Tutte Carte messe a tacere, o stracciate, o messe in un invisibile dimenticatoio privo di risposte … Molti rimasero impuniti scomparendo nel nulla di quella pagina tristissima della Storia Veneziana ... Tutto accadde a discapito spesso della Giustizia, si preferì dedicarsi a recuperare e riscrivere le Carte dei legami, dei diritti del sangue, o soprattutto delle spettanze dei patrimoni, ridando a chi era rimasto, e che prima forse non contava granchè, o aggiungendo nomi nuovi sui banchi del potere e delle banche, o riciclando e ricollocando capitali messi un po’ in conserva perchè rosicchiati e soffocati dagli eventi.

Piano piano “a suon di Carte”, il “miracolo” Veneziano s’era di nuovo messo in moto. Venezia s’era medicata e leccata ogni ferita, e l’aveva fatto tramite una montagna di Carte ... Carte che contavano, prodotte soprattutto nella Scrivia di Rialto e San Marco.

Non tutto però scomparve e venne occultato alla perfezione sui gradini del Ponte di Rialto, tante carte sparse rimasero, e piano piano ricomparvero, quasi tornarono a galla, mettendo in luce tante Storie ... Insomma: tutta quella Carta segnata, scritta, copiata e riscritta ovunque, anche a Rialto come a San Marco: “cantava e contava”, riproponeva se stessa.

Per capirne un po’ di più, provate a immaginare per un attimo quei due posti complementari di Rialto e San Marco: la Scriviadove si scrivevano e inventavano di continuo tantissime Carte. Erano un po’ il cuore pulsante di Venezia: a Rialto con le sue “Scalèe”c’era costantemente la promiscuità del Mercato-Bazar-Emporio, c’erano le Magistrature, i Mercanti, i Banchi di Giro: cioè le Banche, gli Avvocati e gli Assicuratoridella Securtà Immaginate ancora: tutto intorno c’era il mare colorato delle spezie, dei cotoni, dei legni pregiati, degli ori e dei preziosi esotici che profumavano e riempivano l’aria anche delle limitrofe Contrade di San Bortolo, San Giovanni Crisostomo, Santa Marina e San Lio da una parte, e di San Mattio, San Giovanni Elemosinario, San Silvestro, Sant’Aponàl, San Cassan e San Polodall’altra … Beh: tutta quella Venezia laboriosissima dovete immaginarla sempre coinvolta e compresa di continuo in un’immane “girandola produttiva di carte”.

A integrarsi con Rialto tramite le Mercerie, quasi vena vitale, c’erano poi i Moli di San Marco da dove tutto partiva e arrivava dopo aver comprato e venduto “il Mondo” intero. Lì c’era la grande Piazza del Doge e della Signoria con la gran folla dei Segretari, dei Nobili, dei Diplomatici, e dei “Grandi Forèsti” ospitati a Venezia. A “suon di Carte” si esprimeva tutta la Gloria, la ricchezza, la potenza della brillante Politica della Serenissima sempre assetata di conquistare, ed emanare nuove Leggi e propositi … Lì dentro: nella Scrivia Marciana, si raccoglievano Cartezeppe d’intrighi, segreti, Leggi, Codici, compromessi, esaltazioni e condanne.

La Scrivia era l’insieme di tutto quell’incessante lavorio che riassumeva Venezia: un oceano di carte, che in un certo senso ne “fotografava”l’immagine.

Carte, carte, carte … Carte ovunque nel Pubblico e nel Privato … Pareva che la Serenissima funzionasse “a suon di Carte”. Il Dogequando veniva eletto aveva la sua Carta: la Promissio Ducale che riassumeva il suo programma politico e i suoi obiettivi; ogni Schola o Associazione d’Arte e Mestiere o Congregazione Devotaaveva la sua ultrapreziosa “Carta”: la Mariegola, la “màre di tutte le Regole”; ogni Dazio, Mito, Capitolo e avvenimento veniva scandito, declinato, raccontato e trascritto su carte: le “parti”… Venezia “girava e funziona a carte”, così come molti altri domini e potenze del panorama del Mondo di allora ... ma a Venezia di Cartece n’erano forse di più.

Quel che è interessante e curioso, è che quella marea di carte non ristagnava solo in quei due posti prestigiosi, ma quasi fluttuava, si muoveva a fiumi, galleggiava e passava di mano in mano, lievitava, cambiava proprietario, autore, interprete: cresceva e diminuiva come le ore della marea “che sei ore la crèsse e sei ore la càla”… Le Carte della Scrivia Veneziana parevano quasi un corpo vivente, sgusciante, respirante, mai fermo e completato, sempre in movimento e crescita nelle mani dei Veneziani e dentro a Palazzi, chiese, Conventi e Sacrestie, ma anche dentro a ogni Locanda, Caffè, Bottega, Barberia e Luogo Pubblico e Privato di Venezia ... La Cartaera ubiquitaria: quasi “l’animo nascosto” su cui proliferava la Città Lagunare.

“Carta canta !” diciamo ancora oggi indicando un valore irrinunciabile contenuto e confermato, quasi imprigionato dentro alle Carte.

Al riassunto sulla Carta corrispondevano le norme e gli impegni da rispettare: le Carte erano l’ingranaggio che faceva funzionare e girare tutta l’economia Venezia. Anche i semplici Barcaroli, i Bastàzi (Facchini), i Sensèri e i TiraCarrettistringevano in mano le loro “Bollètte di Carta”: che in un certo senso erano “ferri del Mestiere”.

Immaginate ancora quella Venezia di ieri: senza sponsor e pubblicità, senza scritte luminose sui muri delle botteghe, dei fondaci e delle case … Provate a pensarla anche senza quotidiani, riviste, giornali, televisione, social e internet: “Un posto impossibile e invivibile !” direte: “Un mondo atroce, tronco, ottuso, contratto e chiuso in se stesso … Una civiltà asfittica e introversa, incapace di dirsi ... Quasi afasica e morta.”

Macchè ! … Era il contrario … Anche se un tempo tantissime persone che producevano e s’ingegnavano non sapevano affatto leggere, nè scrivere, né far di conto, erano tuttavia capaci di “far girare e far scrivere ad altri le Carte”... Altro che computer ! … Riempire le Carte era spesso dote, retaggio e appannaggio di pochi: Mercanti, Ecclesiastici, Notai, Avvocati, Eruditi e Segretari di Palazzo. Erano quei pochi “sapienti” che studiavano e ricercavano le forme giuste dentro al chiuso comodo dei Monasteri, dei Fondaci e dei Palazzi, ma erano tutti i Veneziani che le “facevano girare e le interpretavano di continuo” dando loro un senso speciale.

Venezia era allora il fenomeno della Scrivia senza sosta che accadeva di continuo sulle Scalèe di Rialto dove un po’ tutti s’industriavano a smozzicare e manovrare Carte in qualche modo … La Scrivia era un grande altoparlante, un grande eco, un gran megafono invisibile che coinvolgeva tanti: tutti i Veneziani forse, rendendoli partecipi di segreti, conoscenze, affari, regole, trovate e furbate che alla fine, messi insieme, generavano la prosperosa e vincente Venezia.

La Scriviadi Rialto era realtà insolita, quasi impalpabile, dai contorni sfumati … Ma c’era, ed era immagine di una Venezia eterogenea, spiccia, pratica ed efficiente, intrigante a volte, quando, ad esempio, faceva passare bigliettini amorosi di mano in mano portandoli fin nei Casini, o dentro a qualche Nave, o nei Monasteri, o fin dentro a un’infima Prigione, o nei luoghi del Potere. Rialto e San Marco non erano solo luoghi di compra-vendita, Mercato e incontri, ma anche di abbondanti scritture che muovevano Pensieri, Opinioni, Assicurazioni, Spedizioni, Dottrine, Costumi e Mode, Conoscenze Letterarie e Scientifiche ... Tutta quella montagna di Carta si trasformava di continuo in lavoro, valore aggiunto e guadagno … cioè: Vita.

Una testimonianza: “Ghe gèra un tempo a Venessia dei gran Scrivani de Palazo a San Marco con a spùssa soto al naso e la pònga sotto al barbùsso, mentre a Rialto ghe gèra quei col Libro Mastro dei Conti sotto al bràsso … Ghe gèra ànca su le Scalee de Rialto tanti Scrittorèi co e man nere d’inchiostro che imbrattava carte cercando de fàr fortuna, o trovando el pan par la famègia che li spettava a casa …”

Quasi sciamando come industriose Api dall’operosa Scrivia di Rialto e San Marco, c’erano sparsi ovunque per Venezia: Scrivani e Copisti di ogni sorta, collocati in “Botteghe da Scrìtta o Scrittura”, in mezzanini dei Mercanti, in posti degli Avvocati, nei luoghi della Segurtà e dei Banchi, e fin dentro le chiese ... Ce n’erano altrettanti strettamente connessi con le numerose Stamparìe e Librarie presenti ovunque nelle Contrade della Città Lagunare … Non dimentichiamolo: Venezia Capitale, è stata a lungo una delle principali protagoniste Europee in fatto di Stampa, Scritture, Libri, Carta ed Editoria.

Si dice che la stampa a caratteri mobili sia stata introdotta a Venezia nel 1469 dai fratelli Tedeschi Giovanni e Vindelino da Spira:pionieri dell’Arte della Carta a Venezia … Già prima del 1500, dalle 154 Officine Librarie Veneziane uscirono circa 3.000 edizioni di libri stampati in più di 2 milioni di copie ... In giro per Venezia si contavano 44 “Botteghe da Cartai”, altre 35 “da Stamperia” e 42 “da Libraria”, cioè un insieme di più di 493 ditte che producevano e stampavano una media di 3 libri la settimana ... Nella seconda metà del 1500, le due ditte Tedesche rimaste a Venezia vennero progressivamente sostituite e integrate da numerose maestranze provenienti da Salerno, Napoli, Trento, Pesaro, Firenze e Siena, Padova, Brescia, Bergamo, Pavia, Lago Maggiore, Asti, Vercelli e Trino Vercellese.

A Venezia c’era un piccolo esercito di 113 fra Tipografi ed Editori che pubblicarono 4.416 Edizioni con una media di 90 opere l’anno: un altro mare di carta, che di sicuro si traduceva in valore non solo culturale. Ogni Libro in se, a differenza di oggi, era un piccolo investimento, un prodotto di pregio che corrispondeva a un piccolo capitale: “Mercanzia d’utile e d’onore sulla via Europea dei Libri”. Un libro “in-folio” costava circa 6-8 lire, cioè il corrispettivo della paga di una settimana di lavoro di un Mastro Carpentiere che guadagnava 30-50 soldi al giorno … Un operaio manovale edile ne prendeva, invece, solo 20-37.

Nel 1596 secondo il Nobile Veneziano Leonardo Donà, la Stampa offriva lavoro in città a più di 600 uomini convolgendo con l’indotto fino a 1.300 Lavoranti ... C’erano attivi in Laguna almeno 640 torchi da Stampa(erano 542 in totale quelli presenti in tutto il resto della Penisola), che utilizzavano carta che affluiva in abbondanza in Laguna dalle numerose cartiere soprattutto della Valle del Toscolano nel Bresciano ... Alla fine del ciclo produttivo, s’immettevano Libri sul Mercato Internazionale per un valore di circa 20-24 milioni di ducati l’anno ! … Un gran giro d’affari.

Pensate: Venezia riforniva capillarmente via terra e via acqua: Padova, Ferrara, Bologna e Pavia, poi attraversava l’Appennino giungendo a vendere e servire Libri fino a Firenze, Roma e nel Regno di Napoli… Tra 1526 e 1550, ben tre libri italiani su quattro (il 75% dell’intera produzione) uscivano da Venezia ... Aldo Manuzio editò 950 edizioni di Classici e Umanisti: circa dieci l’anno.

Gli Editor Veneziani di maggior spicco e rilievo in realtà provenivano “da fuori”: su tutti primeggiavano i Giolito da Trino in Piemonteche producevano letteratura di ogni tipo soprattutto in volgare: Dialoghi, Teatro, Trattati, Storia e Poesia, ma anche Prediche e Libri di Devozione. I Giolitoavevano botteghe di libri anche a Padova, Ferrara, Bologna, Napoli, Francoforte, Lanzano, Foligno, Recanati, e Macerata … C’erano poi i Marcolini da Forlì che producevano “opere di grido”: i betseller di allora dei contemporanei come l’Aretino e Doni; c’erano ancora: i Tramezzino da Roma che producevano Carte Geografiche, Romanzi Cavallereschi, Opere di Classici in volgare, Testi Giuridici e Opere di Religione, cioè: Bibbie ed Enchiridium; c’erano i Gardano, che producevano quasi esclusivamente Musica e Partiture … e ancora c’erano: i Rusconi da Milano, i Giunta o Giunti da Firenze specializzati in testi di Medicina e Liturgia come: Breviari da Prete, Messali, Bibbie e Testi Canonici; c’erano: Nicolò Bevilacqua dal Trentino, i Ziletti da Brescia, i Ciotti da Siena, i Bindoni dal Lago Maggiore, i Griffio, e i Valgrisi che erano Francesi ... Giravano poi per Venezia opuscoli e carte di ogni sorta e mano, di ogni prezzo e buoni per ogni tasca ... Ecco di nuovo: la Scrivia all’opera !

La tiratura media di un’opera consisteva in circa mille copie, e c’erano 30-50 Editori che pubblicavano a volte un solo titolo l’anno impelagandosi in titoli curatissimi di grande spesa tipografica e di distribuzione. Si usavano carta, inchiostri e rilegature di pregio abbordabili solo da pochi, ma c’era anche chi nella Scrivia di Rialto per quattro soldi ne faceva e vendeva una copia “pirata”, magari anche un solo capitolo, e perfino una pagina soltanto di un’intera opera, scrivendola su “carta bassa”, proprio “da stracci”, da vendere in nero sottobanco. I Libri venivano noleggiati e prestati, ridotti e integrati in antologie, volgarizzati, tradotti e storpiati, tanto che a volte diventavano irriconoscibili e non se ne capiva più niente.

Si racconta che nel Convento dei Frati Paolòtti di Castello (di San Francesco di Paola, in fondo all’attuale Via Garibaldi) c’era un certo Frate Verigolo, che era Esorcista Provetto,e “ambiguoesperto in Stampa”. Costui aveva una vera e propria squadra di Novizi e giovinetti copiatori, che copiavano e scrivevano a tutto spiano, a volte e spesso senza neanche capire il significato di ciò che trascrivevano. Venivano pagati con uno dei libri che producevano, che a loro volta potevano vendere per conto proprio. Più che spesso, perché non potessero rubare l’opera, copiavano singole pagine o spezzoni di capitoli, che poi il Frate ricuciva insieme in modo corretto prima di cederle a caro prezzo a Nobili, Dame, Letterati o Prelati e Conventi.

Il Libraio Maietti a un certo punto assoldò l’intera squadra dei Novizicome copiatori di uno dei suoi Libri Proibiti, che aveva fretta di vendere e distribuire sul mercato di Venezia e altrove in tante copie. Si trattava della “Clavicula Salomonis” che faceva copiare a capitoli separati. Dopo un congruo numero di parti copiate, il Libraio offriva al Novizio una copia intera del ricercato Libro Proibito, che poteva tenere per se, o provare a vendere a sua volta a chi meglio desiderava.

Esistevano inoltre delle vere e proprie figure intermedie detti Commissionari e Commissariche si occupavano della realizzazione, o ricomposizione di opere smembrate, di rilegatura, prezzi, distribuzione e compensi, e s’ingegnavano perfino nel formulare e trasformare gli introiti in successivi investimenti sempre dentro al promettente e prolifico Mondo della Carta e dei Libri.

Anche i Frati Francescani Minori della Vigna: “… non scherzavano affatto risultando essere oltre che Santi anche gran marpioni, boni da schei e tanto altro.”… Pure i Canonici di San Salvador: “… brillavano di luce propria meno di quel che sembrava, perché risultava chiaro che dentro a Venezia, a detta del Nunzio Apostolico Papale, presso di loro c’erano dei veri e propri Covi di Magia, Occultismo e Superstizione gestiti da Canonici a scopo di lucro e vile guadagno ...”

C’era chi “viveva di Carta” industriandosi a vendere e comprare, rubare, riciclare e contrabbandare Carta di ogni tipo … Se per caso moriva uno che possedeva diverse Carte e Libri: calavano in tanti come avvoltoi sulla preda per provare in qualche modo ad assicurarseli. Ed ecco di nuovo comparire la Scrivia e le Scalee di Rialto. Lì, spesso buttati e allineati per terra o sotto ai Portici, si potevano trovare Cartedi qualsiasi provenienza più o meno lecita, di ogni sorta e per ogni tasca. Si trovavano spezzoni di carta singola e slegata, lettere di chissàchi, pacchi di carta di ogni qualità … perfino di carta bagnata recuperata, e Libri in altre lingue antiche e moderne, rilegati e di pregio raccattati o prelevati chissà dove.

Ogni tanto i Fanti della Serenissima passavano a “fare un po’ di pulizia, recuperando il maltolto, o rimettendo ordine su tutto quel mondo di Carta da buttare, propinare o reinventare” … In un giorno qualsiasi fu pizzicato un “cartaròlo”intento a rivendere Carta, Missive, Pergamene e Libri … Fatalità, stava provando a rivendere ciò che aveva rubato allo stesso a cui li aveva impunemente sottratti poche ore prima: “Ho diversi figli da sfamare a casa.” fu l’unica giustificazione che seppe fornire all’atto della cattura ... Il Nobile derubato chiuse un occhio, contento d’aver recuperato le sue cose, e il Cartaròlo tornò dal giorno dopo alla sua solita occupazione ... Contenti tutti intorno alla Carta.

Come il solito, la Serenissimaben organizzata sorvegliava tutto e tutti, quindi anche quel “Flusso immane, e quel Mondo di Carta”. La Serenissima era “esperta in ogni tipo di carta”, e si serviva delle sue cartiere sparse lungo il Brenta e nell’entroterra della Terraferma Venetanon disdegnando di ordinare e di procurarsi carta preziosa e di lusso in tutta Europa e perfino da oltre il bacino del Mediterraneo … anche dai Turchi, che riforniva a sua volta … La Serenissima controllava attentamente: contenuti, pensieri, prodotti e soldi.

Nel 1537 il Consiglio dei Dieci decretò pene severe per quelli che usavano carta troppo meschina e porosa: “… gli Stampadòri i quali solevano esser i megliori ... hora per far manco spesa nelle carte ... le comprano sì triste, che quasi tutti i libri … non retengono l’inchiostro …”

Il Consiglio dei Dieci vigilava attentamente anche sui contenuti dei Libri sfornando appositi Decreti. Concedeva Licenze e Fedi di Stampa, Imprimatur e Privilegi tramite l’approvazione dei due Revisori di Stato che erano di solito: Accademici, Consiglieri, Notai, Ecclesiastici e Nobilidi fiducia della Repubblica che leggevano e valutavano i testi prima della loro pubblicazione. Dal 1562 per ottenere la Licenza di Pubblicazione e Stampa a Venezia si dovevano presentare e depositare presso i Revisoridue copie del testo, e ricevere tre distinte “Fedi-Permessi”: quello dell’Inquisizione circa il rispetto dei contenuti Dottrinali di Fede e Morale, quello di un Professore dell’Università di Padova o della Scuola di Rialto“circa l’onestà del contenuto politico”, e quello di un Segretario Ducale che controllava accuratamente che i contenuti non fossero polemici o equivoci, o andassero a intaccare questioni politiche estere, o a offendere amici della Serenissima ... Le opere inadeguate non venivano autorizzate, ma sequestrate e distrutte, e l’Autore-Editore- Contrafattore veniva multato fino a 100 ducati. Le opere abusive confiscate pagavano sanzione un tanto a copia fino a 200 ducati, e col ricavato si finanziavano i Pubblici Ospedali e l’Arsenale ... Ogni anno in aprile poi, l’Inquisizione Veneziana gestita dai Domenicani, faceva un bel falò di tutti i Libri Proibiti:tomi micidiali e perniciosissimi” sequestrati in giro per Venezia, bruciandoli in cima al ponte che sorgeva sul Rio fra San Domenico di Castello e San Francesco di Paola ... Li bruciavano spettacolarmente non solo “per Amore di Verità”, e perché intendevano in quel modo contrastare l’Eresia, ma semplicemente perché l’Inquisizione sequestrava talmente tanti Libri che non sapeva più dove depositarli e metterli.

Gli Avogadori da Comun controllavano che non vi fossero più di cinque copie con più di cinque fogli per ognuno di carta condannata: pena 1.000 ducati “per l’Arsenale” ... La Serenissima a volte pareva un segugio: quasi ossessionata dal controllare ... L’Inquisizione poi: un malato mentale intento a inseguire senza sosta i suoi deliri.

Per fortuna che poi, “tanto veniva in gran parte disatteso”, non tutto era controllabile, e spesso ci si accontentava solo di salvare la forma e l’apparenza. La stragrande maggioranza dei testi veniva pubblicata liberamente lo stesso, veniva smercita in gran parte in maniera incontrollata, e i Libri “pericolosissimi scritti daiRiformatori Protestanti” arrivavano in Laguna nascosti fra le balle di lana, dentro ai vestiti, e fra le altre merci. Venivano poi distribuiti e venduti nelle Botteghe, nei Depositi di Libri, e nelle Fiere Veneziane o trasportati nelle Fiere di altre città … La Cartaviaggiava di continuo a partire dalla mai esausta Scrivia Veneziana sempre insonne.

Sentite che combinavano i Libreri di Rialtoe Veneziani !

I principali Librai avevano casa-bottega in Campo San Salvador, nella Contrada di San Bartolomeo e a Rialto. Altri Librai con laboratori e botteghe c’erano nelle Mercerie dell’Orologio nei pressi di San Marco, e in Contrada di San Zulian, dove sorgeva la chiacchieratissima bottega “All’insegna della Testa d’Erasmo”. C’erano altre botteghe Librarie nelle Contrade di Cannareggio: ai Santi Apostoli, nei pressi della Schola Grande della Misericordia, e a San Canzian; nel Sestiere di Castello: a San Pietro Contrada del Vescovo, ai Santi Giovanni e Paolo, e a Santa Maria Formosa; nel Sestiere di San Marco si potevano trovare Libri e Librarie nelle Contrade di San Fantin e Sant’Angelo, e in Frezzeria a San Moisé… Un Gondoliere poteva offrire un Libro Insolito traendolo da un sacco posto sul fondo della Gondola, un Frate o un Monaco anonimo poteva trarre da sotto il manto o dalla Cocolla: un Libro di pregio rimasto senza padrone, e in cerca di un buon offerente interessato.

I Librai e gli Uomini della Carta e della Scrivia Veneziana amavano rimanere liberi e incontrollati.

La Corporazione e Schola dei Mastri Stampadori-Libreri fu una delle ultime a sorgere a Venezia (dopo il 1549) riunendo un’ottantina di Libreri, e trovando sede presso la chiesa-Convento dei Domenicani Predicatori dell’Inquisizione di San Zanipolo(Santi Giovanni e Paolo): I Domenicani concessero un locale in muratura nel primo Chiostro, sotto il Noviziato, adiacente a quello degli Specchieri, dove essi potranno anche aprire porte e finestre, ma senza alterare l'ordine architettonico del Chiostro ... Il canone d’affitto annuo pattuito è suddiviso in 30 ducati per la stanza, e in 6 ducati per la celebrazione delle 24 Messe annuali.”

Ai Santi Giovanni e Paolo i Libreri gestivano un gran magazzino da cui si servivano molti Librai di Città. La Scholafinanziava un apposito Medico per i Libreri, e aveva provveduto a stendere nella sua Mariegola tutta una serie di provvedimenti per regolizzare l’attività della Stampa in Città e nella Dominante.  Come spesso accadeva nelle Schole delle Arti, anche i Libreri facevano fatica a sottoporsi alle Regole dell’Arte: erano litigiosi e contrapposti fra loro, e talvolta reagivano con “parole ingiuriose e arroganti fra loro e contro il Priore e Banca della Schola”: “Buffoni ! … Andate a governar delle pègore” esplosero una volta a dire perchè multati e sospesi … Controvoglia interrompevano il Lavoro per festeggiare il Patrono dell’Arte, e malvolentieri, solo dopo ripetute sollecitazioni, pagavano le dovute “una lira e quattro soldi della Tassa di Luminaria”(per cere e lampade) e quella per il sostentamento della Flotta Veneziana dovute alla Schola.

Durante il 1500 anche nel Monastero delle Convertite della Giudecca esisteva una stamperia le cui Lavoranti erano per lo più le Monache ex prostitute “che esercitavano l’Arte Tipografica e della Carta sotto il Titolo e Patrocinio di Santa Maria Maddalena”.

Certi Librai Veneziani reinvestivano i guadagni in altre attività, o compravano case a Venezia, nelle Isole e in Terraferna. Lucantonio Giunta Stampatore investì in aringhe, armature, ferro, olio, pepe, piombo, tappeti, vetri di Murano e zucchero … Alcune figlie di noti Librai Veneziani avevano una “dote matrimoniale”costituita in buona parte da Libri, oppure alcune eredità consistevano anche in una quantità di Libri.

I litigiosi Librèri Veneziani si facevano acerrima concorrenza trascinandosi più che spesso reciprocamente in Tribunale. Facevano comunque comunella fra loro rapportandosi negli affari, si sostenevano finanziariamente, e si prestavano come testimoni ai Matrimoni fra colleghi e dei loro figli. Si racconta ancora che i Librèri erano spesso indisciplinati.Nei giorni festivi del 1583: vendevano illegalmente fuori dall’Arte con banchetti di libri messi fuori a scandolo sotto il Portego de Rialto, per la Marzaria, et così sotto il Portego de San Marco dove si potevano vendere solo Libri di Santi et libri de Epistole, et Evangelii, et Lezende de’ Santi, Offitii, Bibie et simil opere… Alcuni Matricolati tengono le porte delle botteghe aperte, ma tirate appresso et invitano le persone se li bisognano libri et li conducono in bottega, vendendosi in sprezzo di Dio et delle leggi.”… Venne allora confiscato tutto quel materiale considerandolo di contrabbando, poi si passò a concedere deroghe e licenza a qualche “povero matricolato dell’Arte” estrandone quattro a sorte ad ogni festività: due per Rialto e due per San Marco. … Potevano vendere solo Libri “di genere spirituale” segnati su un apposito elenco. Poi, siccome molti commerciavono Libri fuori dal controllo della Schola dei Librèri e Stampadòri, si prese in considerazione la possibilità di poter vendere e stampare liberamente a Venezia versando una tassa previa “di lire tre et soldi doi per ogni diece fogli” a quelli della Schola ... Poi piovvero sequesti di merci, ammonizioni e multe perché nessuno ascoltava più nessuno: “Le Carte della Scrivia Veneziana volteggiavano da una parte all’altra di Venezia passando di mano in mano, e di soldo in soldo … Nel microcosmo ambiguo della Scrivaria delle Scalèe de Rialto accadeva un intenso quanto continuo frufrugnàr, mesiàr, copiàr, intrigàr de fogli e carte e imbrombolàr de parole e idee ... Nella Scrivia di Rialto spuntava fuori di tutto.”

Nel 1580 circa, Pietro Paolo Collina“sollecitator de Palàsso”, che aveva consultato a lungo diverse Carte nella Scrivia di Rialto, cercò diverse volte con la moglie Ippolita un tesoro che inizialmente sembrava nascosto dentro a un magazzino alla Giudecca di Venezia. Finì poi con l’andare a cercarlo fino a Salò sulla sponda del Lago di Garda servendosi dei consigli scaturiti fuori da un’altra serie diCarte e Libri rinvenuti ancora nella Scrivia di Rialto...La moglie, che si sentiva particolarmente dotata e capace“di sentire” la presenza del tesoro, indusse tutti a recarsi fino a Salò per scavare insieme a un Prete e a un Fante dei Cataveri della Serenissima. Lì sul posto incapparono nelle ire della popolazione locale che li voleva ammazzare e linciare considerandoli pericolosi “Herboròtti” ... In effetti, quei Veneziani dovevano essere insoliti da vedere: il Prete andava in giro suonando un campanellino dentro a profonde buche che scavava … e per fortuna che c’era il Fante della Serenissima con loro, che alla fine riuscì anche a salvarli dall’ira dei campagnoli del lago: “Tutto fu colpa delle scritte e delle carte che girano per la Scrivia di Venezia”testimoniò interrogato in seguito.

Sei anni dopo, un certo Zuanne Allemanno venne denunciato da Giorgio Tedesco all’Inquisizione Veneziana: “Costui sostine che leggendo par casa certe carte e libretti rinvenuti a Venezia s’impara a fare non so che segni su i goti vuodi, et ha una piera ch’el segna i goti con quella, che non so dire che piera sia … Sostiene che se solo lo avesse desiderato, un Lavorante avrebbe potuto mandare in mal’hora il padrone in meno di un mese.”

Dirò di più … I Librai e gli “Uomini delle Carte” si fermavano solo a suon di denunce e minacce ... A Venezia si finì perfino col morire per colpa delle Carte e dei Libri.

Editori e Stampatori, così come Scrivani e Copiatori più o meno autorizzati, erano un genere di persone considerate ambigue, doubleface e sospette, poco collaboranti, disposte un po’ a tutto, e a dar voce a tutto e tutti: buoni e cattivi, pur di vendere e guadagnare. Il Nunzio Domenico Altoviti argomentava nel 1663 in Gran Collegiodi fronte al Doge Domenico Contarini: “I Libri contengono incantesimi, sogni, malefici … Sono sempre più potenti: stanno diventando Porta del Demonio ... Un libro è come uno stiletto, un’arma proibita, una pistola … Un Grimonio e una Clavicola (Il libro di Magia più cercato ed apprezzato dai Veneziani, che faceva più preoccupare il Santo Uffizio dell’Inquisizione)sono un Arsenale.”

Sulle Carte sparse che si potevano trovare e comprare sulle Scaleee negli ambienti della Scrivia di Rialto si poteva andare a leggere: “Il Mago delle Ore e dei Giorni sa calibrare la simpatia degli Elementi del Cosmo … Ad ogni ora del giorno corrisponde un Angelo e un Demone Malvagio da tenere in giusto equilibrio fra loro … Potere, Grazia e Forza sono racchiusi nelle Piante, nelle Parole, e nelle Virtù delle Pietre … Per scongiurare Demone e Uomini occorre recitare un’orazione al Pianeta di Riferimento, e soffumigare con la Pianta giusta che ogni Pianeta richiede.”

Chi aveva Autorità in Città doveva vigilare e controllare: “tenere basse e isolate quelle opere” ... I Libri andavano temuti, tenuti sott’occhio, bisognava impedirne la circolazione: “Un venditore di Rialto è più potente di un coltivatore di Semplici nel suo orto.”

Cose e situazioni quasi risibili, mi direte … Per noi di oggi forse, ma in quel tempo e in quegli anni non lo erano affatto a Venezia.

Nel 1658: il Proto Carlo fu scovato intento ad assemblare le indicazioni di 25 “Clavicolae” diverse per potenziare l’effetto di certe indicazioni magiche: “Nobili Veneziani praticano la magia “de casàda” assecondati da domestici, giardinieri, barcaroli e massère che non possono se non condividere le manie e le attitudini dei loro padroni e padrone, paronsini e paronsine … Il Bechèr di Rialto (macellaio)è come l’Avvocato del Demonio: fa discorsi strampalati sul Bene che contende al Male … quasi Satana Diavolo Maledetto possa in qualche modo portare a Dio ... Le carte della Scrivia di Rialto guarniscono di pericolose creme una torta di cui s’ignorano gli ingredienti ... Possiamo finire tutti avvelenati e desautorati.”commentò ancora il Nunzio Apostolico preoccupato davanti a DogeeSignoria, a tutto il popolo delle Magistraturee dell’Ecclesia, nonché al variopinto popolo dei Mercanti Avventurieri, dei Nobili e delle Arti ... Tutta gente acuta, che possedeva grandi occhi e soprattutto ben spalancati e attenti orecchi: “Ghe xe sempre qualche Frattacciòn in giro par Venesia che arditamente sa trasformàr el Miel in Fièl …” si diceva negli ambienti di Palazzo ma anche nelle chiese, e fra Campi e Campielli di Venezia.

Nel novembre 1663, ancora il tremendo, e a detta di molti “ottuso”Nunzio Giacomo Altoviti si ripresentò di nuovo in Collegio e dal Doge Domenico Contarini dov’era già stato senza esito nel precedente settembre. Sventolando un Libro appartenuto a un Abate che lo aveva trascritto e dato in copia al fratello, iniziò a dire: “Uso per fine buono questo libretto di cui il Padre Abate si è servito in modo malevolo comunicandolo al fratello ... In qual fine malo ha prodotto un effetto ben peggiore di chi prestando uno stiletto per commettere un homicidio, non uccide che il corpo, poiché col prestito di questo libro ne segue l’uccisione dell’Anima.”

Secondo il Nunzio, i Libri e le Carte Proibite s’annidavano e nascondevano ovunque: “… nel comune sentire erano considerati oltre che come luoghi di Sapere, Dottrina e Scienza, anche oggetti magici, potenti, nonché pericolosissimi ... Dai Libri e dalla Carte possono uscire: Forze Oscure, Spiriti imprigionati, e aprirsi Misteri … da Libri ponno sortire eserciti armati”.

Colpevole d’aver manovrato un Libro pericoloso capace di alterare con i suoi contenuti anche la volontà dei Giudici, era l’Abate Camaldolese Fra Giovanni Battista Conti dell’Abbazia delle Carceri Padovanepoco distante da Este, processato l’anno seguente dal Santo Uffizio di Venezia, e condannato a tre anni di carcere. L’Abate salvò la faccia presentando istanza accolta per abiura privata e non pubblica-solenne come avrebbe voluto l’Inquisizione.

La citatissima “Clavicola” era: “la Clavicula di Re Salomone”: leggendario Mago dei Maghi e ReBiblico d’inestimabile Scienza e Conoscenza infinita. A detta di tutti aveva ricevuto direttamente da Dio la concessione di trattare e dominare i pensieri degli Uomini e degli abitanti dell’Altro Mondo di cui conosceva tutte le Filosofie e i poteri degli Spiriti, e le proprietà di Piante e Radici che venivano anche bruciate dentro a particolari quanto misteriosi antichissimi riti ... La Clavicolaera quindi un Libro pesante, ricercatissimo, usato e temuto da tanti.

Alison Person Strega Inglese confessò che si poteva perfino morire guardando dentro a certe Carte e Libri… Il Libraio Modenese Nicolò Edler raccomandò all’amico di leggere la Clavicula Salomonis senza proferirne le parole contenute, perché:“… senza pensarvi acciò non avesse per sorte gli Spiriti a comparire.”

Nel gran marasma del calderone operoso e industrioso della Scrivia di Rialto: una Clavicola corrispondeva a un buon patrimonio. Nella Scrivia c’erano sempre Artieri, comuni Cittadini e popolani Veneziani che s’intendevano a meraviglia fra loro, sempre disposti a cercare utilità inventandone di tutti i colori pur di avere una di quelle “preziose ed efficaci carte”. C’erano poi Preti, Frati, Monaci e Mùneghe, e Nobili che cavalcando Sacro e Profano sognavano di diventare: Navigatori, Mercatanti, Archeologi, Esploratori oltre che Economisti provetti, acuti Letterati, lungimiranti Astronomi, profondi Filosofi, abili Musicisti e Saggisti. Per perseguire tutto questo compravano e nascondevano notte e giorno parecchi Libri Proibiti nelle loro ricche Biblioteche sottraendoli agli inventari pubblici: “Sono loro a manovrare e mandare alla deriva il Destino di Venezia.”

Venezia pullulava di numerose Biblioteche grandi e piccole, pubbliche e private, servite e rifornite di continuo da un nugolo di Stampatori, Librai ed Editori. Il Senatore Antonio Calergi possedeva una biblioteca di 800 volumi per buona parte di autori filoRiformati e Protestanti. A Venezia c’era quindi una specie di folla duttile, sveglia e iperattiva “innamorata delle carte”, che tramestava giorno e notte usandole come fonte di potere, ricchezza, Sapienza e Nuova Legge.

A differenza di noi di oggi che ci annoiamo a leggere due righe pur avendo a disposizione foreste di libri, e ci riduciamo più che spesso a cinguettare solo due parole su Twitter e Social, per i Veneziani di un tempo possedere o perlomeno mettere le mani sopra a un Libro o delle Carte era una cosa desideratissima e molto seria ... Un Libro poteva valere tantissimo: quasi quanto una casa o un piccolo palazzo … Se era manoscritto e miniato poi … Spesso solo i Nobili ricchi, e gli Enti Ecclesiastici dotati di notevoli risorse potevano permettersi lussi del genere, e quindi l’accesso alla Cultura e a sogni più o meno leciti. A Venezia oltre agli Scribacchini di Statostabilmente inseriti quasi come mobilio nelle Cancellerie dei grandi Palazzi del Potere, dell’Economia e della Politica dove, “un po’ da 007”, stilavano, criptavano e decodificavano decreti, gride, proclami e notizie a volte in gran segreto, c’era anche uno Scrivanoimbarcato su ogni Nave o Galea pronta a salpare per ogni meta del mondo d’allora. Scrivani seguivano ogni esercito che si metteva in movimento, e le guerre in quei tempi di certo non mancavano … Di Scrivanierano piene le Librarie dei Monasteri di Monaci e Monache che producevano copie e miniature superbe ambite, visitate e invidiate da tutta Europa … A Venezia c’era un mondo intero di Notai, Avvocati, Magistrati, Ambasciatori, Prelati e Letterati di ogni sorta:  Scrivanilavoravano nei Banchi da Scritta dei Banchieri e degli Assicuratori della Securtà e dei Notai non solo di Rialto e San Marco, ma anche nel Ghettodi Cannaregio e un po’ ovunque … Scrivevano “alla grande”i Nobili Patrizi e Mercanti nei loro fondaci e mezzanini di palazzo per gestire i loro commerci internazionali marittimi e terrestri … Scrivevano Letterati, Privati, Accademie, Università neonate trattando di Poesia, Viaggi, Diari e Musica … e carte, lettere, messaggi e posta di ogni genere correvano giorno e notte per terra e per mare lungo tutta l’Italia, portate a volte a costo della vita avanti e indietro da Corrieri e persone fidatissime che spesso non sapevano neanche leggere e scrivere ... In giro per Venezia c’era anche chi “scribacchiava pressappoco in giro” sapendo solo mettere insieme qualche conto e misura al Mercato, in Pescheria o nelle Osterie, o leggere soltanto quel poco che serviva per campare … E poi si sa: non c’è nulla che sia più appetibile per la mente di ciò che è sconosciuto, precluso e proibito ai più.

La Scrittura, lo Scrìvare e la Scrivaria… la Scrivia in genere di Venezia, era considerata un ambiente e uno strumento micidiale, una capacità, che poteva procurare tanto bene quanto tanto male all’intera Venezia Serenissima ... Non fu un caso quindi se tanti libri finirono con l’essere messi “all’Indice”, cioè proibiti: “perché fomentavano non solo perniciose Eresie, ma andavano anche a minare le fondamenta del Potere Civico-Religioso Costituito da Dio e dallo Stato ... oppure procuravano ovunque situazioni incerte, quanto insolite, ingovernabili e pericolose.”

In questo contesto, la dilatata e onnipresente Scrivia Veneziana venne considerata: fucina e sentina ideale capace di produrre Carte e Libri di ogni sorta e per ogni genere di persone:“Adolescenti et etiandio Nobeli, Mercadanti, Artesani, Abbachisti, Aggrimensori, Geometrici, Architettori, Arithmetici, Raggionati, Scrittori et Iudici de cittade, terre, ville, castelli et altri luoghi ...”

Nel febbraio 1543 il Consiglio dei Dieci ordinò agli Esecutori contro la Bestemmia di punire i Tipografi disobbedienti “che in spregio alle precedenti disposizioni, stampavano e vendevano senza licenza libri offensivi della Morale, di Dio e della Fede Cattolica”.

Cinque anni dopo, si affidò ai Fanti e agli Esecutori del Sant’Uffizio il controllo sulla Stampa Veneziana, ma anche sugli importatori di libri, e ripresero quindi le multe, le censure, le confische, le minacce e i sistematici falò pubblici dei libri, che comprendevano anche il Talmud e altri testi Ebraici ... Venezia istituì anche l’apposita Magistratura deiTre Savi sopra l’Eresia, che coadiuvava l’Inquisizione nelle ricerche, nelle disamine sui libri, e delle persone che si trovavano insieme a loro.

Dal 1562 il Consiglio dei Dieci stabilì l’obbligo di ottenere la “Licenza di Stampa” per ogni libro messo in circolazione in Laguna e in tutto il Dominio Veneto … Inutilmente i Librai presi di mira presentarono col Priore della loro Arte suppliche e proteste al Consiglio dei Dieci invocando l’applicazione della storica tolleranza Veneziana che non c’era più. Temevano inoltre che “l’Arte e le loro famiglie fossero destinate a total ruina”Non accadde niente, e l’anno seguente lo stesso Consiglio dei Dieci fece stilare dal Nunzio Apostolico Giovanni Della Casa insieme ai Tre Savi sopra l’Eresia un Catalogo o Indice dei Libri Proibiti: “Summario de tutti i libri heretici et de altri suspetti et de altri etiam nelli quali se contengono cose contra li boni costumi”, da non commerciare, e da distruggere a Venezia e in tutto il Dominio della Serenissima … possibilmente insieme anche agli autori delle opere ?

Il Catalogo considerato “opera di riferimento indispensabile per ogni stampa e commercio di Libri” venne stampato e perfino messo in vendita:“Catalogo di diverse opere, compositioni et libri, li quali come heretici, sospetti, impii et scandalosi si dichiarano dannati et prohibiti in questa inclita città di Vinegia et in tutto l’illustrissimo dominio Vinitiano, sì da mare come da terra, composto dal reverendo padre, maestro Marino Vinitiano [...] Inquisitore dell’heretica pravità [...]; d’ordine e comissione del Reverendissimo Monsignor Giovanni Della Casa.

Ovviamente finirono nella lista tutte le opere di Lutero, Bucero, Melantone, Zwingli, Ecolampadio, Ochino, Vermigli, il De Trinitatis erroribus” di Servet, il Beneficio di Cristo” di Benedetto Fontanini, l’Alphabeto Christiano” del Valdes, e il Pasquino in estasi”del Curione.I vari Librai Veneziani:Giunti, Valgrisi, Tramezzino, Arrivabene, Scoto, Zilettie gli altri, furono costretti a consegnare tutti i libri sospetti. Se non lo facevano spontaneamente, venivano costretti a minuziose ispezioni col sequestro di buona parte del contenuto delle loro botteghe.

I Librai Veneziani però erano furbi e non sprovveduti: se l’Inquisizione Veneziana condannava certi titoli, loro li cambiavano pubblicandoli con un titolo diverso, anteponevano falsi frontespizi e sommari innocenti agli scritti dei Protestanti, stampavano e ristampavano in nuova edizione senza autore, senza data e senza luogo di pubblicazione aggirando così “le Licenze” negate dall’Inquisizione, che non sapeva più come cavarsela. Gli Inquisitori Veneziani dicevano di loro: “I Librai Veneziani sono furbi, astuti e scaltri … e fra loro ci sono i Frati dell’Isola di San Giorgio in Alga … Sanno inventarsele tutte pur di far passare i loro “Libri Proibiti” per le Dogane… Frugando fra i cassoni si trovano “Libri disonesti” celati dentro alle coperture di Messali da Messa e Vite de Santi …  Più che difendere l’eterodossia e le novità degli animi riformistici soprattutto del Nord Europa, sono venditori e commercianti. Più che amare la Cultura, l’evoluzione della Scienza, le profondità del pensiero umano e la Conoscenza e Sapienza, intendono piuttosto guadagnarsi in qualche modo la pagnotta ossia l’evangelico “pane quotidiano”.”

Il Consiglio dei Dieci pressato dall’Inquisizione la autorizzò nel 1569, a compiere visite a sorpresa nei magazzini dei Librai e nelle Botteghe dei Libri. Il Sant’Uffizioscelse dai Conventi Veneziani circa 50 Frati e Monaci esperti di Greco, Ebraico, Storia, Diritto, Filosofia e Teologia, e nell’estate dell’anno seguente li sguinzagliò a coppie a sorpresa nelle botteghe per ispezionarle e sequestrare tutto ciò che era considerato proibito. In autunno si ordinò il rogo dei Libri in Piazza San Marco, e si sottoposero per più di un anno ad interrogatorio e processo 28 Librai “fuorilegge”.

Finì sotto stretta osservazione soprattutto la Libraria-Officina “all’Insegna dell’Erasmo”:“covo di uomini e d’idee riformate eretiche pericolosissime”, dove si pubblicava e vendevano insieme a edizioni di Classici Greci e Latini, anche i dieci libri di Erasmo da Rotterdam, e numerose traduzioni di opere proibite Tedesche, Spagnole e Francesi di autori molto sospetti. Il Libraio Vincenzo Valgrisi era il proprietario della Libraria “All’insegna dell’Erasmo”, e titolare anche di altre botteghe e magazzini di libri a Francoforte, Lione, Lanciano, Foligno, Recanati, Macerata, Bologna e Padova. Venne più e più volte convocato davanti all’Inquisizione Veneziana, fino a intentargli contro un vero e proprio processo che durò più di dieci anni. A niente valsero  le testimonianze in sua difesa formulate dal Piovano di San Zulian, dallo Scrivano e dai Compagni della Scuola del Santissimo di cui Vincenzo era addirittura “Gastaldo”(la carica principale e di maggior prestigio della Schola): “Messer Vicenzio Valgrisio, Libraro habitante nella Parocchia nostra con tutta la sua fameglia, ha sempre vivesto et al presente vivie christianamente, confessandosi et comunicandosi … essercitato in diverse opere pie per la Parochia, per beneficio di poveri et nel governo della Fraternita del Sacratissimo Corpo de Christo, havendo fatto molti ornamenti nel tempo del suo Guardianato nella Capella del Sanctissimo Sacramento, per altre luadabil opere … ”

Durante la perquisizione del suo magazzino-Libraria a San Zanipolo gli vennero sequestrati 1.277 volumi proibiti fra cui 400 copie dei Simolachri, historie et figure della Morte” ossia: “La Medicina dell’anima di Urbanus Rhegius”accompagnate dalle copie della serie della Danza Macabra” di Holbein, un prodotto editoriale: “Libro piccolo et di poco pretio et de gran domanda”, 300 altri esemplari occultati sotto la falsa copertina delle Epistole di Cicerone, la traduzione dei Colloquia Erasmiani, e opere dell’Aretino, Macchiavelli, l’Alphabeto Christiano del Valdés, il Decameron, i Dialoghi dell’Ochino, un Commento ai Vangeli dell’Osiander, operedel Protestante Francis Hotman, del Matematico Tedesco Giovanni Schonero, e alcuni Commentaridella Bibbia, Doctrinali e raccolte di Orazioni molto sospetti, e numerosi tomi Francesi e Tedeschi compresi nell’Indice. Fra i tanti “libri pericolosi” c’erano anche titoli di Geografia che descrivevano Asia, Africa ed Europa in maniera sospetta, e libri d’Astronomiacon tabelle, Effemeridi e Lunazioni che potevano lasciare perplessi se non confondere i lettori … Tutto venne ben presto aggiunto all’Indice dei Libri Proibiti.

Vincenzo Valgrisi era “un nome e una garanzia” a Venezia in campo Librario:intorno a lui ruotava non solo tutto un mondo commerciale di successo, ma anche tutto un insieme di spunti culturali e di idee innovative e moderne. Alcuni suoi Libri venivano venduti in tutta Europa, perfino in Oriente, e fra gli Ebrei.

Insieme a Paolo Manuziofu considerato reo d’aver stampato e prodotto ben 353 edizioni di libri di Medicina, Spezieria e Farmacopea; Letteratura; Trattatistica; Filosofia; Storia; Religione; Diritto; Botanica, Geografia e Astronomia di natura sospetta, molti dei quali erano compresi nella lista dei Libri Proibiti. Venne costretto a modificare il suo abituale marchio di stampa che recitava: Ex Officina Erasmiana apud Vincentius Valgrisius prope Horologi Divi Marcisostituendolo con Ex Officina Valgrisiana, e perfino a rimuovere e cambiare la sua “eretica insegna” tramutandola con una più consona “Insegna del Tau” con l’immagine del serpente.

Sempre e ancora secondo l’Inquisizione Veneziana, attorno a quella stessa Libraria gravitavano personaggi ambigui e pericolosi come lo pseudo Letterato Pietro Lauro, che: “… quantunque fose fuor di misura ignorante, ardì di volgarizzare Columella e simili autori Latini”. Lauro, coadiuvato dall’avventuriero Alfonso Ulloa, già imprigionato come spia dalla Serenissima, gestiva una scuola privata per istruire i giovani figli dei Nobili Veneziani, e quelli abbienti della Colonia Mercantile Tedescaresidente a Venezia.

Alcuni Librai, presi per la gola, e vedendo ridursi i loro affari, iniziarono infine a cedere assecondando i dettami dell’Inquisizione: Zaccaria Zenaroseguito da Vincenzo Valgrisi e da Giordano Ziletti, da Bosello, Valvassori e Varisco presentarono al Sant’Uffizio l’inventario di tre casse di libri proibiti, e Valgrisi scrisse ai suoi agenti di far altrettanto: “… me son subtratto da la prattica de altri librai, quali per questa obedientia non mi parlano e da li suddetti librari ne son stato pur assai biasimato.”

Il Sant’Uffizio li condannò lo stesso a: Preghiere, Elemosine, Rosari, Comunioni e Confessioni ... Poi capitolarono anche i Librai: Giunta, Giolito, Tramezzino e Sessa, compresi i Priori dell’Artedei Libreri Veneziani. Tutti presentarono gli inventari all’Inquisizione, e furono consegnate anche 21 casse di Libri Proibiti provenienti soprattutto dall’Europa del Nord.

Insorse allora a Venezia l’ala dei “giovani Patrizi” guidata dal futuro Doge Nicolò da Ponte, propugnatrice instancabile dell’autonomia della Serenissima dalle mire della Chiesa e del Papa di Roma. Il Catalogo dei Libri Proibiti venne bocciato, ritirato dal commercio, e distrutto ... Il Libraio Valgrisi riuscì a cavarsela: gli rimase l’etichetta “col sospetto d’essere un Protestante, e una pena pecuniaria di 50 scudi ridotta a 20 dopo un’ufficiale “Purgazione canonica” ... Fu anche obbligato per un anno a: “… ogni venere visitar lo Spedal de li Incurabili et metter una elemosina in la cassa de la fabricha che parerà a lui.”… Riuscì comunque a riprendere la sua abituale attività di Libraio, entrando anche a far parte della “Grande Compagnia di stampar Libri di Leggi” detta anche: “Compagnia dell’Aquila”.

Dieci anni dopo comunque, Papa Paolo IV fece redigere dallaCongregazione del Sant’Uffizio sull’esempio di Venezia, il primo “Indice Romano dei Libri Proibiti” valido per tutta la Cristianità. La lista di autori e opere messe al bando era quattro volte più numerosa comprendendo ben 290 autori: si trattava soprattutto di Teologi, ma anche Medici, Giuristi e Letterati Protestanti dell’Europa del Centro-Nord.

A Venezia, meno fortuna ebbe Giorgio Valgrisi figlio di Vincenzo, accusato d’Eresia nell’agosto 1587 dal Prete Alvise Ferro “amico di famiglia”… Figuratevi se fosse stato suo nemico ? … Non si risparmiava, né si guardava in faccia a nessuno … Venne accusato d’essere un trafficare di libri proibiti fra Francia e Allemagna, d’essere ormai “Homo perduto”, e di farsi beffe d’Indulgenze, Devozioni, Processioni e Miracoli, di censurare la Messa dando ragione ai Protestanti dell’Europa del Nord sugli “errori del Sacrificio dell’Altare”; d’essere amico e confidente di Girolamo Donzellini e di Claudio Textor: entrambi giustiziati per Eresia, abituali frequentatori della “Libreria del Serpente” dove parlavano “molto licenziosamente”, e discutevano di Libri Proibiti. Valgrisi Junior aveva definito “ignoranti” i Giudici che avevano mandato a morte il Textor, ed era stato visto mangiare insieme a un sacrilego Ugonotto, che aveva accompagnato impunemente a visitare la Basilica di San Marco.

L’Inquisizione interrogò i vicini di casa, che lo consideravano una brava persona. Raccontarono che qualche volta l’avevano visto recarsi persino in chiesa accedendo ai Sacramenti. Il Piovano di San Zulian, invece, affermando di conoscerlo da venticinque anni, testimoniò che Valgrisi Junior nonsolo non era affatto un buon praticante, ma conviveva anche in maniera irregolare con una donna, teneva discorsi ambigui e provocatorî, e frequentava persone dubbie andando a soggiornare in Germania e all’estero, dov’era anche iscritto all’Università di Basilea … Giorgio, inoltre, insieme a suo fratello Feliceavevano pubblicato una ventina di titoli tra il 1573 e il 1581, servendosi anche dei torchi dei Nicolini da Sabio, del Deuchino e dei Bindoni, e occupandosi della libreria “Al segno del Serpente” che era di certo parte attiva di una rete di commercio di Libri Ereticaliconnessi con i Protestanti.

Giorgioinfine venne arrestato assieme a Pietro Longo: altro trafficante di Libri Proibiti tra Germania e Venezia, e gestore della Libreria Protestante di Pietro Perna a Strasburgo, e forse di un’altra a Bologna.

Tragica, anche se scarsamente ricordata la fine Pietro Longo: venne annegato all’alba nel Canale dell’Orfanoverso le Bocche di Porto di Venezia… e si era nel 1588. Giorgio, invece, si salvò probabilmente su intervento del Governo della Serenissima che mise freno all’Inquisizione costringendola ad abbandonare le indagini e gli interrogatori del Valgrisi. Che l’Inquisizione si accontentasse della recente esecuzione capitale del Longo che aveva generato notevole scalpore a Venezia.

Tornando alla Scrivia di Rialto, c’è da aggiungere che lì esisteva un vero e proprio contrabbando e mercato redditizio di opere di ogni sorta e Letteratura: una vera e propria rete di rifornimento Librario e Cartaceo che riforniva Nobili Patrizi, Precettori, Ecclesiastici, Avvocati e Giuristi, Magistrature di Stato, Mercanti Veneziani e forestieri, ma anche Artigianidi ogni sorta, ambulanti e popolino curioso, anche se a volte appena capace di leggere e scrivere, ma desideroso in qualche modo di trarre qualche guadagno dal quel mare di Carte e Libri.

Venezia non diede mai ordine diretto di distruggere i libri presenti nelle Librerie, né proibì l’entrata in città di Libri Proibiti ed Eterodossi provenienti dall’estero, e ancor meno mise un Ufficiale dell’Inquisizione alla Doganacome avrebbe voluto il Santo Uffizio ... Temi comuni e ricorrenti preferiti dai Riformisti di Lutero e trattati in un copioso corredo di vignette e illustrazioni dalla Categoria dei Librai e degli Editori, erano quelli della Caduta e della Redenzione, cioè: la Creazione, il Peccato Originale, la Cacciata dal Paradiso, Mosé che riceve le tavole della Legge, il Cristo Risorto ... Cranach realizzò immagini antipapali incoronando col Triregno Papale il capo dell’apocalittica “meretrice di Babilonia ebbra del sangue dei Santi e dei Martiri di Giesù, seduta sopra una bestia rossa piena di nomi di bestemmia”… Si cercò di commercializzare anche qualche opera contenente “intagli”, cioè inserzioni di stampe e incisioni proibite, che però rimase invenduta e nascosta in fondi di magazzino Veneziani almeno per 50 anni. Si fece spazio anche agli antichi Miti e Allegorie Pagane con i quali i Nobili decorarono le loro Ville e i Giardini di Campagna.

Insomma: la Carta e i Libri divennero una sfida permanente all’Autorità Civile-Religiosa, e alla Verità costituita di allora.

Quando all’inizio del 1557 giunse a Venezia il futuro Papa Sisto V, che allora era solo il tremendo Inquisitore del Sant’Uffizio di Venezia Fra Felice Peretti da Montalto Francescano Conventuale, si mise in mostra come Riformatore assiduo e zelante, decretando e tuonando contro Libri ed Eresia. Già nel febbraio dell’anno seguente ordinò che chiunque importasse libri fosse tenuto a depositarne un inventario dettagliato presso il Tribunale dell’Inquisizione prima dello sdoganamento, e che nessuno potesse vendere titoli senza il permesso e le correzioni dell’Inquisizione … I Confessori erano tenuti da quel momento a rifiutare l’assoluzione ai possessori di Libri Proibiti. Per noi una cosa del genere è oggi quasi del tutto insignificante. Per quelli di allora, Veneziani compresi, l’estraneazione e la preclusione dai Sacramenti era un vero e proprio dramma umano, un’esclusione dalla Strada della Salvezza, in grado di destabilizzare del tutto l’equilibrio e la serenità esistenziale delle persone ... In giugno l’Inquisitoreproibì anche lo smercio dei Colloquia di Erasmo e del Mercurio e Caronte del Valdés ... In agosto vietò la stampa e la diffusione della Bibbia in qualsiasi lingua volgare … Un travolgente treno in corsa … Quando Felice Peretti divenne Papa giunse ad elencare e condannare ben 550 autori con tutte le loro opere, tra cui Erasmo e Savonarola. Proibì ogni libro che in qualche modo contenesse accenni Anticuriali, antiPapa o contro la Chiesa, offensivi della Morale, lascivi od osceni, come quelli dell’Aretino, Machiavelli e Rabelais, Boccaccio. Assieme anche a tutti i Libri Anonimi, o che contenevano cose di Magia e Negromanzia, ordinò anche l’espurgazione di circa 60 Editori dalla produzione proibita, soprattutto Tedeschi o Svizzeri, ma anche del Veneziano Francesco Brucioli, e di ogni testo che fosse privo dell’immancabile Imprimatur Diocesano e Inquisitoriale. Cominciò inoltre a confiscare tutti i libri delle Librerie Veneziane presenti nello Stato Pontificio, e impedì a tutti i Librai della Serenissima di partecipare alle Fiere Librarie che si tenevano nei suoi territori.

Nel 1615 il Medico Ottavio De Rossi leggeva alla finestra di casa, e molti Veneziani si rivolgevano a lui perché “indovinava le cose che hanno da venire … e sapeva far varie malie”. Finì inquisito dal Santo Offitio dell’Inquisizione Veneziana, dal quale si difese affermando che non conosceva il significato delle parole che pronuncaiva, e che: “Mi non so che farghe se le putte vedono”.

Raccontò di Caterina Falghera che avendo un figlio malato inguaribile si era recata a casa sua in cerca d’aiuto. Il Medico aveva sussurrato alcune parole all’orecchio di una sua domestica Maddalena Grecaconnivente: “Ochus Mochus Fichas” mettendole una candela benedetta accesa nelle mani, e ungendole con polvere nera e olio comune. La donna aveva detto allora di vedere sul palmo della mano “alcune figure fra cui lo Spirito di un Re e quello dello stesso bimbo malato che poteva essere guarito”.

Nel 1620, invece, Franceschina Priamotestimoniò che Girolamo Cavazza aveva imparato da un libro che conteneva incanti a prendere teste di Morto, e a farle “nascere i capelli, e la carne facendoli parlare … Incantava i cani che non abbaiavano, stagnàva el sangue, faceva innamorar le persone, faceva venir e andar donne dove lui voleva facendo loro mostar le vergogne…” come aveva saputo dimostrare a Giovanni Bigarotto... Nove anni dopo, Antonio Manueli e la moglie avevano mostrato la serie dei loro libri diNegromanzia dai poteri divinatori e terapeutici agli amici, e a Francesco Bonamin che era andato dritto a denunciarli all’Inquisizione Veneziana.

Nel successivo 1630 in Tempo di Peste, Lucio Sacrinzidenunciò la Bechèra Maddalena Leoncini:“che teneva in un armèr della cucina o in tasca di un figliòl Ventura un libro per le proprie strigarie e incantesimi ottenendo dagli altri tutto quello che voleva… Il Libraio Coletti Pietro da Tuscolano del Garda, invece, teneva bottega “All’Insegna del San Piero” al Ponte di Rialto. Lasciò nel testamento una descrizione della Peste: “Flagello di Dio”, un lascito alle Figlie del Coro soprattutto a Lauretta: “… per l’affetione a lei pigliata per il suo cantar, che tra tutte quelle più mi piaceva”, e ducati 10 alla Schola di Santa Giustina per l’olio della lampada all’altare della Patrona e Protettrice dei Librai di Venezia... Due anni dopo, Prè Giovanni Turato Piovan della Contrada di Santa Sofia in Cannaregio, fece bruciare pubblicamente tutti i libri di Magia appartenenti al Convertito Giovanni Battista Ventura. Ventura “maledì l’Anima e il corpo del Turato” che gli aveva bruciato tutti quei libri preziosi, “perché adesso in tempo di contagio li haverebbe adoperati con guadagnare”… Sua moglie, che aveva un amante, lo denunciò ugualmente alla Santa Inquisizione accusandolo che le impediva di recarsi in chiesa a Messa. Essendo un convertito l’avrebbe pagata cara. In realtà venne fuori che Bonaventuraproibiva alla moglie di recarsi in chiesa perchè lì avrebbe incontrato l’amante che le offriva osceni regali di zucchero. Alla fine Bonaventura se la cavò con l’imposizione dell’Abiura Semplice da parte dell’Inquisizione, e con l’obbligo di confessarsi e comunicarsi.

Quante “Storie di Carte e Libri” !

Nello stesso anno l’Inquisitore Veneziano Girolamo da Quinzano affermò: “… certe fattucchierie contenute nei libri che erano in se minchionerie e bagatelle potevano alla fine diventare per davvero cose grandissime et pericolose”. Perciò era sospetto anche solo aprire e sfogliare certi Libri ... e per questo i Libri venivano bruciati: perché solo il fuoco riusciva a cancellare quella “presenza recondita che quasi abitava la Carta”.

Nel 1650 Fra Girolamo Amadei già processato per sei volte dall’Inquisizione di Ferrara tentò di evocare il Diavolo nell’Isola di San Giorgio Maggiore a Venezia calamitando diverse donne al suo seguito con l’intento di sedurle. Tramite complesse procedure contenute in un Libro manoscritto in pergamena bianca di proprietà di suo fratello Carlo, aveva provato ad evocare il Demone senza riuscirvi. Il Libro si chiamava: “Picatrix Philosophi” ... Carlo allora aveva procurato un secondo buon testo di “Negromanzia pratica contenente molti e molti segreti … come quello di far impazzire le donne per amore, far vincere al gioco … e v’erano croci, mani, segni, caratteri, et insegna il modo d’adoprar detti secreti nella tal positura di pianeti, et altro …”

Francesco Dai Quadriverso il 1670 diceva che le numerose Prostitute o “Donne di Mondo” di Venezia, come Caterina Furlana detta Catòna, ad esempio, usavano i Libri Proibiti e d’Arte Magica come ferri del mestiere ... Già un secolo prima Bortolo Villaaveva denunciatola prostituta e fattucchieraPaolina Bianchini della Contrada di San Giovanni Novo “che teneva a casa una cassa intera di Libri e Carte bruciati in parte indotta dal figlio che era Prete. Da uno di quei carteggiBortolo avea imparato a pigliàr quattro candele e metterle in quattro cantoni di una camera facendo un cercolo come era quello in detto libro mettendovi in esso uno specchio, e dicendovi poi molti scongiuri come in esso libro appàr.”

Anche la “Frataria Veneziana” non era così perfetta come inteva far credere. Nel novembre 1683 i Frati Inquisitori finirono per allestire un’indagine e un processo anche contro se stessi: “per l’introduzione nel Convento di un certo tipo di donne, e per via delle solite Carte e dei Libri Proibiti che si procacciavano alla Scrivia di Rialto.”

 

Nel 1687 Caterina Schiavonetto andò a deporre davanti alla solita Santa Inquisizione di Venezia: “che ilBarcarolo Giacomo Paroel avea de libri proibiti co quali potea far cose assai, e quel che voleva, mentre loStampatore Girolamo Finriusciva a far parlare gli animali, cani o gatti che fossero, riuscendo inoltre a farsi arrivare direttamente in tasca il denaro di cui aveva bisogno, et in due ore faceva trenta miglia in virtù di quel libro pieno di teste e segni, e molte altre cose prodigiose diceva che faceva...”

Prete Erasmo Futino denunciò, invece, che da un libro simile il Salumiere Ruggero Saggiòn aveva ottenuto la capacità dell’invisibilità, e sapeva riconoscere quando i compari e le comari facevano del male insieme.

All’inizio 1700, quando Frate Bartolomeo Vitturi dopo aver fallito diversi esperimenti, brandì il libro della risolutoria “Clavicula Salominis”dicendo: “O che questa volta divento un gran Stregòn o un gran Cogiòn”, si processò a Venezia Lelio Capra: un Prete girovago che vagava fra San Pietro in Gù e Vicenza. Gli venne sequestrato un libro manoscritto “segnato di molti circoli, segni, e figure diverse, non senza il mescolamento di parole sagre, che lui utilizzava per l’escavazione de tesori ...”

Se nel 1596 l’Indice dei Libri Proibitia Venezia contava almeno 2.100 titoli, nel 1711 i titoli elencati erano diventati almeno 11.000 !

Nel 1725 lo Stato Veneto contavano 85 cartiere tutte di dimensione modesta con pochissime “tine” in perenne crisi per mancanza di stracci ... La Serenissima allora cercò di aiutare la Categoria della Carta con esenzione decennale sui Dazi sull’esportazione della carta all’estero “per Terra e via mare”. Solitamente si arrivava a pagare ben 6 Dazi diversi per spedire carta dal Polesine alla Riviera di Salò:“si versava: 35 a Salò, 1 nel Bellunese, 24 nel Trevigiano, 15 nel Vicentino, 3 nel Padovano e 7 nel Pordenonese.”

E’ della fine aprile 1733 la Scrittura di Compagnia della durata di 10 anni redatta presso i Provveditori sopra ai Banchi su una bottega da Libraio redatta fra Iseppo Bettinelli quondam Francescoemancipato dai fratelli e GB.Marosin quondam Domenico. Il capitale di 5.000 ducati era legato alla bottega “All’insegna del Secolo delle Lettere” situata in Merceria a Venezia.

Nella primavera seguente, la Schola e Università dei Libreri e Stampatori Veneziani, nella figura del suo Priore Francesco Storti:“ottenne benignamente” dalDoge“d’essere esentati dall’aprire bottega in Piazza San Marco per la Festa della Sensa”.  In precedenza i Libreri avevano presentato una supplica alla Serenissima tramite diversi Avvocati perché a causa dei pericoli di acqua e fuoco a cui era soggetta la loro mercanzia, come per la molta spesa per trasportarla, non avevano certezza di procurarsi un ritorno di reddito.

1738: a riconoscimento dell’introduzione nello Stato della carta dorate e inargentata o miniata con l’aiuto di tecnici esteri di Augusta, lo stato concesse privilegi e privativa ventennale aiRemondini di Bassano:“per carte damascate e vellutate ed esenzione daziaria ed altro”. Nel 1767 i Remondini che possedevano 4 cartiere con 40 torchi attivi, producevano: immagini religiose, carte dorate, carte da gioco, carte miniate dando lavoro a 2.400 persone, e le loro“carte”andavano fino in Spagna, America, Piemonte, Francia, Germania, Danimarca, Svizzera ed Ungheria.

Nel 1767 a protezione della Carta Nazionale, la Serenissima mise al bando la Carta Estera che doveva venire bruciata se rinvenuta in circolazione ... Crebbe il numero delle cartiere fino a 123 mentre scese il lavoro e la domanda del prodotto scadendone la qualità ... Da Costantinopoli la Cancelleria Turca contestava la qualità delle forniture veneziane: “… è carta cruda, giallastra, difettosa nelle misure, nella massa è mancante di 1/3 del peso.”

 

Nel 1773, qualche anno dopo la storiaccia del Padovano Daniel Lanzache fece vittime durante ilCarnevaleviolentando diverse donnesotto la scala di Cà Morosini, a San Mattio di Rialto e nel Campiello del Solprima di fuggire scomparendo gettandosi in un canale inseguito da un energico Gondoliere;  l’Arte dei Carta-Librai Veneziani contava 828 iscritti: 150 cartai in totale, di cui 25 erano Garzoni, 33 Lavoranti e 92 MastriCartai attivi in 35 botteghe; i Torcolanti e Compositori erano 310 distribuiti in 51 Librarie ... Giacomo Manzoni Capomastro Carter “aprì con suo capitale e nel rispetto delle Regole e degli Ordini dell’Arte” nuova bottega in Calle de’ Bombaseri in Contrà de San Bartolomio de Rialto “All’Insegna della Santa Tèrsa o Teresa”… In quegli stessi anni i Librèri raccontavano che non era facile avere l’opportuno quorum nelle loro riunioni: perché erano sempre meno frequentate … Alcuni Libreri iscritti all’Arte tenevano aperta bottega e lavoravano impunemente anche il giorno della Festa della Patrona dell’Arte: il 7 ottobre, che era ricorrenza anche dell’antica sontuosa Vittoria di Lepanto… A Venezia non c’era più rispetto per niente e nessuno … L’anno seguente, i Proveditori da Comun dettando nuove regole circa le Cariche della Schola,confermarono la norma che proibiva alle botteghe dei Stampadori e dei Libreri di rimanere aperte anche nei giorni festivi trasponendo ogni Festa Patronale esclusivamente di domenica: “perché c’era da lavorare durante la settimana.”

Giacomo Casanova stesso possedeva una biblioteca di Libri Proibiti e di Magia. Scriveva nella “Storia della mia vita”(pubblicata postuma dopo la morte del 1798): “… tutti quelli che mi sapevano in possesso di tali libri mi reputavano un Mago capace di opere mirabolanti, e ciò non mi dispiaceva affatto.”

Nel 1795 lo Stato Veneto produceva: 455.880 risme di carta per un valore di 911.760 ducati. Ne esportava 127.227 risme per un valore di 254.454 ducati. 49.797 uscivano per “la Stadella di Verona”, ed altre per 64.000 ducati uscivano dalla Marittima di Venezia imbarcate verso il Levante.

Quanta Carta scorreva a Venezia e nella sua Scrivia, e quante storie di Carte e Libri !

Due anni dopo infine, giunse la mesta conclusione di tutto quel mondo di Carta, Storia di storie e Libri: Miniadori, Disegnadori, Cartoleri, Indoradori, Targheri, Maschereri, Dipintori e Doradori vennero frettolosamente unificati insieme prima che la professione venisse soppressa del tutto, cioè liberalizzata e lasciata la libera iniziativa del commercio e della concorrenza. Francesi napoleonici e Imperiali Austriaci a più riprese sgretolarono e distrussero tutti quei modi, e quel “mare di Carta tutto Veneziano”… All’inizio del secolo sequente l’attività Libraria e della Carta andò prima in stallo, e poi declinò velocemente riducendosi a solo 36 stamperie con 68 torchi attivi. Negli anni seguenti l’attività quasi scomparve del tutto … Non c’erano più Carte sulle Scalee di Rialto, né la ScriviaVeneziana esisteva più.

Tanti Libri e Carte comuni e di pregio prelevati a Rialto, o saccheggiati nelle sontuose e ricche biblioteche di Conventi e Patrizi finirono utilizzati per incartare pesce, carne, lugàneghe, verdure e frattaglie nei Mercati di Contrada o di Rialto e San Marco ... Un vecchio Codice tutto colorato e dipinto prelavato quasi per niente in una casa dei Monaci, tornò buono per rintuzzare la falla di una barca in attesa di trovare un po’ di stoppa.

La temibilissima Inquisizione ? … Spazzata via quasi del tutto pure lei, perché i tempi erano cambiati, e il tanto diabolico sentire contenuto e nascosto nei Libri era passato di moda, s’era come esaurito e spento ... O meglio: nessuno considerava più le Carte e i Libri con quella partecipazione e animosità con cui erano stati trattati per fin troppo tempo.

Quanta Carta in ogni caso … e quante Storie di Carta.

 


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