#unacuriositàvenezianapervolta 295
I Pedòti da e per l’Istria
Sfiorare l’argomento Istriaè come mettersi da Formica accanto a un Elefante ... L’Istria con la sua Storia è un colosso, qualcosa su cui esiste un’immane letteratura davvero curiosa e interessante soprattutto per le sue vicende trasnazionali.
Venezia però con la sua Storia ha avuto a che fare un po’ con tutti … anche con l’Istria, in quanto è stata a lungo suo “protettorato” pur trovandosi al di là dell’Adriatico.
Ne parlo allora perché proprio qui a Venezia, nel Sestiere di Castello, precisamente nella Contrada del Vescovo cioè di San Pietro, c’è stata per secoli la Schola-Suffragio della Croce dei Pedoti da e per l’Istria.
S’intuisce al volo che Pedòti o Pedòtti significava: Piloti… “Pedottàr”: è guidar la nave …“Pedòn”: era il remo che fungeva da timone.
Pedòto quindi, nel rimaneggiamento dialettale indica: un Pilota marittimo, un capobarca Marinaio.
Potevano iscriversi a quella Schola tutti coloro che conducevano navi e viaggiavano fra Venezia e l'Istriatoccando tutte le destinazioni e i porti intermedi come Parenzo e Rovigno.
I Veneziani ci tenevano un sacco che quei Pedòti fossero gente abile, di qualità, veramente adatti alla mansione che ricoprivamo, perché la traversata dell’Adriatico, per quanto fosse appetibile, non era affatto un giochino. Era pericolosa ieri come oggi, tanto da poterci rimettere la pelle. Ma siamo sinceri: ai Veneziani interessava soprattutto preservare il carico e gli affari che ci giravano intorno, più che le persone e i Marinai in se.
“Conciosia che li Pedotti di Venezia si habbiano lamentadi davanti la Nostra Signoria, che li Nostri del star suo a Parenzo dal primo di settembre fin tutto marzo, non vien osservalo, perchè alenili de loro sono [?], et eliam li Padroni delle Nave e Navillj alcuna volte non tuoleno Pedotti, ma tuoleuo alcun omo de Istria, over fanno alcun Marinaro Pedotta; per la qual cosa la Nave et Navillj incorrono pericolo, come nuovameute è avegnuto delle Nave del Moricio di Pietro, e di Larian, e della Cornara, e del Barharìgo e de altri Navillj e Barchesi, i quali senza l'edotte hanno voluto venir a Venezia, et perchè le necessario a proveder sopra di ciò, che tutti sappia con che ordine i se debbano rezer, el li l'edotti de le Nave et Navillj non vengano a Venezia con tanti pericolo, quanto vengono non venendo sopra il Porto con tempo [con burrasca). El và parte, che tutti li l'edotti de Venezia siansegnato dal primo di settembre fin tutto marzo aspellar hi Paì-enzOj ovver al Scoglio di san Nicolò a Parenzo verso Rovigno, e dal primo di AvriI fm tulio Agosto non passar Rovigno. Et si i contrafaranno, ovver andarà, ovver mandai à i fattegli, ovver alcun altro per Pedotta, ovver praticherà de pedollar caza (incorra nella pena) de Ducati vinlicinque et sia un mese in preson, et privado per dieci anni de pedottar, della qual pena pecuniaria el terzo sia del Podestà di Parenzo, over di Rovigno, over delli Officiali di Cattaveri alli quali prima se farà la coscienza, et alli qua! queste cose siau commesse da esser inqueride, ed il terzo sia di tutti li altri Pedotti, e lo altro terzo sia de lo accusatine. Et tutte le Nave et Navillj nostri, over altri Navilli de cadauna qualità e nome che conduce a Venezia beni d'ogni sorte da Botte cento in su siano tegnudi a tuor Pedotii nostri ne i detti luoghi, ne i ditti tempi, e non altro, sotto peno de Ducati cinquanta nei proprj beni del Patron, le qual pece siano scosse per i Cattaveri et divise ut supra salvo justo impedimento de fortuna da esser cognossudo li ditti Cattaveri. El tulli li Pedolti predilli siano scritti all' Officio di Caltaver, ne alcun s'intenda l'edotta, ci qual al ditto Officio non sia scritti, el qual non abili in Venezia con la sua famiglia, et eliam nou sia scritto Pedotta alcun da nuovo, el qual non sia andado due volte in un anno de Inverno e de Istade con li Officiali di Cattaver, et con tal de più intendenti Pedotti sopra la faxa (foce del porto), el presenti gli Officiali e Pedotti averà mostrada quello che intende colui che vorrà esser Pedotta de la condizion de la faxa, et habuda da qui scieutia de colui el qual vorrà esser scritto per Pedotta, se a quelli Officiali di Cattaver, e Pedolti parerà colui da esser scritto per Pedotta, sia scritto, et altramente non …”
Fin da 1449, nove anni dopo che il Senato aveva stabilito “diritti e doveri”, per l’Arte dei Pedoti da Nave, la Schola trovò sede e ospitalità presso la chiesa del Vescovo de Castèloscegliendosi come Patrono-Protettore la Santa Croce.
I Pedòti fecero le cose per benino: col consenso del Consiglio dei Dieci l’anno seguente iniziarono a redigere la loro Mariegola: la “mare di ogni Regola”che venne approvata dalle Magistrature Veneziane competenti in materia.
Le Regole dei Pedòtierano molto semplici: i Pedòti avevano il loro abito-costume da cerimonia, indossandolo i confratelli dovevano accompagnare alla tomba i Morti dei Pedòti, e si obbligavano a recitare 25 Pater ed altrettante Ave “a loro sollievo” ... Ogni Pedòta di ritorno dal viaggio a Venezia aveva diritto a quattro giorni di riposo per stare con la propria famiglia e curare i propri affari allestendo il prossimo viaggio-spedizione ... Tutti i Pedòti presenti a Venezia il giorno della Festa della Sènsa dovevano accompagnare con le loro barche il Bucintoro del Doge durante “lo Sposalizio col Mare” celebrato sulle acque prospicenti il CastelVecchio di San Nicoletto del Lido… I Pedòti per l’Istria avevano l’onore-onere con due barche a sei remi, di rimorchiare la barca sui cui viaggiava il neoinventato titolo di Patriarca, cioè il Vescovo di Venezia. Lo dovevano andare a prendere a Sant’Elena o Santa Lena, dove tutto apparato e pomposo si sarebbe incontrato col Doge durante la cerimonia.
A tal proposito, a quelli della Schola venivano scontati 2 ducati su 3 dell’affitto annuo dovuto per l’uso della Sede, proprio per via di quel “servizio” che rendevano al Patriarca-Vescovo il giorno della Sensa.
Nel 1513 s’iniziò a costruire una nuova sede più confacente per i Pedoti trovando spazio addirittura dentro allo stesso Palazzo del Patriarca di Castello: “sotto la scala granda, presso la porta a destra"… La sede conteneva perfino un altare riservato ai Pedòti, anche se gira e volta si trattava pur sempre di un “sottoscala” ... ma prestigioso, in quanto proprio dentro alla casa del Vescovo.
Finiti i lavori l’affitto lievitò a 12 ducati annui, anzi: 11 per via di un ducato scontato: “per via del solito accompagnamento del Patriarca della Sensa”. I Canonici di San Pietro di Castello sapevano far bene i loro affari, e sapevano come, perché, a chi, in che modo, e con quali guadagni concedere i loro spazi vitali.
Nota curiosa … Fu di certo significativa durante la storica flessione economica del 1527-29 a Venezia l’azione dei Pedòti per l’Istria che tradizionalmente si trattenevano in estate a Rovignoe d’inverno a Parenzo. Quelli dell’Istria erano i porti di transito per il rifornimento cerealicolo della capitale dello Stato Serenissimo col suo Emporio di Rialto. All’inizio del 1500 Venezia con la sua Laguna con circa 190.000 persone veniva considerata come la quinta città del Mondo di allora. Stava fra le più City più grandi e popolose come Parigi, Londra, Costantinopoli e Napoli, e per questo consumava annualmente circa 500.000 staia di cereali quasi tutti provenienti dall’Oltremare... I Pedòti erano quindi essenziali per Venezia.
Dopo la batosta di Venezia subita dalla Lega di Cambrai, cambiarono gli equilibri sull’intero scenario politico Europeo-Asiatico… Il Turco stava premendo e facendosi spazio, i mercati del Levante erano in profonda crisi, e si sovrapposero a tutto questo anche carestie e peste, che misero in ginocchio le economie degli Stati Europei… Veneziacompresa.
La peste seguendo i corridoi di transito dell’Asia Minore e del Mar Nero giunse nel Bacino del Mediterraneo raggiungendo Rodi, Creta, il Peloponneso, Corfù, Zante, Sebenico e Spalato con l’Istria e la Dalmazia. Attraversò quindi il mare, e andò quindi fino a Venezia e nella Terraferma, e nella Casa del Friuli, e oltre l’Appennino guastando buona parte dell’Italia.
Ampliato il loro Impero sul Bosforoe verso il Danubio e la Persia, a loro volta anche i Turchi avevano bisogno di risorse. Per questo intercettavano le granaglie dei Mercati Russi, Greci e Rumeni che fino a poco tempo prima erano dirette a Venezia e nelle altre città Italiane … Pedòtiquindi attaccati in mare, e tante risorse e vite perse.
Era rischiosissimo vivere e lavorare “da Pedòta”… I prezzi allora lievitarono, e con quelli anche la fame, e perfino i morti …
Marin Sanudo il Diarista, ricorda di come il Bailo Veneto, già il primo ottobre 1527 era riuscito ad ottenere dalla PortaTurcal'autorizzazione scritta ad acquistare sul territorio greco (ad occidente di capo Matapan) e ad esportare ben 60.000 staia di granaglie. Dopo di ciò il Gran Visir Turco vietò la vendita di grano agli stranieri, perché, in seguito allo scarso raccolto, la sua mancanza si era fatta sentire nella stessa Costantinopoli e nel suo retroterra. Nell'agosto 1528 il Bailo di Costantinopoli informò il Governo Veneziano che “nello Stato del Sultano” non c'era più molto grano da esportare, e che esso si poteva acquistare unicamente sul territorio di Napoli di Romania e di Salonicco. Il prezzo di tale genere alimentare cominciò a salire e raggiunse le 15 libbre per staio. Le Galee Veneziane si diressero allora a caricare cereali nei porti della parte greca del Levante, e nei lontani scali di Alessandria d'Egitto, e di Sinope sul Mar Nero.
Comprati “i grani” a Salonicco, Costantinopoli, Negroponte in Eubea e Tana sul Mare d’Azov,Feudatari Greci e Albanesi sfidando i divieti e i controlli Turchicontinuavano a vendere granaglie a prezzi esorbitanti ai compratori Veneziani. Così che le navi da guerra della Serenissima sfidando gli agguati dei Corsariintorno al Peloponneso e Creta, e la Pirateria Berbera e Valoneseintorno a Rodi, scortavano le Galee da Carico con i loro preziosi carichi di cereali, proteggendole contro gli attacchi Turchi. Risalito l’Adriatico, le navi sostavano nei porti dell'Istria: a Rovigno e Parenzo, da dove proprio i Pedòti le guidavano fra basse e secche, alte e basse maree fino a Malamocco e Venezia, sul Molo di San Marco, fino alla Zuèca(Giudecca), e alla Riva degli Schiavoni dove esistevano posti d’approdo e carico-scarico appositamente contrassegnati e riservati a loro.
In quell’epoca quindi i Pedòti da e per l’Istria furono protagonisti a Venezia.
Ancora il Cronista Sanudoricorda che nel marzo 1528: due navi cariche di grano procedevano in direzione dell'lstria, nei cui Fonteghi sulla costa occidentale erano già depositate 18.000 staia pronte per essere trasportate nella“metropoli Veneziana”. L'invio dei cereali attraverso i Porti Istriani continuò nei mesi successivi. Secondo tali fonti nell'autunno 1528 approdarono a Parenzo, Umago e Pirano: ben quaranta Velieri Veneziani carichi di grano. Si trattava di una flotta eterogenea formata da leggere e veloci Caravelle Spagnole, da pesanti e lunghe Caràcche, da piccole Marcilianea tre alberi da 80 tonnellate, da Schiràzzi a quattro vele, da agili Grippi Croati a remi a un albero, e da piccole e basse Peòte o Peàteda Carico.
Il Provveditor alle Biave Antonio Venier prima, e Zan Francesco da Molin poi, minacciando punizioni esemplari, razziarono e svuotarono del tutto i Fondaci Istrianidi Capodistria, Pola, Ossero, Cherso Pirano, Rovigno e Parenzo.Solo dopo aver rifornito la Dominante si poteva rifornirsi a pagamento a seguito di speciali “Concessioni” da parte dei Veneziani.
Parenzo, pur essendo ridotto a fine 1600 per via della peste a solo un centinaio di persone, era detto “Porto della Serenissima e Scudo della Dominante”, e la rotta per Venezia era: “la Parenzàna” lunga circa cento miglia, con venti, nebbie, scogli e bassifondi da affrontare.
Serviva tutta l’abilità dei Pedòtiper passare ... Quindi furono uomini davvero preziosi per la Serenissima.
Sarebbe molto complesso, anche se curioso e interessante, raccontare nel dettaglio tutta la Storia … Quella quasi epica, ad esempio, di una flottiglia, supportata e guidata proprio dai Pedòti dell’Istria, che giunse infine sana e salva a Venezia, dove secondo i racconti dello stesso Sanudo, la gente stava gridando per strada: “Gho fame !” aggrappandosi perfino ad elemosinare sui bordi degli abiti dei Nobili Veneziani.
Ecco qualche nome di quei Padroni da Nave, e di quei Pedòti dell’Istria che in un certo modo realizzarono quelle piccole impreseeconomiche. C’erano fra loro: i Veneziani Bonagratia de Bartolomiom Bartholomio de Stephano, Augustin Pelizer, Zaneto Padoan e Zaneto Bruneto, alcuni dei quali si spinsero fino ad Alessandria d’Egitto per rifornirsi di fave, orzo e grano a nome della Serenissima … Il grano venne poi trasbordato sulle Peòte deiPedòti: Zuane e Piero Smergo, Zuena Frezin, Pasqualin Sergo, Marco Camuso, Andrea de Lutia da Parenzo, e Bernardin de Sdregna e Zampiero Grasso da Chioggia che salpavano e tornavano di continuo da e per Venezia.
Tornando ancora in Laguna … Nel 1618 il Patriarca Priuli vietò l'uso di quell’altarolocollocato nel sottoscala del suo Palazzo, ai 100 Pedòti della Schola, che pagavano lire 7 e soldi 16, oltre che soldi 12 al mese, per usufruire dei Benefici Sociali e Spirituali della Schola. Dopo le immancabili contrattazioni e discussioni, i Pedòti per l’Istria vennero dirottati, a pagamento s’intende, sull’uso dell’Altare di San Pièro in chiesa, che dopo opportune modifiche venne rititolato a San carlo Borromeo destinandolo all’uso comune …. Se i Pedòtine volevano l’uso esclusivo: dovevano fare un’ulteriore opportuna offerta in denaro che sarebbe stata valutata dal Capitolo di Canonici di San Pietro ... Gli affari erano affari … i Pedòtis’erano fatti ricchi, e anche le “Devozioni per la Via del Cielo”avevano quindi un loro prezzo “prendere o lasciare”: “Tutti sapevano a Venezia che i Pedòti della Schola avevano cespiti e anche rendite annuali per almeno 10 ducati da immobili posseduti in Venezia”.
I Savi agli Ordini e gli Ufficiali aI Cattavèr della Serenissima(Cattavèr significava: raccattare, cercare gli evasori fiscali) detti anche Avogadori de Intus vigilavano sull'usura e il comportamento degli Ebrei a Venezia, ma anche sui Dazi, il Fisco, i lasciti ed eredità, e perfino su eventuali tesori trovati per terra e per mare. Controllavano anche gli "Armiragli" dei Porti di Lido e Malamocco, nonchè ovviamente anche i Pedòti dell'Istria con la loro Schola.
Infine nel 1773: “il piatto dei Pedòti per l’Istria piangeva”, perché diventato scarso di risorse. I Pedòti quindi divennero ancor meno propensi a investire risorse dandole ai Preti, o trasformandole in Messe e Preghiere. I Canonici di San Pietro allora storsero il naso, e declassarono la Schola dei Pedòti dell’Istriaaggregandola a quella del Santissimo della Contrada de San Piero. Insieme alla loro sede nel sottoscala del Palazzo Patriarcale, i Pedòti per l’Istria di Venezia rinunciarono e persero anche la loro singolarità.
I Tempi indubbiamente stavano cambiando per tutti ... e terminò così un’altra Storia tutta Veneziana.