#unacuriositàvenezianapervolta 298
Il Castagnàro Spizièr a la Zuèca
Raccontano fra il tanto altro le solite Cronache Veneziane quasi pettegole: “Nel 1600 era attivo al Redentore della Giudecca un Fratacciòn, Padre Spizièr … Infermièro anche.”
Mi sono incuriosito ovviamente, perché anch’io vivo, lavoro e penso da Infermièro… Quello era un Veneziano fra Veneziani intento a vivere e servire la Zuècca e i mali e i guasti della sua epoca ... Una specie di collega d’altri tempi, mi sono detto.
Poi lo sappiamo bene tutti: le Pesti Veneziane del Redentore e della Salute hanno contato morti su morti: decine di migliaia, e hanno segnato in maniera indelebile la Storia della nostra antica Repubblica Lagunare.
Sono stati bravissimi quei Veneziani di allora nel saper “andar oltre l’epidemia pestilenziale”… Forse più di noi, fatte le debite proporzioni … Teniamo inoltre conto che certe epidemie allora si presentavano “ogni do e do quattro”, cioè: di continuo, e martoriavano ogni volta l’intera società Veneta, l’Italia, l’Europea e il Mediterraneo con l’Oriente. Non era mai finita: ogni volta si doveva ricominciare tutto da capo … C’era appena il tempo di tirare il fiato un attimo, che poi si ripartiva con un altro contagio disastroso.
Mi sono imbattuto casualmente nel poco conosciuto Castagnàro (1564-1640), che mi ha subito calamitato, soprattutto perché dopo 40 anni di professione Infermerària esercitata direttamente “sul campo” dentro al Convento dei Frati Cappuccini del Redentore della Giudecca, ha scritto anche un bel libretto. Quando ho provato a leggerlo, non sono riuscito più a distaccarmene, e me lo sono “bevuto tutto d’un fiato” dall’inizio fino alla fine: “Bravo il Castagnàro !” ho borbottato fra me e me alla fine.
“Sono Francesco dal Bosco da Valdobiadene Frate Minorita Cappuccino, che tutti chiamano “il Castagnàro” … Ero un Erbolàrio del Convento, uno Speziàle del Redentore, cioè un Farmacista di una volta.” così inizia il suo libro.
Incuriosito, sono andato a controllare: il Castagnàro non è stato affatto una fiaba, o un prestanome letterario pseudonimo e inventato. C’è stato per davvero in quegli anni un Frate Cappuccino Spezière e Infermerario vissuto alla Giudecca, e chiamato proprio così.
E’ simpatico e accattivante il Castagnàronel scrivere. Sembra quasi un fiume in piena nel suo modo di esprimersi, pare quasi abbia fretta di raccontare tutto prima che sia troppo tardi, prima che certe memorie vadano sfortunatamente perdute. Perciò spiega e descrive per filo e per segno ogni “rimedio” che aveva a disposizione ... Erano quei “ritrovati medicamentosi” che traeva dai Semplici dell’Orto del Redentore. Si sa bene che il Redentore dei Cappuccini della Giudecca era il Convento dell’isola meglio fornito di terra e di spazi da coltivare oltre che di persone preparate e capaci al riguardo: “si coltivavano 59 specie diverse di Piante Semplici, insieme a Ulivi, Viti, Alberi da frutto, Ortaggi e alcune Erbe Aromatiche ... C’erano: la Rosa, il Cumino, il Giglio, la Salvia e il Rosmarino, ma anche la Belladonna, il Giusquiamo, l’Elleboro, la Nicotiana, la Digitale e molto altro.”
Non si sa molto del Castagnàro, quasi solo il nome e qualche spicciola nota, ma è rimasto quel suo testo prezioso che in qualche modo riassume non solo la sua cospicua sapienza, ma riflette anche indicazioni sulla sua personalità, intelligenza e abilità ... Era un buon Infermierone a tutto tondo: abile e competente, ammirevole per davvero.
La Giudecca di metà 1500 ai tempi del Castagnàro è descritta nelle Cronache Veneziane: “pel gelo principiato gelò la Laguna, Canal della Zuecha e fino a Muran … Le barche de’ tragitti tiravansi con corde e si va a piedi da le Zattere a la Zuecha.”
Il fango ricavato dallo scavo del Canal Grande e del Porto Veneziano affacciato sul Bacino di San Marco veniva scaricato a sud della Giudecca dal lato Laguna creando nuove sacche e nuovi spazi dove sorgevano in fretta altrettanti nuovi squeri, magazzini e caxette da abitare ... Era piena di vita, e ferveva d’attività e persone di tutti i tipi quella parte di Venezia.
Giusto a metà secolo sull’Oltrecanale delle Zattere dei Gesuati: Betta Contessa faceva la puttana per uno scudo in casa della barcarola che le abitava sottocasa, mentre Bertolina Ruosa faceva lo stesso “antico mestiere” poco distante in Contrada di Sant’Agnese vicino al Ponte del Ridotto,dove c’erano anche Cornelia De Stefani “che voleva 6 soldi a bòtta”, e Catarina da Lodi “dona maridàda che lavorava verso San Vio”. Bettina e Chiaretta Padoane, invece: “stavano più avanti” nella Contrada di San Gregorio al Ponte dell’Asèo, in Calle della Lanza: “Non c’era concorrenza fra loro: c’era lavoro bastevole per tutte e due.”
Alla Zueca, invece, al Lago Oscuro, c’era Chiara Buratella in casa di Laura “la Grassa”disponibile per 2 soldi … Nel 1566 Antonio di Faustin faceva il Murer alla Giudeccadove vivevano circa3.759 Veneziani diventati così pochi per colpa della Peste, tornati ad essere 4.409 nel 1642 quando nell’Isola erano aperte e funzionavano di nuovo 51 botteghe.
Nell’Isola di Spinalonga, cioè sempre alla Giudecca, si radunavano e avevano sede numerose Compagnie ovvero Accademie della Calza che coinvolgevano e interessavano soprattutto Veneziani facoltosi e Nobili, ma anche: “liberissime Nobildonne e Dame di Casada”.
I Compagnidella Calza guidati da Prioree Camerlengo, e serviti da Segretario e Cappellano, osservavano, anche se non sembrava, uno specifico Statuto, indossando “bràghe attillate”, portando ricamato sugli sbuffi delle maniche e sul rovescio del cappuccio: “l’impresa o stemmadell’Accademia d’appartenenza”, e scambiandosi un affettuoso bacio di pace quando s’incontravano o lasciavano per strada.
Una delle “idee guida” di quelle Accademie Giudecchine e Veneziane, era che quelle aggregazioni andavano considerate come un “Hortus Conclusus”, in cui gli aderenti “si scambiavano sentimenti e preziosità ai fini di trarre efficace giovamento quanto i Semplici delle Spezierie dei Monaci.” … Bellissimo ed efficace paragone !
Nel luglio 1575 in Contrada di San Marzial nel Sestiere di Cannaregio, in casa di Vincenzo Franceschi si ospitò un Trentino della Valsugana: era infetto dal morbo della Peste. Morì in fretta e senza soldi, perciò gli vennero venduti i vestiti per pagargli il funerale. Furono comprati da alcuni della Contrada di San Basiliodall’altra parte di Venezia, e fu proprio lì che qualche giorno dopo s’incominciò a morire in tanti di Peste, mentre altre 3 donne morirono nella casa iniziale di San Marzial ... Era iniziata un’altra epidemia, e in breve Venezia intera venne falcidiata. La “Peste del Redentore”si portò via 40.000 Veneziani: ¼ dell’intera città Lagunare … Furono più di 50.000 le vittime conteggiando il resto della Laguna.
Come ben sapete, a un certo punto, nel settembre 1576,i superstiti idearono la costruzione di un Tempio Civico di Stato che sarebbe diventato “il Redentore”. Il Senato della Serenissimacomprò, infatti, per 2.670 ducati un fondo libero alla Giudecca, e poi altre due pezze di terra occupate da un magazzino, un forno, e da alcune basse caxete ... Costarono rispettivamente 120 e 960 ducati. Si atterrò tutto, e si diede inizio alla costruzione del nuovo chiesone votivo.
Al tempo di quel singolare gesto pubblico il Castagnàro aveva solo dodici anni. Sapeva quindi tutto di quella storia, l’aveva vissuta in prima persona assistendo a quello scempio mortale con i suoi stessi occhi.
L’anno seguente alla posa della prima pietra del Redentore, mentre Gioseffo Zarlino Maestro e Teorico Musicale della Cappella Ducale di San Marco componeva apposite musiche per celebrare e inaugurare l’evento: la Peste a Venezia cessò ... Pensate quel che volete: la Storia a Venezia quella volta andò così.
Nacque così l’annuale Festa del Redentore:“col Ponte Votivo di barche sul Canale della Giudecca, i fòghi, le luminarie, le magnàe, la sagra sulle rive e i campi della fredda e umida Isola delle Fòche, e l’alba attesa festeggiando sulla spiaggia al Lido … Una delle Feste più nobili dei Veneziani: la Notte Granda del Redentore.”
Il chiesone votivo con l’adiacente Convento dei Frati Cappuccini venne completato solo nel 1592, tra 1578 e 1589 la Serenissimaspese più di 6.000 ducati per dare al Redentore: 3 calici d’argento, suppellettili per gli altari, paramenti per i Frati e i Sacerdoti, e a più riprese (circa 18 volte) spese altri 4.000 ducati per abbellire ulteriormente “il Pubblico Tempio”, e completare Convento e Infermeria dei Frati che ci vivevano accanto ... Quando si chiuse il cantiere e si smontarono le impalcature, vennero inviate al vicino complesso delle Zitelle:“giù e più in là nella stessa fondamenta”, che in quegli stessi anni stava sorgendo.
Il Doge di Venezia fu esplicito con i Frati del Redentore: accanto al chiesone doveva esserci sempre qualcuno, cioè una Spezieria (una Farmacia), in grado di aiutare e assistere sempre i poveri e i bisognosi della Giudecca … e non solo quelli.
Si sapeva che a Venezia esisteva l’avviatissima quanto celebrata e ricca Antica Arte degli Spezieri differenziata in diverse categorie. Le Spezierie Veneziane erano diffuse e presenti capillarmente in quasi tutte le singole Contrade. Ma erano realtà inavvicinabili per molti Veneziani dalle scarne risorse, per cui i Religiosi in qualche maniera integravano quell’attività mettendo a disposizione delle categorie sociale meno abbienti quei preziosi prodotti ... e non solo. Con i loro Ospizi e iniziative prestavano anche assistenza alle “categorie inferiori dei Veneziani”per i quali ammalarsi era più che un lusso oltre che una vera e propria tragedia e disgrazia economica.
Il Castagnàro allora aveva vent’otto anni.
In realtà i Frati Cappuccini si trovavano alla Giudecca già da prima del Redentore. Le Nobildonne Fiorenza Cornermoglie di Pietro Trevisan, e Teodosia Scripiana avevano fatto edificare nel 1541 la chiesetta di Santa Maria degli Angeli col circostante Convento-Ospizietto consegnandoli a Frà Bonaventura Degli Emmanueli Minore Osservante, che nello stesso anno lo diede ai Cappuccini dei quali vestì l'abito. Sua madre Lucia Centi, una delle Compagne Devote fondatrici dell’Hospedale degli Incurabili sulle Zattere, donò più volte migliaia di ducati al nuovo Ospedaletto-Convento dei Cappuccini della Zuèca, e donò loro anche una casa di gran valore.
Cinque anni dopo però, Bernardino Ochino Frate Generale dei Cappuccini finì in disgrazia agli occhi della Serenissimae dei Veneziani. Venne accusato insieme ai Cappuccini d’Eresia, perciò per salvar la pelle: gettò via l’abito Cappuccino tornando ad essere Osservante, e buttò in strada i Frati Cappuccini dell’Ospizietto della Giudecca ... I Frati non si arresero né se ne andarono. Rimasero a svolgere la loro attività spirituale e assistenziale alla Zuèca innalzando un piccolo Convento provvisorio di baracche di legno in una zona poco distante detta “Monte dei Corni”, per via che là c’era una discarica di resti e corna di buoi della macellagione.
Il Castagnaro in quegli anni doveva ancora nascere.
Due anni dopo ancora, nel 1548, un turbine spazzò via l’Ospizio dei Fratidi Sant’Angelo, e nel frattempo era anche morto il bellicoso quanto velleitario Frà Bonaventura. I Frati Cappuccini allora poterono tornare nella risistemata Santa Maria degli Angeli: erano 16 in tutto ... Poi, come vi dicevo, arrivò la Peste del Redentore, e si era negli anni 1575-1576.
Nella Speziaria-Infermaria sorta al Redentore avrebbe lavorato il Castagnàro che allora aveva 14 anni ... e poi 25 ... Nel 1594 la Serenissima spese ancora circa 140 ducati commissionando la realizzazione di una speciale custodia per il Santissimo del Tempio del Redentore. Servirono nove anni di lavoro per realizzarla … LaSerenissima non intendeva ricredersi: aveva fatto quel gesto del Tempio Votivo, e in qualche modo intendeva prolungarlo e portarlo a compimento dimostrando coerenza e generosità nel patrocinarlo.
Nel 1600 tondo tondo la chiesetta della Giudecca chiamata da tutti di Sant’Angelo, venne di nuovo rifabbricata con i soldi di Raffele Iviziato Vescovo di Zante e Cefalonia, e riconsacrata col titolo di “Gesù Cristo nostro Salvatore”. Si chiamò così secondo alcuni per via della figura d'un Angelo scolpita sul prospetto della chiesuola. Secondo altri: in memoria dell’Isola di Sant’Angelo di Concordia o Contorta dove c’era stato un significativo Convento ... Poco cambiava.
Sei anni dopo ancora, precisamente il 6 maggio 1606, il Doge Leonardo Donà a nome della Serenissima Repubblica pubblicò il cosiddetto Protesto: il documento ufficiale Veneziano con cui si respingeva il Monitorio Pontificio d’ultimatum col quale Paolo V imponeva al Governo Veneziano di piegarsi ai suoi dettami. Venezia non intendeva chinare passiva la testa di fronte alle bizze, alle dottrine e ai capricci del Pontefice Romano … Il Papa quindi s’imbufalì, e il 15 maggio seguente la Serenissima incorse nella Scomunica-Interdetto. Doge e Signoria non si scomposero: risposero di rimando, quindi espulsero dalla Laguna e da tutto il Dominio Veneto tutti i Frati Cappuccini compresi quelli del Redentore della Giudecca, e già che c’erano mandarono via da Venezia tutti i Padri Teatini compresi quelli di San Nicolò dei Tolentini, soprattutto i potenti Padri Gesuitidichiaratamente troppo filoPapali, e perfino due Frati Eremiti Camaldolesi di Monte Rua sui Colli Euganei, che avevano alzato la cresta troppo a favore del Papa di Roma.
I Frati Cappuccini del Redentore che fecero fagotto lasciando la Giudecca, all’epoca erano: 150, di cui 20 Nobili o figli di Nobili.
Il Castagnàro allora aveva 42 anni.
Nel 1610 il ponte di barche della Festa del Redentore si ruppe e crollò causando diverse sventure ... Dieci anni dopo ancora arrivò di nuovo la Peste a Venezia: quella della Madonna della Salute… quando il Castagnàro aveva ormai più di 50 anni.
Il 19 luglio 1620 Claudio Monteverdiscrisse: “Mi s’aggiunge il bisogno di servire questa Serenissima Repubblica dimani che sarà alli 20 del presente alla chiesa del Redentore, giorno celebrato da questa Repubblica in memoria di una Grazia ricevuta da la man di Dio che fu la liberazione de la città d’una crudel peste.”
I Frati Cappuccini allora erano ormai rientrati in Laguna e al Redentore della Giudecca da un pezzo. Probabilmente fu proprio quello il lasco di tempo in cui il Castagnàro prestò servizio e intensa opera assistenziale al Redentore della Zuècca. Aveva 56 anni.
Devo fare una sottolineatura … Monasteri e Conventi “da Tradizione”sono sempre stati, almeno nell’intenzione, non solo luoghi di preghiera e meditazione, ma anche di operosità e accoglienza. Oltre a radunare uomini ascetici e contemplativi, offrivano spesso rifugio temporaneo a pellegrini e viaggiatori di passaggio, nonché soccorrevano miseri, malati e senza dimora, che a quei tempi pullulavano ovunque più che mai. Ecco allora perché Ospizi, Ospedali e Ospedaletti si chiamavano così: dal Latino: “Hospes”, cioè "l’ospite, l’ospitare".
Di conseguenza era necessaria la presenza di figure che fossero specializzate nel preparare medicamenti e curare i disturbi, oltre che generosi nella disponibilità e nelle prestazioni. Venezia poi, in quanto “porta di Mare”, era sempre aperta ad ogni novità, per cui confluirono sempre in Laguna: modi, conoscenze, nonché Rimedi, Herbe, Piante, Semi, Pietre e testi portati da Mercanti e Missionari dall’Oriente, dall’Arabia, e da ogni angolo del largo Mediterraneo. Nella consapevolezza Medica e nell’assistenza Veneziana si prolungavano e applicavano lo stile, le conoscenze e i rimedi del mitico Ippocratefondatore della medicina scientifica Greca, e quelle di Galeno di Pergamo, continuatore dell’antico Aristotelismo, da cui derivò la “Galenica”, cioè l'arte di preparare i Farmaci. C’erano poi gli acuti suggerimenti dei vari Dioscoride Pedanio, di Plinio, della Scuola Salernitana con l’erudito Alfano: Frate di Montecassino e medico … Insomma: c’era una foresta intera di dotte conoscenze che pareva perdersi e risalire alla notte dei tempi ... Venezia prese tutto provando a goderne dei benefici.
Già dai tempi più antichi le Regole Monastiche prevedevano la presenza di un Frate o MonacoInfirmarius:“che fosse sapiente, attento e premuroso, cioè capace di prendersi cura dei malati, degli anziani e degli indisposti.”
L’Infermierodoveva agire a favore dei Confratelli, ma anche dei bisognosi, distribuendo secondo necessità: bevande, elettuari, medicine e rimedi di cui era “Prattico”, e si attivava perché ci fosse il caldo o il fresco giusto, e la luce adatta per i malati. Ancora in quanto “Prattico” si dedicava con altri Monaci o Frati alla cultura dell’Orto e delle Erbe Medicinali del Giardino Conclusus dei Semplici, cioè deiMedicamenta Officinalia dell’Hortus Sanitatiscapaci di donare Rimedi ricchi di Significati e Simbologia, ma soprattutto: “buoni per corroborare Anima & Corpore”.
Non ci poteva essere luogo e ambiente più adatto per un uomo come il Castagnàro… Secondo la riflessione e la consapevolezza di allora, il Giardino dei Semplici per le sue capacità miracolose e guaritorie veniva in qualche modo assimilato a un Piccolo Paradiso Terrestre, dove Acqua e Rimedi erano come la Fonte della Vita Eterna, e quasi luogo ancestrale d’incontro-scontro fra Bene e Male, fra Peccato Mortifero, guastatore e Demoniaco e Grazia Salvifica capace di ridare Salute tramite i prodotti della Natura: “dono del Buon Dio”.
Nella mentalità di tanti, l’antico Hortus Conclusus andava contrapporsi al fiabesco Bosco, alla Selva e al Selvaticus: regni disordinati e incantati che ospitavano fiere feroci, Folletti, Elfi, Maghi e Stregoni: tutte figure emanazioni del Male ... Di rimando c’era sempre in giro da qualche parte qualche luogo con Semplici Sanitatis o Acqua Battesimale e Lustrale di Salvezzada contrapporre alle Acque infide e paludose, capaci d’ingoiare, illudere e annegare con le melliflue Sirene e Aguane … I Veneziani che solcavano Lagune e Mari sapevano più che bene queste cose: “Il Mare da Vita e Morte, Annega e Grazia ogni giorno ... arricchisce anche”.
A tal proposito, e solo per fare un esempio, alla Giudecca, a soli due passi dal Redentore, c’era il famoso Pozzo Miracoloso delle Monache di Santa Croxe: “al quale accorrevano in tanti da tutto il Veneto e da oltre per liberarsi da ogni infermità e afflizione del Corpo e dello Spirito” ... Alla Giudecca esistevano quindi molti Horti Conclusi grandi e piccoli, riservati o aperti, ma in ogni caso capaci di produrre e conservare quei “Medicamenta utile per l’esistenza”. C’erano i tre Orti e Giardini Claustrali dei vari: Santi Biagio e Catoldo, Santi Cosma e Damiano e Santa Croce delle Monache Benedettine, e poi c’erano ancora gli Orti e i Giardini di San Giacomo dei Serviti, San Giovanni Battista dei Camaldolesi ... e il Redentoreovviamente, e le Zitelle e le Convertite. La Giudecca pullulava di Orti i cui benefici, almeno in teoria, ricadevano a pioggia su tutti: “Come grandi antenne dirette verso il Cielo, negli Horti della Giudecca si era capaci di captare la Benevolentia Divina … Il miracolo del Redentore sulla Peste continuava giorno dopo giorno all’insegna e al ritmo della generosità e della gratuità: Gratis et Amore Dei erga omnes … Si respirava quasi una certa aria continua di guarigione e di voglia di vivere alla Giudecca ... E la Serenissima Repubblica stessa: pagava, vigilava e garantiva, anche se poi nella realtà tutto si faceva più difficile e più complicato da concedere … Per questo esisteva la Carità dei Frati ricchi di lasciti e patrimoni, esentati spesso da imposte e tributi per dedicarsi a quel Sacro e Umanitario scopo.”
Sempre alla Giudecca sorgevano anche altre realtà grandi e piccole che prestavano assistenza, cioè i vari Ospizi-Hospedaletti sparsi per l’isola: il Brustolado, il Buonaccorso e il Sagredo, tutti poco lontani dal Redentore.
Quasi ogni Convento, Monastero, Abbazia e Ospizio sparsi ovunque nelle Contrade Veneziane aveva: vigne, frutteti e piante ornamentali, e coltivava piante commestibili per rifornire Cucina e Refettorio, e per soddisfare e realizzare le varie Diete e Ricette di Grasso e Magro che scandivano e accompagnavano i Tempi Liturgici delle Feste e dei Digiuni … I Banchetti di Monaci e Monache, si sa, erano come una “Messa parallela” che si celebrava per nutrizione il Corpo con la stessa intensità e prodigalità con cui si nutriva lo Spirito dentro alla chiesa e nel Coro a suon di Funzioni, Orazioni, Processioni e Messe.
La Storia Veneziana ci racconta che molti Enti Ecclesiastici Venezianiaprivano spesso qualche finestrella “in fondo a Corticelle Sconte o Calli Morte” da dove dispensavano quotidianamente non solo minestre, ma anche cibo, “vestimenta e medicamenta”, e rimedi. Il tutto quasi sempre: “Gratia et Amore Dei”. Per secoli a Venezia ci sono state file quotidiane di mendicanti, bisognosi e malati ad attendere il pane e il pentolone delle Monache, o appunto: i soccorsi dei vari Infermieri, Herbaroli e Curanderi dei Conventi e dei Monasteri… L’esercizio della Carità a Venezia è stato una vera e propria Storia a parte.
Anche molti Nobili Veneziani avevano alla Giudecca oltre ai Palazzi, anche i loro Orti e Giardini Conclusi. Molto spesso alcuni li usavano come luoghi di delizie, bagordi, associazionismi e feste … Altri come luoghi di Cultura dove sperimentare Botanica o esprimere Letteratura … Un grande Orto della Giudecca venne trasformato anche nella Cavallerizza, dove si poteva divertirsi in tutti i modi lasciando a parte e dimenticando almeno per un poco o almeno per una notte intera “sia i guasti del Corpo che dell’Anima”.
Sin dal 1309 si hanno notizie di Frati dediti a insegnare Fitoterapia e Arte della Spezieria a Confratelli Novizi o di altri Conventi. C’erano altri Frati che andavano a studiare Medicina e a specializzarsi ed erudirsi in Speziaria, Muschiaria e Profumariafino a Parigi ... Un po’ per volta, tutti gli Ordini Monastici e Conventuali:Benedettini, Domenicani, Francescani, Agostiniani, Certosini, Cappuccini, Camaldolesi, Carmelitani e Gesuiti si prodigarono, chi più e chi meno, in Opera d’Assistenza e nella gestione di Ospedali e Spezierie. Nel 1381 i Domenicani dell'Antica Spezieria di Santa Maria Novella di Firenze vendevano l'“Acqua di Rose"come rimedio e disinfettante utile per le epidemie ... Le Monache Bolognesi del Corpus Domini erano famose per i loro speciali cerotti all’'"Elettuario di Calybes", mentre quelle di San Pietro Martire lo erano per l'“Unguento di Rose", quelle di San Gervasioper il "Vino di Ciliege", e quelle di San Lorenzoper l'”estratto di Cappone" ... Tutte vendevano e spedivano rifornendo anche Venezia ... Il Frate Agostiniano Evangelista Quattramistudioso di Botanica e Teologia a Roma, coltivatore e distillatore di Herbe, ha scritto nel 1586 un testo sulla Peste, con l'intento di preservare i Confratelli dal contagio, e dieci anni dopo un altro trattato sulla Teriaca: “Antidoto universale per ogni male” ... Erano gli anni immediatamente seguenti alla Peste del Redentore di Venezia.
Ancora nel 1760 a Padova, tutti i venti Conventi Femminili cittadini erano dotati di propria Spezieria “aperta a intendere i bisogni dei Viciniores della Contrada”.
Il Frate Castagnàro della Giudecca fu quindi depositario e continuatore di tutto questo: “Herbis, non verbis fiunt medicamina vitae ... Herbis, non verbis curantur corporis artus … Herbis, non verbis fiunt unguenta saluti … Herbis, non verbis redeunt in corpora vires.” ripetevano i Frati Infermerari e Spizieri compreso il Castagnàro… Cioè: "Con le erbe, non con le parole si fanno i medicamenti utili per la vita / Con le erbe, non con le parole si curano le membra del corpo / Con le erbe, non con le parole si realizzano gli unguenti utili per la salute / Con le erbe, non con le parole ritornano le forze nei corpi".
Me l’immagino all’opera il Frate Castagnàro, fra ceramiche, mortai, pestelli, bilancini e fragili vetrerie “coi lambicchi di Murano”, e poi: vasellami e brocche, alambicchi e albarelli. Erano il regno dello Speziàle e Aromatario ... Di sicuro il Castagnàro: classificava, schiacciava, essiccava e distillava erbe, foglie, radici, bacche e fiori, preparava essenze, elisir, pomate, sciroppi e balsami guidando e interagendo il piccolo esercito dei Conversi, dei Famigli e degli Ortolani sottoposti e stipendiati dai Frati del Redentore della Giudecca.
Sentitelo: “Vorrei pure parlarvi de mie seicento fra Albarelli, Tisaniere, Boccie, Boccali, Brocche, Orci e Vetrerie … Delle Bozze et Lambiccherie che mi hanno costrutto i Vetrai di Murano … Sapete ! … Alla fine del mio umile testo ho posto un’Orazione come chiave d’oro per aprire il Paradiso … ogniqualvolta si cada in peccato mortale … ma ho detto pure di come raccogliere in scatole di faggio. Ho detto de Semplici: di come conservarli, distinguerli e lavorarli ... Ho precisato de: sepali, de petali, de pistilli e foglie, e ho spiegato de gambi, radici, tuberi e bulbi …e di come in previsione farli divenir Rimedi ... Mi sono intrattenuto a lungo nella nostra Speziaria de Frati … e siamo ancora qua: al servizio dei Giudecchini e dei Veneziani … Questo mio posto potrà sembravi forse antro Alchemico o da Strìghe, ma è in realtà è locho d’ingegno, et casa di grande pratica caritatevole e medicatoria.”
La Spezieria del Redentore era un Laboratorio sempre all’opera in tutte le stagioni, sia per assistere le infermità dei Veneziani, che per vendere ed esportare altrove. Certi prodotti dei Frati venivano esportati ovunque, anche fino alle Indie, in Africa e in Cina.
Il Castagnàro a sua volta riceveva anche frequente “invii” da tutta Italia e dall’Estero. La Spezieria del Redentore con le sue attività è rimasta in piedi fino all’arrivo rivoluzionario dei francesi a fine 1700-inizio 1800, quando ogni bene dei Religiosi venne indemaniato, e ogni attività soppressa. In qualche modo trasversale comunque, la Spezieria-Farmacia del Redentoreè rimasta attiva e in piedi fino al 1956.
Leggendo lo scritto del Castagnàro, si evince che si è occupato più o meno direttamente, anche di studi e scritture naturaliste, di “sperimenti secreti”, Alchimia e Arte distillatoria. Ha preparato anche "Polvere dell’Algarotto" considerata miracolosa panacea capace di far concorrenza alla mitica Teriaca ... Sembra anche che il Castagnàro avrebbe voluto mettere insieme un Erbario Salatoraccogliendo esemplari di Piante della Laguna, e dei Territori della Terraferma Veneta … I limiti, i ritmi intensi della sua opera, e le esigenze del suo ruolo probabilmente glielo hanno impedito.
E’ interessante curiosare nella considerazione che il Castagnàro aveva di se: “Sono ignorante e goffo … Addotrino il caritativo Infermiero su come ne casi repentini possa applicare li rimedi proporzionati a mali de suoi Infermi... Quella dell’Infermiero è un’Arte Longa, e per governare mediocremente bene un’Infermaria non basta una vita intera … Ne casi difficili mai ho voluto servirmi de secretucci come fanno Ciarlatani e Donnicciole … Son nato in un Castagnaio, ed acconciavo botti quand’ero nel Mondo essendo al secolo, e non sapevo far altro mestiero … Per più di quarant’anni ho esercitato l’ufficio d’Infermiero del Convento, e che tutto son povero di lettere, con longa esperienza e prattica ero così valoroso che non solo gli stessi Medici mi addimandavano consiglio, ma anco s’accomandavano al mio parere …”
Alla fine Fra Francesco del Bosco da Valdobbiadene detto il Castagnàro, entrato in Convento del tutto ignorante, si è appassionato talmente della sua attività, che è arrivato a sistematizzare tutte le sue conoscenze “prattiche”ordinandole e mettendole per scritto su carta pubblicando: “La Prattica dell'Infermiero”.
In realtà l’operettadedicata a Tadio Morosini Capitanio di Verona,è stata pubblicata postumanel 1664, dopo la sua morte, in sole 450 copie. E’ stata edita a Veronaper i tipi di Giovanni Merlo ottenendo un buon successo, e venendo ristampata più volte. Veniva indicata come “manualetto empirico di Rimedi arricchito da nozioni teoretiche”.
Il libro davvero curioso è suddiviso in sei trattati, con una descrizione generale delle malattie e dei relativi Rimedi utili per compensarle o guarirle. Non si tratta di certo di un Antidotario, né di unclassico Ricettario di Medicinali, un testo diPharmacopea, o un’Opera Medica o Mesue Opera dettagliata. Quella del Castagnàro è di certo un opera singolare e unica nel suo genere.
Inizia col l’interrogarsi sulla complessità delle cose e delle situazioni mediche e naturali, come delle funzioni del Corpo: “Cose naturali quante siano … Non naturali quante, Preternaturali quante”; “Morbo che cosa sia e sue specie”; “Moti della Natura nel principio de mali, che cosa significhino”; “Declination del male come si conosca”; “Tempo universale del male qual sia”; “Elementi: loro numero e qualità”; “Facoltà principali dell’Anima quali siano”; “Forze: come s’intendano debili o gagliarde”; “Crisi e Giorni Critici che cosa significhino. Giorni pessimi per Infermarsi ... Mali della Primavera quasi siano. Quelli dell’Estate e dell’Autunno. Quelli dell’Inverno. Per lo più nascono dalla pienezza. Come si conoscano esser grandi”; “Intemperie, altra manifesta & altra occulata”; “Polso che cosa sia e sua cagione: differenze del medesimo”; “Nel principio delle Febri qual sia: sua languidezza da che nasca; Per toccarlo che avvertimenti s’abbiamo d’havere. Nelle Febri maligne qual sia”; “Principio del male come si conosca. Stato del male come si conosca. Ricaduta del male e suo pericolo”; “Sintoma che cosa sia e sue divisioni.”
Il Castagnàropoi elenca una lunga serie di: Radici purganti, Fiori, Frutti, Alberi, Essenze, Sali, Lacrime, Grassi, Acque, Vini, Succhi di Herbe e Sciroppi, che lui sa trasformare e amalgamare in: Elettuari, Pillole, Bagni artificiali, Infusi, Estratti, Decotti, Polveri medicamentose, Oli, Unguenti, Cerotti medicatie molto altro ... Spiega e precisa che è essenziale saper dosare nel giusto modo: Luce, Umidità, Acqua, Caldo e Freddo… Anche il Tempoè molto importante, oltre che i singoli Elementi e Sostanze: “A tal proposito a Venezia e in Laguna non sono mancati gli errori e gli incidenti: ci fu qualche episodio di utilizzo indebito o di medicine guaste, o somministrate nei modi sbagliati … Morirono in primis diversi Frati e Monache, o rimasero invalidi o alterati ... Stessa cosa per altri Vineziani, con grande disappunto soprattutto dei Nobili: gli unici capaci di permettersi contenziosi e proteste, ma anche della Serenissima tutta, financo alla popolazione infima e tutta dei Lagunari.”
Lo intravedo il Castagnàronella mia mente: con gli occhi lucidi, fermo sui gradini a metà della scala del Convento del Redentore della Giudecca, intento ad appuntare le cose da scrivere sul suo trattatello:“Ho scritto queste cosarelle e trattatelli non come Medico Fisico o Chirurgo o Chimico o Speziale, ma come semplice Prattico, nel modo e forma che sono state da me osservate e imparate da miei buoni Professori, essendo il mio istituto di vivere da povero Religioso, per mera Misericordia di Dio mutato habito et costumi, col merito dell’Obbedientia faccio l’Infermiero … Insegno come confetionar li Semplici ad personam come rimedi medicali officinali … Ho scritto l’Index Herbarum e le Tavole delle Infermità in sei trattatelli … Inizialmente ho discorso d’Urine, de Polsi, della Facoltà, degli Umori e altro … In seguito ho detto del modo di curar le Febbri e suoi Accidenti … Ho aggiunto osservazioni sui Mali del Capo, del Petto e del Ventre Inferiore … Ho proseguito a parlare delli Mali Articolari e del Morbo Gallico, e poi delle Piaghe, e dei Medicamenti Semplici o Composti a guisa di un Antidotario breve e facile …”
Figlio del suo tempo riguardo alle conoscenze “scientifiche” che si avevano allora circa la Salute e l’Anatomia-Fisiologia del Corpo Umano, il Castagnàro ha provato a farne una sintesi basilare nel suo libro: “La buona cognitione dí essa dipende da tre principali fondamentí, che sono la notitia delle cose Naturali, Non Naturali, e Preternaturali; alle quali si aggiungono le Complessioni, le Qualità de' morbi, Cause e Sintomi, le Differenze de Polsi e delle Orine; la natura, virtù, e facoltà dei Medicamenti così semplici, come composti ... Hò udito dire a Signori Medici, che le Cose Naturali sono quelle, dalle quali sono composti nostri Corpi, e che sono sette: cioè Elementi, Temperamentí, Humori, Parti, Facoltà, Attioni e Spiriti.
Elemento, è materia, e fondamento di tutte le cose sublunari. Quattro sono gli Elementi: Terra, Acqua, Aere e Fuoco ne' quali sono rinchiuse in supremo grado le quattro prime qualità: Caldo, Freddo, Humido e Secco.
Nel Fuoco l'estrema calidità; nell'Aere l'estrema humídítà; nell’Acqua l'estrema frigidità, e nella Terra l'estrema siccità
Ritrovandosi perciò queste prime quattro qualità corrispondenti à gli Elementí, due generi di temperamenti risultano nei nostri corpi uno a Rigore, e l’altro à Discrettíone, perchè se bene una qualità predomina l’altra à ciò dovessi intendere a díscrettíone, potendosi appena dire che una predomini l'altra. Tuttavia la Siccità predomina nelli Meláncolici, la Calidítà nelli Bilíosi, l'Humidítà nelli Sanguíneí, e la Frigidità nelli Pítuitosi.
Averto che quando hò detto predominar nel sangue l’Humidítà, intendo, in quanto il sangue è uno delli quattro Humorí; poichè pigliandosi per la massa universale con gli altri Humori, eglí è Temperato, e si dice che la complessione sanguinea fa li corpi quadrati, di bonissima constitutione e temperamento ... Da questi quattro Humori: Sangue, Bile, Pítuita, e Melancolia risultano le Parti del nostro Corpo, che sono altre Similari, altre Dissimilari secondo la dotrína de Medici ... Delle Similari, altre sono princípali come il Cuore, il Fegato e il Cervello; altre meno principali, come: la Carne, gli Ossi, le Cartilagini, Membrane, Ligamenti, Nervi, Vene e Arterie; frà le quali alcune sono sanguinee come la Carne; che ha la sua origine dal Sangue; alcune spermatíche comme il Cuore, il Fegato, il Cervello, le Cartilagini, Membrane, Ligamenri, Nervi &.c. … Le eterogenee ò dissimilari sono li Piedi, le mani, le braccia, la testa.”
Mamma mia: un quadro del Corpo Umano e del suo funzionamento davvero singolare !
Precisato questo, il Castagnàro ha continuato a redigere più che un vero e proprio trattato assistenziale, una vera e propria operetta arguta da Infermiero Prattico, come amava definirsi. Ci si ritrova davanti una specie di manualetto di consultazione sintetico, anche se ovviamente con qualche limite. Si è accorto pure lo stesso Castagnàro dei limiti della sua pubblicazione, perché a un certo punto precisa scrivendo: “L’Autore non è né Filosofo né Anatomico, al secolo era solo un conciaBotte, nella Religione non ha mai medicato il Mal Franzese.”
Sottolinea quindi le sue umili origini, così come evidenzia che durante la sua esperienza da Frate non ha mai avuto a che fare direttamente con certe situazioni patologiche gravi, particolari o altamente pericolose. Diverse cose le ha sentite solo dire: non le ha viste “de visu”.
Si butta comunque a descrivere con entusiasmo e chiarezza le parti del Corpo:“Anatomia delle parti che servono alla generazione”; “Abscessi o Apostemi sono di quattro specie”; “La lingua è instromento per il senso del gusto. In essa come si facci il gusto”; “Naso e suo officio principale. Altri fini per li quali la Natura l’ha fabricato. Mali che nascono in questa parte”; “Polveri da tirar su per il naso.”
Ve la faccio breve, taglio via molto …
Il Castagnàro ha preso poi in considerazione Segni e Sintomi: tutti da riconoscere e non confondere fra loro: “Edema che tumor sia e suoi rimedii”; “Febre: che cosa sia e sue specie. Efimera e modo di curarla. Putrida perché così detta, altra è continua, altra intermittente: Terzana e Quintina e sua essenza, suo principio e segni, modo per curarla. Terzana spuria. Doppia Terzana: questa febre è longhissima: deve essere trattata benignamente. Si fa maligna e come suoi sintomi e rimedi. Quotidiana: da che è prodotta. Quartana da qual’homor nasca. Ogn’uno pretende di saperla curare. Il Vomito è singolare per la Quartana. Etica, sua essenza e gradi. Tisica: sua essenza e segni, cibo per Etici e Tisici. Medicamenti per queste due febri: Elettuario rebuttiente, Decotto a detti mali. L’Orzat’è singolare in questi casi. Altro Decotto al fine predetto. Vino medicato per gli Etici.”
Poi elenca ancora Patologie con Cause e Rimedi necessari per aggredirle, contenerle e superarle. Pare proprio che il Castagnàro nella sua lunga esperienza ne abbia viste di tutti i colori. Il suo libretto sembra scandire, descrivere e passare in rassegna tutti i Reparti di un intero Ospedale, anche se in realtà lui era attivo e lavorava unicamente al Redentore della Giudecca.
Sembra di trovarsi in una Pneumologia:“Asma: sua diffinitione e causa, e rimedi diversi per superarlo. L’Espettorante Magistrale ed Acqua espettorante. Pettorale e sua composizione. Destillation di Catarro è causa di molti mali: sue differenze quali siano. Segno per conoscerle e distinguerle, rimedi per curarle”; “Hidropisia del petto si cura col taglio del Ventre: è di tre sorti. Segni di queste tre specie. Cause e sintomi. Comunemente è male incurabile. Rimedi adeguati per superarlo. Vitto qual debba esser”; “Pleuritide o Pònta: per romperla: Acqua Proportionata e Oglio. Rimedi esterni al predetto fine. Lambitini per espettorar la materia. Quando nasca da flati come si risolvano”; “Sputo di sangue e segni da qual parte esca. Se dal petto: come si debba rimediare.”
Poi si passa in Neurologia:“La Cefalgia: che cosa fa, e sua cura”; “Emicrania”; “L’Apoplessia sua essenza e differenza: come debba curarsi”; “Cervello è reggia delle facoltà principali e principio di tutti li nervi. Si scarica dall’Humori catini dietro l’orecchie”; “Epilepsia. Metodo per curarla: Eleuttario a tal fine”; “Delirio”; “Melanconico”; “Maniaco: … si deve conciliare il sonno, Polver dell’Algarotto o Stibio Giacintino è rimedio per li Matti ... Humor Melanconico: che abscessi o tumori generi. Elettuario per li Melancolici” ... “Ebuli per gli Hidropici”; “Nervi e suoi particolari mali. Rimedi alle intemperie dei detti. Per li tagli e altre loro offese” ... “Optici: come arrivino agli Occhi”; “Memoria debole e con quali rimedii s’accresca”; “Paralisia: cura di questo male”; “Sonno smoderato, cattivo. Nel principio de mali denota pienezza d’Homori freddi. Che prognostico si facci dal sonno eccessivo. Rimedi per scacciarlo o per conciliarlo”; “Vigilie con quali rimedii si scaccino”.
Tocca si va in Cardiologia: “La Cardialgia: sue cause e rimedi”; “Cuore e sue passioni: sono diverse e perché. Rimedi per sollevarlo. Si solleva mandando gli escrementi alle glandule delle ascelle”; “Cordiale del Claudini e Cordiali diversi”.
Si entra in Medicina e Internistica: “Fegato è a guisa del Mare che riceve e trasmette. In esso sta la facoltà naturale. Per le sue intemperie che rimedi convengano.”; “Per la calda e il Scolo è il Salasso. La Fredda come si curi. Elettuario & Acqua per le Opilationi. Vino calibeato a tal fine. Rimedi esterni come sopra.”; “Mali della Cava del Fegato e suoi medicamenti. Si solleva mandando gli escrementi all’inguinaglia”; “Empiema come si generi: Eleutario per gli Empiemi”; “Itteritia d’onde procedi. Altra gialla & altra vera ???. Rimedi per l’una e l’altra”; “Milza suo officio e che mali patisca”; “Stomaco e sue passioni. Nella sua bocca come facci appetito. Rimedi per le intemperie dell’istesso. Apostema del detto come si generi e segni”; “Singhiozzo sua essenza e cause”; “Vomito nel principio de mali e il nero che significhi. Medicamenti diversi per eccitarlo”; “Disenteria e i suoi segni. Per fermarla che cosa debba farsi, cibo per disenterici”; “Emoroidi: se troppo corrono causano mali diversi. Alle medeme dolenti: il rimedio”; “Vermi”; “Ventre quali dolori patisca e sue cause. Rimedi diversi a questi dolori.”
In Endocrinologia: “Diabete: essenza e cause. Rimedi per scacciarlo”; “Sudor quando deve sollevar. Copioso senza sollievo che significhi”; “Diaforetico che cosa sia. In esso che rimedii s’adoprino.”
Si passa ad Ortopedia e Reumatologia: “Gotta: altra è calda, altra è fredda. Non vuol negotta, largo da basso, urtera … E’ retta la bocca ???”; “Ginocchi enfiati e deboli: come si curino”; “Hernia e sue differenze”; “Sciatica che morbo sia e sua cura.”
Urologia e Nefrologia: “Orina e sue parti Naturale qual si, e suoi colori. Coroma nella detta che significhi. Concotta o cruda, come si conosca. Significati di diverse Orine. Della Febbre Maligna qual sia”; “Il Brusore dell’Orina è regaglia de Vecchi”; “La torbida onde dipenda. Sanguigna e sue cause. Perché si trattenga”; “Polipo”; “Pietra delle vessica. Serviziale per il detto”; “Reni e suoi dolori. Se dipendono da pietra come si curino. Polvere e Acque per le pietre. Li rimedi da questo male devono adoperarsi con molto giudicio.”
Apparato Riproduttivo e Infettivologia: “Gonorrea: sue cause e rimedi”; “Humori del corpo quanti. Come si putrefaccino. Come eccitino le ostruzioni. Non devono essere purgati se non perfettamente concotti”; “Mal Franzese e perché in esso s’offendano particolarmente gl’ossi. Altre parti che in esso si offendono. Si dichiara con buboni e modo di curarli. Purga universale per il detto. Eleuttario Magistrale a tal fine. Vino medicato. Non è piccol dono dal Cielo il guarir questo male. Acqua sudorifica per quelli che non vogliono far la Stuffa.”
Dermatologia: “Erisipila: alle volte occupa tutto il corpo”; “Petecchie che cosa siano e sue differenze. Perché diano fuori meglio, quali rimedi convengano”; “Prurito come si curi nei Giovani e nelli Vecchi”; “Rogna. Rimedi interni per guarirla. Medicamenti esterni a tal fine. Tali rimedi devono continuarsi per due o tre Primavere”; “Schirantia sue differenze, cause e segni. Modo di curarsi la leglelma. Se sarà spuria come si medichi. Se degenera in Apostema come si tratti”; “Calli e suoi rimedi”;“Bagni per le stanchezze e freddure, per la Scabie e altri mali della Cute.”
Odontoiatria: “Denti non hanno senso e come dolgano. Rimedi per il loro dolore in causa fredda. Detti in causa calda”; “Puzzòr del fiato e sue cause. Rimedi singolari a tal fine”; “Ulcere della bocca”; “Ugola slongata come si ritorni al primiero flato”; “Raucedine da causa falsa come si curi”.
Otorino: “Orecchia e suo officio e fabrica. Sordità e Apostema: sono mali principali della detta. Rimedi per la sordità. Come si curi l’Apostema. Vermi che in essa nascono, come s’ammazzino”; “Vertigine”; “Sangue dal naso in troppo copia. Alle volte ammazza. Rimedio unico per fermare quest’uscita. Altri rimedi a tal fine”.
Oculistica: “Occhio: riceve la virtù visiva. Che cosa giudichi mediante la luce. Che mali patisca per diversi umori. Rimedi per gli homori freddi. Rimedi per le materie calde”.
E si finisce col passare per il Reparto esclusivo e tipico dei Frati: una specie di Psicologia ed Ermeneutica interiore e Frateresca: “Spiriti instromento dell’Anima quanti.”
Veramente tutto interessante e curioso, oltre che esauriente, ciò che racconta il Castagnàro pur nella sua estrema sinteticità e semplicità.
Si dilunga dopo sulla classificazione, il riconoscimento e la preparazione dei Rimedi, quella che doveva essere probabilmente la sua principale abilità e attività:“di Marasche, Mulsa, Acciaio”; “Come si prepari Ciclamina, China Magistrale, Consolida, Draganti, Zizole e loro virtù”; “Estratti come si cavino”; “Di Rabarbaro e d’ogni altro vegetabile”; “Gentiana: sua temperie e virtù”; “Giulebbe di Manna, Gemmato, Calibeato … L’Una Passa va preparata”; “Il Vino di Pomi Granati va bene per la Cardialgia, mentre ne mali del capo è sempre nocivo. Medicato va bene per li Tisici ... è sudorifico, scillitico”;“IMinerali sono nemici della Natura”; “Pilole e Magistrali per la testa e occhi. Masticie benigne”; “Di Aloe lavato”; “Universali per il capo”; “Di fecola di Brionia”; “Artritiche e Aperitive”.
Da buon Infermierario descrivere le Medicazioni e le attività tipiche della professione:“Come si medichino Aposteme del Naso. Serve il Balsamo per le piaghe di Antimonio”; “Come si conoscano e si medichino Flusso di corpo e sue specie”; “Salasso quando debba esercitarsi. Alli Putti e a vecchi. Dopo esse ciò debba far il Paziente. In quali tempi s’habbi da tralasciare. Per revulsione deve farsi adirittura della parte offesa”; “Sanguette se siano d’utile o di danno. Giovamo quasi in ogni male”; “Ventose quando suppliscono al Salasso. Mai s’applicano se non dopo purgato il corpo. Secche giovano nei mali maligni.”
La cura delle temibili LDP(Lesioni da Pressione), cioè delle pestifere Piaghe, che quando spuntano spesso non le togli più di dosso: “Gambe impiagate: perchè tali, modo di curarle, sua carne superflua: come si levi. Piastre Mercuriali per le dette Piaghe e come si preparino. Decotto usuale per le dette”; “Mezi per guarir gl’Infermi, quali”; “Medicamento per qual causa devolmente operi. Per qual cagione sfrenatamente evacui. Che condizione si debbano guardar per darlo. Con queli mezi si debba facilitar la sua operazione. Con quali sminuir la sua eccessiva attione. Solvente come debba correggersi”; “Natte: come debbano essere medicate”; “Polvere Minerale per le escrescienze”; “Parti estreme fredde e interne che abbruccino è segno mortale”; “Piedi raffreddati come debbono governarsi.”
La corretta Alimentazione: “Cibo: come debba darsi a proportione del male. Non deve darsi nel principio delle febbri”; “Convalescenti: come debbano trattarsi”; “Regola del cibo e della bevanda.”
Potremmo continuare a lungo ad ascoltarlo. Ogni tanto il Castagnàro si sofferma in maniera particolare su alcune Sostanze, Piante o Semplici che sembra prediligere e dedicare maggiore attenzione:
“Acqua cordiale del Sassonia va bene per le febri maligne”; “il Finocchio per le infiammazioni degli Occhi”; “il Tabacco è utile per espettorar.”
“I Troscici di Vipera van fatti con carne di Serpente, da cui si ricava un decotto che vien poi mescolato col pane grattugiato. Per farli serve Vipera femmina, da catturare in montagna possibilmente in maggio. Bisogna ucciderla, toglierle la pelle e le interiora, e lavarla con Vino Bianco. Poi se ne fa polvere mischiata con acqua o succo. L'impasto si suddivide in rotelle che si fanno asciugare all'ombra.”
“L’Aloe è caldo e secco. Purga la colera gialla e l’humor pituitoso, corrobora lo stomaco e il cervello, giova a mali del fegato e all’Itteritia. Dall’Aloe si fanno le Specie di Hiera tanto amiche del ventricolo. E’ la base della maggior parte delle Pillole usuali. Apre le vene delle Emoroidi che perciò chi le patisce deve astenersi dall’uso dell’Aloè.”
“L’Agarico: ha facoltà incisiva, astersiva e sottigliante. Apre le ostruzioni delle viscere. Purga la pituita grossa e viscosa, anco la bile e melancolia: attrahendo tutti questi humori del capo, petto, polmoni e da tutte le parti. Di questo si fanno Trocisci con l’Offimele per espurgar lo stomaco. Si da con Rhabarbaro a pari peso nell’Acqua di Endiuta nelle Febbri quotidiane. E’ però nemico dello stomaco, conturbandolo e sovvertendolo. Tal nocumento si emenda con Vino generoso ove s’infonde, e con Gengevo facendo pastilli.”
“La Cassia è medicamento leniente e perciò non attrae dalle parti lontane non passando più oltre dello stomaco e intestini. Solve il corpo moderatamente, chiarifica il sangue, rintuzza la bile, e sicuramente si può dar in tutte le Febbri e mali caldi. Suole adoperarsi in tutti i tempi, principio, aumento, stato e declinatione. Conviene a complessioni adulte e stitiche, onde non solo evacua la materia ma con la sua facoltà leniente lascia il corpo lubrico e suo darsi la sera immediate sotto la cena. Si da utilmente nelle Schirantia, dei Flussi colerici con la Polpa di Tamarini, ne gli affetti renali con Polvere di Liquiritia, aggiunta con Manna nelle Pleuritidi, e nelle altre infiammationi interne con sicurezza s’adopera come anco nelle Febri Etiche, e alli Tisici. Nuoce agli stomachi deboli e freddi. Qual nocumento s’emenda con Semi di Cerdro e altri odorati, così il Cinamomo e simili.”
“La Manna enacua gli humori ferosi e sottili benignamente, è amica del petto, conviene a vecchi e a catarrosi. Si da disciolta nel brodo, si accompagna con Mele Rosato solutivo, si fa con la Manna Cremor di Tartaro e acqua un Giulebbe nobilissimo: e pare che questa facci grati tuggli gli altri medicamenti.”
“La Senna purga la colera, e l’humor melancolico dal cervello, fegato e milza perlochè vale nelle Febbri longhe e mali cronici; conforta la vista e l’udito; vale nelle ostruzioni di tutte le viscere. Si da in diversi modi, sempre però con li suoi correttivi per essere alquanto ventosa, e che conturba lo stomaco facendo rugiti, e tormini nel ventre, Correttivi sono: Canella, Garofoli, Gengevo e Finocchio. Li modi con quali suol darsi sono l’infusione nel Vino bianco generoso; il porta nei Decotti con i quali si disciogliono le medicine; con essa si preparano li Susini, le Passule, e si fanno Aceti solutivi; ridotta in polvere con Cinamomo e Cremor di Tartaro si da sopra le minestre; si fanno anco morfelli familiari per gli stitici con Cremor di Tartaro e Manna.”
La ricetta per fare i vari tipi di Sciroppo: “Siroppo Rosato solutivo arcoreo … di Manna, di Succo di Calendola e di Lilium Connuallium, di Coralli, di Hibisco e di Papaveri Campesi, del Succo di Cauli o Verze, del Sero, di Scorze di Cedro, di Pomi Cordiale e di Tabacco, di Fumoterra e Peloso.
Ecco come si fanno: “Recipe Fighi secchi, Dattili, Passule allincirca onze due, Salvia, Rosmarino, Cardo Santo, Assenzio all’incirca mole una, Mirabolani Citrini, Cinamomo, Semi di Cedro, Colo quintida all’incirca oncia 1. Acqua comune libbre 8. S’ammacchi il tutto grosso modo, e si facci infusione per un giorno naturale, e poi bollisca sinchè cali la metà, si coli con forte espressione, si chiarifichi, e di nuovo si facci passar per carta, e con libre due di Mele si facci Siroppo spruzzandolo mentre bolle di quando in quando con qualche gocciola di Acqua Rosa. Questo convenirà ove s’ha intentione di tirar dalle parti lontane gli humori, come dalla testa, dalle giuture, e simili.”
Il dosaggio per la somministrazione:“La dose sarà once due con meza scudella di Brodo, overo Acqua di Salvia o di Rosmarino.”
“Tamarindi e Turbiti purgano leniendo la colera e gli homori adulti. Vagliono al trabocco del Fiele, alli mali tutti della cute prodotti da detti humori adulti. Con Polpa di Cassia alle Disenterie, e ne mali colerici; con Siroppo di Lupuli e di Fumaria nel sangue adulto. Nuociono agli stomaci freddi, per il più si uniscono con la Cassia aggiunti li medesimi correttivi. Si fa da loro e Acqua d’Orzo vn’ acqua assai grata al gusto, e che giova nelle viscine di corpo in causa calda. Li Turbiti purgano anco questi la pituita grossa e viscosa dal petto, dallo stomaco e da gli articoli. Genera gran vento e nausea nello stomaco che si emenda con lo correttivi de gli Ermodatili.”
“Cartamo e Coloquintida”; “Ricino d’India di Cherua o Fasol Indiano”; “La Scammonea”; “Gli Hermodatili: con essi si fa la Polvere Magistrale, Hermodatilata detta, che serve ne dolori Artetici. Hanno in se certa flatuosità che conturba le viscere qual si corregge con Gengevo, con Garofoli, con Anisi o con Mastici.”
Sembra incontenibile il Castagnàro nel suo scrivere, riscrivere e descrivere: cita in lunghe liste centinaia di Elementi, Rimedi, Piante e Preparati, quasi ciascuno fosse irrinunciabile: “Cipolla, Cappari, Chelidonia, Capil Venere, Cipresso, Canna Montaba, Ceci rossi, Croco de Metalli, Cremor di Tartaro … Elleboro nero, Elleboro bianco, Enula, Eringio, Epitimo e sue virtù, Eufragia, Erismo, Di Fiori di Belzoino e di Solfo, Elisir Vitae de Poveri ...”
Sorrido: “L’Olio Volpino si ottiene cuocendo una Volpe intera senza le interiora in Acqua e Olio, con aggiunta di Timo e Aneto. Il tutto viene poi colato ricavandone un Olio, di cui però si sa poco su come utilizzarlo.”
Si sente che vorrebbe dire tutto su tutto, ma che non se lo può permettere: è troppa cosa da infilare dentro a un unico libro … E allora: sintetizza, taglia, riduce, si accontenta solo di citare appena … Sarà la pratica e l’esperienza poi a contare sul campo e nella realtà obiettiva di ciascun caso.
Ricordo quanto diceva un mio indimenticabile Dottore-Professore della mia vecchia Scuola Infermieri, quasi facendo sapiente sintesi di tutto quello che ci aveva insegnato: “Caro: le cose bisogna vederle tutte, coglierle dal vivo per capirle. Bisogna avere le persone davanti agli occhi per poter considerare gli effetti di tante cose che rischiano d’essere soluzioni empiriche non adatte. I Farmaci alla fine funziona … se funzionano … Se il corpo reagisce come ci si aspetteremmo noi … Altrimenti andrà come andrà ... Spesso i pazienti guariscono nonostante noi, e nonostante tutti i nostri Rimedi ... Il Corpo si riavvia a guarigione o si arrende a prescindere da tutti i nostri interventi, ritrovati e cure … Il malato spesso risolve da se … Noi crediamo d’essere dei Maghi, ma non lo siamo affatto … Al massimo potremo considerarci utili ... Servirebbe sempre grande umiltà in Sanità: Sapere di non sapere.”
Sembrava un Castagnàro dei giorni nostri.
Nel maggio 1635 i Carmelitani Scalzi dell’Ospizio della Contrada di San Canciano di Cannaregio si trasferirono “armi e bagagli” nel chiostrino di Sant’Angelo di Caotorta della Giudecca fondando un nuovo Hospedaletto chiamato di Santa Teresa. Adattarono tutto a piccole celle, costruirono officine, un Oratorio e un giardino. Secondo le Cronache: erano arzilli, attivi e pimpanti i Carmelitani della Giudecca: si davano parecchio da fare per sopperire ai bisogni dei Giudecchini e dei Veneziani in genere.
Qualche anno dopo il loro Priorechiese e ottenne dalla Signoria Veneziana d’ingiungere ad alcuni ricchi Conventi della Congregazione Mantovana dei Carmelitani di versare un “contributo a sollievo” delle loro attività e del loro piccolo Convento Veneziano ... Doge e Senatori lo ascoltarono con grande attenzione, e la cosa avvenne: piovvero i sussidi sui Frati Carmelitani della Giudecca… Risultato ?Subito dopo i Frati Carmelitanisi traferirono OltreCanale passando nella più comoda e prestigiosa Contrada di San Gregorio verso la Punta dei Sali e della Dogana:una sede a loro confacente ... E la Giudecca con la sua gente e i suoi bisogni ?
Beh … quella poteva aspettare. La lasciarono ad arrangiarsi al di là del Canale … Ieri come oggi: la Sanitàè stata sempre uguale, con le sue contraddizioni e le sue voglie di rimpinzare se stessa piuttosto che i bisognosi degli ammalati ... Nulla sembra cambiare sotto al Cielo del Mondo ... che chissà ? Prima o poi potrebbe caderci in testa ?
Nel Conventino della Giudeccapoco distante dal Redentore rimase solo qualche anziano Religioso ... Il Castagnàroera ancora là a fare la sua parte di Frate Speziale del Redentorecon indosso la bella età di 71 anni: era vecchiotto ormai ... Soddisfatto forse.
Lunedì 05 febbraio 1666 gli otto Frati del Conventino di Sant’Angelo di Caotortadella Giudecca si presero a coltellate fra loro esprimendosi in una lite furibonda … Non si seppe mai il perché, eccetto che qualcuno finì moribondo o addirittura morto ...Intervennero i Frati del Redentore in loro soccorso … che in quegli anni erano 60 … Il Frate Castagnaro era forse fra loro ?
Macchè ! … Era ormai morto da diversi anni.