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Venèssia da Mar …

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Venèssia da Mar …

Seguitemi un attimo, e capirete subito dove voglio arrivare … A volte, quand’era presa da quella parte di se stessa rovesciata e imbrogliata, neanche apriva gli occhi, li strizzava chiusi quasi ferita dalla luce. Non pronunciava neanche una parola: pareva come evasa da questo mondo, rapita in un altro che era soltanto suo. Altre volte, invece, quando ne usciva: era una donna anziana amabile, affabile, anche simpatica. Come forse avete già intuito, si trattava di una degente dell’ospedale dove lavoro come Infermiere. In un momento “buono”, come spesso capita con gli Infermieri, avevamo scambiato un paio di parole conoscendoci un pizzico di più: “Da dove sei ?” mi ha chiesto tranquilla.

“Sono Veneziano.”

“Veneziàn ? … Ah ! … Ma Venessiàn  proprio de Venèssia: quèa in mezzo all’acqua … O Venessiàn da Campagna come mi ?”

“So da Venèssia: si … quèa co l’acqua.”

“Venesiàn … Càga in acqua !”…Che fortuna che ti ghà a star là … Mi so Campagnòla invèsse … Dalla profonda Campagna Veneta: stàgo in mezzo ai campi: so un’agricola, col capèo de pàgia in testa, el forcòn, e la bràga con le pèsse sul culo … “Làtte fin a le culàtte … Ossocòlo fin al còlo … Puìna: pochettina …ma de formaggio: me ne tàggio”.

Mi ha sorpreso !“Che bella ! … Bella davvero !”… simpaticissima ... una donna cordiale, espansiva, quasi solare.

Poi sono trascorsi i giorni … Una mattina in cui era, invece, out del tutto dopo una notte difficile, non rispondeva di nuovo a nessuno in preda ai suoi fantasmi ... Niente di niente: non mangiava, non beveva, non parlava, non reagiva, non si alzava, non si lavava … Nulla.  Non assumeva neanche la terapia … Un guaio quindi ... e fatalità: era affar mio quel mattino somministrarle la terapia: “Che faccio ?”

La colazione era ormai quasi fredda lasciata là sul tavolo … Ho provato una, due, tre volte: niente … un muro d’assenza … Poi mi è venuta un’idea.

Col piatto della terapia in mano, mi sono avvicinato, e le ho sussurrato all’orecchio sottovoce: “Làtte fin a le culàtte … Ossocòlo fin al còlo … Puìna: pochettina …ma de formaggio: me ne tàggio”.

Una mano subito mi ha ghermito un braccio senza che uscisse da lei neanche una parola … Teneva ancora gli occhi chiusi a saracinesca, ma sembrava che in qualche modo avessi pronunciato la parola magica:“Sei tu ?” mi ha detto aprendo appena un occhio soltanto. Che cosa dovevo risponderle ? “Si … Sono io … Sono venuto a salutarla e a portarle le sue medicine.”

“Non ho nessuna voglia … Sto malissimo …” tralascio il resto … Ha funzionato però, perché dopo un po’ finalmente le è ritornato “il sereno”, e s‘è seduta sul letto riacciuffando in qualche modo la sua “normalità” ... Bene.

E’ stato poco dopo, quando sono tornato un’altra volta per misurarle la pressione, che quasi spinta da una molla invisibile, ha iniziato a raccontarmi questo piccolo aneddoto davvero “Veneziano”. Catturandomi di nuovo per il braccio, ha iniziato a dirmi: “Quand’erano i bei tempi … Quando, pur essendo Campagnoli, viaggiavamo parecchio col mio povero marito che non c’è più ...”

Ho intuito allora diverse cose su di lei e quel suo “stato difficile”:“Siamo andati una volta anche verso la Grecia per vedere le Isole della Serenissima … A mio marito soprattutto piaceva tantissimo Venezia con la sua Storia e il suo Stato da Mar … Perciò andavamo in giro a vedere posti bellissimi pieni di cielo azzurro, di sole e mare … e bella gente anche … C’è stata una volta un’Isola in particolare, di cui non mi ricordo il nome, ma che mi ha lasciato un ricordo speciale ... Ci hanno raccontato che una volta, tanti anni fa, quando Venezia era diventata sovrana e Padrona di quegli avamposti del commercio per l’Oriente, i Veneziani erano giunti nell’Isola fortificandola, e creando un castello affacciato sul mare … Abbiamo visto i resti di una fortezza robusta, tozza, poco bella da vedere, ma che di sicuro deve essere stata molto efficace per controllare e difendere il presidio dell’Isola e il mare attorno.

Insomma: per controllare meglio la spiaggia, e non solo, i Veneziani hanno proibito il consueto mercato che si teneva da sempre sulla spiaggia in riva al mare ... Era comodo arrivarci: tutti giungevano con le barche, ed era sempre una specie di piccola festa fatta di scambi, piccoli affari e tanti incontri di persone qualsiasi ... I Veneziani hanno tolto tutto: perchè l’approdo dell’isola e l’accesso al Mare doveva rimanere sgombro e libero per sicurezza … Il mercato sarebbe stato spostato dentro al cortile della fortezza ... Così tutti furono costretti a recarsi là dentro: al sicuro … e così il Podestà Veneziano potè anche imporre e pretendere le sue belle tasse d‘ingresso da parte di tutti quelli che entravano lì dentro per il mercato settimanale.

Non è che si potesse decidere diversamente: la Serenissima aveva deciso così … e così doveva essere.


Ebbene un giorno, in mezzo alla lunga fila dei cariaggi e delle persone che ogni volta convenivano alla Porta della Fortezza, c’era fra i tanti anche un contadino qualsiasi dell’entroterra dell’isola. Giunto sotto al Leone di San Marco, che ricordava a tutti chi  comandava, i soldati Veneziani lo fermarono: “C’è da pagare la tassa per entrare: un tanto a carro, un tanto a carico di ròba che entra.”

“Non ho denari.” rispose il Contadino: “Ho solo le ròbe che ho coltivato.”

“Dammi tua figlia allora.” rispose allora spocchioso e irriverente il soldato Veneziano suscitando l’ilarità dei suoi colleghi armati. Tutti ridevano fragorosamente, sguaiati, mentre il Sole in alto stava ormai cuocendo tutto e tutti.

“Non posso … Lo sai.” rispose il Contadino abbozzando appena un sorriso compiacente ma non vero ... Moglie e figlia si strinsero fra loro in cima al carro sovraccarico di sacchi, ceste e fagòtti: “Dammi allora in pegno uno di quei sacchi che tieni là sopra.” disse il soldato tornato serio mentre stringeva dritta la sua lucida picca con lo stemma di San Marco: “A metà mattina passeremo fra i banchi a riscuotere la Tassa ... e allora mi pagherai il dovuto, e ti ridarò il tuo sacco … Intesi vero ?”

Il Contadino privo d’alternative annuì senza rispondere, e un attimo dopo un grosso sacco di sementi passò dal carro ai piedi delle guardie, che con fare sbrigativo lo trascinarono accanto alla guardiola della Porta ... e il Contadino entrò nel mercato col carro.

A metà mattina, come promesso, la soldataglia Veneziana passò fra i banchi insieme allo Scrivano e al Capitano. Il mercato era affollatissimo e vivissimo ... In tanti stavano partecipando a quella specie di piccola Sagra di paese, e per i poveri Contadini dell’isola era un vero affare: riuscivano a racimolare quei quattro soldi necessari per sopravvivere … Anche il Contadino col carro e le sue donne era andato là per questo, e stava facendo un buon guadagno. Infatti quando vide sopraggiungere le guardie, non battè ciglio, e pagò senza discutere la Tassa che doveva ... Solo alla fine, quando ormai il gruppetto armato si stava allontanando passando al banco seguente, il Contadino prese per la gualdrappa l’ultimo dei Soldati, e gli sussurrò timidamente: “E il mio sacco ?”

Il Soldato disinvolto e inespressivo rispose subito: “E’ là dove l’hai lasciato … Quando uscirai te lo potrai riprendere … E che credi ? … Che i Veneziano siano dei ladri ?”

Il Contadino abbasso la testa quasi riverente, poi continuò fino al tramonto a vendere tutto quel che poteva. Solo quando si svuotò la piazzetta della Fortezza raccolse le sue cose vuote stipandole sul carro. Ci mise poi sopra anche moglie e figlia, e diede di briglia al suo ronzino che cominciò a trarre il carro cigolante verso l’uscita della Fortezza.

Il suo sacco stava là sull’angolo della Porta per davvero, giusto sotto alla pesante serranda di ferro che proteggeva l’entrata della Fortezza. Non c’era più però il drappello delle guardie a bloccare il passaggio: chiunque poteva entrare e uscire liberamente. Solo in alto sulla cinta muraria c’era un paio di soldati che passeggiavano attenti avanti e indietro controllando la situazione.

Il Contadino diede di tiro al cavallo, e saltò giù dal carro con inimmaginabile destrezza. Agguantò il suo sacco, e prima di caricarlo lo aprì per controllarne il contenuto ... Un po’ forse se l’aspettava … Dentro al sacco c’erano solo erbacce, sassi e sporca terra fangosa. Tutte le sue preziose sementi erano scomparse: rubate: “Maledetti Veneziani !” gridò il Contadino: “Ladri ! Ladri ! Vigliacchi !”

Moglie e figlia si calarono in fretta giù dal carro per provare in qualche modo a contenere le espressioni e la reazione del congiunto. Già d’intorno diversi s’erano voltati a guardare che cosa stava succedendo, le due sentinelle in alto, attratte dalla confusione stavano convergendo curiose a controllare che cosa succedeva alla Porta di sotto ... La moglie benevola mise una mano sulla bocca del marito, che provò a divincolarsi per gridare ancora … La figlia si mise sommessamente a piangere … Un paio di donne del posto con la brocca dell’acqua in testa si spinsero accanto a loro dal vicino pozzo, e un altro Contadino intuito quanto era accaduto, si avvicinò mettendo una mano sulla spalla dell’irato campagnolo dicendogli: “Lascia stare … Non te la prendere … Non stuzzicare questo nido di vipere … Altrimenti finirai male.”

Il Contadino furibondo finalmente si riebbe … Spinse lontano la moglie … Guardò di sbieco la figlia in lacrime … Sputò per terra, trasse un sospiro, diede un calcione all’ignaro animale del carro, alzò i pugni al Cielo … e si calmò finalmente.

La moglie lo abbracciò stretto senza dire nulla … Una scena tenerissima.


Tutto sembrò concluso … Fu allora, che il Contadino, dopo essere già risalito sul carro, fece di nuovo un balzo di sotto. Sguainò il coltellaccio che teneva fra le ceste, e con l’arma appuntita s’avviò di nuovo verso la Porta e la cinta delle mura. Nessuno lo vide osare, o meglio: tutti finsero di non vederlo ... Non accadde nulla di brutto per fortuna, ma l’irato Contadino incise sulle mura questa frase, che a distanza di secoli si può ancora leggere chiaramente anche oggi: “Venezia càga in acqua … Co una fètta de fugàssa … Co una fèta de agnèo …Veneziani càga anche in mastèo.”

S’era sfogato … La moglie in cima al carro udendo dal marito i dettagli della sua bravata, abbassò la testa e si appose il fazzoletto sul volto per nascondere il sorriso ... La figlia smise di piangere … e il Contadino energico, quasi leggiadro, risaltò in cima al carro e diede di sprono alla bestia allontanandosi dalla Fortezza.

Non sarebbe più ritornato su quel mercato … Anche perché le guardie in alto avevano visto il suo gesto, pur dissimulando indifferenza. L’avrebbero di certo acciuffato se si fosse ripresentato da quelle parti: non si poteva impunemente deridere e offendere la Serenissima.

Un piccolo aneddoto di persone rimaste anonime in un’isola di cui la mia “fonte” non ricordava neanche il nome … Era però il tempo di quando Venezia era Signora del suo Dominio da Mar.

“Ecco perché ti ho detto l’altro giorno: “Venesiàn … Càga in acqua.” ha concluso sorridendo la Signora in camicia da notte stringendomi ancora di più il braccio: “Còssa te pàr ?”

“Bella storia Signora.”

“Già … Sapessi quante altre ne so ... Si sanno tante cose di Venezia, pur stando in Campagna.”

Mi è bastato questo: vederla sorridere ancora, per un attimo di nuovo serena.

Vi sembra poco ?

 

 

 


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