Quantcast
Channel: #unacuriositàvenezianapervolta
Viewing all articles
Browse latest Browse all 357

Una NobilDonna Veneziana estirpata e bruciata ...

$
0
0

 


#unacuriositàvenezianapervolta 322

Una NobilDonna Veneziana estirpata e bruciata ...

ma con discrezione, fuoriporta, dimenticata in fretta.

Una donna persa … Una ? Che vuoi che sia ? … Una più, una meno ? E’ stato solo un peccato veniale, una piccola ombra: meno che un neo sulla pomposa storia dei Nobili Michièl: “La Donna è sede di ogni Malizia e Perversità, subdola maniaca del Sesso, fonte d’inesauribile e insano Sentimento, è la fonte di ogni Doppiezza possibile.”

Diletta… Moglie del Nobile Tommaso Michiel, è stata una Donna eviscerata al pari di un bubbone, un corpo estraneo maligno. Lo svuotamento chirurgico di un ascesso: un’escissione ... Una cosa che andava assolutamente fatta per i subdoli e controversi Nobili Michièl col loro entourage preteresco che li accompagnava ovunque da sempre.

I Michièl… Non erano di certo “robètta” a Venezia … Da “tempo remoto”erano considerati fra i “Longhi”, cioè quei Patrizi di “Casa Vecchia o Apostolica” che erano indicati come i Padri fondatori della Città Lagunare … Oltre a girare il Mondo in nome della Serenissima, i Michièl erano prima di tutto ricchi Mercanti e imprenditori, che nel loro D.N.A. erano filoPapali, cioè un Clan di persone tradizionalmente Devoti e Religiosi, del tutto dediti alla causa di Dio, della Fede e della Chiesa.

In Contrada di Santa Sofia a Cannaregio i Michièl vivevano accanto e s’imparentarono con i formidabili e clarissimi Nobili Contarini della Cà d’Oro, e con i Priuli, che come i Michièl erano un po’ i boss della Contrada. Fra 1300 e 1400, quando Venezia s’era ormai affermata come potenza Europea e Mediterranea, c’era un’oligarchia di 15 Famiglie che prevaleva nel Consiglio dei Dieci. Erano un po’ “l’animo”, la guida e il riferimento dell’intera Serenissima.


Contarini, Morosini, Dolfin, Loredàn, Venièr, Marcello, Cornèr, Trevisàn, Foscari, Molin, Sorànzo, Zòrzi, Falièr, Nàni e appunto i Michièl. Erano tutte Famiglie potenti strettamente collegate e imparentate fra loro, una decina delle quali sopravaleva le altre in quanto a potere, prestigio e ricchezza … Fra quelle dieci Famiglie: cinque fin dal 1200 erano state le “Prime”, le Apostoliche Fondatrici di Venezia: Morosini, Dàndolo (Spato), Giustiniàn, Querini e Michièl (Frangipane)… Alcune restarono, altre scomparvero o passarono in secondo piano come i iBàdoer (Partecipazio), i Baròzzi, Contarini, Falièr, Gradenigo, Mèmmo (Tribuno), Polàni, Sanùdo (Candiani), Tièpolo e Basèggio.

Sembrano quasi i nomi snocciolati dei giocatori protagonisti di una squadra vincente, che di sicuro è stata capace di portare in alto e al successo Venezia.

Curiosissimo lo stemma dei Michièl a strisce alternate e sei “dischetti”. Fu ideato in memoria del Doge Domenico Michièl, che al tempo della lotta per l’egemonia sul Mediterraneo e dell’assedio di Tiro, venuta a mancare la moneta, usò in sostituzione palline di cuoio: i “Michieletti”, che venivano scambiati come oro e argento. Tornati a Venezia, quelle palline di cuoio si tradussero in ducati sonanti.

Nel quinto secolo, secondo la tradizione Veneziana, il ricco Senatore Romano Michele con i suoi fratelli fuggito da Roma invasa dai Galli, trovò riparo e residenza a Venezia in Contradadei Santi Apostoli. Venne qui fin da subito soprannominato: Michièl, forse per paragonarlo per forza e generosità al biblico Arcangelo Michele ... Un Michièl comunque partecipò nel 697 all'elezione del primo Doge Veneziano: Paolino Anafesto, mentre Vitale Michièl fu tra i primi Tribuni nel 869.

Poi per secoli fu tutto in discesa per la Famiglia Michièl, che “viaggiò e visse” passando di successo in successo. Dalla Famiglia uscirono tre Dogi, e si affermò una lunga schiera di Generali, Cavalieri, Senatori, Ambasciatori, undici Procuratori di San Marco, e Cardinali, Vescovi e un Patriarca … Ai Michièl venne attribuita la fabbrica di diverse chiese, Salvador di Luca Michièl(1505) fu Procuratore delle Monache di Santa Caterina di Mazzorbo fondato dalla Beata Anna Michièl, e fu Giacomo Michièl nel 1233 a regalare ai Frati l’Isola di San Francesco del Deserto.

Già nell’estate 1051 a Rialto Vita Michièl vedova di Pietro Longo aveva consegnato a Domenico Abate di San Giorgio Maggiore una vigna in Chioggia Minore lasciata dal marito ai Monaci ... Nella primavera 1064 poi, ancora a Rialto, Badoèro Bàdoer da Spinale fideiussore e Bonofilio Michièl fecero trovare un accordo fra Giovanni Mauro Avvocato dell’Abate della Santissima Trinità di Brondolo di Chioggia e Pietro Orseolo che stavano litigando per beni fra Cèsso de Cànnas e alcune case a Cònche.

Più tardi Vitale I Michièl lasciò che fossero Pisani e Genovesi a supportare la Crociata guidata da Goffredo di Buglione non intravedendone alcun vantaggio per Venezia. Coltone in seguito la portata economica, e per non lasciare il controllo dei commerci nelle mani delle altre Repubbliche Marinare, salpò nel luglio 1099 con 207 navi guidate da suo figlio Giovanni e da Enrico Contarini Vescovo di Olivolo-Castello per supportare finalmente, ma pur sempre poco convinto, i Crocesignati del “Dio lo Vuole”.

A Rodi, strada facendo, la flotta Veneziana badò al sodo e agli interessi della Serenissima: intercettò e affondò le navi Pisane, e nella primavera seguente si diresse in Terrasanta. Lì Goffredo di Buglione, pur avendo preso Gerusalemme, era rimasto privo di aiuti di ogni sorta. Venuti a mancare Pisani e Genovesi, non gli rimase che rivolgersi ai Veneziani, che furbescamente chiesero e ottennero la possibilità di avere quartieri e fondaci in ogni territorio e città, ed esenzioni da dazi, tasse e gabelle ... Caddero quindi in successione: Haifa, Giaffa, Mira e i territori della costa Siriana… e Venezia era lì pronta: a far commercio, ad approfittare della situazione, e a prendersi e portare in Laguna di tutto e di più ... più che poteva.

Fatti analoghi al 1099 accaddero poi nel 1122, quando Domenico Michièlfinito ad assediare Tiro, sospettato di tirare per le lunghe l’assedio e di voler rientrare a mani vuote in Laguna, fece portare a terra le vele e gli attrezzi marinareschi, e rimase là finchè si completò l’opera. Partì poi per la Terrasanta con una grande flotta di 120 navi e 15.000 armati, e liberò stavolta Re Baldovino di Gerusalemme assediato dai Mussulmani. Riportò un’altra vittoria, quindi liberò le coste della Palestina, e non mancò di agevolare ulteriormente i commerci di Venezia con l’Europa ... Strada facendo mise le mani sulla Dalmazia, Corfù e Acri, e già che c’era: massacrò i Fatimidi Musulmani “tanto che il mare rimase insanguinato per due miglia” ... In cambio Re Baldovino riconoscente, concesse a San Marco e al Doge diversi territori e privilegi.

La Cronaca Barba ricorda che lo stesso Doge: “si fece edificare uno bel palazzo con un zardin in Contrà de San Zuane in Bragola in lo qual molte fiate se andava a trastullar”. Lì vi andò anche ad abitare quando nel 1129 rinunciò al Principato prima di ritirarsi a morire nel Monastero di San Giorgio Maggiore in faccia a Piazza San Marco dove venne sepolto.

L’anno dopo, il Giudice Andrea Michiel suo parente, in partenza per una missione diplomatica presso il Re d'Ungheria fece testamento. Nel documento si citano ed elencano le ingenti risorse mobili e immobili dei Michièl site a Venezia e nel Dogado. Si racconta della loro attività creditizia e di prestito, nonché dei possessi che i Michièl detenevano in Terraferma, dei debitori insolventi avevano dato loro in garanzia alcune terre, e di come i Michièl disponevano di diversi feudi fuori Venezia: ad Altino, ad esempio, di cui erano stati investiti dal Trevigiano Almerico da Carbonara dell'Ufficio di Avvocazia per l'Episcopio e dal Capitolo di Treviso. I Michièl avevano anche livelli di terre e prati ad Arzere "infra Fogolanas" presso Chioggia, ottenuti dal Monastero della Santissima Trinità di Brondolo; e un altro feudo in località Torre nel Comitato di Treviso concesso loro dagli stessi Monaci Chioggiotti.

Secondo il “Codice Diplomatico Padovano”, fino alla Pace di Costanza del 1183i Nobili Michièl di Venezia detenevano come feudo anche un’ampia area di Tessèra concessa loro dal Vescovo di Torcello… I figli del Giudice Michiel Pietro: Domenico e Marino concessero in uso il fondamento di Argere della Fogolana a Giovanni Pietro Centranico, Domenico, Steno e Leo Venier, Sambatino e Giovanni Paulo, Viviano Callicario, Leo Blanco, Domenico Bolli e Martino Orio “per due giorni annui di sale per ciascuna salina”.

Qualche anno dopo, nel 1125, l’Abate Faletro di Brondolo rinnovò la concessione agli stessi figli del Giudice Michiel del Confinio di Santa Sofia, aggiungendovi anche un prato nella stessa località presso la Vena Dolce, che di fatto era già stato dato loro “per dieci annui moggi di sale”.

I Michièl avevano case e terreni a Torcello, che diedero ad Amabile Badessa di San Giovanni Evangelista della stessa isola ... All’inizio del secolo seguente, Pietro Michièl del Confinio di San Polo con la moglie Polana donò a Viticlino Priore di San Ciprianodi Murano un manso a Pianiga… I Michièl s’imparentarono con diverse Famiglie Nobili Venete: i Da Lendinara Veronesi, ad esempio, dai quali acquisirono ulteriori beni a Zevio lungo l'Adige.

Che ve ne pare ? … e non è ancora tutto.

Vitale II Michièl, Doge dal 1156 al 1172, intervenne a Zara dopo che il Governatore Veneziano era stato cacciato da una rivolta fomentata dagli Ungheresi messi subito in fuga. Prese quindi il controllo di Dalmazia e Quarnaro mettendo i suoi figli Leonardo e Nicolò a controllare le isole di Cherso, Lussino e Arbe.  Combattè poi contro il Re d’Ungheria e Federico Barbarossa, e invase tutto il Friuli combattendo contro Ulrico di Treven Patriarca di Aquileia, che aveva distrutto la Veneziana Grado.

I Michièl con Venezia ormai avevano preso il largo … Agivano ad altissimo livello, proprio alla pari con i “grandi” dell’Europa e del Mediterraneo di allora.

Nel 1163, lo stesso Patriarca Ulrico con i suoi 12 Canonici-Prelati-Dignitari venne finalmente sconfitto e imprigionato, ma poi liberato per l'intercessione di Papa Alessandro III in cambio di un tributo annuo di 12 grossi maiali, dodici grossi pani, e un toro per il sostegno dei carcerati e del popolo meno abbiente da fornirsi l'ultimo giorno di Carnevale ... Come sapete, da quei fatti derivò la tradizione del Giovedì Grasso, e del detto “tagliar la testa al toro” intendendo la fine che si era fatta fare al Patriarca di Aquileia con i suoi Canonici.

Scoppiò poi un grande scontento in Laguna ... Non poteva andare sempre tutto dritto ai Michièl.  

Nel 1171, a Costantinopoli furono arrestati circa 10.000 Veneziani, rotti tutti i trattati, misconosciute le bolle imperiali, e i beni di Venezia, navi comprese con i loro ricchi carichi, vennero confiscati. Il Doge spedì invano una flotta, ma l'Imperatore d'Oriente aveva già stretto nuovi accordi con Pisani e Genovesi.  La flotta Veneziana finì decimata dalle armi delle altre due Repubbliche Marinare, e dalla Peste.

Non la presero bene a Venezia … Non fu un caso che il Doge Michièl venisse assassinato da Marco Casolo che lo inseguì fino a San Zaccaria durante una sommossa popolare supportata dagli Ambasciatori a Costantinopoli Ziani e Mastropiero… che divennero poi nuovi Dogi. Il Doge Michièl ammazzato aveva disposto di tutti i suoi beni per testamento, compresi i diritti di caccia e pesca in “unam piscariam que vocatur Cornium.”

Nel maggio 1249, il Conte di Zara Giovanni Michièl da Santa Sofia, Podestà anche di Torcello, insieme con Giovanni Michièl eredi di Marino, chiesero e ottennero da Filippo Fontana Vescovo di Ferrara la conferma dell’investitura a feudo con le rispettive Decime di metà di Villanova e Vigonza già goduta da loro padre ... “et hoc sine fidelitate”, cioè senza tante sottomissioni e dipendenze dal Vescovo stesso … I Nobili Michièl gestivano insomma un piccolo impero … Erano potenti, e liberi di fare un po’ alto e basso: quel che volevano.

Vi ho detto tutto questo per rendere un po’ l’idea, dire di quanto erano capaci i Nobili Michièl Veneziani. Non erano un nome da poco nel panorama Lagunare, né gente qualsiasi, o “pane da far ostie”. Erano “tanta roba: una Nobiltà da Primi della classe … Perciò qualche sfizio se lo presero, anche perché di soldi, potere, appoggi e conoscenze ne avevano più di quanto bastava.

La trista storia della Nobildonna Veneziana finita al rogo: la “Strega di Cà Michièl”, va collocata in questo contesto ... Ed è l’efferatezza spietata di quel lontano fatto che mi ha colpito oltremisura, oltre che incuriosito.

Il 6 luglio 1271, a Montona d’Istria(oggi in Croazia), Diletta moglie legittima del Podestà Veneziano Tommaso Michièl, dopo aver ampiamente confessato e confermato le pesantissime quanto inconfutabili accuse nei suoi riguardi, finì condannata dal Rappresentante Ecclesiastico e dal suo stesso marito-Podestà. Venne subito bruciata “con gran contorno di Popolo”, nella Piazzetta di San Cipriano: abituale ritrovo dei Nobili Veneziani a Montona.



Di che cosa era accusata in breve ?

Le accuse elencate nella Sentenza di condanna sono dettagliatissime e inequivocabili: Diletta, “Rea confessa” fra l’altro, non ebbe scampo.

-       “Pratiche ricorrenti di Stregoneria soprattutto nei riguardi del marito Tommaso e del cognato Marco Michièl.”

-       “Accusa d’aver mescolato Calamita nera, Ostie, Olio Santo, Latte d’Infante e sangue mestruale suo e di sua madre col cibo dei suoi uomini per far tornar l’amato e favorir la nascita di un figlio.” ... A tal proposito, era venuto a galla a dire delle Serve-Domestiche di Famiglia Michièl, che la Donna in casa aveva più e più volte abbindolato e coinvolto il marito in giochi perversi, a sua insaputa, al fine di riuscire in qualche modo a renderlo “capace” d’inseminarla efficacemente, ma anche incapace di allontanarsi da lei pur essendo “Donna Infruttuosa”.

-       “Sospetto d’aver soppresso il frutto del suo grembo, ovvero due bimbi nascituri: eredità preziosa della Famiglia, e futuro del Casato Michièl ... Di loro aveva conservato ancora i resti del cordone ombelicale per utilizzarli in qualche malefizio.”

-       “Accusa d’aver lavato il capo del marito con liscia mescolata col suo sangue mestruale, d’aver legato forbici mettendole sotto alla porta della camera nuziale, allo scopo di influire sulla fecondia coniugale.”

-       “Accusa d’aver preso resti di scarpe, di Guarnacca e di camicia del marito e del cognato, e di aver fatto confezionare con quelle dalla moglie anonima di un Tagliapietra, alcune statuette di cera da infilzare con aghi, e su cui recitare macabre allocuzioni infernali.”

-       “Era stata trovata in possesso di una zampa di Maiale, che a suo dire era solita bruciare quando c’erano complicazioni e contrasti in famiglia … Teneva anche polvere di Lucertola.”

-       “Accusa d’aver portato da Venezia una polvere bianca di Verme, che solitamente si usava per fare Malocchio contro qualcuno che si odiava ... Erano state Beatrice moglie di Alberto Dal Muro di Parenzo, e Olivia la Fornaia a consigliarla e procurargliela, catturando per lei anche alcune Lucertole.”

-       “Sempre a Parenzo, la moglie di un Ortolano che serviva il Capitano della Galea della città, le aveva procurato per 10 grossi da una facidòra un potente amuleto da portare sempre addosso sotto ai vestiti per magico scopo.”

 

Diletta (forse del Clan dei Loredan, altro Casato non da poco di Venezia) disperata, confusa e ormai rassegnata alla sua sorteammise tutto … D’altra parte che cos’altro avrebbe potuto fare ? Davanti a lei, e sotto agli occhi di tutti erano presentate le prove circostanziali inconfutabili di quanto aveva prodotto, confezionato e fatto ... Non si poteva avere dubbi al riguardo, così che “Detto fatto, si passò dal biasimare la situazione alla considerazione dei fatti, e alla ricerca di una sapiente conclusione.”

In realtà era stato tutto orchestrato e previsto in anticipo: per Diletta ci doveva essere solo la Morte, e la consumazione nelle fiamme. Non a caso era stata indotta a far testamento prima di partire per Montona.

I due fratelli Tommaso e Marco Michiel, oltre ad essere due uomini furbi e avveduti, erano anche due pezzi grossi della Politica Veneziana … Due dei tanti di allora, coprotagonisti più volte a nome della Serenissima in Terra d’Istria. I due fratelli erano Mercanti-Imprenditori ben avviati in affari, che sedevano abitualmente nel Maggior Consiglio Veneziano. Erano stati anche Ambasciatori e rappresentanti della Serenissima in giro per il Mondo, e avevano esercitato più volte come: Rettori, Podestà, Capitani in diverse Città del Dominio Veneziano di Terra e da Mar ... ed erano molto altro ancora.

Qual’era in verità il problema, l’inghippo di fondo fra Diletta e suo marito Michièl ?

Semplice … Diletta non riusciva ad avere figli, cioè a dare l’erede desiderato al marito Michièl. Nell’economia di un Nobilissimo Casato Veneziano com’era quello dei Michièl, il non riuscire a fornire al Patròn l’erede necessario era di sicuro una brutta faccenda: un vero e proprio guaio. In quei tempi e a quei livelli, molto spesso l’Amore e il Sentimento contavano ben poco. Il Matrimonio era molto spesso “un affare”, una convenienza, un patto economico, legato anche giuridicamente all’usufrutto della Dote: vero e proprio “capitale” tenuto in grande considerazione al momento della Transizione Sponsale. L’affetto era pura formalità. Se c’era: bene, se non c’era: pazienza, faceva lo stesso … Se la Donna non riusciva a partorire: l’affare era riuscito solo a metà, anzi: non c’era proprio, perché si considerava il Matrimonio solo in vista della procreazione ... cioè della garanzia del mantenimento del Capitale.

Un Matrimonio senza figli era una vistosa perdita economica oltre che una grande delusione … Per i Michièl poi, abituati a primeggiar ed ad aver tutto sempre: quella situazione era inaccettabile, corrispondeva a una cocente sconfitta, una figuraccia, oltre che al rischio di non riuscire a tramandare “la specie”, cioè preservare e difendere il Capitale del Clan Familiare … Quei figli dovevano arrivare ad ogni costo. Era ritenuto di primaria, anzi: di vitale e irrinunciabile importanza avere l’erede. Era tutto o quasi, perché era colui che si sarebbe preso cura delle sorti, e fatto carico di proseguire e garantire l’epopea e i successi della Famiglia. Averlo o non averlo non era la stessa cosa … e diciamo che una Nobildonna sposata “serviva proprio a quello”, e valeva in quanto sarebbe stata capace o no di corrispondere a quell’aspettativa.

Niente Figli quindi ? … Ahi ! Ahi ! Ahi ! … Era un bel casino, una vera disgrazia per tutta la famiglia. 

Diletta sapeva bene tutto questo … A dirlo con chiarezza, la povera Nobildonna ce l’aveva messa tutta, ed era riuscita in ben due occasioni a rimanere incinta, ma aveva perso ogni volta i figli prima della nascita … Era stata sfigata, e non poco.

Ci aveva provato, ma aveva perso e abortito due volte per un motivo o per l’altro ... Il matrimonio quindi traballava ... Si: il Michièl era un uomo, un Nobile integerrimo, onesto, amante dei Sani Principi, un rappresentante di Giustizia, però ? ... Diletta viveva in totale dipendenza da lui, e se l’avesse ripudiata e mandata via, per lei sarebbe stata la fine ... I Michièl non erano abituati agli insuccessi e a perdere. Gira e rigira, ogni situazione ed evento doveva per forza volgersi a loro favore perché così aveva decretato per loro il Destino del Cielo e del Tempo.

Diletta quindi doveva in ogni modo riuscire a rendersi propizio quel Cielo e quel Destino misterioso.

In qualche modo ? … Già … e perché no ? Anche con la Magia, visto che le Porte solite del Cielo e della Religione sembravano non volerla aiutare più di tanto fino ad allora.

Fu Frate Leonzio l’Abate amico di Famiglia, a metterci lo zampino insinuando il sospetto sulla donna, e riconoscendo “il malizioso” in quella situazione aversa di Famiglia ... Iniziò col dire che nel Casato Michièl c’era all’opera il Maligno ...  Insomma: il matrimonio non stava funzionando, non andava bene non per disgrazia, ma per un oscuro disegno del Male, che si serviva di quella Donna come biglietto da visita. Era lei la portaiella, e la fonte della negatività che incombeva sul Casato ... Lei, che di sicuro ci aveva messo del suo con l’atteggiamento, dimostrando una stima troppo esagerata per l’Astrologia, e le pratiche peggiori della Magia ... Retaggi tutti dell’antico Paganesimo, di quel Credo Antico sinonimo di Cattività, Superstizione e certa Dannazione che si doveva ad ogni costo cancellare.

Diletta era di sicuro una Strega.

In realtà non era tutta colpa della donna, perché per buona parte della sua vita, fin da giovanissima, Diletta aveva letto tutto quel che le capitava come dettato dal Destino e dal Misterioso Cielo. Era pur vero che Magia, Rimedi, Herbe, Lozioni e intrugli di Speziali, conditi con “stregonèssi, formole e gesti propiziatori” erano considerate in qualche modo un po’ “il toccasana contro ogni Male dell’esistenza”. Si credeva anche che: Spiriti, congiunzioni Astrali, Folletti, Aguane delle acque e delle fonti, e Demoni vari potessero non solo intercedere per la sfera umana, ma essere anche in grado di risolvere del tutto tante faccende e complicazioni inerenti la Vita e il fatto societario.

Per noi di oggi la cosa è un po’ risibile, ha il sapore di Favola, da burla, e da mentecatto raggiro. Per quelli di allora, invece, tutti quei contenuti erano una cosa estremamente seria, al punto tale che ci credevano e si fidavano quasi del tutto rivolgendosi a Stregoneria e dintorni, allo stesso modo in cui noi di oggi andiamo dallo Specialista, o affrontiamo una TAC, un intervento chirurgico o una Risonanza Magnetica. 

I tempi erano quelli, e da secoli si viveva del tutto immersi e dipendenti fin dalla nascita in quel tipo di Cultura … anche a Venezia.

Esisteva poi anche un altro verso della medaglia, in quanto attorno a tutte quelle credenze sia di stampo laico che di stampo Religioso, ruotava un proficuo giro di soldi che ingrassava molti. Gli “aiutini da qualunque Infero o Cielo” non erano gratuiti, così come non lo erano le megere, che non prestavano i loro servizi “gratia et amore Dei”, cioè per pura Carità e Amore disinteressato del prossimo.

La Salvezza del Corpo, e quella Eterna dello Spirito hanno sempre avuto un prezzo in ogni epoca ... salato spesso.

I Nobili quindi, più degli altri erano favoriti nell’accedere a tutti quei contenuti e rimedi psicofisici, tanto che a volte “il miracolo” tanto cercato si realizzava a seconda della tasca e della disponibilità economica di chi lo cercava. Per questo esisteva un intero mondo efficiente di Mammane, Herbarole, Streghe e Fattucchiere: c’era l’imbarazzo della scelta … e la cosa faceva dannatamente arrabbiare tutti quelli che intendevano disporre e provvedere diversamente … Chiesa in primis.

Diletta, la moglie del Michièl, non mancava di certo di risorse. Già durante la Podesteria aParenzo del cognato Marco Michièl, quando col marito l’avevano seguito per supportarlo, s‘era aggirata per il Porto per scovare e comprare “oggetti strani e rimedi”… Tutte cose, gesti e scelte altamente sospette … Anche a Venezia s’era dedicata in precedenza a cose strane, e aveva messo in atto strategie oscure nei riguardi di marito e parenti: “Magari la NobilDonna si fosse rivolta a Santi e Madonne del Cielo facendo Pie Pratiche, Donazioni e Devozioni ! … Niente.” chiosò l’Abate di Famiglia sconsolato.

A sua certificazione: il contorno di quella donna era malizioso, per non dire perverso e ticchignoso, fanatico: “Ha scelto e intrapreso la strada peggiore: quella del Peccato, dell’Eresia e dei gesti Dannati derivanti dal Maligno.”

Fanatico era lui, invece, il Dottissimo ac Reverendissimo Padre Domenicano, perché Preti e Frati andavano a nozze con quelle situazioni bramandole e cercandole, e posandosi sopra come Api sul Miele. Quando subodoravano poi l’odore dei soldi, dei privilegi, delle convenienze e del potere, vedevano il Male e il Diavolo all’opera e incarnato dappertutto. Lungo i secoli, la loro era un’immane quanto inguaribile deformazione professionale cronica. Sapevano abilmente riconoscere e individuare Streghe, Diavoli e Maligno dove in realtà non c’era niente.

L’Abate amico dei Michièl era in realtà uno dei parassiti di casa, l’amico stretto di Famiglia, che godeva di onori e cespiti attivando tutti quei suoi modi zuccherosi e melliflui carichi di ogni ambiguità e falsità ... ma di erudita Sapienza. Era stato lui a non aver dubbi sulla colpevolezza della Donna. Aveva riconosciuto il Malocchio e il Male nascosto in quell’inghippo fisico-naturale-amoroso che indossava le sembianze apparentemente gentili di Diletta:“La Donna è fonte e nasconde ogni Malvagità.”

Era stato l’Abate a soffiare di continuo sotto, dando a quella situazione quel contorno Maligno, e a sommare tutti quei connotati Giuridico-Religiosi che sarebbero stati più che utili e sufficienti per allestire il caso e il processo prima, e arrivare poi a soluzione e sentenza dopo inscenando l’opportunoRogo Purificatore.

Il non riuscire ad aver figli era “un peccato” davanti a Dio, un segno dell’azione iniqua del Maligno dentro alla Storia della Famiglia dei Michièl … Perché dubitare che non fosse così ? … E di chi era la colpa ? … Di quella “porta” attraverso la quale il Male era entrato, s’era fatto strada e radicato fra i Michièl … Diletta era colpevole di tutto.

Che poteva quindi meritare una donna così ? … Una pianta cattiva che soffocava tutto ciò che era Buono … Meritava la condanna, l’eradicazione, cioè la Morte epuratrice.

Insomma l’Abate abbindolò il Michièl ignorante in materia di Stregonerie, Diritto e Religione, ma ansioso di liberarsi di quell’ingombrante fardello. Era importante per un Nobile di successo come lui, essere a posto e in regola col Cielo e con la Terra … Quella donna con le sue deficienze in fondo lo rallentava, tarpava la sua ascesa, e gli obiettivi del Casato.

Tutti lo sapevano: le Streghe andavano arrostite spettacolarmente in Piazza a monito di chiunque. Non esisteva altra maniera per andare fuori da quella trista situazione, e cancellare del tutto i segni dell’Impero del Male che stava operando attraverso quella Donna. Erano quelle le “Linee guida” a cui s’ispirava la Società di allora.

Era di pubblico dominio però, che a Venezia certe manifestazioni crudeli dell’Inquisizione non erano benviste. Si riteneva eccessivo, arrogante e presuntuoso quello strapotere della Religione e del Papato su ogni esistenza per via delle sue Regole e delle sue Dottrine. A Venezia e in Laguna non era permesso processare, condannare e bruciare in modo incontrollato le persone in Piazza. Semmai, se proprio si doveva per opportunità e Diritto Civico e non solo Religioso, lo si doveva fare con discrezione, senza grandi clamori: strangolando qualcuno nel buio di qualche cella, o annegandolo con una pietra al collo nelle acque del Canale dell’Orfano nel silenzio dell’alba.

Certe Verità non serviva gridarle in faccia a tutti nella Contrada, o dalla cima dei tetti del Palazzo, oppure in Piazza “fra le de colonne”.

Ai Michièl quindi, serviva una tranquilla soluzione alternativa ... “fuoriporta”, a debita distanza possibilmente, fuori dal controllo diretto e dall’influenza Veneziana.

Desiderosi quindi di togliersi da tutto quell’impiccio, possibilmente guadagnandoci anche qualcosa, i Nobili Michièl e l’oscuro Abate orchestrarono la fine della donna inscenando la macabra soluzione “fuoriporta”. L’assegnazione dell’Incarico della Podesteria di Montona nel Dominio da Mar della Serenissima, giunse proprio al momento opportuno: “cadde a fagiolo”. Non ci poteva essere occasione migliore per portare a compimento quel truce progetto orchestrato contro la donna. Abate, cognato e soprattutto Marito, le prepararono un’astuta e particolareggiata trappola mortale.

La notizia dell’uccisione della donna, ovviamente volò subito a Venezia. Doge, e Magistrature dello Stato non la presero bene.Considerando la gravità dell’atto, ingiunsero a Michièl di rientrare subito in Laguna per essere arrestato, e rispondere dell’accusa di Femminicidio Uxorale.

Tommaso non si scompose, aveva i suoi piani ben chiari in mente ... Mettendo in azione il suo Avvocato di fiducia, rimase a Montona fino alla fine del suo mandato Podesteriale. L’Avvocato iniziò subito tergiversando, e dichiarando illegittima la facoltà del Doge a procedere contro il Michiel ... Il Podestà di Montona in carica godeva d’immunità in quanto rappresentante della stessa Repubblica.

Figuratevi a Venezia ! … Il Doge non si tocca, non si sminuisce: era il riassunto vivente, la personificazione di tutta la Venezianità, del Diritto e della Giustizia della Serenissima.

Tommaso Michièl, ormai libero dal peso ingombrante della Moglie-Strega, intendeva entrare in possesso delle facoltà elencate nel testamento della Morta, investirle nei Capitali di Famiglia, e proseguire così con la sua carriera e i suoi successi commerciali e mercantili.

Vinse il Michièl alla fine … Rientrato a Venezia in seguito, se la cavò con niente, e proseguì la sua esistenza impunito per quel delitto eseguito “per giusta causa”. Si risposò un’altra volta con Marchesina, che fatalità conosceva e frequentava “del tutto” già da diversi anni … A certi uomini tutto era permesso … Da lei ebbe altri tre figli-eredi, per cui il problema della successione era stato abilmente risolto.

Tommaso Michièl, infine, ricoprì un consistente numero di Cariche Pubbliche di notevole valore e prestigio: tornò ad accedere al Maggior Consiglio, fu Capitano da Mar della Flotta Veneziana, Bailo a Costantinopoli, Console ad Alessandria d’Egitto e Ambasciatore  a Veglia… Poteva bastare ?

Se ne morì impunito una quarantina d’anni dopo. 


E gli affari del Nobile Casato Michièl ?

La Storia di Venezia e dei suoi Nobili continuò a scorrere sulle acque, per terra e sotto il Nome e le Regole del Cielo … Beh: almeno sulla carta. Dopo quella squallida vicenda, la “Storia graziosa” dei Michièl continuò quasi indisturbata come se niente fosse accaduto. Anzi: agli occhi di molti i Michièl incrementarono “la bontà del loro curriculum” aggiungendovi anche il merito e il vanto d’aver saputo lottare con coraggio contro il Male e la Superstizione piovuti sul loro “sfortunato” Casato, incarnati nella figura di quell’oscura malafemmina.

Oltre che nei Palazzi sul Canal Grande e di Cannaregio, i Michièl risiedevano in Calle e Corte de Cà Michièl a San Cassian, in Corte Michièl a San Moisè, in Campo San Polo, e in Contrada di San Barnaba. Facevano anche “la Villa” fuori Venezia:a Mira Vecchia sulle rive del Brenta, a Mirano e Bassano.

Nel 1357 Andrea Paradiso Podestà di Farra e Brazza, cercò di evitare d’entrare in causa col Nobile Alvise Michiel Podestà di Lesina che aveva ucciso Marco Fontana. Infatti: il Paradiso finì col passare dalla parte della ragione a quella del torto. Venne cioè condannato, bandito a vita dal Reggimento di Farra e Brazza, multato di 200 lire, e per 5 anni escluso da ogni Carica di Governo ... Avevano vinto i Michièl: troppo forti e superiori a lui … Per natura loro: prepotenti, oltre che arrivisti, violenti, vendicativi ... e parecchio avidi … I Michièl poi non s’arrendevano mai.

Nel 1385, ad esempio, Pietro Michièl: uno dei Signori di Notte, iniziò a indagare sulla morte di uno schiavo dei fratelli Francesco e Lorenzo Venièr. I Nobili inquisiti provarono allora ad insultarlo e minacciarlo, ma lui, per niente intimidito, portò alla conclusione la vertenza facendo condannare i Venièr dai Quaranta a una multa di 100 lire ... Negli stessi anni: Pietro Paolo Michièl era Decano dei Canonici di Treviso, dopo essere già stato Vicario Generale di diversi Vescovi della stessa città ... Johannes Michièl figlio di Pietro, invece, nel 1410 fu Canonico di Santa Maria di Asolo, molestato non poco per esser riuscito a impossessarsi di quel fruttuoso Beneficio: “Non mollò la preda di un millimetro” ... Nel 1449 Marco Michièl fu Piovano dell’Anzolo Raffaele: “Contrada e Parrocchia miserevole, ma pur sempre meglio che niente, posta sull’imbocco strategico di una delle Porte Mercantili di Venezia.”… Dieci anni dopo Antonio Michièl si fece eleggere Piovano di San Pantalòn poco distante, mentre Leonardo Michièl divenne Piovano di San Giovanni in Bragora dall’altra parte della Città ... Non era tanto la Devotio e la Fede a spingere i Nobili Michièl a diventare Preti-Piovani, ma l’intenzione di occupare posizioni strategiche dentro al tessuto urbano Veneziano. Chi meglio dei Preti-Piovani poteva conoscere la gente, gli affari di tutti, e godere di appoggi, contatti e conoscenze che potevano tornare utili alle economie di Famiglia ? ... Non a caso l’ex Piovano Michièl della Bragora andò a morire da Mercante ad Alessandria d’Egitto.

Una decina d’anni dopo ancora: il Nobile Giacomo Davanzago ex Capo Sestiere di San Polo corse in soccorso con dei compari di due sue amiche Prostitute attive nella zona di Rialto. I Signori di Notte le avevano sottoposte a sfratto esecutivo da una casa in Corte della Pasina a Sant’Aponal di proprietà del NobilHomo Federico Michièl. Il Davanzago alterato andò in faccia al Michièl con la spada strappandogli di mano le chiavi della casa, che ridiede alle due donne ... Pessima scelta: venne processato e condannato a interdizione perpetua dall’Ufficio, e a pagare una multa di 100 lire ... Alle donne fu confermato lo sfratto.

Nel 1401 il Nobile Valerio Zen venne condannato per un anno nei pozzi “per aver avuto di notte commercio con Lucia Tartara serva di Ser Luca Michièl” ... Se il Michiel non intendeva riprendersi “la schiava usata”, lo Zen avrebbe dovuto rifondergli cento ducati d’oro tenendosi la serva. Qualora, invece: il Michièl l’avesse riaccolta indietro, Zen avrebbe dovuto pagargli solo cinquanta ducati.

Nello stesso anno: Antonio Michièl aveva licenza esclusiva di condurre Pellegrini al Santo Sepolcro in TerraSanta ... Quattro anni dopo, il Nobile Bartolomeo Michièl in società col Bechèr Jacopo Marcellin si comprò tutta Noventa “ex Gastaldia dei Carraresi”Nel 1431, Nicolò Michièl era Ufficiale di bordo con Cristofalo Fioravante di una spedizione carica di Spezie guidata da Pietro Querini. Partiti da Creta per le Fiandre con 68 marinai, fece naufragio al largo della Norvegia. Gli undici sopravvissuti approdarono nell'isola di Rost nell'Arcipelago delle Lofoten, portando poi a Venezia il tradizionale Baccalà di cui fecero amplissimo commercio.

Nel 1440 Alvise Michièl si dichiarò disponibile a far da Sopracomito del Lago di Garda per la Serenissima, ma non intendeva per questo trascurare gli affari di famiglia che gestiva un po’ ovunque … Il Senato Veneziano, solitamente poco accondiscendente, gli permise, invece, di andare e tornare liberamente dalla Laguna e dalla Capitale senza chiedere nessun permesso. Questo per dire di quanta stima godevano i Nobili Michièl a Venezia, e di quanto fosse apprezzata la loro competenza e forza politico-economica ... Nel 1470-1482 dal Libro Mastro dello stesso Alvise Michièl si evince che il prezzo del commercio del pepe proveniente dal Levante a Venezia si aggirava sui 53-79 ducati a cargo. Presto il prezzo sarebbe precipitato fino a 49 ducati a cargo ... Chi c’era lì ad approfittarne fino all’ultimo ?

Nel 1477 Antonio Michièl, pur essendo Nobile, ricorse a un prestito a lungo termine dalla Signoria per costruirsi un nuovo palazzo, mentre nel 1499 Vettor Michièl Capitano d’Alessandria, rifiutò di recarsi come Provveditore in Albania contro i Turchi perché doveva badare agli affari suoi.

Come si può leggere nelle note del “Libro dei Conti di Jacopo Bàdoer”fra 1436-39, i Michiel in quegli anni erano davvero grandi e affermati Mercanti. Circa l’anno 1436 si legge:“Pani vervi bale 2 dixe esser peze 41 in questi colori: zelestrini 16, paonazzi scuri 14, verdi color 4, verde gaio 2, fereti 3, negri 2, de raxon de Ser Piero Michiel e Ser Marin Barbo, recevuti per le Galie Chapetanio Ser Piero Chontarini…diè dar a di 4 settembre per spese…perperi 2545…carati 81.” … e ancora: “Stagni fasi 22 de raxon de Ser Piero Michiel fo de Ser Lucha recevudi per le sorascritte Galee…dixe però a Venexia livre 4.800, diè dar a die 4 settembre per spese de marchandia…perperi 1217 x carati 21.”… e dopo ancora dopo ancora: “Ser Piero Michiel do de Ser Lucha die dar per Garofai de son raxon per 303 perperi…carghati in Galia Mora…di dito per inzensi de so raxon…per 96 perperi…per  un cambio fatto chon Ser Alessandro Zen de Ser Piero pe ducati 70 mandati a ricever per la Galia Chapetanio Ser Piero Chontarini per 215 perperi…per 10 pani di Zera Zagona de so raxon…e per un resto per 11 perperi del 7 dicembre assegnatogli per via de Modon per la Nave Patron Todaro Vatazi…per un totale di 1.166 perperi.”

Alla pagina dell’anno seguente: “Pani de Grana fina baleta, dixe esser peze 4 de raxon de Ser Piero Michiel e Ser Antonio da la Cholona recevuti per le presepente Galie…diè dar a di 4 settembre per spese di merchandia…perperi 638 x carati 15.”… “ Chuori de Bo saladi de raxon de Ser Piero Michiel e chompagni diè dar 14 settembre per Ser Ferigo Contarini per l’ammontar de chuori 136 attraverso il senser Antonio Portonari…per spexe marchandia e mia provision…per 230 perperi in carati 15.”

Due anni dopo ancora:“Piper de raxon de Misier Piero Michiel e Ser Marin Barbo diè dar a di 30 dicembre per Elia Flaflama Zudio per l’ammontar de pondi 4 de piper, pexa cantara de sachi…tara de polvere…spese de merchandia…chamali et barcha…boleta…senser…hostelazo…provixion….perperi 457 x carati 10.”

I Michièl s’erano comprati dai Nobili Zen, che a loro volta l’avevano rilevata dai Grimani, la (Cà) Palazzo-Fondaco “delle Colonne” a Cannaregio … Durante il 1500, originalissimo, rinomatissimo e prezioso era l’Orto dei Semplici di San Trovaso dall’altra parte di Venezia, proprietà di Pier Antonio Michièl(Venezia da sola contava più Orti Botanici che l’Italia intera: almeno 24, mentre altri 8 erano siti a Padova, 50 nel Veneto intero).

Nel 1501 i quattro figli di Alvise Michièl “eroe morto contro i Turchi a Modone”, ricevettero per 15 anni dalla Serenissima la Castellania di Mestre valutata 200 ducati annui, e l’anno seguente Michièl e Gradenigo subentrano nella proprietà del Monastero di Santa Maria in Organo di Verona, che gestiva terre boschive e paludose bonificate ex patrimonio dei Dal Verme… Qualche anno dopo, Leonardo Michièl fece costruire un edificio con 3 folli da panni a Nove, dove l’Arte della Lana di Bassano aveva spostato le sue Gualchiere, come a Cittadella e Galliera, in concorrenza con l’Arte della Lana di Padova ... Avevano sempre l’intuizione giusta degli affari i Nobili Michièl: “sapevano fiutarli nell’aria, precorrendone successi e guadagni”.

Nel 1521: Nicolò Michièl che aveva figlie e sorelle nel Monastero di San Zaccaria, prese la parola davanti al Doge sottolineando come le Monache Conventuali e i loro parenti avessero fatto grandi investimenti in denaro per finanziare lavori di trasformazione di alcune aree del Convento come il Refettorio, da cui al momento si sentivano espropriati. Il Doge provvide al riguardo ridando al Monastero “i giusti equilibri” … cioè quelli dovuti ai Michièl … Quattro anni dopo, invece, il Diarista Marcantonio Michièl venne espulso dal Maggior Consiglio per un anno per atti di violenza nei confronti di un parente dovuti al conseguimento di un’eredità. I Michièl erano poco disposti a spartire … Nella primavera dell’anno seguente, racconta il puntuale Diarista Marin Sanudo: il Patrizio Andrea Michièl sposò “Cornelia Grifo, vedoa meretrice somptuosa e bellissima … ex mantenuta da altri due nobili, la quale aveva portato in dote migliaia di ducati …. et fu le nozze nel Monasterio di San Zuàn de Torcello, che è stata gran vergogna alla Nobiltà Veneta.”

I Michièl, come altri Nobili Veneziani perdevano il pelo ma non il vizio, non cambiavano mai, e si permettevano sempre di tutto … Dei veri e propri “intoccabili”.

Nel luglio 1527 accadde uno storico “terremoto” all’interno della Nobiltà Veneziana ... A quattro Consiglieri Ducali: Benedetto Dolfin, Antonio Gradenigo, Francesco Marcello, e guardacaso Alvise Michièl, venne in mente d’avanzare la proposta di legge di far partecipare al Maggior Consiglio un unico rappresentante per ogni Nobile Casato Veneziano, a prescindere dal numero dei membri che il casato vantava. Tutti i Nobili sarebbero stati parificati, coagulati ciascuno in un'unica persona di rappresentanza con un unico voto a disposizione. Ne avrebbero rimesso ovviamente quei Casati più numerosi abituati a prevalere sugli altri per via del numero dei presenti e dei candidati.

Scoppiò allora un’immane preoccupazione e un’ansia generalizzata dell’intera Nobiltà, con uno scompiglio che giunse a coinvolgere l’intera classe. Tutti i Nobili si precipitarono in massa a Palazzo Ducale per votare contro quella pericolosissima mozione. Accadde l’inverosimile: votazioni con voti superiori al numero dei presenti, contrapposizioni incazzatissime col Doge, scontri fra Senatori, Consiglieri e Casati … Si andò avanti con le discussioni e con i voti per 17 giorni, indicendo ben 6 riunioni plenarie del Maggior Consiglio, che raggiunse partecipazioni eccezionali quasi mai viste. Si presentarono a discutere e votare più di 1.700 Patrizi, compresi certi Nobili mai visti, e almeno 46 Nobili assenti in Consiglio da almeno 20 anni, c’era anche Marino Pisani Capo della Quarantia che non frequentava mai … Nel Senato, ad esempio, partecipavano solitamente 180 Senatori su 300 membri di diritto ... Fu perfino portato a votare in barella Ser Francesco Marcello che giaceva infermo e malato in casa da anni … Si contarono 15 Contarini sui 176 che formavano il Casato, 20 Morosini in rappresentanza di 102 individui, e i rappresentanti di almeno 134 Clan Nobiliari diversi … Le 19 “Case Grandi” contavano più di 40 individui ciascuna, formando da sole il 45% dell’intero Patriziato Veneziano… La proposta alla fine venne finalmente bocciata in maniera liberatoria, con 914 voti contro, 789 a favore, 3 astenuti e 4 voti “non sinceri”… Tutto rimase quindi come prima, e buona parte della Nobiltà tirò un profondo sospiro di sollievo.

C’erano in ballo le ambitissime Cariche di Governo della Città e dello Stato spesso riservate “ai Primi”, ma anche altre 150 Cariche da occupare nella sola Terraferma, ed altrettante nei Domini da Mar … Immaginatevi quali e quante ricchezze e affari appetibilissimi c’erano in quel momento d’incertezza sul piatto dell’invisibile bilancia della Repubblica Serenissima.

Questo scenario non ricorda forse quello degli intoccabili vitalizi dei nostri Politici e Parlamentari di oggi ? … Sono trascorsi secoli, ma l’uomo rimane uguale: non fa mai tesoro di quanto succede.

Giovanni Michièl fu Ambasciatore a Londra, in Siria, presso l’Imperatore, a Firenze, e più volte a Parigi; Melchiorre Michièl a Roma, e Pietro Michièl in Siria … Verso fine maggio 1574, nel Capitolo convocato dalla Badessa Ludovica Morosini del Monastero di Santa Caterina di Mazzorbo succeduta a Benedetta Michièl, erano presenti 28 Monache Corali e diverse Monache Converse ... Fra le Nobil Corali c’erano: Michela, Marina, Chiara, Benedetta, Regina e Clemenzia: tutteMaDonne Nobili di Cà Michièl ... Quattro anni dopo,il Consiglio dei Dieci processò e condannò Alvise Michièl Vescovo di Spalato per essersi appropriato di un’eredità di cui doveva essere solo esecutore testamentario. Intervenne Papa Gregorio XIII in persona presso la Serenissima, ottenendo la sospensione del processo e la cancellazione della condanna: “Non è accaduto niente.” si disse … anche se nella realtà dei fatti il Michièl la pingue eredità se l’era per davvero presa ... I Michièl avevano vinto ancora, continuavano quasi sempre ad aver ragione in un modo o nell’altro.

Nel 1580-81: Giovanni Michièl Rettore di Cefalonia relazionò la Serenissima sulle entrate della Camera Fiscale dell’isola, che esclusa la “Nuova Imposta” assommavano pressappoco a 27.000 ducati ... Una ventina d’anni dopo circa, toccò a Maffio Michièl Rettore dell’Isola di Zante di relazionare a Venezia sulle Entrate della Camera Fiscale esclusa la “Nuova Imposta”. Riferì che a Zante si erano raccolti 19.000 ducati per la Serenissima ... In quegli stessi anni: Luca Michièl integrò ulteriormente il patrimonio di Cà Michièl comprando 69 campi di terra a Meolo, e tre anni dopo se ne comprò altri undici.

Nel 1658 il Nobile Valerio Michièl fece scavare la “Roggia Michièla sul Brenta”, che dal Brenta andava a sud di Cartigliano, e riconfluiva a Tezze dopo essere passata per Santa Croce Bigolina bagnando e servendo … guarda caso … buona parte delle terre dei Michièl ... Nel 1670: Francesco Michièl, già Ambasciatore presso il Principe di Savoia, a Parigi e nei Paesi Bassi, come da tradizione di Famiglia, morendo lasciò per testamento un bel gruzzolo di annui ducati 20 a favore dei Preti di San Barnaba a Venezia. In cambio gli dovevano celebrare “una valanga di Messe” in Suffragio per la Salvezza Eterna sua e del Nobile Casato dei Michièl … Stessa cosa accadde anche con Giacomo Michièl qualche anno dopo, in quanto lasciò altri 90 ducati con lo stesso scopo, e a favore degli stessi Preti … Si andò così avanti a riscuotere e celebrare fino a tutto il 1758, quando vennero tagliati i fondi, e perciò: basta Esequiali e preghiere ... Ogni cosa ha il suo dovuto prezzo.

A inizio 1700, quando a Dolo sull’alveo principale del Brenta giravano 12 ruote “da cereali”, e altre 4 giravano sul Brentòn, sul Rio Serraglio di Mira c’erano 2 molini a 6 ruote di proprietà Michièl. Nell’arzilla e mai sazia mente dei sempre aitanti Nobili Michièl, frullava ancora, incredibilmente dopo secoli, la smania dei figli e degli eredi per prolungare … forse in Eterno, e nei secoli dei secoli … il lustro e le fortune del Casato:“Fondate relazioni riferivano che Alvise Michièl del Ramo dei Santi Apostoli, stava per sposare Maddalena Veronica: forestiera della Contrada di San Marciliàn ... Venne sfrattata entro 24 ore da Città e Dominio dagli Inquisitori: “E’ in gioco il dishonore del Carattere Patrizio con obbrobrio alla Veneta Nobiltà.” si disse … Alla fine il Michièl non riuscì a sposarsi, ma si verificò più volte che la giovane non se n’era andata mai da Venezia, ma si era rifugiata in una casa vicina all’Ambasciatore di Francia. Venne perciò arrestata il 4 marzo 1702, e liberata solo dopo 6 mesi di camerotto ... Il 6 marzo dello stesso anno 1702, si sfrattò anche il Servitore del Michièl: Ippolito Gardi, che l’aveva aiutata a ripararsi ... mentre il Nobile Michièl ? … Rimase ovviamente libero a inseguire i disegni sulla futura sorte della prole del suo Superbo, quanto sognato Eterno Casato.”

Ancora e infine nel 1725: un Nobile Michièl era Podestà di Rovigo, e quarant’anni dopo, e fino allo “scadere ultimissimo” della Repubblica Veneziana un Angelo Marino Michièl prima, e un Mattio Michièl-Soranzo dopo, facevano parte della turnazione dei 25 Segretari del Senato della Serenissima, che si occupava di pratiche e sedute dei“Deputati della Serenissima Signoria, di Vienna, e del Commissario ai Confini”… Il Potere logora gli uomini: è vero … ma mai abbastanza.

E il ricordo di Diletta  ? … quell’antica moglie, DonnaMadonna dei Michièl ?


Chi ? … Sssss ! … Lascia stare ! … Lascia perdere !

Niente … Roba vecchia del passato, un incidente increscioso di percorso, una maledizione piovuta inopportuna dal Cielo sul Casato, anzi: schizzata fuori dall’Inferno: “Un brutto scherzo del Destino piovuto addosso ai poveri Michièl.”

La “Strega dei Michièl” in tutto quell’immane bailame e sovrapporsi e susseguirsi di cariche, eventi, investimenti, ricchezze e potere, fu sempre e solo una pallidissima memoria quasi trasparente ingoiata dal dimenticatoio senza fondo della Storia del Nobile Casato Veneziano.

Si trattò, invece, di un tristissimo quanto efferato, gratuito femminicidio Veneziano alle porte del 1300 … Rimasto impunito, insabbiato, dimenticato e nascosto… Un po’ come accade a volte ancora oggi, anche se sono trascorsi secoli.

Lo so … Si è imparato poco o niente dalla Storia, anche pur non essendoci più il delitto di Stregoneria.

 


Viewing all articles
Browse latest Browse all 357

Trending Articles



<script src="https://jsc.adskeeper.com/r/s/rssing.com.1596347.js" async> </script>