#unacuriositàvenezianapervolta
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Una NobilDonna Veneziana estirpata e bruciata
...
ma con discrezione, fuoriporta, dimenticata in
fretta.
Una
donna persa … Una ? Che vuoi che sia ? … Una più, una meno ? E’ stato solo un
peccato veniale, una piccola ombra: meno che un neo sulla pomposa storia dei
Nobili Michièl: “La Donna è sede di ogni Malizia e Perversità, subdola
maniaca del Sesso, fonte d’inesauribile e insano Sentimento, è la fonte di ogni
Doppiezza possibile.”
Diletta… Moglie del Nobile Tommaso Michiel,
è stata una Donna eviscerata al pari di un bubbone, un corpo estraneo maligno.
Lo svuotamento chirurgico di un ascesso: un’escissione ... Una cosa che andava
assolutamente fatta per i subdoli e controversi Nobili Michièl col
loro entourage preteresco che li accompagnava ovunque da sempre.
I Michièl… Non erano di certo “robètta” a Venezia … Da “tempo remoto”erano
considerati fra i “Longhi”, cioè quei Patrizi di “Casa Vecchia o Apostolica” che erano indicati
come i Padri fondatori della Città Lagunare … Oltre
a girare il Mondo in nome della Serenissima, i Michièl erano prima di tutto ricchi Mercanti e
imprenditori, che nel loro D.N.A. erano filoPapali, cioè un Clan di persone tradizionalmente Devoti
e Religiosi, del tutto dediti alla causa di Dio, della Fede e della Chiesa.
In Contrada di Santa Sofia a Cannaregio i Michièl vivevano
accanto e s’imparentarono con i formidabili e clarissimi Nobili
Contarini della Cà d’Oro, e con i Priuli, che come i Michièl
erano un po’ i boss della Contrada. Fra 1300 e
1400, quando Venezia s’era ormai affermata come potenza Europea e Mediterranea,
c’era un’oligarchia di 15 Famiglie che prevaleva nel Consiglio
dei Dieci. Erano un po’ “l’animo”, la guida e il
riferimento dell’intera Serenissima.
Contarini, Morosini, Dolfin, Loredàn,
Venièr, Marcello, Cornèr, Trevisàn, Foscari, Molin, Sorànzo, Zòrzi, Falièr, Nàni e appunto i Michièl. Erano tutte Famiglie
potenti strettamente collegate e imparentate fra loro, una decina delle quali sopravaleva
le altre in quanto a potere, prestigio e ricchezza … Fra quelle dieci Famiglie:
cinque fin dal 1200 erano state le “Prime”, le Apostoliche Fondatrici di Venezia: Morosini,
Dàndolo (Spato), Giustiniàn, Querini e Michièl (Frangipane)… Alcune restarono,
altre scomparvero o passarono in secondo piano come i iBàdoer
(Partecipazio), i Baròzzi,
Contarini, Falièr, Gradenigo, Mèmmo (Tribuno), Polàni, Sanùdo (Candiani),
Tièpolo e Basèggio.
Sembrano quasi i nomi snocciolati dei giocatori
protagonisti di una squadra vincente, che di sicuro è stata capace di portare
in alto e al successo Venezia.
Curiosissimo lo stemma dei Michièl a strisce alternate e sei “dischetti”. Fu ideato in memoria del Doge Domenico
Michièl, che al tempo della
lotta per l’egemonia sul Mediterraneo e dell’assedio di Tiro, venuta a mancare
la moneta, usò in sostituzione palline di cuoio: i “Michieletti”, che venivano scambiati come oro e argento. Tornati
a Venezia, quelle palline di cuoio si tradussero in ducati sonanti.
Nel quinto secolo,
secondo la tradizione Veneziana, il ricco Senatore Romano Michele con i suoi fratelli fuggito da Roma invasa dai Galli, trovò riparo e residenza
a Venezia in Contradadei Santi Apostoli. Venne qui fin da subito soprannominato: Michièl, forse per paragonarlo per forza e generosità al biblico Arcangelo Michele ... Un Michièl comunque partecipò nel 697 all'elezione del primo Doge Veneziano: Paolino Anafesto, mentre Vitale Michièl fu tra i primi Tribuni nel 869.
Poi per secoli fu tutto in
discesa per la Famiglia Michièl, che “viaggiò e
visse” passando di successo in successo. Dalla Famiglia
uscirono tre Dogi, e si affermò una lunga schiera di Generali, Cavalieri,
Senatori, Ambasciatori, undici Procuratori di San Marco, e Cardinali, Vescovi e
un Patriarca … Ai Michièl venne attribuita la fabbrica di diverse chiese, Salvador
di Luca Michièl(1505) fu Procuratore delle Monache di Santa Caterina di
Mazzorbo fondato dalla Beata Anna
Michièl, e fu Giacomo Michièl nel 1233 a regalare
ai Frati l’Isola di San Francesco del Deserto.
Già nell’estate 1051 a Rialto Vita
Michièl vedova di Pietro Longo aveva consegnato a Domenico Abate di San Giorgio Maggiore una vigna in Chioggia
Minore lasciata
dal marito ai Monaci ... Nella primavera 1064 poi, ancora a Rialto, Badoèro
Bàdoer da Spinale fideiussore e Bonofilio Michièl fecero trovare un
accordo fra Giovanni Mauro Avvocato dell’Abate della Santissima
Trinità di Brondolo di Chioggia e Pietro Orseolo che stavano
litigando per beni fra Cèsso de Cànnas e alcune case a Cònche.
Più tardi Vitale I Michièl lasciò che fossero Pisani e Genovesi a supportare la Crociata guidata da Goffredo di Buglione non intravedendone alcun vantaggio per Venezia.
Coltone in seguito la portata economica, e per non lasciare il controllo dei
commerci nelle mani delle altre Repubbliche
Marinare, salpò nel luglio
1099 con 207 navi guidate da suo figlio Giovanni e da Enrico Contarini Vescovo
di Olivolo-Castello per supportare finalmente,
ma pur sempre poco convinto, i Crocesignati del “Dio
lo Vuole”.
A Rodi, strada facendo, la flotta Veneziana badò al sodo e
agli interessi della Serenissima: intercettò e affondò le navi Pisane, e nella primavera seguente si diresse in Terrasanta. Lì Goffredo
di Buglione, pur avendo
preso Gerusalemme, era rimasto privo di aiuti di ogni sorta. Venuti a
mancare Pisani
e Genovesi, non gli
rimase che rivolgersi ai Veneziani, che furbescamente chiesero e ottennero la
possibilità di avere quartieri e fondaci in ogni territorio e città, ed
esenzioni da dazi, tasse e gabelle ... Caddero quindi in successione: Haifa, Giaffa,
Mira e i territori della costa Siriana… e Venezia era lì pronta: a far commercio, ad
approfittare della situazione, e a prendersi e portare in Laguna di tutto e di
più ... più che poteva.
Fatti
analoghi al 1099 accaddero poi nel 1122, quando Domenico Michièlfinito ad assediare Tiro, sospettato di tirare per le lunghe
l’assedio e di voler rientrare a mani vuote in Laguna, fece portare a terra le
vele e gli attrezzi marinareschi, e rimase là finchè si completò l’opera. Partì poi per la Terrasanta con una
grande flotta di 120 navi e 15.000 armati, e liberò stavolta Re Baldovino di Gerusalemme assediato dai Mussulmani. Riportò un’altra vittoria,
quindi liberò le coste della Palestina, e non mancò di agevolare ulteriormente i commerci di
Venezia con l’Europa ... Strada facendo mise le mani sulla Dalmazia, Corfù e Acri, e già che c’era: massacrò i Fatimidi Musulmani “tanto che il
mare rimase insanguinato per due miglia” ... In cambio Re
Baldovino riconoscente, concesse a San Marco e al
Doge diversi territori e privilegi.
La Cronaca
Barba ricorda che lo
stesso Doge: “si
fece edificare uno bel palazzo con un zardin in Contrà de San Zuane in Bragola
in lo qual molte fiate se andava a trastullar”. Lì vi andò anche ad abitare quando nel 1129
rinunciò al Principato prima di ritirarsi a morire nel Monastero di San Giorgio Maggiore in faccia a Piazza San Marco dove venne sepolto.
L’anno dopo, il Giudice Andrea Michiel suo parente, in partenza per una missione
diplomatica presso il Re
d'Ungheria fece testamento. Nel documento si citano
ed elencano le ingenti risorse mobili e immobili dei Michièl site a
Venezia e nel Dogado. Si racconta della loro attività creditizia e di prestito,
nonché dei possessi che i Michièl detenevano in Terraferma, dei debitori
insolventi avevano dato loro in garanzia alcune terre, e di come i Michièl disponevano
di diversi feudi fuori Venezia: ad Altino, ad esempio, di cui erano stati investiti dal Trevigiano
Almerico da Carbonara dell'Ufficio
di Avvocazia per l'Episcopio e dal Capitolo di Treviso. I Michièl avevano anche livelli di terre e prati
ad Arzere
"infra Fogolanas" presso
Chioggia, ottenuti dal Monastero
della Santissima Trinità di Brondolo; e un
altro feudo in località Torre
nel Comitato di Treviso
concesso loro dagli stessi Monaci Chioggiotti.
Secondo il “Codice Diplomatico Padovano”, fino alla Pace di Costanza del 1183, i Nobili
Michièl di Venezia
detenevano come feudo anche un’ampia area di Tessèra concessa
loro dal Vescovo
di Torcello… I figli del Giudice Michiel Pietro: Domenico e Marino concessero in uso il fondamento di Argere della
Fogolana a Giovanni
Pietro Centranico, Domenico, Steno e Leo Venier, Sambatino e Giovanni Paulo,
Viviano Callicario, Leo Blanco, Domenico Bolli e Martino Orio “per due giorni
annui di sale per ciascuna salina”.
Qualche anno dopo, nel 1125, l’Abate Faletro di Brondolo rinnovò la concessione agli stessi figli del Giudice
Michiel del Confinio di Santa Sofia, aggiungendovi anche un prato nella stessa
località presso la Vena
Dolce, che di fatto era già stato dato loro “per dieci annui moggi di sale”.
I Michièl avevano case e terreni a Torcello, che diedero ad Amabile Badessa di San Giovanni Evangelista della stessa isola ... All’inizio del secolo
seguente, Pietro
Michièl del Confinio di San
Polo con la moglie Polana donò a Viticlino
Priore di San Ciprianodi Murano un manso a Pianiga… I Michièl s’imparentarono con diverse Famiglie Nobili Venete: i Da
Lendinara Veronesi,
ad esempio, dai quali acquisirono ulteriori beni a Zevio lungo l'Adige.
Che ve ne pare ? … e non è ancora tutto.
Vitale II Michièl, Doge dal 1156 al 1172, intervenne a Zara dopo che il Governatore Veneziano era stato cacciato da una rivolta fomentata dagli Ungheresi messi subito in fuga. Prese quindi il controllo di Dalmazia e Quarnaro mettendo i suoi figli Leonardo e Nicolò a controllare le isole di Cherso, Lussino e Arbe. Combattè poi contro il Re d’Ungheria e Federico Barbarossa, e invase tutto il Friuli combattendo contro Ulrico di Treven Patriarca di Aquileia, che aveva distrutto la Veneziana Grado.
I Michièl con Venezia ormai avevano preso il largo …
Agivano ad altissimo livello, proprio alla pari con i “grandi” dell’Europa e del Mediterraneo di allora.
Nel 1163, lo stesso Patriarca
Ulrico con i suoi 12 Canonici-Prelati-Dignitari venne finalmente sconfitto e imprigionato, ma poi
liberato per l'intercessione di Papa Alessandro
III in cambio di
un tributo annuo di 12 grossi maiali, dodici grossi pani, e un toro per il
sostegno dei carcerati e del popolo meno abbiente da fornirsi l'ultimo giorno
di Carnevale ... Come sapete, da quei fatti derivò la tradizione del Giovedì Grasso, e
del detto “tagliar
la testa al toro” intendendo
la fine che si era fatta fare al Patriarca
di Aquileia con i suoi Canonici.
Scoppiò poi un grande scontento in Laguna ... Non
poteva andare sempre tutto dritto ai Michièl.
Nel 1171, a Costantinopoli furono arrestati circa 10.000 Veneziani, rotti tutti
i trattati, misconosciute le bolle
imperiali, e i beni di Venezia, navi comprese con i loro ricchi carichi,
vennero confiscati. Il Doge spedì invano una flotta, ma l'Imperatore d'Oriente aveva già stretto nuovi accordi con Pisani e Genovesi. La flotta Veneziana
finì decimata dalle armi delle altre due Repubbliche Marinare, e dalla Peste.
Non la presero bene a Venezia … Non fu un caso che il Doge Michièl venisse assassinato da Marco Casolo che lo inseguì fino a San Zaccaria durante una sommossa popolare supportata dagli Ambasciatori a Costantinopoli Ziani e Mastropiero… che divennero poi nuovi
Dogi. Il Doge Michièl ammazzato aveva disposto di tutti i suoi beni per testamento, compresi i diritti di caccia e pesca in “unam
piscariam que vocatur Cornium.”
Nel maggio 1249, il Conte di Zara Giovanni
Michièl da Santa Sofia, Podestà anche di Torcello, insieme con Giovanni Michièl eredi di Marino, chiesero e ottennero da Filippo Fontana
Vescovo di Ferrara la conferma dell’investitura a feudo con le rispettive Decime di metà di
Villanova e Vigonza già goduta da loro padre ... “et hoc sine fidelitate”, cioè senza tante
sottomissioni e dipendenze dal Vescovo stesso … I Nobili
Michièl gestivano insomma un
piccolo impero … Erano potenti, e liberi di fare un po’ alto e basso: quel che
volevano.
Vi ho detto tutto questo per rendere un po’ l’idea, dire di quanto erano capaci i Nobili Michièl Veneziani. Non erano un nome da poco nel panorama Lagunare, né gente qualsiasi, o “pane da far ostie”. Erano “tanta roba”: una Nobiltà da Primi della classe … Perciò qualche sfizio se lo presero, anche perché di soldi, potere, appoggi e conoscenze ne avevano più di quanto bastava.
La trista storia della Nobildonna Veneziana finita al rogo: la “Strega di Cà Michièl”, va collocata in questo contesto ... Ed è l’efferatezza spietata di quel lontano fatto che mi ha colpito oltremisura, oltre che incuriosito.
Il 6 luglio 1271, a Montona
d’Istria(oggi in Croazia), Diletta moglie legittima
del Podestà Veneziano Tommaso Michièl, dopo aver ampiamente confessato
e confermato le pesantissime quanto inconfutabili accuse nei suoi riguardi,
finì condannata dal Rappresentante Ecclesiastico e dal suo stesso
marito-Podestà. Venne subito bruciata “con gran contorno di
Popolo”, nella Piazzetta di San Cipriano: abituale
ritrovo dei Nobili Veneziani a Montona.
Le accuse elencate nella Sentenza di
condanna sono dettagliatissime e inequivocabili: Diletta, “Rea
confessa” fra l’altro, non ebbe scampo.
-
“Pratiche
ricorrenti di Stregoneria soprattutto nei riguardi del marito Tommaso e del
cognato Marco Michièl.”
-
“Accusa
d’aver mescolato Calamita nera, Ostie, Olio Santo, Latte d’Infante e sangue
mestruale suo e di sua madre col cibo dei suoi uomini per far tornar l’amato e
favorir la nascita di un figlio.”
... A tal proposito, era venuto a galla a dire delle Serve-Domestiche di Famiglia
Michièl, che la Donna in casa aveva più e più volte abbindolato e
coinvolto il marito in giochi perversi, a sua insaputa, al fine di riuscire in
qualche modo a renderlo “capace” d’inseminarla efficacemente, ma
anche incapace di allontanarsi da lei pur essendo “Donna Infruttuosa”.
-
“Sospetto
d’aver soppresso il frutto del suo grembo, ovvero due bimbi nascituri: eredità
preziosa della Famiglia, e futuro del Casato Michièl ... Di loro aveva
conservato ancora i resti del cordone ombelicale per utilizzarli in qualche
malefizio.”
-
“Accusa
d’aver lavato il capo del marito con liscia mescolata col suo sangue mestruale,
d’aver legato forbici mettendole sotto alla porta della camera nuziale, allo
scopo di influire sulla fecondia coniugale.”
-
“Accusa
d’aver preso resti di scarpe, di Guarnacca e di camicia del marito e del
cognato, e di aver fatto confezionare con quelle dalla moglie anonima di un
Tagliapietra, alcune statuette di cera da infilzare con aghi, e su cui recitare
macabre allocuzioni infernali.”
-
“Era
stata trovata in possesso di una zampa di Maiale, che a suo dire era solita bruciare
quando c’erano complicazioni e contrasti in famiglia … Teneva anche polvere di
Lucertola.”
-
“Accusa
d’aver portato da Venezia una polvere bianca di Verme, che solitamente si usava
per fare Malocchio contro qualcuno che si odiava ... Erano state Beatrice
moglie di Alberto Dal Muro di Parenzo, e Olivia la Fornaia a consigliarla e
procurargliela, catturando per lei anche alcune Lucertole.”
-
“Sempre
a Parenzo, la moglie di un Ortolano che serviva il Capitano della Galea della
città, le aveva procurato per 10 grossi da una facidòra un potente amuleto da
portare sempre addosso sotto ai vestiti per magico scopo.”
Diletta (forse del Clan dei Loredan, altro Casato
non da poco di Venezia)
disperata, confusa e ormai rassegnata alla sua sorteammise tutto
… D’altra parte che cos’altro avrebbe potuto fare ? Davanti a lei, e sotto agli
occhi di tutti erano presentate le prove circostanziali inconfutabili di quanto
aveva prodotto, confezionato e fatto ... Non si poteva avere dubbi al riguardo,
così che “Detto fatto, si passò dal biasimare la situazione alla
considerazione dei fatti, e alla ricerca di una sapiente conclusione.”
In realtà era stato tutto orchestrato e
previsto in anticipo: per Diletta ci doveva essere solo la Morte, e la
consumazione nelle fiamme. Non a caso era stata indotta a far testamento prima
di partire per Montona.
I due fratelli Tommaso
e Marco Michiel, oltre ad essere due uomini furbi e avveduti, erano
anche due pezzi grossi della Politica Veneziana … Due dei tanti di allora,
coprotagonisti più volte a nome della Serenissima in Terra d’Istria.
I due fratelli erano Mercanti-Imprenditori ben avviati in affari,
che sedevano abitualmente nel Maggior Consiglio Veneziano. Erano stati
anche Ambasciatori e rappresentanti della Serenissima in giro per il Mondo, e
avevano esercitato più volte come: Rettori, Podestà, Capitani in diverse Città
del Dominio Veneziano di Terra e da Mar ... ed erano molto altro ancora.
Qual’era in verità il problema, l’inghippo di fondo fra Diletta e suo marito Michièl ?
Semplice … Diletta non riusciva ad avere figli, cioè a dare l’erede desiderato al marito Michièl. Nell’economia di un Nobilissimo Casato Veneziano com’era quello dei Michièl, il non riuscire a fornire al Patròn l’erede necessario era di sicuro una brutta faccenda: un vero e proprio guaio. In quei tempi e a quei livelli, molto spesso l’Amore e il Sentimento contavano ben poco. Il Matrimonio era molto spesso “un affare”, una convenienza, un patto economico, legato anche giuridicamente all’usufrutto della Dote: vero e proprio “capitale” tenuto in grande considerazione al momento della Transizione Sponsale. L’affetto era pura formalità. Se c’era: bene, se non c’era: pazienza, faceva lo stesso … Se la Donna non riusciva a partorire: l’affare era riuscito solo a metà, anzi: non c’era proprio, perché si considerava il Matrimonio solo in vista della procreazione ... cioè della garanzia del mantenimento del Capitale.
Un
Matrimonio senza figli era una vistosa perdita economica oltre che una grande delusione
… Per i Michièl poi, abituati a primeggiar ed ad aver tutto sempre: quella
situazione era inaccettabile, corrispondeva a una cocente sconfitta, una
figuraccia, oltre che al rischio di non riuscire a tramandare “la specie”,
cioè preservare e difendere il Capitale del Clan Familiare … Quei figli
dovevano arrivare ad ogni costo. Era ritenuto di primaria, anzi: di vitale e
irrinunciabile importanza avere l’erede. Era tutto o quasi, perché era colui
che si sarebbe preso cura delle sorti, e fatto carico di proseguire e garantire
l’epopea e i successi della Famiglia. Averlo o non averlo non era la stessa
cosa … e diciamo che una Nobildonna sposata “serviva proprio a quello”,
e valeva in quanto sarebbe stata capace o no di corrispondere a
quell’aspettativa.
Niente
Figli quindi ? … Ahi ! Ahi ! Ahi ! … Era un bel casino, una vera disgrazia per tutta
la famiglia.
Diletta sapeva bene tutto questo … A dirlo con chiarezza, la povera Nobildonna ce l’aveva messa tutta, ed era riuscita in ben due occasioni a rimanere incinta, ma aveva perso ogni volta i figli prima della nascita … Era stata sfigata, e non poco.
Ci
aveva provato, ma aveva perso e abortito due volte per un motivo o per l’altro
... Il matrimonio quindi traballava ... Si: il Michièl era un uomo,
un Nobile integerrimo, onesto, amante dei Sani Principi, un rappresentante di
Giustizia, però ? ... Diletta viveva in totale dipendenza da lui,
e se l’avesse ripudiata e mandata via, per lei sarebbe stata la fine ... I
Michièl non erano abituati agli insuccessi e a perdere. Gira e rigira, ogni
situazione ed evento doveva per forza volgersi a loro favore perché così aveva
decretato per loro il Destino del Cielo e del Tempo.
Diletta quindi doveva in ogni modo riuscire a rendersi
propizio quel Cielo e quel Destino misterioso.
In
qualche modo ? … Già … e perché no ? Anche con la Magia, visto
che le Porte solite del Cielo e della Religione sembravano non volerla aiutare più
di tanto fino ad allora.
Fu
Frate Leonzio l’Abate amico di Famiglia, a metterci lo zampino
insinuando il sospetto sulla donna, e riconoscendo “il malizioso”
in quella situazione aversa di Famiglia ... Iniziò col dire che nel Casato
Michièl c’era all’opera il Maligno ... Insomma: il matrimonio non stava funzionando,
non andava bene non per disgrazia, ma per un oscuro disegno del Male,
che si serviva di quella Donna come biglietto da visita. Era lei la portaiella,
e la fonte della negatività che incombeva sul Casato ... Lei, che di sicuro ci aveva
messo del suo con l’atteggiamento, dimostrando una stima troppo esagerata per l’Astrologia,
e le pratiche peggiori della Magia ... Retaggi tutti dell’antico
Paganesimo, di quel Credo Antico sinonimo di Cattività, Superstizione e certa
Dannazione che si doveva ad ogni costo cancellare.
Diletta era di sicuro una Strega.
In
realtà non era tutta colpa della donna, perché per buona parte della sua vita,
fin da giovanissima, Diletta aveva letto tutto quel che le
capitava come dettato dal Destino e dal Misterioso Cielo. Era pur
vero che Magia, Rimedi, Herbe, Lozioni e intrugli di Speziali, conditi con “stregonèssi,
formole e gesti propiziatori” erano considerate in qualche modo un po’ “il
toccasana contro ogni Male dell’esistenza”. Si credeva anche che:
Spiriti, congiunzioni Astrali, Folletti, Aguane delle acque e delle fonti, e
Demoni vari potessero non solo intercedere per la sfera umana, ma essere anche in
grado di risolvere del tutto tante faccende e complicazioni inerenti la Vita e il
fatto societario.
Per
noi di oggi la cosa è un po’ risibile, ha il sapore di Favola, da burla, e da
mentecatto raggiro. Per quelli di allora, invece, tutti quei contenuti erano una
cosa estremamente seria, al punto tale che ci credevano e si fidavano quasi del
tutto rivolgendosi a Stregoneria e dintorni, allo stesso modo in cui noi di
oggi andiamo dallo Specialista, o affrontiamo una TAC, un intervento chirurgico
o una Risonanza Magnetica.
I
tempi erano quelli, e da secoli si viveva del tutto immersi e dipendenti fin
dalla nascita in quel tipo di Cultura … anche a Venezia.
Esisteva
poi anche un altro verso della medaglia, in quanto attorno a tutte quelle
credenze sia di stampo laico che di stampo Religioso, ruotava un proficuo giro
di soldi che ingrassava molti. Gli “aiutini da qualunque Infero o Cielo”
non erano gratuiti, così come non lo erano le megere, che non prestavano i loro
servizi “gratia et amore Dei”, cioè per pura Carità e Amore disinteressato
del prossimo.
La
Salvezza del Corpo, e quella Eterna dello Spirito hanno
sempre avuto un prezzo in ogni epoca ... salato spesso.
I
Nobili quindi, più degli altri erano favoriti nell’accedere a tutti quei
contenuti e rimedi psicofisici, tanto che a volte “il miracolo” tanto
cercato si realizzava a seconda della tasca e della disponibilità economica di
chi lo cercava. Per questo esisteva un intero mondo efficiente di Mammane,
Herbarole, Streghe e Fattucchiere: c’era l’imbarazzo della scelta … e
la cosa faceva dannatamente arrabbiare tutti quelli che intendevano disporre e
provvedere diversamente … Chiesa in primis.
Diletta, la moglie del Michièl, non mancava di certo di
risorse. Già durante la Podesteria aParenzo del
cognato Marco Michièl, quando col marito l’avevano seguito per
supportarlo, s‘era aggirata per il Porto per scovare e comprare “oggetti
strani e rimedi”… Tutte cose, gesti e scelte altamente sospette …
Anche a Venezia s’era dedicata in precedenza a cose strane, e aveva messo in
atto strategie oscure nei riguardi di marito e parenti: “Magari la
NobilDonna si fosse rivolta a Santi e Madonne del Cielo facendo Pie Pratiche,
Donazioni e Devozioni ! … Niente.” chiosò l’Abate di Famiglia
sconsolato.
A
sua certificazione: il contorno di quella donna era malizioso, per non dire
perverso e ticchignoso, fanatico: “Ha scelto e intrapreso la strada
peggiore: quella del Peccato, dell’Eresia e dei gesti Dannati derivanti dal
Maligno.”
Fanatico
era lui, invece, il Dottissimo ac Reverendissimo Padre Domenicano,
perché Preti e Frati andavano a nozze con quelle situazioni bramandole e
cercandole, e posandosi sopra come Api sul Miele. Quando subodoravano poi
l’odore dei soldi, dei privilegi, delle convenienze e del potere, vedevano il
Male e il Diavolo all’opera e incarnato dappertutto. Lungo i secoli, la loro
era un’immane quanto inguaribile deformazione professionale cronica. Sapevano
abilmente riconoscere e individuare Streghe, Diavoli e Maligno dove in realtà non
c’era niente.
L’Abate
amico dei Michièl era in realtà uno dei parassiti di casa, l’amico stretto
di Famiglia, che godeva di onori e cespiti attivando tutti quei suoi modi
zuccherosi e melliflui carichi di ogni ambiguità e falsità ... ma di erudita
Sapienza. Era stato lui a non aver dubbi sulla colpevolezza della Donna. Aveva
riconosciuto il Malocchio e il Male nascosto in quell’inghippo
fisico-naturale-amoroso che indossava le sembianze apparentemente gentili di Diletta:“La Donna è fonte e nasconde ogni Malvagità.”
Era
stato l’Abate a soffiare di continuo sotto, dando a quella situazione quel
contorno Maligno, e a sommare tutti quei connotati Giuridico-Religiosi che sarebbero
stati più che utili e sufficienti per allestire il caso e il processo prima, e arrivare
poi a soluzione e sentenza dopo inscenando l’opportunoRogo Purificatore.
Il
non riuscire ad aver figli era “un peccato” davanti a Dio, un
segno dell’azione iniqua del Maligno dentro alla Storia della Famiglia dei
Michièl … Perché dubitare che non fosse così ? … E di chi era la colpa ? … Di quella
“porta” attraverso la quale il Male era entrato, s’era fatto
strada e radicato fra i Michièl … Diletta era colpevole di tutto.
Che
poteva quindi meritare una donna così ? … Una pianta cattiva che soffocava
tutto ciò che era Buono … Meritava la condanna, l’eradicazione, cioè la Morte epuratrice.
Insomma
l’Abate abbindolò il Michièl ignorante in materia di Stregonerie, Diritto e
Religione, ma ansioso di liberarsi di quell’ingombrante fardello. Era
importante per un Nobile di successo come lui, essere a posto e in regola col
Cielo e con la Terra … Quella donna con le sue deficienze in fondo lo rallentava,
tarpava la sua ascesa, e gli obiettivi del Casato.
Tutti
lo sapevano: le Streghe andavano arrostite spettacolarmente in Piazza a monito
di chiunque. Non esisteva altra maniera per andare fuori da quella trista
situazione, e cancellare del tutto i segni dell’Impero del Male che stava operando
attraverso quella Donna. Erano quelle le “Linee guida” a cui
s’ispirava la Società di allora.
Era
di pubblico dominio però, che a Venezia certe manifestazioni crudeli dell’Inquisizione
non erano benviste. Si riteneva eccessivo, arrogante e presuntuoso quello
strapotere della Religione e del Papato su ogni esistenza per via delle sue
Regole e delle sue Dottrine. A Venezia e in Laguna non era permesso processare,
condannare e bruciare in modo incontrollato le persone in Piazza. Semmai, se
proprio si doveva per opportunità e Diritto Civico e non solo Religioso, lo si
doveva fare con discrezione, senza grandi clamori: strangolando qualcuno nel
buio di qualche cella, o annegandolo con una pietra al collo nelle acque del Canale
dell’Orfano nel silenzio dell’alba.
Certe
Verità non serviva gridarle in faccia a tutti nella Contrada, o dalla cima dei
tetti del Palazzo, oppure in Piazza “fra le de colonne”.
Ai
Michièl quindi, serviva una tranquilla soluzione alternativa ... “fuoriporta”,
a debita distanza possibilmente, fuori dal controllo diretto e dall’influenza
Veneziana.
Desiderosi quindi di togliersi da tutto quell’impiccio, possibilmente guadagnandoci anche qualcosa, i Nobili Michièl e l’oscuro Abate orchestrarono la fine della donna inscenando la macabra soluzione “fuoriporta”. L’assegnazione dell’Incarico della Podesteria di Montona nel Dominio da Mar della Serenissima, giunse proprio al momento opportuno: “cadde a fagiolo”. Non ci poteva essere occasione migliore per portare a compimento quel truce progetto orchestrato contro la donna. Abate, cognato e soprattutto Marito, le prepararono un’astuta e particolareggiata trappola mortale.
La notizia dell’uccisione della donna, ovviamente
volò subito a Venezia. Doge, e Magistrature dello Stato non la
presero bene.Considerando la gravità dell’atto, ingiunsero a
Michièl di rientrare subito in Laguna per essere arrestato, e rispondere
dell’accusa di Femminicidio Uxorale.
Tommaso non si scompose, aveva i suoi
piani ben chiari in mente ... Mettendo in azione il suo Avvocato di fiducia,
rimase a Montona fino alla fine del suo mandato Podesteriale. L’Avvocato iniziò
subito tergiversando, e dichiarando illegittima la facoltà del Doge a procedere
contro il Michiel ... Il Podestà di Montona in carica godeva
d’immunità in quanto rappresentante della stessa Repubblica.
Figuratevi a Venezia ! … Il Doge non si
tocca, non si sminuisce: era il riassunto vivente, la personificazione di tutta
la Venezianità, del Diritto e della Giustizia della Serenissima.
Tommaso Michièl, ormai libero dal peso ingombrante della
Moglie-Strega, intendeva entrare in possesso delle facoltà elencate nel
testamento della Morta, investirle nei Capitali di Famiglia, e proseguire così
con la sua carriera e i suoi successi commerciali e mercantili.
Vinse il Michièl alla fine … Rientrato a
Venezia in seguito, se la cavò con niente, e proseguì la sua esistenza impunito
per quel delitto eseguito “per giusta causa”. Si risposò un’altra
volta con Marchesina, che fatalità conosceva e frequentava “del
tutto” già da diversi anni … A certi uomini tutto era permesso … Da lei
ebbe altri tre figli-eredi, per cui il problema della successione era stato
abilmente risolto.
Tommaso Michièl, infine, ricoprì un
consistente numero di Cariche Pubbliche di notevole valore e prestigio: tornò
ad accedere al Maggior Consiglio, fu Capitano da Mar
della Flotta Veneziana, Bailo a Costantinopoli, Console ad Alessandria
d’Egitto e Ambasciatore a Veglia… Poteva bastare ?
Se ne morì impunito una quarantina d’anni dopo.
E gli affari del Nobile Casato Michièl ?
La
Storia di Venezia e dei suoi Nobili continuò a scorrere sulle acque, per terra
e sotto il Nome e le Regole del Cielo … Beh: almeno sulla carta. Dopo quella squallida vicenda, la “Storia graziosa” dei Michièl continuò quasi indisturbata
come se niente fosse accaduto. Anzi: agli occhi di molti i Michièl
incrementarono “la bontà del
loro curriculum” aggiungendovi
anche il merito e il vanto d’aver saputo lottare con coraggio contro il Male e
la Superstizione piovuti sul loro “sfortunato” Casato, incarnati nella figura di
quell’oscura malafemmina.
Oltre che nei Palazzi sul Canal Grande e di
Cannaregio, i Michièl risiedevano in Calle e Corte de Cà Michièl a San Cassian, in Corte
Michièl a San Moisè, in Campo San Polo, e in Contrada
di San Barnaba. Facevano anche “la Villa” fuori Venezia:a Mira Vecchia sulle rive del Brenta, a Mirano e Bassano.
Nel
1357 Andrea
Paradiso Podestà di Farra e Brazza, cercò
di evitare d’entrare in causa col Nobile
Alvise Michiel Podestà di Lesina che
aveva ucciso Marco
Fontana. Infatti: il Paradiso finì col passare
dalla parte della ragione a quella del torto. Venne cioè condannato, bandito a
vita dal Reggimento di Farra e Brazza, multato di 200 lire, e per 5 anni
escluso da ogni Carica di Governo ... Avevano vinto i Michièl: troppo forti e
superiori a lui … Per natura loro: prepotenti, oltre che arrivisti, violenti,
vendicativi ... e parecchio avidi … I Michièl poi non s’arrendevano mai.
Nel 1385, ad esempio, Pietro
Michièl: uno dei Signori di Notte, iniziò a indagare
sulla morte di uno schiavo dei fratelli Francesco e Lorenzo Venièr.
I Nobili inquisiti provarono allora ad insultarlo e minacciarlo, ma lui, per
niente intimidito, portò alla conclusione la vertenza facendo condannare i
Venièr dai Quaranta a una multa di 100 lire ... Negli stessi
anni: Pietro Paolo Michièl era Decano dei Canonici di Treviso, dopo
essere già stato Vicario Generale di diversi Vescovi della stessa città ... Johannes
Michièl figlio di Pietro, invece, nel 1410 fu Canonico di Santa Maria
di Asolo, molestato non poco per esser riuscito a impossessarsi di quel
fruttuoso Beneficio: “Non mollò la preda di un millimetro” ...
Nel 1449 Marco Michièl fu Piovano dell’Anzolo Raffaele: “Contrada
e Parrocchia miserevole, ma pur sempre meglio che niente, posta sull’imbocco
strategico di una delle Porte Mercantili di Venezia.”… Dieci anni dopo
Antonio Michièl si fece eleggere Piovano di San Pantalòn poco distante,
mentre Leonardo Michièl divenne Piovano di San Giovanni in
Bragora dall’altra parte della Città ... Non era tanto la Devotio e la Fede a
spingere i Nobili Michièl a diventare Preti-Piovani, ma
l’intenzione di occupare posizioni strategiche dentro al tessuto urbano Veneziano.
Chi meglio dei Preti-Piovani poteva conoscere la gente, gli affari di tutti, e
godere di appoggi, contatti e conoscenze che potevano tornare utili alle
economie di Famiglia ? ... Non a caso l’ex Piovano Michièl della Bragora andò a
morire da Mercante ad Alessandria d’Egitto.
Una
decina d’anni dopo ancora: il Nobile Giacomo Davanzago ex Capo
Sestiere di San Polo corse in soccorso con dei compari di due sue amiche Prostitute
attive nella zona di Rialto. I Signori di Notte le avevano sottoposte
a sfratto esecutivo da una casa in Corte della Pasina a Sant’Aponal di
proprietà del NobilHomo Federico Michièl. Il Davanzago alterato
andò in faccia al Michièl con la spada strappandogli di mano le chiavi della
casa, che ridiede alle due donne ... Pessima scelta: venne processato e
condannato a interdizione perpetua dall’Ufficio, e a pagare una multa di 100
lire ... Alle donne fu confermato lo sfratto.
Nel 1401
il Nobile Valerio Zen venne condannato per un anno
nei pozzi “per aver avuto di notte
commercio con Lucia Tartara serva
di Ser Luca
Michièl” ... Se il Michiel non intendeva riprendersi “la schiava
usata”, lo Zen avrebbe dovuto rifondergli cento
ducati d’oro tenendosi la serva. Qualora, invece: il Michièl l’avesse riaccolta
indietro, Zen avrebbe dovuto pagargli solo cinquanta ducati.
Nello stesso anno: Antonio Michièl aveva licenza esclusiva
di condurre Pellegrini al Santo Sepolcro in TerraSanta ...
Quattro anni dopo, il Nobile Bartolomeo Michièl in società col Bechèr
Jacopo Marcellin si comprò tutta Noventa “ex Gastaldia dei
Carraresi”… Nel 1431, Nicolò Michièl era Ufficiale di bordo con Cristofalo
Fioravante di una spedizione carica di Spezie guidata da Pietro Querini. Partiti da Creta per le Fiandre
con 68 marinai, fece naufragio al largo della Norvegia. Gli undici
sopravvissuti approdarono nell'isola di Rost nell'Arcipelago
delle Lofoten, portando poi a Venezia il tradizionale Baccalà di cui fecero
amplissimo commercio.
Nel 1440 Alvise
Michièl si dichiarò disponibile a far da Sopracomito del Lago di
Garda per la Serenissima, ma non intendeva per questo trascurare gli
affari di famiglia che gestiva un po’ ovunque … Il Senato Veneziano,
solitamente poco accondiscendente, gli permise, invece, di andare e tornare
liberamente dalla Laguna e dalla Capitale senza chiedere nessun permesso. Questo
per dire di quanta stima godevano i Nobili Michièl a Venezia, e di quanto fosse
apprezzata la loro competenza e forza politico-economica ... Nel 1470-1482 dal Libro
Mastro dello stesso Alvise Michièl si evince che il prezzo del
commercio del pepe proveniente dal Levante a Venezia si aggirava sui 53-79
ducati a cargo. Presto il prezzo sarebbe precipitato fino a 49 ducati a cargo
... Chi c’era lì ad approfittarne fino all’ultimo ?
Nel 1477 Antonio
Michièl, pur essendo Nobile, ricorse a un prestito a lungo termine
dalla Signoria per costruirsi un nuovo palazzo, mentre nel 1499 Vettor
Michièl Capitano d’Alessandria, rifiutò di recarsi come Provveditore in
Albania contro i Turchi perché doveva badare agli affari suoi.
Come si può leggere nelle note del “Libro dei Conti di Jacopo Bàdoer”fra 1436-39, i Michiel in quegli anni erano davvero grandi e affermati Mercanti. Circa l’anno 1436 si legge:“Pani vervi bale 2 dixe esser peze 41 in questi colori: zelestrini 16, paonazzi scuri 14, verdi color 4, verde gaio 2, fereti 3, negri 2, de raxon de Ser Piero Michiel e Ser Marin Barbo, recevuti per le Galie Chapetanio Ser Piero Chontarini…diè dar a di 4 settembre per spese…perperi 2545…carati 81.” … e ancora: “Stagni fasi 22 de raxon de Ser Piero Michiel fo de Ser Lucha recevudi per le sorascritte Galee…dixe però a Venexia livre 4.800, diè dar a die 4 settembre per spese de marchandia…perperi 1217 x carati 21.”… e dopo ancora dopo ancora: “Ser Piero Michiel do de Ser Lucha die dar per Garofai de son raxon per 303 perperi…carghati in Galia Mora…di dito per inzensi de so raxon…per 96 perperi…per un cambio fatto chon Ser Alessandro Zen de Ser Piero pe ducati 70 mandati a ricever per la Galia Chapetanio Ser Piero Chontarini per 215 perperi…per 10 pani di Zera Zagona de so raxon…e per un resto per 11 perperi del 7 dicembre assegnatogli per via de Modon per la Nave Patron Todaro Vatazi…per un totale di 1.166 perperi.”
Alla pagina dell’anno seguente: “Pani de Grana fina baleta, dixe esser peze 4 de raxon de Ser Piero Michiel e Ser Antonio da la Cholona recevuti per le presepente Galie…diè dar a di 4 settembre per spese di merchandia…perperi 638 x carati 15.”… “ Chuori de Bo saladi de raxon de Ser Piero Michiel e chompagni diè dar 14 settembre per Ser Ferigo Contarini per l’ammontar de chuori 136 attraverso il senser Antonio Portonari…per spexe marchandia e mia provision…per 230 perperi in carati 15.”
Due anni dopo ancora:“Piper de raxon de Misier Piero Michiel e Ser Marin Barbo diè dar a di 30 dicembre per Elia Flaflama Zudio per l’ammontar de pondi 4 de piper, pexa cantara de sachi…tara de polvere…spese de merchandia…chamali et barcha…boleta…senser…hostelazo…provixion….perperi 457 x carati 10.”
I Michièl s’erano comprati dai Nobili Zen, che a loro volta l’avevano rilevata dai Grimani, la (Cà) Palazzo-Fondaco “delle Colonne” a Cannaregio … Durante il 1500, originalissimo, rinomatissimo e prezioso era l’Orto dei Semplici di San Trovaso dall’altra parte di Venezia, proprietà di Pier Antonio Michièl(Venezia da sola contava più Orti Botanici che l’Italia intera: almeno 24, mentre altri 8 erano siti a Padova, 50 nel Veneto intero).
Nel
1501 i quattro figli di Alvise Michièl “eroe morto contro i Turchi a
Modone”, ricevettero per 15 anni dalla Serenissima la Castellania
di Mestre valutata 200 ducati annui, e l’anno seguente Michièl e
Gradenigo subentrano nella proprietà del Monastero di Santa Maria
in Organo di Verona, che gestiva terre boschive e paludose bonificate
ex patrimonio dei Dal Verme… Qualche anno dopo, Leonardo
Michièl fece costruire un edificio con 3 folli da panni a Nove,
dove l’Arte della Lana di Bassano aveva spostato le sue
Gualchiere, come a Cittadella e Galliera, in concorrenza con l’Arte della
Lana di Padova ... Avevano sempre l’intuizione giusta degli affari i Nobili
Michièl: “sapevano fiutarli nell’aria, precorrendone successi e guadagni”.
Nel 1521: Nicolò Michièl che aveva figlie e sorelle nel Monastero di San Zaccaria, prese la parola davanti al Doge sottolineando come le Monache Conventuali e i loro parenti avessero fatto grandi investimenti in denaro per finanziare lavori di trasformazione di alcune aree del Convento come il Refettorio, da cui al momento si sentivano espropriati. Il Doge provvide al riguardo ridando al Monastero “i giusti equilibri” … cioè quelli dovuti ai Michièl … Quattro anni dopo, invece, il Diarista Marcantonio Michièl venne espulso dal Maggior Consiglio per un anno per atti di violenza nei confronti di un parente dovuti al conseguimento di un’eredità. I Michièl erano poco disposti a spartire … Nella primavera dell’anno seguente, racconta il puntuale Diarista Marin Sanudo: il Patrizio Andrea Michièl sposò “Cornelia Grifo, vedoa meretrice somptuosa e bellissima … ex mantenuta da altri due nobili, la quale aveva portato in dote migliaia di ducati …. et fu le nozze nel Monasterio di San Zuàn de Torcello, che è stata gran vergogna alla Nobiltà Veneta.”
I Michièl, come altri
Nobili Veneziani perdevano il pelo ma non il vizio, non cambiavano mai, e si
permettevano sempre di tutto … Dei veri e propri “intoccabili”.
Nel
luglio 1527 accadde uno storico “terremoto” all’interno della
Nobiltà Veneziana ... A quattro Consiglieri Ducali: Benedetto Dolfin,
Antonio Gradenigo, Francesco Marcello, e guardacaso Alvise Michièl,
venne in mente d’avanzare la proposta di legge di far partecipare al Maggior
Consiglio un unico rappresentante per ogni Nobile Casato Veneziano, a
prescindere dal numero dei membri che il casato vantava. Tutti i Nobili
sarebbero stati parificati, coagulati ciascuno in un'unica persona di
rappresentanza con un unico voto a disposizione. Ne avrebbero rimesso
ovviamente quei Casati più numerosi abituati a prevalere sugli altri per via
del numero dei presenti e dei candidati.
Scoppiò
allora un’immane preoccupazione e un’ansia generalizzata dell’intera Nobiltà,
con uno scompiglio che giunse a coinvolgere l’intera classe. Tutti i Nobili si
precipitarono in massa a Palazzo Ducale per votare contro quella
pericolosissima mozione. Accadde l’inverosimile: votazioni con voti superiori
al numero dei presenti, contrapposizioni incazzatissime col Doge, scontri fra Senatori,
Consiglieri e Casati … Si andò avanti con le discussioni e con i voti per 17
giorni, indicendo ben 6 riunioni plenarie del Maggior Consiglio, che raggiunse partecipazioni
eccezionali quasi mai viste. Si presentarono a discutere e votare più di 1.700 Patrizi,
compresi certi Nobili mai visti, e almeno 46 Nobili assenti in Consiglio da
almeno 20 anni, c’era anche Marino Pisani Capo della Quarantia
che non frequentava mai … Nel Senato, ad esempio, partecipavano solitamente 180
Senatori su 300 membri di diritto ... Fu perfino portato a votare in barella Ser
Francesco Marcello che giaceva infermo e malato in casa da anni … Si
contarono 15 Contarini sui 176 che formavano il Casato, 20 Morosini
in rappresentanza di 102 individui, e i rappresentanti di almeno 134
Clan Nobiliari diversi … Le 19 “Case Grandi” contavano
più di 40 individui ciascuna, formando da sole il 45% dell’intero Patriziato
Veneziano… La proposta alla fine venne finalmente bocciata in maniera
liberatoria, con 914 voti contro, 789 a favore, 3 astenuti e 4 voti “non
sinceri”… Tutto rimase quindi come prima, e buona parte della Nobiltà
tirò un profondo sospiro di sollievo.
C’erano in ballo le ambitissime Cariche di Governo della
Città e dello Stato spesso riservate “ai Primi”, ma anche
altre 150 Cariche da occupare nella sola Terraferma, ed
altrettante nei Domini da Mar … Immaginatevi quali e quante
ricchezze e affari appetibilissimi c’erano in quel momento d’incertezza sul
piatto dell’invisibile bilancia della Repubblica Serenissima.
Questo
scenario non ricorda forse quello degli intoccabili vitalizi dei nostri
Politici e Parlamentari di oggi ? … Sono trascorsi secoli, ma l’uomo rimane
uguale: non fa mai tesoro di quanto succede.
Giovanni Michièl
fu Ambasciatore a Londra, in Siria, presso l’Imperatore, a Firenze, e più volte
a Parigi; Melchiorre Michièl a Roma, e Pietro Michièl
in Siria … Verso fine maggio 1574, nel Capitolo convocato dalla Badessa Ludovica
Morosini del Monastero di Santa Caterina di Mazzorbo succeduta a Benedetta
Michièl, erano presenti 28 Monache Corali e diverse Monache Converse ...
Fra le Nobil Corali c’erano: Michela, Marina,
Chiara, Benedetta, Regina e Clemenzia: tutteMaDonne Nobili
di Cà Michièl ... Quattro anni
dopo,il Consiglio dei Dieci processò
e condannò Alvise Michièl Vescovo di Spalato per essersi
appropriato di un’eredità di cui doveva essere solo esecutore testamentario. Intervenne
Papa Gregorio XIII in persona presso la Serenissima, ottenendo la
sospensione del processo e la cancellazione della condanna: “Non è
accaduto niente.” si disse … anche se nella realtà dei fatti il Michièl
la pingue eredità se l’era per davvero presa ... I Michièl avevano vinto ancora,
continuavano quasi sempre ad aver ragione in un modo o nell’altro.
Nel 1580-81: Giovanni Michièl Rettore di Cefalonia relazionò la Serenissima sulle entrate della Camera Fiscale dell’isola, che esclusa la “Nuova Imposta” assommavano pressappoco a 27.000 ducati ... Una ventina d’anni dopo circa, toccò a Maffio Michièl Rettore dell’Isola di Zante di relazionare a Venezia sulle Entrate della Camera Fiscale esclusa la “Nuova Imposta”. Riferì che a Zante si erano raccolti 19.000 ducati per la Serenissima ... In quegli stessi anni: Luca Michièl integrò ulteriormente il patrimonio di Cà Michièl comprando 69 campi di terra a Meolo, e tre anni dopo se ne comprò altri undici.
Nel 1658 il Nobile
Valerio Michièl fece scavare la “Roggia Michièla sul Brenta”,
che dal Brenta andava a sud di Cartigliano, e riconfluiva a Tezze dopo essere
passata per Santa Croce Bigolina bagnando e servendo … guarda caso … buona
parte delle terre dei Michièl ... Nel 1670: Francesco Michièl,
già Ambasciatore presso il Principe di Savoia, a Parigi e nei Paesi Bassi, come
da tradizione di Famiglia, morendo lasciò per testamento un bel gruzzolo di
annui ducati 20 a favore dei Preti di San Barnaba a Venezia. In
cambio gli dovevano celebrare “una valanga di Messe” in Suffragio
per la Salvezza Eterna sua e del Nobile Casato dei Michièl … Stessa cosa accadde
anche con Giacomo Michièl qualche anno dopo, in quanto lasciò
altri 90 ducati con lo stesso scopo, e a favore degli stessi Preti … Si andò così
avanti a riscuotere e celebrare fino a tutto il 1758, quando vennero tagliati i
fondi, e perciò: basta Esequiali e preghiere ... Ogni cosa ha il suo dovuto prezzo.
A inizio 1700, quando a Dolo sull’alveo principale del Brenta giravano 12 ruote “da cereali”, e altre 4 giravano sul Brentòn, sul Rio Serraglio di Mira c’erano 2 molini a 6 ruote di proprietà Michièl. Nell’arzilla e mai sazia mente dei sempre aitanti Nobili Michièl, frullava ancora, incredibilmente dopo secoli, la smania dei figli e degli eredi per prolungare … forse in Eterno, e nei secoli dei secoli … il lustro e le fortune del Casato:“Fondate relazioni riferivano che Alvise Michièl del Ramo dei Santi Apostoli, stava per sposare Maddalena Veronica: forestiera della Contrada di San Marciliàn ... Venne sfrattata entro 24 ore da Città e Dominio dagli Inquisitori: “E’ in gioco il dishonore del Carattere Patrizio con obbrobrio alla Veneta Nobiltà.” si disse … Alla fine il Michièl non riuscì a sposarsi, ma si verificò più volte che la giovane non se n’era andata mai da Venezia, ma si era rifugiata in una casa vicina all’Ambasciatore di Francia. Venne perciò arrestata il 4 marzo 1702, e liberata solo dopo 6 mesi di camerotto ... Il 6 marzo dello stesso anno 1702, si sfrattò anche il Servitore del Michièl: Ippolito Gardi, che l’aveva aiutata a ripararsi ... mentre il Nobile Michièl ? … Rimase ovviamente libero a inseguire i disegni sulla futura sorte della prole del suo Superbo, quanto sognato Eterno Casato.”
Ancora e infine nel 1725: un Nobile Michièl era Podestà di Rovigo, e quarant’anni dopo, e fino allo “scadere ultimissimo” della Repubblica Veneziana un Angelo Marino Michièl prima, e un Mattio Michièl-Soranzo dopo, facevano parte della turnazione dei 25 Segretari del Senato della Serenissima, che si occupava di pratiche e sedute dei“Deputati della Serenissima Signoria, di Vienna, e del Commissario ai Confini”… Il Potere logora gli uomini: è vero … ma mai abbastanza.
E il ricordo di Diletta ? … quell’antica moglie, DonnaMadonna dei Michièl ?
Chi
? … Sssss ! … Lascia stare ! … Lascia perdere !
Niente
… Roba vecchia del passato, un incidente increscioso di percorso, una
maledizione piovuta inopportuna dal Cielo sul Casato, anzi: schizzata fuori
dall’Inferno: “Un brutto scherzo del Destino piovuto addosso ai poveri Michièl.”
La
“Strega dei Michièl” in tutto quell’immane bailame e sovrapporsi
e susseguirsi di cariche, eventi, investimenti, ricchezze e potere, fu sempre e
solo una pallidissima memoria quasi trasparente ingoiata dal dimenticatoio
senza fondo della Storia del Nobile Casato Veneziano.
Si
trattò, invece, di un tristissimo quanto efferato, gratuito femminicidio
Veneziano alle porte del 1300 … Rimasto impunito, insabbiato,
dimenticato e nascosto… Un po’ come accade a volte ancora oggi, anche se sono
trascorsi secoli.
Lo
so … Si è imparato poco o niente dalla Storia, anche pur non essendoci più il
delitto di Stregoneria.