#unacuriositàvenezianapervolta
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“Vecchiaccia
maledetta !” … Venezia 1403.
Sapete meglio di me qual è
stata la bontà della presenza Fiorentina a Venezia. Nell’Emporio di
Rialto e nelle Insule Venezianec’erano Mercanti di
Panni, Banchieridel Banco Giro, Argentieri, Cambisti,
Assicuratori e Artieri Tessili, Serici e Lanieri della “Nazione
Fiorentina” residenti a Venezia. Fiorentini e operatori
Toscani venivano a rifugiarsi in Laguna (vedi la storia dei Lucchesi ad
esempio), e in stagioni felici di buoni rapporti fra Venezia e la Toscana
riuscivano perfino ad ottenere la “Cittadinanza de intus”: cosa
rarissima per i “forèsti” non Veneziani. In altri
momenti, invece, la Serenissima non si faceva scrupolo di espellere ogni
Fiorentino e rimetterlo per strada ... I Fiorentini però tornavano ogni volta
consapevoli del valore della Piazza Veneziana.
La Comunità Fiorentina a Venezia godeva spesso di particolari esenzioni daziarie e fiscali, ed era favorita nella gestione dei commerci col Levante Orientale e il Ponente Europeo. I Fiorentini da parte loro erano abilissimi nell’accordarsi con i Nobili Veneziani: a volte addirittura s’imparentavano con alcuni Clan Mercantili: un Labia sposò, ad esempio: una Baglioni, un altro Labia una Antinori. Non a caso poi, Fiorentini e Toscani abbienti diedero vita anche alla Schola-Compagnia dei Fiorentini ospitata prima dai Domenicani di San Zanipolo, e poi dai Francescani di Santa Maria Graziosa dei Frari. Appena fuori dal portone del gran chiesone nel Sestiere di San Polo, i Fiorentini esponevano nei giorni di Festa il loro “penèlo Gigliato” (gonfalone) e indossavano una veste nera con l'immagine del Battista sulle spalle (patrono dei Fiorentini). ... Ancora oggi se andate ad osservare la facciata dei Frari potrete riconoscere “il giglio Fiorentino” a coronamento di un tondo finestrone a sinistra, mentre all’interno sull’Altare dei Fiorentini si può godere della bellezza del “San Giovanni Battista” realizzato da Donatello.
E ancora … Poco prima della Peste
della Madonna della Salute del 1620-30, venne a galla con grande
scalpore a Venezia un ampio contrabbando di seta che coinvolgeva Carlo
Strozzi ricchissimo Nobile, Mercante
e Banchiere Fiorentino residente in Contrada di San Canciano. Il suo fallimento per 500.000 ducati fece
inviperire non poco e insorgere molti Nobili e Mercanti Veneziani non abituati
a perdere … Strozzi dovette fuggire da Venezia per salvare la
pelle, mentre i Veneziani non accettarono più i tassi e cambi di moneta imposti
da Strozzi sul Mercato Veneziano, la sua casa venne messa sotto sequestro
insieme a mobili, scritture mercantili e ogni merce ivi ritrovata.
Gli Strozzi poi tornarono di nuovo a Venezia commerciando e macinando grano … Diversi artisti Fiorentini lavorarono ancora a Venezia. Di fatto i Fiorentini non se ne andarono mai del tutto dalla Laguna.
Non fu tutto oro però ciò che luccicò a Venezia provenendo dalla Toscana … In Laguna circolarono anche personaggi Fiorentini e Toscani un po’ diversi … Fra costoro ci fu pure una vera e propria “Banda di Fiorentini” che risiedeva prevalentemente nella Contrada dei Santi Apostoli ... Più che una vera e propria banda, era un gruppetto di persone losche e disposte un po’ a tutto che ruotavano come complici e ricettatori attorno all’attività ladresca di Benedetto di Bernardo da Firenze.
Si
era nei primissimi anni del 1400 quando costui giunto in Laguna “senza Arte
né parte”, decise di farsi ricco a spese delle pingui chiese Veneziane da
sempre ben fornite di ori, argenti, denari e preziosi. Ideò un vero e proprio “Giro
delle Chiese di Venezia” per provare di volta in volta“a
pettinarle tutte” privandole di qualcosa.
La
lista delle ruberie di Benedetto attuate spesso con una certa
astuzia fu davvero lunga. Andò avanti per ben otto mesi prima d’essere scoperto
e fermato ... Quasi sempre agiva da solo … Qualche altra volta, invece, con
l’aiuto di Paolo di Angelo: un inserviente anche lui da Firenze residente
nella stessa Contrada dei Santi Apostoli. Altre volte ancora si serviva di Giovanni
“servo” residente pure lui ai Santi Apostoli. Entrambi quei complici
alla fine affermarono e riaffermarono di non conoscerlo né d’averlo mai visto …
Si salvarono dalla Giustizia Veneziana.
Benedetto
prendeva i preziosi rubati, li smontava, e li mandava a vendere a pezzi … Non
mancavano buoni ricettatori a Padova e Ferrara, ma ce n’erano anche
a Venezia: a Rialto e dintorni … Bastava stare attenti, e rivolgersi alle
persone giuste. Di solito era Nicola Beco, Fiorentino pure lui, che
si occupava di piazzare e vendere la refurtiva fungendo da intermediario e
spacciandosi per abile commerciante internazionale.
Benedetto incominciò il suo fruttuoso “Giro delle
Chiese Veneziane” con quella di Santa Maria della Carità affacciata
sul Canal Grande e non lontana dalla Fondamenta delle
Zattere (oggi è inglobata nelle Gallerie dell’Accademia). Lì
senza difficoltà entrò in Sacrestia, e si mise un calice dentro alla giubba
invernale uscendo con la stessa disinvoltura con cui era entrato ... Cosa fatta
… E una !
Andò
poi la seconda volta nella chiesa delle Monache di San Zaccaria.
Lì ci mise un po’ di più per riuscire a prendere due calici dalla Sacrestia lasciata
incustodita. Le Monache erano sempre là guardinghe: non si muovevano … Diede allora
fuoco a un drappo che copriva una panca in fondo alla chiesa, e in un attimo
tutte quante accorsero come api sul miele … Fu un giochino allora entrare e
uscire dalla Sacrestia ... Nessuno si accorse di lui.
Prese
poi di mira le chiese sull’itinerario fra San Pantalon e Rialto:
due calici dalla Sacrestia di San Pantalon subito dopo della
Messa Solenne quando tutti si riversavano nel Campo antistante alla chiesa per
chiacchierare … Un calice a Sant’Agostin in Sacrestia. Bastò
aspettare che il Sacrestano andasse come ogni giorno alla vicina Osteria fra
una Messa e l’altra ... Tutto socchiuso o lasciato aperto, spalancato e
incustodito … Benedetto: entrò e uscì … Un altro calice dalla Sacrestia di San
Giovanni Evangelista dove Benedetto entrò fingendosi un Confratello
della Schola Grande bisognoso di Confessione … Il Sacrestano andò a
chiamare il Prete, e a Benedetto bastò quell’attimo.
Un
calice d’oro intarsiato con pietre prese poi dalla Sacrestia di San
Giacomo di Rialto. In tanti dal Mercato di Rialto entravano da una
porta con ceste e sporte in chiesa e uscivano poi dall’altra dopo breve
orazioni ed elemosine … Fece così anche Benedetto, che strada facendo prese il
calice lasciato sull’altare pronto per la Messa, e lo infilò in una voluminosa
cesta che portava al braccio.
Travalicato
il Ponte di Rialto poco dopo, s’infilò dentro alla chiesa di San
Bartolomeo dei Tedeschi: bottino due calici di pregio.
Pochi
passi ancora in direzione di Piazza San Marco, e altro calice preso
dalla Sacrestia di San Salvador con la scusa di mandare a
chiamare nel Monastero uno zio Canonico da parte di madre … Era stato fin
troppo facile.
Ancora
lì a Rialto, mentre cercava di far perdere le proprie tracce fra la folla del
Mercato, Benedetto s’infilò in Contrada di San Mattio dentro alla
Locanda alla Serpa spalancata a chiunque. C’era un gran
andirivieni di gente e cose, per cui nessuno si accorse che rubò una preziosa “platenam”
d’argento appartenente a una comitiva al seguito dell’Imperatore di
Costantinopoli.
Toccò
poi al centro nevralgico della Città: la Basilica di San Marco…
Qui tutto si fece difficile. Il gran chiesone ducale pullulava di sorveglianza,
Preti, Nonzoli, Fedeli, Nobili chiacchieroni in ogni angolo, Donnette devote, e
tante Guardie … Il famoso Tesoro di San Marco era cosa
Inarrivabile: protetto più di un castello da assaltare.
Gli
riuscì solo d’arraffare un prezioso candelotto di valore, che portò via
fingendosi un Pellegrino … Stessa cosa fece a Santo Stefano dove
i candelotti arraffati furono due. Non avrebbe avuto difficoltà a piazzargli a
buon prezzo sul mercato delle cose di chiesa e devozione: Pellegrini, Monache,
Frati, Nobili e Preti erano sempre pronti a spendere un patrimonio per certi
oggetti di Religione.
Qualche
volta il bottino per Benedetto fu magro, come la volta che s’infilò nella
chiesa di San Cristoforo alla Madonna dell’Orto di Cannaregio … Lì
trovò un Frate Sacrestano scorbutico e sospettoso, perciò dovette nascondersi
dentro una cassapanca della chiesa e farsi rinchiudere all’interno per poter poi
rubare di notte la Corona della Madonna e la Croce che luccicava in cima
all’Altare.
Disdetta
grandissima ! … Quando uscì finalmente sulla Riva col sacco pieno, si accorse
che sia la Corona che la Croce non valevano niente:
non erano d’argento, ma di ottone dipinto ... Tanta fatica per niente: buttò
tutto in canale, e se ne andò via accigliato.
Si
spostò allora dall’altra parte della Città: verso San Pietro di Castello:
la Contrada dei Canonici e del Vescovo. Bottino: tre calici dalla
Sacrestia di San Pietro: proprio durante un affollato predicozzo
di un Frate istrionico che stava ammaliando tutti. Nessuno s’accorse che lui s’era
infilato in Sacrestia, tanto erano rapiti dall’ascoltare quel Frate che pareva
isterico e ispiritato insieme.
Altro
giretto fruttuoso fece poi Benedetto in giro per il Sestiere di Castello: un
calice di buon valore dalla chiesetta dell’Ospedale di San Bartolomeo
delle Putte di fronte alla chiesa troppo affollata di San Francesco
di Paola, e a quella del Convento di San Domenico dei Padri
Inquisitori … Quella la lasciò stare, perché se l’avessero acciuffato
là, quelli dell’Inquisizione l’avrebbero messo al rogo in cima al ponte o dentro
a una barca in mezzo al canale.
Altro
calice prelevò, invece, dalla vicina chiesa di “Sant’Antonio Abate del
porsèl”(cancellata da napoleone: oggi Giardini Pubblici)… Nel
momento in cui erano tutti indaffarati attorno ai maiali che da secoli imperversavano
giorno e notte in ogni angolo della Contrada grufolando, sporcando, e azzannando
anche vecchie e bambini, Benedetto si attivò e arraffò calice ed elemosine ...
Nessuno badò a quel poveraccio che s’era addentrato in chiesa.
A
San Biagio dei Forni sul Molo di San Marco: altro calice di buona
fattura che gli procurò buoni denari.
Il
trucco era quasi sempre lo stesso: approfittare della distrazione di chi c’era
… Allontanare in qualche modo chi sorvegliava, agire lesti in punta di piedi, ed
il gioco era fatto. Non era mai stato per davvero difficile … Chiunque sapeva,
ad esempio, che quasi in ogni chiesa c’era sempre a portata di mano un calice
già predisposto per la Messa che doveva iniziare, o rimasto sull’altare alla
fine di un Rito appena concluso … Bastava aver pazienza, e approfittare del
momento giusto ... C’erano poi i calici belli e preziosi delle Feste, quelli che
si usavano solo in rare occasioni … Erano però merce più difficile da prelevare,
perché molto spesso erano guardati a vista: difficile avvicinarli.
Benedetto per un certo tempo aveva preso di mira anche
la Reliquia delle Monache di Santa Marta… Quello era un grosso
capolavoro di una raffinatezza unica. Smontarlo e venderlo gli avrebbe reso di
sicuro un bel gruzzoletto … Le Monache però esponevano la Santa Reliquia pochi
giorni all’anno, e quando lo facevano c’era sempre una Monaca piazzata davanti
a pregare. Come avrebbe potuto fare Benedetto ? ... Aspettare che la Monaca di
turno prendesse sonno ? … E poi per scappare ? … Sarebbe
dovuto fuggire in barca lungo i canneti lagunari oltre la Punta dei Lovi
di Santa Marta… Non si poteva dalla parte opposta: era sempre pieno di
Pescatori e Popolani …. Se le Monache avessero dato l’allarme: quelli erano capaci
di linciarlo … Troppo rischioso … E se poi finiva impantanato in Laguna ? … Da quella parte poi c’erano sempre troppi
Birri su barche che vigilavano sul contrabbando lungo la rotta di Confine
e l’ingresso di San Giorgio in Alga e Liza Fusina… Troppa gente: zona
troppo trafficata … L’avrebbero beccato facilmente con un Reliquiario massiccio
nel sacco ... Se l’avessero fermato e preso poi di notte: sarebbe stato un
disastro … A volte i Gabelotti e i Dazieri fermavano la gente anche se avevano la
barca del tutto vuota.
Otto
mesi dopo quel fruttuoso tira e molla però, Benedetto non era affatto
contento. Non riusciva ad avere per le mani quel giro di denaro che sperava … Non
si sentiva pago di quanto riusciva a racimolare in giro per Venezia: era troppo
poco. Decise allora di smettere con quel modo di fare “da rubagalline” per
tentare l’impresa e sistemarsi una volta per tutte … Sognò di fare un gran
colpo finale: quello conclusivo che l’avrebbe arricchito e portato finalmente
fuori Venezia e di ritorno in Toscana: sua terra d’origine.
Ne
parlò spesso con i compari nella abituale Osteria che frequentava a San
Giobbe non lontano dal Traghetto delle barche per la Terraferma.
… Da quella parte se ne sarebbe andato … I compari però erano titubanti, non se
la sentivano stavolta di assecondarlo in quell’impresa troppo impegnativa. Preferivano
starsene bassi e vivere alla giornata rimanendo ancora a Venezia: era una
Capitale in fondo, e le occasioni non sarebbero di certo mancate.
Benedetto
allora: decise di darsi da fare per ottenere “quel di più” da solo.
Non avrebbe più spartito la sua ricchezza con nessuno.
Iniziò quindi per qualche giorno a compiere un’attenta ricognizione su “un posto di chiesa” che gli sembrava quello giusto. Aveva individuato il punto debole della chiesa sulle finestre della Sacrestia. Ce n’erano un paio non molto alte e strette dalla parte della Corte del Piovan. Sarebbe bastato addossarci davanti un cassone di legno e salirci … La seconda finestra soprattutto: quella più esposta dalla parte nord, aveva vecchie sbarre rugginose e pietre molto corrose e mangiate dall’umidità e dalla salsedine. Non ci sarebbe voluto molto per intaccarle ed estrarle dalla parete … In alternativa sarebbe stato sufficiente storcerne una issandola da parte … Poi si sarebbe infilato dentro forzando il vetro della finestrella retrostante: una stupidaggine.
Nel cuore di una notte seguente raggiunse allora il posto,
recuperò il grosso cassone lasciato in un angolo, e lo posizionò sotto alla
finestrella. Tutto nella Corte del Piovan era buio, spento e
silenzioso …Venezia pareva dormire “della grossa” stanca.
Salì allora sul cassone con un goffo salto che gli fece
ballonzolare la pancia in aria … Estrasse un grosso scalpello dai sacchi che si
era portato dietro, e iniziò a intaccare le sbarre e la pietra … Non sarebbe servito picchiare troppo e far
rumore: la pietra sembrava quasi squagliarsi facilmente sotto l’energica
scavata del ferro. Poco dopo, infatti, l’innesto delle sbarre fu liberato …
Ancora un poco d’impegno, e l’intera grata con un singulto sommesso venne via
lasciando il muro e la finestra liberi come un occhio spalancato sull’interno
della Sacrestia della chiesa … Ce l’aveva fatta !
Calò allora la pesante grata sul cassone, e dopo essersi
guardato attento intorno s’infilò dentro lesto facendo pressione sulla vecchia
finestrella retrostante che s’intravedeva appena … Attorno ? … Niente e
nessuno: tutto taceva.
La finestrella mezza marcia e tarlata non fece opposizione alle
mani esperte e abili del ladro ... Gli bastò smanacciare un poco: spinse e urtò
gli angoli del legno, e qualche attimo dopo la finestra cedette spalancandosi
arresa verso l’interno. A Benedetto non rimase che issarsi in punta di piedi, e
poi calarsi dentro a fatica spingendo il solito voluminoso pancione … Ancora
uno sforzo: e fu dentro del tutto.
Si lasciò cadere e rotolare sul pavimento sottostante cadendo
morbido … e lì rimase per un attimo immobile in attesa.
Ancora silenzio totale ovunque … e buio fitto. Solo i
riflessi della luna inondavano pallidi la stanza: non c’era altro, se non odore
da chiesa, da incenso, fiori marci, Preti e Sacrestia. Si alzò in piedi allora
intuendo che non gli sarebbe servito scassinare quasi nulla: era tutto esposto
a portata di mano … Chi aveva chiuso la sera precedente aveva già preparato
tutto per la Messa del giorno seguente: c’era là pronto ben in mostra il grosso
calice dorato e intarsiato che aveva visto qualche giorno prima usare durante
la Messa: “Meglio non essere troppo avido e rischiare.” si disse
Benedetto, e incominciò a infilare febbrile gli oggetti dentro ai suoi sacchi …
Uno, due, tre … Li riempì in breve tempo ... Trovò anche una bugia spenta usata
di solito per illuminare e leggere i libri da Messa … La accese con l’acciarino
che le stava posato accanto, e la stanza si rivestì di un pallido luccicore:
adesso avrebbe potuto lavorare meglio.
Aprì dappertutto e frugò ovunque senza far rumore, e gesto
dopo gesto riempì altri due sacchi con tante “cose buone”: altri calici
dorati, croci, cartegloria, vasellami da Messa, un secchiello prezioso, dei
reliquiari d’oro riccamente decorati, e candelabri d’argento e oro … Scovò
anche ben nascosti dietro a una finta anta d’armadio il sacco con le elemosine
raccolte nei giorni precedenti. Era troppo bisunto, consunto ed usato
quell’angolo dell’armadio per non nascondere qualcosa.
Trovò anche il bottigliotto del Vin da Messa in un angolo …
Perché non far la guasconata di berlo ? L’aprì di getto sorridendo, e ne bevve
avidamente un lungo sorso a garganella. Sorrise di nuovo alla fine divertito
asciugandosi la bocca bagnata con la manica della casacca sudata e fetida che
indossava ... Tornò allora “ai suoi doveri e impegni” da ladro …
Aprì e frugò ancora dappertutto tralasciando ogni cosa troppo ingombrante o di apparente
scarso valore … Lasciò stare anche le cose difficili da riciclare ... Per
quanto fossero belli, ricamati e preziosi non li voleva nessuno gli abiti da
Messa: si diceva che portassero jella e sfortuna … Lasciò quindi tutto là, e
cercò altre cose. Ne aveva in mente una soprattutto, che infine trovò.
Stava nascosta nel sottofondo mimetizzato del cassetto dello
scrittoio della Sacrestia. Si trattava degli ori e delle collane della Madonna
Vestita di chiesa. Possedeva molta roba di valore quella Madonna: più
di una ricca Nobildonna Veneziana. Trovò: orecchini, manini, braccialetti, medaglie,
fili di perle, collane e qualche anello ... C’era anche piegato accuratamente
un velo antico “da testa” tutto ricamato con fili d’argento che
luccicavano.
Arraffò tutto avidamente quasi scavando con le mani dentro al
cofanetto ... Poi fu tempo di scappare e andare … Soffiò sulla candela, e si
affacciò dal finestrucolo scassato guardando attentamente da una parte e
dall’altra della Corte. Tese poi l’orecchio rimanendo a lungo in ascolto:
niente … silenzio totale … Non c’era nessuno ... Si sentiva solo il bisbigliare
della fontana in mezzo alla Corte del Piovan.
Solo di fronte, in alto, s’era illuminata flebilmente una
finestra … Una sola però … Sarà stata quella del solito Veneziano insonne.
Non aveva fatto eccessivi rumori oltre a quello di estrarre
le sbarre dal muro … Aspettò ancora un attimo per sicurezza: niente di niente.
Allora
raccolse tutti i sacchi con la refurtiva e uno dopo l’altro si sporse di fuori
calandoli pesantemente sul cassone sottostante alla finestra: “E uno … e
due ... e tre, e quattro e cinque: andati !”
Poi tese
l’orecchio di nuovo sbirciando intorno … Ancora nulla … la fontana in fondo, e
quell’unica finestra accesa.
Guardingo più che mai, e quasi convinto d’esser riuscito
nella sua impresa, si issò sulla finestrella infilandosi nel pertugio alla
rovescia. Adesso gli sarebbe bastato calarsi di sotto, raccogliere i sacchi e
andarsene via fin sul bordo del canale. Sarebbe stato un altro giochetto da
bimbi slegare una “battella” a caso, e andarsene via lontano
attraverso i canali vogando sui remi dentro alla notte Veneziana.
Poi giunto a casa avrebbe sistemato tutto quel ben di Dio
smontandolo e facendolo a pezzi … Infine avrebbe lasciato per sempre Venezia
montando sulla Barca a Punta San Giobbe da dove sarebbe partito a
metà della mattina seguente.
I Veneziani non avrebbero avuto neanche il tempo di
focalizzare ciò che era capitato, che lui si sarebbe trovato già lontano oltre l’Appennino
Tosco-Emiliano … Aveva mille idee in testa su come spassarsela una
volta arrivato di là in Toscana … Già
pensava alla Locanda sulla strada per Fiesole, dove c’era quella
rotonda Villotta sempre pronta ad accogliere chi la pagava bene
... Sorrise nel buio presagendo un sottile senso di piacere, mentre goffo si
spingeva fuori e di sotto … Avvertì allora una dolorosa puntura sul fondoschiena
… Che fosse uno spuntone delle sbarre divelte ? … Anche no … S’era abbassato e
sporto tanto ormai: avrebbe dovuto avvertire il cassone di sotto con i piedi:
si eccolo … e di nuovo avvertì quel “punzore doloroso” sul
fondoschiena. Ma che era ?
Scese del tutto allora, incurante del lieve dolore … e quando
si volse capì tutto finalmente in un attimo: quel dolore sul di dietro era la punta
di una spada a procurarglielo … e dietro alla spada c’erano le guardie dei Signori
di Notte che lo stavano aspettando ai piedi della finestra.
Era tutto finito stavolta ... Circondato com’era: non aveva alcuna
alternativa. Neanche a sognarsi di scappare da nessuna parte. Infatti gli
serrarono presto due robusti braccialetti attorno ai polsi, e un fendente
pesante gli venne calato fra capo e collo per fargli capire ciò che l’attendeva
e chi adesso comandava la situazione.
Piegato e ottuso quasi in ginocchio ancora accanto ai sacchi
preziosi, fra le figure dei soldati gli riuscì di vedere una scena. Sulla porta
della casa di fronte stava un Prete sgangherato con la veste talare mezza
sbottonata, la berretta storta calcata in testa, il tabarro buttato su alla
buona, e una lanterna accesa in mano. Teneva strette le mani di una vecchia e
lugubre donna sorridente quasi del tutto sdentata. Annuiva contenta la vecchia dentro
ai riflessi del lume notturno, e nelle mani congiunte con quelle del Prete
compiaciuto, si vedeva che stringeva contenta una borsa di denaro.
Era stata lei a chiamare le Guardie e il Prete: “Vecchiaccia
maledetta !” le gridò più volte inviperito mentre lo trascinavano via
fin sulla riva della Contrada dove c’era una barca “caponèra” ad
aspettarlo.
Accanto alle Guardie e ai sacchi abbandonati spuntò l’Oste
della Contrada con già addosso il solito grembiale unto … Dalle
finestre intorno altri volti assonnati s’erano affacciati ad osservare la scena
… Un’altra donna nottambula passò di là col mastello di legno e il fagotto
della biancheria sporca diretta alla fontana che continuava “a cantare”
in mezzo alla Corte del Piovan … Le guardie chiacchierarono ancora un poco col
Piovano consegnandogli i sacchi recuperati da Benedetto … e fu lì e così che
quell’ennesima storia Veneziana terminò.