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Epte e Franceschino delle Contrade di San Samuel e Sant’Angelo

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#unacuriositàvenezianapervolta 329

Epte e Franceschino delle Contrade di San Samuel e Sant’Angelo

La Contrada di San Samuele a Venezia veniva chiamata un tempo anche Confinio di San Matteo, e andava a confondersi e sovrapporsi con quella vicina di Sant’Angelo che si richiamava al famoso Arcangelo San Michele con la Bilancia del Giudizio che pesava le Vite e le Anime di ciascuno… Si richiamava anche a tutto ciò che concerneva quella misteriosa e mistica Via Michaelica che percorreva tutta l’Europa e il Mediterraneo … I Veneziani di allora avevano ben chiare in mente quelle cose …  Nella stessa Contrada si viveva stipati come “vicioneres” contendendosi le piscine d’acqua e le zone appena bonificate col fango ancora molle. Su quei Veneziani laboriosi, analfabeti e semplici, quasi tutti pallidi fantasmi senza nome ingoiati dal Tempo, vigilavano all’inizio del 1300 i Capi Contrada e un “pròbo”Piovano Padre-Pastore: Prè Francesco Carello, che tanto “pròbo”(giusto) non era … Era talmente generoso e buono che venne più volte condannato, multato e messo in prigione per le sue “gesta amatorie e i numerosi adulteri con le femmine de la Contrada” ... Quando Zanin Diedo partì per Corfù, Donna Orsa sua moglie fece fagotto delle sue cose, mollò per strada i figli, e andò ad abitare e convivere col Prete di San Samuel. Non era nuovo il Prete-Piovano di cose del genere: s’era già fatto due anni di Prigione per essere stato colto in fragranza d’adulterio con Lucia moglie del NobilHomo Marco Barbarigo del quale era saltato il matrimonio … al Nobile fu sentenziato di tenersi la dote ... ma sapete com’è: “Il Lupo cambia il pelo ma non il vizio”… e certe categorie già fin da allora erano propense a concedersi liberamente ogni cosa senza tanti ripensamenti né rimorsi.

“E basta co sto Prete intrigaletti !” disse allora la Repubblica ! … Donna Orsa venne condannata “a finir la vita in prigione”, anche se poi “le fu fatta grazia” e venne rimessa in libertà, mentre Prè Francesco Carello venne riconfinato per un altro bel po’ “in gattabuia serrata” ... Avrà cambiato modo ? … Boh ? … Chissà ?

Il clamore dell’episodio comunque si assopì ben presto fra le basse caxette, le botteghe e i cantieri della Contrada di San Samuel… Buona parte di tutto era di proprietà del Vescovo di Castello verso il quale tutti i Veneziani "alti e bassi" erano debitori per aver costruito e messo in piedi la Cattedrale di San Pietro di Olivolo-Quintavalle-Castello: “La chiesa Cattedrale del Vescovo dei Veneziani è di tutti: quindi è bene che tutti paghino !”

Quelli del Confinio di San Samuel, come buona parte dei Veneziani, erano donne e uomini normalissimi, vispi e operosi di cui sono rimaste scarse tracce: neanche il nome a volte … Bisogna quasi immaginarseli un po’ incazzosi verso la loro magra sorte e il Governo Veneziano che li pressava, e un po’ orgogliosi di vivere sotto il vessillo di San Marco & Todaro… Per buona parte si trattava di Pescatori, Salinari, Marinai, Barcaroli, Bastàzi (Facchini), Squerajoli e Artieri delle cose di tutti i giorni: latte e formaggio, il pestrin per macinare, la farina col forno e il pane, le Vigne col Vino e le Osterie, l’Orto e le minestre spesso mangiate per strada, i panni ordinari x vestirsi e i tessuti di pregio di cui rifornire i Nobili, le chiese e i Monasteri, le piccole botteghe fuori casa, e quelle grosse e ricche di Rialto e di Piazza San Marco.

Vivevano anche in dieci-dodici se non di più nei mono o bilocale col fuoco in un angolo, giovani e vecchi promiscui, senz'acqua corrente nè servizi ... con le Galline sotto al letto, i Topi e le pulci indosso, e con quelli che morivano di febbre o peste accanto perdendosi strada facendo ... Le famiglie, infatti, venivano chiamate “fuochi” prima di venire “riqualificate” in “Anime” dagli Archivi degli Ecclesiastici ... Scalzi dall'alba al tramonto per strada, calli, fondamente e campielli umidi e fangosi, saltando da riva in barca e viceversa, sapienti solo del buon senso tradizionale del vivere, avevano però sentimenti intensi come noi, e senza tv, giornali e social interagivano molto fra loro interrogandosi sicuramente più di noi sul senso dell'esistenza e del perché si trovavano là e così.

Il sole intanto sorgeva ogni mattina come oggi, e le stagioni si susseguivano come mai hanno smesso di fare lungo i millenni ... Ogni istante della giornata e dell’intera vita dei Veneziani di Contrada veniva scandito dal suono delle campane che li faceva accorrere di volta in volta nelle “Magnae Cà” del Civico e del Religioso: facce diverse dell’unica medaglia sociale … E se la vivevano rimanendo quasi tutti fermi là dov’erano nati, senza quasi mai andare da nessuna parte ... Solo alcuni s’imbarcavano al seguito di guerre o mercanzie non certi di tornare, e andavano, armeggiavano, vendevano e compravano rischiando la pelle e tentando la Fortuna da qualche parte sperando prima o poi di rivedere la Laguna Veneziana sbarcando sui Moli di San Marco ... magari con qualche soldo in più.

Ieri come oggi nelle più che contigue isolette dell’Arcipelago Veneziano prevalevano: ricchi, potenti, avveduti e furbi ... e c'era chi fra gli altri era più arzillo, determinato e intemperante nell'affrontare la comune sorte … Quei pochi “qualcuno” allora finivano col lasciare il loro nome inciso o scritto da qualche parte, e li trovavi citati nei testamenti o nelle transazioni commerciali, oppure nelle denunce, e sulle liste degli arrestati e dei condannati a pene esemplari: “perché i più non dimentichino le Regole del vivere dentro ai Confini della Serenissima Repubblica”.

I più fortunati si emancipavano mettendo in piedi capitali e patrimoni, e qualche discreta “dota” per sposarsi … Gli altri, invece, per la maggior parte: s’inventavano nei mestieri sbarcando quotidianamente il lunario … Un Nobile Marco Morosini da San Cassian, ad esempio, intendeva estendere il suo zampino a controllare tutta la Contrada di San Samuel a discapito della ventina di NobilHomeni che già vi risiedevano da tempo ... Poi accadde la Storia e la Guerra di Chioggia e dei Genovesi al tempo del Doge Andrea Contarini. Quelli della Contrada di San Samuel si diedero da fare come meglio potevano per sostenere la Serenissima: i Nobili Soranzo sborsarono parecchi soldi: 36.000 lire in due, mentre a Sier Marco dalla Carta riuscì di offrire solo lire 500 ... Lire 400 vennero fuori, invece, dalle tasche e dalla borsa di Stefano dalla Fornaia ...

Quelli furono anni turbolenti per Venezia … tanto per cambiare … Nell’ottobre 1308 Venezia dichiarò guerra al Papa col suo Stato Pontificio della Chiesa beccandosi fin da subito gli immancabili interdetti e le scomuniche papali ... Tutto il Clero, le Monache e le Fraterie Veneziane furono invitati ad abbandonare immediatamente la Laguna: “lasciando che que Veneziani restino in balia di Peccato e Dannazione Eterna”… L'evento aprì profonde e travagliate spaccature fra gli orgogliosissimi Veneziani che non guardavano in faccia a nessuno. Più che altro ne vennero a soffrire i loro affari all'estero, dove i Mercanti divennero invisi e si maltrattarono merci, Fondaci, Porti e Mercati con quelli che li frequentavano … Addirittura il Cardinale Arnaldo Pelagrua annunciò a tutti l’idea di mettere in piedi una Crociata contro i Veneziani“che intendevano prendersi la Ferrara cosa del Papa”.

Venezia alla fine capitolò e si arrese per non vedere compromessa la sua ascendente presenza e fortuna nel Mediterraneo e in Europa. Lasciò perdere Ferrara per il momento, ma essendo sconfitta, in Laguna si accesero deleteri attriti e fazioni fra i Nobili Querini, Tièpolo e Bàdoer da una parte, e Giustiniàn, Dàndolo e Gradenìgo dall'altra … In autunno scoppiarono perfino risse in Maggior Consiglio, e veri e propri tumulti e scontri nella zona dell’Emporio Realtino ... I Tièpolo soprattutto iniziarono a tramare per rovesciare il Governo del Doge Gradenigo con i suoi ... Si finì con l’orchestrare l’assalto a Palazzo Ducale, e col far convergere in città forze armate alternative … Un gran casino insomma.

Come ben sapete il Doge venne informato per tempo e non si fece sorprendere … Le guardie controllarono e respinsero i congiurati, e andarono a prendere quelli che si asserragliarono a Rialto. Il Supremo Tribunale della Quarantia alla fine non ebbe pietà per nessuno, e fioccarono esilio e sentenze di morte, si rasero al suolo case e palazzi dei Tièpolo-Querini-Bàdoer a Rialto, e s’incamerarono le loro proprietà e sostanze ... Nell’occasione s’inventò il Consiglio dei Dieci come straordinario strumento di Governo atto a vigilare e reprimere col supporto di una Milizia Cittadina guidata dai CapiSestiere qualsiasi minaccia contro lo Stato … Gira e volta, Venezia finì col diventare una Repubblica guidata da pochi Clan Patrizi Mercanti e Banchieri che prevalevano di volta in volta gli uni sugli altri in Laguna e nei circuiti economici … Leggi precise limitarono l'accesso alla Nobiltà e al Maggior Consiglio ad altri “Homines Novi”.

Poi “le acque si calmarono”, e per provare a mettere fine all’epoca delle congiure e delle repressioni si elesse Doge Marino Zorzi parente dei Querini perdenti … e anche il Papa di Roma si quietò da parte sua “dopo il disastro di Ferrara” rimuovendo nel 1313 interdetto e scomuniche al tempo del Doge Giovanni Soranzo ... Venezia era prontissima a ritentare la sorte di Ferrara … il Papa era altrettanto pronto a contrastarla e combatterla con le sue armi ... Amici-Nemici sempre con l’orecchio teso, e capaci di dormire con un occhio solo.

Ecco … proprio in quegli stessi anni, finì ad abitare in Contrada di San Samuel anche Filippo: ufficialmente Sabbionaio di mestiere, che risiedeva prima in Contrada di San Simeon Grando dall’altra parte di Venezia … Era stato pizzicato a rubare una barca del valore di 5 lire dalla Riva di San Silvestro non lontano dal Ponte di Rialto ... Lo chiamavano “Septe” di sopranome … Avendo furtato in quell’occasione per un valore superiore a 1 lira, le norme Veneziane parlavano chiaro: era stato frustato a sangue, marchiato a fuoco in fronte, e bandito da Venezia … Tutto finito ?


Macchè ! … Septe se ne tornò bellamente in Laguna incurante del Bando … Si diceva a Venezia: “spezzando il Bando”, e tornò a fare l’unica cosa che sapeva fare: cioè rubare. Nell’agosto 1301, infatti, rubò una giubba di valore in un magazzino di Rialto che andò subito a rivendere per 8 denari di grossi … Non doveva essere molto sveglio, perché anche stavolta lo catturarono subito in flagranza di reato … Venezia questa volta andò giù pesante: gli cavò un occhio prima di bandirlo di nuovo in quanto recidivo … La Legge prevedeva quello.

Povero Septe ! … direte … Già … Nella primavera di due anni era di nuovo a Venezia “spezzando il bando” un’altra volta. E che avrà fatto secondo voi fra Calli e Campielli ? … Le cose di sempre: furti e furterelli, la sua specialità.

Ovviamente si fece beccare di nuovo, più e più volte: settembre 1305, gennaio 1306, luglio 1307, maggio 1308, giugno 1310: “La sua fronte divenne una collezione di marchi a fuoco, e ogni volta venne buttato fòra dalla Laguna con un poderoso calcio in culo”.

Per carità: non era l’unico a vivere in quel modo a Venezia e in Contrada di San Samuel  … Venezia traboccava di miseri e spiantati disposti un po’ a tutto pur di sopravvivere … Negli stessi giorni, ad esempio, nella stessa Contrada di San Samuel venne presa anche Agnesina detta Pizolpeccato, colta proprio mentre tagliava per strada una borsa dal fianco di un’altra donna rubandola di 14 grossi … Anche lei venne condannata al bando da Venezia, e anche lei: “Spezzò il Bando nel 1311” facendosi ripigliare un’altra volta: “Era una ruota continua dell’esistente che non terminava mai di girare notte e giorno sulle acque e fra le terre malferme della Laguna.”

Tornando ancora ad Epte “il monocolo da San Samuel”, pareva fosse una specie di “Ercolino sempre in piedi”… Approfittando dell’incertezza, del subbuglio e della grande confusione che c’era in Città, nell’ottobre 1313 tornò ancora una volta a Venezia dove venne subito preso e catturato “con le mani in pasta”… Stavolta ci rimise l’altro occhio.

Esattamente un anno dopo: “Septe l’orbo di Venezia” venne arrestato ancora una volta mentre rubava … Stavolta la Giustizia gli tagliò una mano … E fu così, che pezzo dopo pezzo, Septe o Epte sparì del tutto mettendo fine a quella sua specie di voglia incontenibile d’autoannientamento … Che fine avrà fatto ? … Possiamo immaginarlo … In ogni caso col prossimo reato gli sarebbe spettata l’impiccagione.

Per carità: Septe non metteva in atto aggressioni, né commetteva omicidi, violenze carnali, o “cose pesanti” del genere … Però di “cose” ne aveva fatte parecchie.

A distanza di pochi anni, c’era poi un altro personaggio che girava a pochi passi dalla stessa Contrada: nella limitrofa Contrada di Sant’Angelo per la precisione. Lì nel 1347, dopo che le campane avevano suonato da sé per il terremoto, era caduto il campanile come diversi altri in Città ... Venne subito rifabbricato com’era e dov’era ... In Contrada c’era Nicoletto Trevisan Fustagnaio, che comprava “dozzine su dozzine di soatti, pellicce di volpe e guarnacche glirorum de squillatis” da Stefano di Libiana … I Nobili Trevisan erano un po’“i boss” della Contrada, ma anche altre persone abbienti come Bertuzzi Pettener, Francesco dalle Màsene e Pasqualin dalla Mesetarialavoravano e vivevano accanto a gente comeZuanne Murèr e Piero e Marco Sonadori… In quegli stessi anni si concesse in uso l’Oratorio della Contrada ai Marinai Reduci e Invalidi della Schola degli Zoppi o Zotti Veneziani.

In Contrada nel 1389 c’era quindi: Franceschino di Ser Luciano, un personaggio insolito … Alla fine finì col confessare d’essere stato l’autore di ben 24 furti compiuti in 4 anni a Venezia. Diceva di far parte del Clero Veneziano, essendo in possesso di un Regolare documento di Tonsura conseguito nel 1372 … In realtà Chierico non lo era affatto, perché risultava coniugato e con numerosa prole a carico.


Con Stella: un Rigattièr suo complice che lavorava nei pressi di Cà Soranzo, avevano intascato un po’ per volta e furto dopo furto un bel gruzzoletto di denari sottraendo: 50, 60, 45, 32, 72 soldi di piccoli, e 4, 11 ducati, e 6, 1, 10 lire, e 50 mezzanini … Niente male come bottino per un “Ladro di Contrada”.

Una volta in Pescaria a Rialto, dopo aver preso dalla barca di un Barcarolo due “gonnellette di grisio”, aveva rubato 2 tazze d’argento e una toga “di berettino” dalla nave di Patron Cristoforo Longo della Giudecca ormeggiata sulla riva della Pescaria di Rialto. Una delle tazze riuscì a piazzarla a un “campsor” di Padova per 11 lire di piccoli, mentre la toga la diede in pegno per 30 lire a un usuraio Padovano Nicoletto Capitano di Rialto lo attese e lo arrestò di ritorno da Padova sequestrandogli addosso la seconda tazza non ancora venduta.

La lista dei reati attribuibili al Franceschino era piuttosto lunga e ben dettagliata, anche se inizialmente non era stato denunciato ai Signori di Notte. Non si era ancora proceduto contro di lui: “ma adesso ogni nodo era giunto al pettine, e avrebbe pagato una volta per tutte.”

Già due anni prima aveva derubato Maria da Saragozza col marito Giovanni di Santa Maria Formosa nei pressi di Cà Ghezzo, sottraendo loro un abito di panno pignorato per 9 soldi di piccoli, e “mezzo pilo di grana serica” stimato 4 ducati venduti a Pietro Cerchiaio di Sant’Angelo presso Cà Marcello … In casa di Paolo Bragadin da San Lorenzo di Castello aveva rubato un lenzuolo del valore 40 soldi di piccoli … Da Bertuccio Benci in Contrada di San Vidal aveva preso 2 caldarole stimate 3 lire di piccoli, mentre al di là del Canal Grande nella Cà Grande del Nobile Francesco Lion da San Stae aveva preso una balestra col ferro valutati 2 ducati … Marino Ancore aveva poi acquistato il solo ferro per 1 soldo di piccoli.

“Un anno prima con la scusa di vendere “ferrovero” in Calle dei Botteri in Contrada di San Cassan presso Rialto ha preso 20 soldi di piccoli a Donna Nigra insieme a 3 veli di cotone ... Due veli è andato a venderli a Beatrice di Santa Sofia di Cannaregio per 40 soldi di piccoli.”

Ogni tanto Franceschino faceva “la pensata”: rubava in giro per Venezia, e poi s’imbarcava sulle Galee Veneziane sparendo dalla circolazione in cerca di Fortuna. Prima di partire con la Muda delle Galee per Beirut, aveva sottratto a Lorenzo Loredan da San Canzian di Cannaregio: due caldiere di rame, che aveva subito venduto a Bergamino Merciaio di Rialto per 5 lire di piccoli … A Domenico Lattaio di San Basilio aveva preso un bacile e un cappuccio stimati 3 lire di piccoli.

“Tornato poi a Venezia sulle stesse Galee da Beirut senza aver fatto Fortuna, appena sceso sul Molo di San Marco ha derubato a San Provolo di diversi abiti Nicoletto Sabatino, il cui suocero è il noto Antonio Stampatore di Monete ... Tutti gli effetti rubati sono stati recuperati, tranne una tunica data in pegno per 15 soldi alla Locanda della Stella ... Ora è pignorata ... Anche Paolo Tintore nella vicina Contrada di San Zulian presso Cà Penzo è stato poi derubato di 1 bacile, di 1 secchio di rame stimati 6 ducati, e di 2 lenzuola acquistate per 3 lire di piccoli da Giacomo Papalardo Marinaio di San Trovaso ... Bacile e secchio, invece, sono stati acquistati a peso da Giacomo Magnano Calderaio al Ponte dei Dai di Santa Maria Formosa per 40 soldi di piccoli, che per 1 ducati ha comprato anche 20 lire di pece rubate da una nave ormeggiata alla Punta dei Sali di Dorsoduro verso San Gregorio.

Nella stessa occasione, appena voltato l’occhio: Giovanni Magnano anche lui aggiustatore di Caldiere e oggetti di rame è stato derubato di 2 bacini nuovi di pietra stimati 1 lira e 4 soldi di piccoli. Sono stati dati in pegno alla Locanda alla Scopa di Rialto per 36 soldi di piccoli.

Nell’estate precedente: prima della partenza delle Galee di Romania, lo stesso Franceschino ha rubato 2 gabbani vecchi “di griso” stimati 6 lire su un battello di Biagio Volgimonte della Contrada di Sant’Angelo. Uno l’ha venduto per 40 soldi a Giacomo Calzolaio da Sant’Angelo, mentre l’altro … dice … d’averlo tenuto per se, e che gli sarebbe stato rubato a sua volta … dice.”

L’elenco dei reati commessi dal Franceschino continua: a Cà Delle Boccole a Santa Ternita aveva rubato col complice due “matres rampegonum” pesanti stimati 1 ducato … Giorgio Ancore li aveva acquistati per 1 soldo ... Col solito complice andò poi a rubare abiti e una bilancia a Pietro Zorzi Patrono di navigli da San Vidal rivendendo gli abiti a uno straccivendolo di Rialto per 40 soldi piccoli … Paolo Calzolaio da Sant’Angelo, invece: acquistò la bilancia: “A Nicoletto di Stella Panettiere a Santa Maria Materdomini ha rubato una camicia in casa … A Bartolomeo Alexandri da Cannaregio ha fatto sparire di casa: abiti x 40 soldi di piccoli rivenduti per 32 … A Ser Michele da Durazzo ha rubato un cucchiaio d’argento … Un’altra volta “quando tutti erano intenti con le navi che andavano a Chioggia” gli riuscì anche d’intrufolarsi dentro alla Caxa dell’Arsenale dove col complice prelevò 50 lire di chiodi e 20 chiavi venduti a Paolo Fabbro di San Salvador e a Giovanni Mastro Balestraio di San Provolo.”

Non disdegnava neanche di visitare a modo suo Chiese e Ospedali:“E’ entrato nella Chiesa della Schola Granda di San Giovanni Evangelista nel Sestiere di San Polo dove ha prelevato e fatto sparire da un altare due “paramenti da Messa” stimati 32 soldi di piccoli. Li ha dati per 30 soldi di piccoli “in pegno di pagamento” alla Locanda Al Saracino di Rialto verso la quale è debitore … E’ entrato poi nell’Ospedale dei Feriti e Mutilati dei Santi Pietro e Paolo di Castello dall’altra parte di Venezia, dove senza difficoltà ha rubato un bacile con catena che è andato a rivendere in Piazza San Marco per 24 soldi di piccoli il bacile, e per 12 soldi di piccoli la catena ...”

C’era elencato a carico del Franceschino anche “un furto della fame” tipico di chi viveva d’espedienti quotidiani in giro per Venezia. Col complice aveva rubato dal marano di Giovanni Stefano Barcarolo di San Biagio ormeggiato alla Fornace di San Pantalon: uno scrigno con 9 paia di sandali, 3 camicie, 3 mutande, 1 daga, 2 paia di calzari di rascia … e ½ pezza di cacio fresco.

Curiosità nella curiosità infine:“mentre Franceschino venne spinto e portato in cima al patibolo per essere giustiziato del tutto, si è messo a urlare l’innocenza e la discolpa di Gasparino Barcarolo imputato insieme a lui.”

Insomma: fra alti e bassi si viveva anche così nei meandri delle Contrade Veneziane … in modo spicciolo e quotidiano … mentre l’acqua scorreva nei canali e sotto ai ponti salendo e scendendo ogni sei ore, e mentre il Tempo, ieri come oggi: correva via ... anzi: capitombolava di continuo ruotando ineludibile e invisibile su se stesso, e portandosi dietro tutto e tutti ... Insomma: facendo ancora Storia.



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