#unacuriositàvenezianapervolta
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Il curioso Doge Michelotto Steno … Chi ?
Accanto
alla Venezia eclatante e dorata dei grandi eventi storici, dei nomi, e delle
maiuscole istituzioni, ci sono sempre stati e continuano ad esserci delle
realtà “piccole”, che però non sono affatto “minori”,
ma sono come l’essenza, la crème e il nocciolo del grande “corpo
Veneziano” che è la nostra Città Lagunare.
Mi
riferisco a quei mille e mille aneddoti e nomi e luoghi che hanno contribuito a
far grande Venezia, ma che poi “incartati dal Tempo e dagli Uomini”,
sono finiti quasi per diventare trasparenti e persi nel mare immane
dell’accaduto. Ripescarne e rispolverarne qualcuno ogni tanto, secondo me, non
può che arricchirci, e renderci ancora più non solo edotti della tanta dovizia
storica Veneziana, ma anche ancora più orgogliosi del tanto “di nostro”
che è accaduto qua.
Bando
alle ciance e ai preamboli … Accanto ai tanti roboanti Casati e Ceti Nobiliari
Veneziani di cui spesso e comunque si parla e straparla, ci sono stati anche i Nobili
Steno, oscurati però dalle tante storie, imprese e successi vissuti e
inscenati da altri ... Sono quindi un po’ rimasti là: sull’orlo del
dimenticatoio della Memoria, con l’etichetta sopra di “Casato Estinto”
segnata dagli Avogadori da Comun sul Registro della Balla
d’Oro della “Barbarella dei Nobili”.
Per
carità … Destino analogo ebbero anche altri Nobili Casati: Agadi, Caroso,
Da Vidòr, Djesolo o da Jesolo o D'Equilo, Mengolo, Romano, Vidal, Lanzuòl e
Papacizza ... per cui: gira e volta, gli Steno sono
finiti messi da parte, però in buona compagnia.
Le
prime note storiche sugli Steno sono un po’ burrascose ... Nel 1275:
Simone Steno venne dichiarato colpevole di congiura contro
Venezia, e per questo andando al sodo della questione: venne condannato a
pubblica umiliazione, alla perdita delle proprietà e all’esilio perpetuo, oltre
che al pagamento entro 15 giorni della considerevole somma di 300 lire di
grossi. La sentenza del Maggior Consiglio precisava che se non
avesse pagato per tempo quella somma, sarebbe finito carcerato nella Major
Carcer di Palazzo (Prigione Granda di Palazzo Ducale), dove
avrebbe dovuto pagare di tasca propria non solo le guardie che lo
sorvegliavano, ma anche tutti quelli che si sarebbero dovuti occupare della sua
custodia e sostentamento.
Brutta
storia ! … Pagare anche per mantenersi in prigione … Anche oggi vero ?
Venezia
fin dai tempi antichi funzionava così: chi era facoltoso ma non abbastanza
potente, ricco e rispettabile “da poterla far franca”, se ne andava
in carcere portandosi dietro da casa: letto, coperta e materasso … e non solo
quello, qualcuno si portava dietro perfino il domestico … Venezia è stata
speciale anche in questo: unica nel modo nell’intero Bacino Mediterraneo.
Non si doveva pesare sulle economie della Serenissima per le proprie
colpevolezze: chi sbagliava pagava … e pagava sul serio perdendo un occhio o
una mano, venendo marchiato a fuoco, finendo disautorato e sminuito nel ruolo,
e appunto: pagando per la propria reclusione.
Anche
oggi accade questo in politica e affari … Vero ?
D’accordo
… Ieri come oggi c’erano le solite eccezioni, la lunga lista dei raccomandati,
e quelli che “potevano lo stesso” rimanendo impuniti o quasi ...
anzi: continuando a far successo, e a realizzare le proprie “scalate”
sociali.
Gli Steno
quindi, inizialmente furono un Casato un po’ inviso e preso di mira dalla
Serenissima … La Storia racconta che gli Steno già nel 721 erano spuntati in
Laguna provenendo da Altino, e s’erano andati a insediare
nell’isola di Burano… Oibò ! … Proprio nella mia isoletta natale:
dentro al grande e strategico Emporio Torcellano a cui Venezia
piano piano soffiò prerogative e posto ... Sempre secondo i dati Storici: gli
Steno “erano dotati di molto avere”, fungevano da Notai,
gestivano saline, e via via iniziarono ad essere sempre più assidui e presenti nei
Consigli Cittadini incominciando a ricoprire cariche di Stato sempre più
significative: Tribuni, Procuratori di San Marco, Senatori, Ambasciatori …
Non vennero però mai considerati “Casato Grande” dai Veneziani
... Stranezza tipica di Venezia: alcuni Casati, successo o non successo,
dovevano rimanere lo stesso e per sempre “bassi”.
Nel 1382, quando
la Nobile Elisabetta Steno andò a spodestare l’altrettanto Nobile
Cecilia Barbaro dal titolo di Badessa del Monastero di San Maffio
di Mazzorbo, Donato Barbaro fratello della Badessa deposta
corse subito a Mazzorbo, prese per velo e capelli la neoletta Badessa
Steno, e la riportò con la forza a casa sua a Venezia … La Serenissima non
aprì bocca: lasciò fare … I Nobili Barbaro probabilmente contavano
un po’ di più sullo scacchiere Veneziano rispetto ai Nobili Steno ... Che si
arrangiassero fra loro in ogni caso.
Un po’ peggio per gli Steno era andata qualche anno prima alla fine del 1354. Gli Avogadori da Comun chiesero e ottennero dalla Quarantiaal Criminal della Serenissima di procedere contro un gruppo di giovani Patrizi incontrollati: Micaletto Steno in primis, Pietro Bollani, Rizzardo Marioni, Moretto Zorzi, Micaletto da Molin e Maffeo Morosini… Al tempo del Doge Marin Faliero erano andati a dipingere “scritte turpi e disoneste” nella Sala dei Caminidi Palazzo Ducale.
Contro il Doge e perfino in casa sua ? … Già: era troppo … Si conosce il
contenuto di almeno una di quelle scritte: “Marin Falièr dalla bella mugièr: altri la gaude e lu
la mantièn"... e giù tutti a ridere a Palazzo, e a prendere per il culo il Doge per le “folte
corna” che si diceva portasse ... e sembra proprio a ragione.
La Quarantia al Criminal non rise molto,
se non di nascosto forse, e ci andò giù abbastanza pesante coi quei giovani
Patrizi scapestrati: vennero tutti condannati a vogare incatenati sulle Galee Veneziano
“per tot tempo”… due anni forse … Nobili o non Nobili: quella fu
di certo una lezione esemplare per tutti.
Sapete già come andò a finire poi … Quello stesso Doge
preso in giro finì decapitato per tradimento della Repubblica, il suo nome
condannato alla “Damnatio memoriae”, e il suo volto cancellato
dai dipinti e ritratti delle Sale di Palazzo Ducale.
E il non più giovanissimo Michelotto Steno
che fine fece ?
Divenne Doge in seguito … Si: proprio
lui … Quello stesso Micaletto Steno condannato alla voga: è lo stesso
Michele Steno 63° Doge della Serenissima dal 1400 al 1413 ... Strano
il Destino vero, e quanto sa riservare la Storia ? … A dire la verità, Steno fu
“un Doge di compromesso e transizione” perché le fazioni Nobiliari
Veneziane non riuscivano ad accordarsi su chi eleggere a rappresentarle … Succedeva
spesso a Venezia, e non solo in Laguna: anche con i Papi e in altre Città
succedeva (e succede ancora oggi) la tessa cosa ... Si sceglieva un
vecchio tranquillo senza tante velleità, possibilmente navigato e saggio, così
che “la baracca” potesse continuare a girare … Si temporeggiava insomma,
e si andava intanto avanti così in attesa di circostanze e congiunzioni storiche
migliori.
Steno
nel 1378, dopo essere stato riabilitato dai capricci giovanili, era diventato Provveditore
a Pola, ed era andato pimpante contro i Genovesi sotto la
guida del famoso Capitano Vittore Pisani. Dopo vicende alterne, aveva
avuto però la peggio, ed era scappato per salvare la pelle nelle acque di Parenzo
... Conoscete la Storia … I Veneziani in seguito si riebbero, e ci fu proprio Steno
fra i Provveditori della Flotta Veneziana che andò a sconfiggere
i Genovesi a Chioggia nel 1380 guidati dal Doge Andrea
Contarini ... Ricordate vero ? … Le pesanti navi Genovesi impantanate
nelle acque basse e paludose della Laguna … e tutto il resto.
Quella volta finì
bene per Venezia: salvò il suo Dominio Marinaro e commerciale, e forse usò quella
sua vittoria come trampolino di lancio per il suo luminoso futuro.
Steno in quell’occasione si era messo bene in mostra, e finì quindi col godere non solo della stima degli entusiasti Veneziani, ma soprattutto della considerazione dei Veneziani Nobili che contavano ... gli Oligarchi ricchi e potenti che sotto sotto facevano alto e basso del destino di Venezia ... Ieri come oggi.
Michelotto Steno divenne quindi Doge alla fine, e venne accolto
dai Veneziani “grandi e piccoli” con molti giorni di festa,
giostre e tornei. Si dice addirittura che i festeggiamenti siano durati per un
anno intero, e che in quell’occasione abbiamo iniziato a fiorire a Venezia le famose
Compagniedella Calza… Michelotto Steno
comunque guidò Venezia per ben 13 anni: non un mesetto soltanto.
Sposato con Maria Gallina dalla quale non ebbe figli, fu
proprio con la sua morte “da vecchio e sordo” che il Casato
degli Steno si estinse. Venne sepolto nella chiesa di Santa Marina che oggi non esiste più, dentro a “un monumento
ricco di molto oro, marmi, statue e mosaici” ... Le Cronache Veneziane
raccontano che il Doge Steno era abitualmente elegante e pomposo
… anche un po’ vanaglorioso e megalomane direi. Si faceva chiamare: Dux
Stellifer, cioè: il “Doge delle Stelle”… Per questo
s’era fatto applicare sul Corno Ducale delle stelle dorate … Corsi
e ricorsi storici però: nel 1403 comparvero in giro per Venezia diverse scritte
ingiuriose contro di lui.
Non fu di certo un Doge spettacolare, ma sicuramente abile, determinato e
ambizioso, oltre che molto bravo ad arricchire se stesso e le sue quattro
sorelle con tutto il parentado … Sansovino
raccontò che la stalla dei cavalli del Doge Steno era la più
bella: “la migliore che avesse allora qual Principe si voglia in Italia”… Bartolomeo Gallina cognato del Doge: s’aggiudicò il ricco Canonicato
di Padova soffiandolo a un altro Veneziano: Pasqualino Amadei,
che venne opportunamente esiliato “ad tempus” dal Senato di
Venezia “per troppa fame di cariche e benefici” ... Da che
pulpito veniva l’accusa !
Quando il Canonico
Gallina morì, costituì come unica beneficiaria di tutti i suoi numerosi
beni, compresa la molto ricca Prebenda da Canonico, proprio sua sorella:
la Dogaressa Maria sposata Steno… A un altro suo fratello Johannes,
invece, che viveva da Monaco nell’Isola di San Giorgio Maggiore appena
al di là del Bacino di San Marco, di fronte a Palazzo
Ducale: lasciò solo qualche stoviglia ... e neanche tanto di valore.
Quando nel 1404 Francesco Novello da Carrara di Padova tentò per l'ennesima volta di danneggiare Venezia, Steno & C presero Padova con la forza l’anno seguente, e i Carraresi“grandi e piccoli, giovani e vecchi” vennero tradotti a Venezia, processati, giustiziati e strangolati, sembra proprio nell’Isola dei Monaci di San Giorgio Maggiore,nonostante avessero supplicato in tutti i modi di ottenere qualche perdono ... “Avrete la Misericordia che meritate.” pare abbia detto il Doge Steno in faccia ai Carraresi: “In quell’occasione Venezia Serenissima incamerò le città di Vicenza, Verona e Padova, nonché i distretti dei Sette Comuni, Este, Montagnana, Monselice, Camposampiero, Cittadella, Piove e diversi altri luoghi del Padovano …Obizzo da Polenta(1402) si mise sotto la protezione della Repubblica Serenissimapermettendo che fosse messo un Podestà Veneziano aRavenna … Venezia, già che c’era, si comprò anche ilCastello di Lepanto nella Morea(1407), eZaraacquistandola daLadislao di Napoliper centomila fiorini d’oro (1409) ... Patrassoallora si affrettò a darsi a Venezia nell’anno seguente, e dopo lunghe trattative colMarchese di Ferrara, la Serenissima delDoge Michelotto Stenoassunse anche il controllo sui Castelli del Po, Guastalla, Brescello, Casalmaggiore e Colorno ...”
Accadde molto altro in quegli stessi anni e nei seguenti: Ungheresi, Friuli, Istria e Dalmaziala Storia la conoscete … Il Doge Steno pareva averne sempre un po’ per tutti ... Prese, infatti, le distanze anche dai Papi, che allora e quasi come oggi funzionavano a suon di Scismi, Scomuniche, Interdetti, fazioni e contrapposizioni … Steno decise di tenerli tutti a debita distanza dalla Laguna, appoggiando solo quei Pontefici che in qualche modo avessero procurato interessi per Venezia … Con lo stesso Clero, le Fraterie e i Monaci e Monache Veneziani, il Doge Steno ci andò giù pesante: fece emanare leggi che vigilassero: “sui giri di cariche, Benefici, Lasciti e Prebende”, limitò le numerose esenzioni, l’esagerato potere Giuridico-Spirituale che avevano sui Veneziani, e l’eccessiva influenza economica che avevano di fatto su Città, Terraferma e intera Laguna.
Nel frattempo si edificò il Castello del Porto del Lido nel 1401, e in legno il Ponte di Rialto rovinato e caduto giù a fine anno ... Tre anni dopo si costruì la “Sontuosa e Nobile Veranda di Palazzo Ducale” rivolta verso il Bacino di San Marco e il Mare ... e nel 1403 si rifece “in oro” anche il pinnacolo del Campanile di San Marco andato a fuoco … Un turbine e un terremoto sconquassarono non poco Venezia nell’estate 1410, con tanto di tsunami che sollevò“un’acqua granda” dalla Laguna abbattendola su parecchie case, e sui traballanti campanili di Santa Fosca e Corpus Domini che rovinarono a terra … Non poteva mancare nel quadretto storico anche un’altra puntata di Pestilenza che da giugno a dicembre 1413 coinvolse l’intera Serenissima facendo morire in Venezia e dintorni non meno di 50.000 persone.
Non fu di certo un caso, comunque, se Venezia toccò l’apice della sua storica potenza … forse … proprio nei decenni seguenti alla morte del Doge Steno.
Ultima curiosità … Nel 1802 il Piovano di Santa
Marina volle rimuovere il vecchio monumento funebre del Doge
Steno per restaurare la facciata interna della chiesa:“ghe piòve
dentro da la parte del Vècio Morto” ... Quel mausoleo funebre del Doge era
ormai troppo vecchio: da smantellare … I Nobili Steno poi: erano ormai
diventati “acqua passata” della Storia dei Veneziani … Fu dato
quindi al Piovano il permesso di rimuovere il Monumento … Quando si aprì la
tomba dell’antico Doge Michelotto Steno, lo si ritrovò ancora là
quasi intatto stretto dentro alla sua coperta di velluto e con la spada in mano
… Appena i muratori provarono a toccargli le mani anulate e la preziosa spada,
le ossa si disunirono e frantumarono trasformandosi in un pugnetto di polvere
confusa … Addio resti del vecchio Doge !
Il Piovano
mortificato “raccolse allora quanto possibile in una cassetta a perpetua
memoria”… Ma nel 1840, quando si volle demolire del tutto la chiesa di
Santa Marina trasformata già da decenni in Osteria,
ci fu tutto un accorrere per accaparrarsi e trafugare marmi e le poche cose
rimaste, compresi i pezzi del Monumento del Doge che stavano
abbandonati in un angolo.
Anche Prè Emmanuele
Lodi messo come Piovano nella vicina grande Basilica
dei Santi Giovanni e Paolo, da dove erano stati cacciati i temibili e
potenti Domenicani Predicatori e Inquisitori: “i Mastini di Dio”,
provò a recuperare e comprare qualcosa. Comprò un’iscrizione e una statua
supina che era stata parte integrante del Monumento del Doge Steno provando
a mettere in piedi nella Basilica un piccolo monumento a sua memoria … Provò
anche a cercare la cassetta con le ceneri del Doge … Niente da fare: era
scomparsa … Si diceva che un muratore attratto dalla bella cassetta “buona
per gli attrezzi” ne avesse scaricato direttamente in canale l’inutile
contenuto ... Un altro pezzo del monumento del Doge Steno: “Le chiavi di
Verona e di Padova” se lo comprò il Canonico Giannantonio
Moschini, che andò a collocarlo in mezzo a mille altri reperti di chiese
scomparse nel chiostro del Seminario alla Madonna della Salute di Venezia… Un ultimo pezzo: “un bassorilievo con la Vergine che stava collocata al
centro dell’urna del Doge Steno” venne infine comprato a buon prezzo dal
Consigliere Giovanni Rossi, che se lo portò a Sant’Andrea
di Barbarana nel Trevigiano dove è visibile ancora oggi.
Così è stato del Doge Michielotto Steno…