#unacuriositàvenezianapervolta
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Una Venezia d'oro ... che però era
ottone
“Bah ?” diceva un giorno scuotendo la testa
perplessa una vecchietta dell’Ospedale, di quelle con mille magàgne eternamente
ricoverate: “Secondo mi el xè oro da Bologna, che nasconde la vergogna ...
El luccica e l’inganna, el sembra bèo, ma el xè solo ottòn.”
L’ho avvertita come una chiosa azzeccatissima sulle cose che
sto leggendo sulla nostra Venezia dell’altro ieri.
Nel 1720 il Segretario del Senato Carlo Alberti del
Ramo di Santa Maria Formosa, mentre se ne stava pomposissimo“vestito
di paonàsso” a sfilare col Doge in Piazza San Marco nel SolenneCorteo della Festa di San Marco venne arrestato clamorosamente
davanti a tutti suscitando immenso clamore e sorpresa … A sua firma era appena stato
inviato lo stesso giorno una comunicazione urgente del Senato a Zorzi Pasqualigo
Provveditore Generale da Mar … e come il solito il Provveditore aveva
dovuto pagare profumatamente per poter ricevere quel dispaccio … In realtà, ogni
dispaccio emesso di continuo dall’Alberti in quanto Segretario del Senato
si traduceva ogni volta in guadagno sonante all’atto della sua ricezione …
Peccato che quella volta il Pasqualigo non riuscì a fare a meno
di pensare: “Ma com’è mai possibile che il Senato si riunisca a
deliberare nei miei riguardi proprio nel giorno di San Marco ? … O è una
faccenda urgentissima della Repubblica … oppure ?”
Infatti … Era la seconda cosa … Il Senato non s’era affatto
riunito, e tanto meno aveva deliberato qualcosa d’importante per il Provveditore
da Mar… Quel dispaccio dal contenuto insignificante, ma pur sempre legato
a dovuto pagamento per poterlo ricevere, era stato emesso falsamente dall’Alberti
per guadagnarci sopra … La bramosia di guadagno del Segretario dei
Pregadi l’aveva ottuso al punto tale da fargli compiere l’inverosimile …
Quell’ennesimo falso prodotto dall’Alberti a seguito di tanti altri, divenne il
motivo della sua rovina.
Scoppiò allora lo scandalo con l’arresto clamoroso durante la
sfilata, e l’Alberti messo con le spalle al muro non riuscì a negare
e giustificare quell’evidenza. Era una di quelle occasioni in cui la “macchina
della Giustizia Veneziana” pareva improvvisamente risvegliarsi
mostrando a tutti la sua temibile efficacia … Il conosciutissimo e prestigioso Cittadino
Originario Alberti venne quindi inquisito prospettando per lui il
peggio: addirittura un’esemplare sentenza di morte spettacolare in Piazza San
Marco.
Senonchè, ed ecco emergere “il modo e lo stile”
reale che adottava più che spesso la Serenissima, insorsero tutte le famiglie
del Clan degli Alberti: ben cinque-sei, che vivevano da tempo immemore
dei ricchi cespiti ed emolumenti elargiti dalla stessa Segreteria Dogale della
Serenissima. Che ne sarebbe stato del loro “Buon Nome” e
del loro “Onore” ? … Si sarebbe dovuto procurare la rovina dell’intero
Casato per la colpa di uno solo ? … Ecco quindi che ogni fatto addebitato
al Segretario Alberti venne industriosamente e velocemente imboscato,
insabbiato e dimenticato … L’Alberti se la cavò con un forzato
esilio a vita “in campagna” subendo la sola destituzione, mentre
figli, nipoti e congiunti scagionati poterono continuare a ricoprire
serenamente i loro ruoli continuando con successo le personali scalate dentro agli
Incarichi Pubblici della Repubblica Serenissima.
Un esempio fra i tanti possibili quello dell’Alberti,
a svelare una Venezia che non riluceva affatto come oro per esemplarità, come
voleva, invece, dare sempre ad intendere a chiunque.
Più o meno nella stessa epoca, il Cancelliere Grande
di turno presentò un curioso quanto sconfortante resoconto al temibile Consiglio
dei Dieci e al Serenissimo Doge circa l’Ordine dei
Segretari: “Solo una piccola parte: un 3% forse, dell’Ordine
Esecutivo dei Segretari si potrà dire serva dedito e con sincera passione la
nostra Repubblica … Il resto ci vive sopra con imperizia e scarso e svogliato
profilo con la sola ambizione di nutrirsi delle risorse del Governo ... Non ci
sarebbe alcuna meraviglia se un giorno venissimo a scoprire che lo stesso
copricapo dorato del Serenissimo sia stato mutato a sua insaputa con un cappello
di carta dipinta.”
Fra un’ilarità e un'altra, ne risultò comunque un Giudizio
severo, e purtroppo realistico, sull’assetto dell’apparato burocratico dello Stato
Marciano-Veneziano ... Quello che in un certo senso si sarebbe dovuto considerare
come “l’Animo più intimo della Repubblica”.
Comunque: da quale pulpito veniva quell’amara osservazione accusatoria
! … Quello stesso Cancelliere Grande percepiva di solito un
salario annuale di 600 ducati versatigli in due rate dallo stesso Consiglio
dei Dieci(il salario base annuale dei Segretari era di solito di
200 ducati), lievitati poi in seguito fino a 900 ducati corrisposti poi dal
Magistrato al Sal… Secondo quali documentati meriti ?
Non s’è mai saputo … Il Cancelliere inoltre aveva diritto al
rimborso dell’affitto per l’abitazione, a un rifornimento di 24 carri di legna
da ardere, al beneficio percentuale della “Casselletta” secondo
il suo ruolo, che gli procurava di solito ulteriori 20 ducati al mese, oltre
alla fornitura di alcuni Capponi, numerosi pani di Zucchero, mazzi di candele,
un sacchetto di polvere da sparo, e perfino copie di Libretti di Musica da
Teatro ... In cambio il Cancelliere era tenuto a concedere “liberalità e
mance” a diversi suoi subalterni, ai Confratelli
della Schole Grandi, e ad alcuni alti Ufficiali dello Stato
nelle ricorrenze delle Festività più importanti della Repubblica Serenissima.
Di sicuro gli rimaneva un buon margine di guadagno per se … tale
da potersi scagliare contro l’inefficienza altrui … Che era veritiera comunque.
Quella del Cancelliere era la punta emergente di un grande
iceberg sommerso, di un sistema “tutto Veneziano” che sussisteva e
si autoalimentava da secoli in Laguna … Era tradizione, che quasi ogni
occasione fornita dal “Pubblico” potesse tradursi in sicura fonte
di guadagno, e distribuzione “d’incerti retributivi” ai soliti pochi
raccomandati, fortunati e furbi addentrati stabilmente a oliare e mungere i
meccanismi dello Stato badando soprattutto ai “propri personali negozi”.
A tal proposito, esisteva a Palazzo Ducale e nelle
Magistrature diRialto un vero e proprio piccolo
esercito di più di 100 persone fra Segretari, Avvocati, Legulei del
Diritto e Notai Ordinari o Extraordinari … Ciascuno beneficiava non
senza frodi e inganni non solo degli “utili” dello Stato, ma
anche di tanti “proventi” e sovvenzioni, comprese le entrate percentuali
provenienti dalla “Casselletta”(tassa sugli Atti Pubblici)
in cui introiti venivano suddivisi fra tutto l’Ordine-Categoria.
Si trattava insomma di una piccola folla che parassitava stabilmente e
sistematicamente la Serenissima occupandosi e distribuendosi in ben 700
incarichi funzionali diversi occupando le stanzucole, i camerini e le secrete
degli organi più importanti dello Stato Veneziano: Senato, Consiglio dei
Dieci, Quarantie, Magistrature: “Un servizio più a se stessi che alla
Repubblica.”
Ancora nel 1722, infatti, lo stesso fortunato Ceto di quella “Nobiltà
subalterna di seconda serie e di Servizio”(solo pochi riuscirono ad
assurgere alla Nobiltà Veneziana vera e propria facendo il salto di qualità)
supplicava di poter allargare ulteriormente la propria prosperosa e riservata Categoria
... I nomi dei vari già ricchi e influenti risultarono tutti segnati nella
Supplica: Businello, Gallo, Giavarina, Nicolosi, Battisti, Fontana, Imberti,
Sanfermo, Lio, Bartolini, Celsi, Giacomazzi, Franceschi, Colombo, Schietti, Antelmi,
Marini, Vignola, Padavin, Crivelli, Marchesini, Ballarin, Zon, Callegari, Soderini,
Cavanis, Verdi, Steffani, Pizzoni, Zuccato, Cavalli, Olivieri e Gobbi…
La Supplica però venne respinta dal Consiglio dei Dieci,
e quella forse fu la fine della loro secolare ascesa.
Scriveva e diceva apertamente Leonardo Formenti
Segretario del Magistrato alle Beccarie fra 1629 e 1647 (giusto
negli anni della Peste della Madonna della Salute), senza farsi scrupolo di
ammetterlo davanti a tutti in Piazza: “Oltre a percepire il mio salario
ricevo ulteriori proventi da Bollettini da Candelle et due Bollettini da Toro,
oltre mill’altre regalie, grossi donativi e vantaggi, che esercitando essa
carica si cava, cioè d’essentioni, d’aggravi di condur nella Città a quelli
Capretti, Vitelli, Porci, et altro di detta natura, et infiniti altri vantaggi
con Beccari nel quotidiano vito per casa.”
Girolamo Alberti Cassier della Bolla Dogale, dichiarò di possedere fino al 1730
una dorata carrozza a quattro cavalli … a Venezia !
Si raccontava ancora in giro per la Storica Città sull’Acqua
che un altro Segretario al seguito dell’Ambasceria di Costantinopoli
s’era indebitato con i Turchi per affari privati tornando poi insolvente
a rifugiarsi in Laguna … I Turchi solitamente poco arrendevoli, se
ne vennero fino in Laguna a batter cassa cercando di riscuotere il dovuto dal
Segretario Dogale ... Che figuraccia fece Venezia con la temibile Porta
Ottomana !
Simon Cavalli Residente Veneziano a Napoli nel 1777, finì coinvolto in un
grosso raggiro-truffa insieme a un avventuriero Dalmata che s’era
impossessato di una grossa somma di denaro a discapito di una Casa
Olandese di Gioielli… Anche in questo caso, gli Olandesi si vollero
rifare con la Serenissima di cui l’uomo era “pubblico rappresentante”.
Più che spesso, Nobili e Cittadini Originari Veneziani
ben foraggiati di personali capitali ci mettevano del proprio per recarsi
all’Estero a rappresentare come Ambasciatori la Repubblica
Serenissima … Era altrettanto vero però, che facevano diventare quelle
Ambascerie dei veri e propri trampolini di lancio per i loro fruttosi privati affari
sfruttando al massimo il supporto dello Stato e il blasone Veneziano.
Tornando a casa nostra in Laguna, talvolta curiosamente capitava
nelle votazioni in Collegio e Pregadi di Palazzo Ducale, che spuntavano
e si conteggiavano “più balòtte del previsto … più numerose dei presenti
riuniti a votare in sala”… Altre volte scomparivano perfino sensibilissimi
dispacci e resoconti politico-commerciali portati a Venezia dalle Ambascerie
rientrate dall’Estero. Si procedeva allora con estemporanee e improvvisate perquisizioni
di tutti i presenti, andando a controllare perfino dentro ai berretti e nelle
fodere delle maniche delle vesti dei Segretari, dei Nobili e dei Mercanti ... e
più di qualche volta si trovava quanto era indebitamente scomparso.
All’inizio di ogni autunno, come d’abitudine: Venezia con i
suoi Nobili e Cittadini si spopolava. Si paralizzava quindi ogni apparato
burocratico e decisionale dello Stato ... C’erano: la Vendemmia, la
Villeggiatura e gli Affari di Campagna da accudire … E la Societas Veneziana ?
… Bah ! … Poteva anche aspettare: “perché l’aria di Campagna corrobora
menti e corpi … e anche la borsa: si sa … Ogni cosa possiede le sue precedenze.”
Molti potenti Senatori poi, con l’arrivo dell’inverno
e della brutta stagione se ne rimanevano rintanati nelle loro Cà-Palazzo per
via del freddo, del buio, dell’acqua alta, delle presunte magagne fisiche ... La
macchina dello Stato Veneziano in attesa che tornasse il tiepido e il bel tempo
rallentava venendo lasciata in mano a pochi volonterosi addetti ai lavori …
Erano presenti a Palazzo: tre, quattro Senatori in tutto a volte: “Quindi
nella brutta stagione tutto procede a sprazzi e a singhiozzo, salvo accadano importanti
ed appetibili novità capaci di calamitare tutti improvvisamente … In certe
occasioni c’è perfino chi si fa portare in barella a Palazzo con Domestico e
Cirusico al seguito ... Se c’è l’opportunità “di mungere e rimediare qualcosa”
non si può assolutamente mancare.”
Ogni tanto nei vari resoconti e controlli previsti per il
buon funzionamento dello Stato Veneziano, spuntavano fuori dove
dovevano non esserci insospettabili figure aggiunte d’impiegati e burocrati
stipendiati profumatamente dallo stesso Stato inconsapevole … Neanche si immaginava
che esistessero certe figure ... Chi li aveva scelti, ballottati, valutati, autorizzati
e collocati là ? … Eppure risultavano … Il Segretario Franceschi del
Consiglio dei Dieci, ad esempio, s’era inventato “d’arbitrio suo”
la figura di un apposito “Portiere del Collegioaddetto a
fornire le balòtte e alcune paroline adatte ai Nobili che entrano per votare.”
... Costui non faceva nient’altro, ed era profumatamente pagato solo per quello
… Risultava poi, che c’era chi incassava il doppio-triplo stipendio ricoprendo
più ruoli contemporaneamente pur essendo assenti e lontani dallo Stato Lagunare
… Non era permesso: ma si faceva lo stesso … A Venezia poi, esisteva un vero e
proprio “mercato della Conservazione delle Scritture” che
redigeva senza sosta e forniva in regime di completo monopolio: copie su copie,
e copia delle copie sulle copie di interi Archivi Alfabetici di Parti, Sommari,
Filze documentarie, Lettere, Decreti, Disposizioni, Licenze su Materie dello
Stato … Ogni cosa veniva poi concessa sia al Pubblico che al Privato
applicando appositi tariffari che si traducevano in pagamento contante e in consenso
politico di parte ... Non esisteva a
Venezia Autorizzazione, Supplica, Concessione o Atto di Nomina che non avesse
un suo apposito prezzo da pagare … Tutti pagavano di continuo: Cavalieri,
Preti, Monaci, Mercanti, Artieri, Forestieri, Dignitari, Popolani … C’erano
in Città Uffici deputati solo a quello: su tutti quello della Bolla
Dogale… C’era anche chi viveva l’obbligatoria contumacia dopo 4 anni d’Incarico
Statale… Semplice: fingeva di lasciare la Carica affittandola in
realtà per un anno a un sostituto prestanome di fiducia … Poi era pronto a
riprendersi la titolarità l’anno seguente per altri 4 anni consecutivi … Gli
affari erano affari ... C’erano Segretari che si vantavano d’aver“servito
lo Stato” nello stesso ruolo per venti-trent’anni consecutivi … E che
merito e prestigio ne ottenevano ! … La Legge Veneziana in realtà prevedeva giusto
l’opposto: proibiva carriere simili.
C’era chi maneggiava, investiva, comprava e vendeva a Venezia
e circondario prendendosi a garanzia lo Stato stesso, impegnando guadagni e
rendite future, anche da 2.000 ducati per volta, prima ancora di averle conseguite
… Un gioco abilissimo di finanze e investimenti sotterranei: “Gira e
volta: il SistemaVeneziano lasciava fare”.
Numerosissime erano le raccomandazioni, i nepotismi, i favori
agli amici degli amici, le fittizie competenze con ricorrenti giochetti di
prestigio e con le finte patenti giuridiche in Diritto
certificate a Padova. Si diceva a Venezia che alcuni s’erano laureati
“alla Nobilisca”, cioè avevano conseguito titoli di studio surrogati
senza vero merito, e riferiti a sole poche ore simboliche di partecipazione in
Ateneo: “Alcune teste sono piene solo di vuota ignoranza ... Vere e
proprie teste da Amolo, messe a dirigere cose di cui neanche conoscono il
significato ... A costoro bastano le rendite del Beneficio.”
Come se non bastasse, il tutto veniva spesso condito anche con
ingerenze e minacce: “Si esigevano privilegi, corresponsioni di viatici, provigioni,
aspettative, sussidi e benefici riservati e disposti anche per figlie, vedove, parentado,
amici, conoscenti e affini.”… C’erano famiglie intere che percepivano
indennità e vitalizi dallo Stato: a volte solo per il fatto d‘essere congiunti con
una figura insigne preposta, o in possesso della documentata Nobiltà
Patrizia o Cittadinesca: “che diventava di per se un diritto a spremere in
qualche modo la Repubblica.”
Nel 1775 circa, ci fu un processo intentato dal Notaio
Rocco Sanfermo su mandato del Consiglio dei Dieci e dell’Avogaria
da Comun contro Giuseppe Mion da Gambarare Oste in Bottenigo
reo d’assassinio. Attorno al processo si mosse una vera e propria piccola folla
che si profuse in un delirio di sovvenzioni, raccomandazioni, presenti e
aggiustamenti offerti a Giudici, Testimoni e coinvolti nella causa ... Il
delitto in se passò in secondo piano, e si finì col far spazio a un eccesso di
abusi, pettegolezzi, prezzolamenti, corruzioni e sovvenzioni che finirono una
volta di più col minare la corretta amministrazione della Giustizia
Veneziana.
A farla breve: un Prete Andrea Zanetti si recò
dall’Oste Mion chiedendogli il rimborso di alcune spese fatte
come intermediario dando regalie di zucchero, caffè e candele “come
liberalità” al Notaio Sanfermo per volgere a suo favore
il processo ... S’intromise poi nella vicenda il Nobile Lorenzo Molin da
San Pantalon conoscente del Gastaldo dell’Oste Mion … Il Nobile Molin
contattò a sua volta un Avvocato dell’Avogaria da Comun collega del
Sanfermo, che insisteva col rimanere in una posizione decisa contro l’Oste
Mion… Sanfermo diede da intendere che ci voleva ben altro … Si sarebbe
dovuto “oliare di più” per fargli cambiare idea … Il Nobile
Molin allora radunò tutti i convolti nella vicenda in una stanza del Magistrato,
e finì con l’accusare pubblicamente il Sanfermo d’essere un
corrotto ... e lì si sbrogliò finalmente la matassa a favore dell’Oste Mion… Regali a iosa quindi, presenti e raccomandazioni che andavano e venivano di
continuo e ad ogni livello, ad indicare un modus essendi et operandi tipico di
certe Categorie Veneziane: “I cani, si sa, non scodinzolano e abbaiano per
puro affetto e a difesa del Padrone ... Più che spesso lo fanno per interessata
fame e tornaconto ... Così è di alcuni Uomini dello Stato Veneziano, che fra
una cosa e l’altra riescono a mettere insieme guadagni cinque-sei volte più del
giusto e necessario ... Ogni occasione a Venezia è buona per guadagnare e
speculare sugli arcani dello Stato … E chi più è abile a farlo: più ottiene ...
Venezia quindi non brilla affatto nelle sue Istituzioni come oro zecchino … Mantiene
una correttezza di facciata, mentre si dedica a spremere la macchina dello
Stato per i propri scopi e arrivismi familiari … La Splendida Serenissima è assimilabile
a una splendida esecuzione orchestrale, con tanti elementi, un grande coro, e
un eclettico Direttore d’Orchestra. Di sicuro sa realizzare interpretazioni di
successo che le procurano grande seguito e consenso, ma allo stesso tempo riesce
a nascondere abilmente sonore stecche, disaccordi e sbavature presenti nelle sue
sontuose esecuzioni … Non è così suggestiva e perfetta l’Opera di Venezia come vorrebbe
far credere ... Tanta apparenza beltà e perfezione spesso riescono a ingannare
occhio e orecchio, ma non potranno mai spacciarsi per ciò che non sono.”
“Da tutto questo emerge una Gloriosa Venezia: Gallinella
dalle uova d’oro … grassa e grossa Mucca da mungere… Ieri come
oggi: una Venezia vanagloriosa e un po’ fasulla, che antepone interessi
personali e di parte a quelli dello Stato e della Societas Veneziana ... Un
gran Circone, un Baraccone da Fiera ricco d’apparenza, una Piazza ricca di
Ciarlatani e affabulatori dediti a rimpinguare le proprie tasche ammaliando i
più, e dimentichi delle esigenze reali dei Veneziani.”
Probabilmente è stato questo più che tutto il resto il vero motivo
del declino e del progressivo indebolimento interno che ha portato l’Illustrissima
Serenissima ad afflosciarsi fra 1600 e 1700, e a capitolare definitivamente nel
1800.
Non a caso si continuava a dire in giro per Venezia: “All’ingresso
della Cancelleria di Palazzo Ducale sono collocate le statue delle Virtù di
Governo della “Fedeltà”, “Diligenza” e “Segretezza”, ma manca la più importante:
quella della “Lealtà” ... Per questo Venezia s’è affacciata alla novità dei
tempi moderni: apatica, inadatta, esausta, retrò, neutralee flessa su se stessa, e soprattutto enfia di ricchezze,
ma floscia nelle Istituzioni, priva d’idee e di sinceri propositi lungimiranti buoni
per il Comune futuro … Una Venezia fragile quindi, un po’ annacquata, mero
spettro di tutto ciò che l'ha resa Grande un tempo.”
Qualcuno probabilmente “mi perdonerà poco” queste
cose che vado dicendo su Venezia, perché vanno ad intaccare e diminuire il
pomposo e nostalgico Mito che diversi hanno in mente di Venezia … La nostra
Città purtroppo non è sempre coincisa con quel gran Mito che si è furbescamente
vagheggiato e creato su di lei … Forse non è mai stata quell’esempio di Virtù,
Civiltà e Perfezione che le si attribuisce … Né tantomeno è stata ed è un
modello da imitare ancora oggi.
Non credo sia giusto, ad esempio, distorcere il senso di
alcuni vecchi documenti raccontando di una Venezia accorta, parsimoniosa,
morigerata che forse non c’è mai stata. Di recente ho visto scrivere e plaudire
a una Serenissima perfettina: tutta sparagnina, attenta ed esemplare, che a Palazzo
Ducale decretava perfino sul buon uso della preziosa carta nei luoghi Segreti
della Cancelleria e nelle Magistrature Politiche di Governo.
Macchè !
Bisogna raccontarla giusta, senza storpiare la verità Storica
delle cose e dei fatti … Il provvedimento sul consumo della carta citato, al pari
di diversi altri come quello sull’uso delle candele nei luoghi dei Segretari e
dei Notai dello Stato, non furono presi affatto con l’intento di un utile e
doveroso risparmio, ma piuttosto per denunciare “garbatamente” e
senza compromettere troppo “i grandi di Venezia”, un persistente abuso
che si faceva a tale proposito. Era più la carta di pregio, e le candele per
illuminare che finivano dirottate in gran quantità nei palazzi privati dei
Veneziani a spese dello Stato, che quelle che venivano utilizzate nel Pubblico
Servizio ... Lo Scansador e Inquisitor delle Spese superflue scriveva
e denunciava a fine luglio 1713, che si consumava lo sproposito di 600 ducati
annui per comprare 10.500 libre di cera trasportate direttamente al domicilio per
l’uso privato dei Segretari: “Lì solo a Palazzo: Sacro Deposito delle
Scritture, dovrà risplendere il lume con la nota Fedeltà di quei Ministri, che
altrove usato oscurerebbe.”
Nella realtà spesso taroccata sulla Venezia di ieri, accadeva
molte volte giusto l’opposto di quanto si vorrebbe far credere e raccontare.
Siamo seri: non raccontiamo frottole … Diciamo le cose così
come sono andate per davvero … Venezia rimarrà comunque Venezia, anche senza raccontare
inutili e adulanti nostalgiche finzioni che di storico non hanno niente.