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Una Venezia d'oro ... che però era ottone

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#unacuriositàvenezianapervolta 334

Una Venezia d'oro ... che però era ottone

“Bah ?” diceva un giorno scuotendo la testa perplessa una vecchietta dell’Ospedale, di quelle con mille magàgne eternamente ricoverate: “Secondo mi el xè oro da Bologna, che nasconde la vergogna ... El luccica e l’inganna, el sembra bèo, ma el xè solo ottòn.”

L’ho avvertita come una chiosa azzeccatissima sulle cose che sto leggendo sulla nostra Venezia dell’altro ieri.

Nel 1720 il Segretario del Senato Carlo Alberti del Ramo di Santa Maria Formosa, mentre se ne stava pomposissimo“vestito di paonàsso” a sfilare col Doge in Piazza San Marco nel SolenneCorteo della Festa di San Marco venne arrestato clamorosamente davanti a tutti suscitando immenso clamore e sorpresa … A sua firma era appena stato inviato lo stesso giorno una comunicazione urgente del Senato a Zorzi Pasqualigo Provveditore Generale da Mar … e come il solito il Provveditore aveva dovuto pagare profumatamente per poter ricevere quel dispaccio … In realtà, ogni dispaccio emesso di continuo dall’Alberti in quanto Segretario del Senato si traduceva ogni volta in guadagno sonante all’atto della sua ricezione … Peccato che quella volta il Pasqualigo non riuscì a fare a meno di pensare: “Ma com’è mai possibile che il Senato si riunisca a deliberare nei miei riguardi proprio nel giorno di San Marco ? … O è una faccenda urgentissima della Repubblica … oppure ?”

Infatti … Era la seconda cosa … Il Senato non s’era affatto riunito, e tanto meno aveva deliberato qualcosa d’importante per il Provveditore da Mar… Quel dispaccio dal contenuto insignificante, ma pur sempre legato a dovuto pagamento per poterlo ricevere, era stato emesso falsamente dall’Alberti per guadagnarci sopra … La bramosia di guadagno del Segretario dei Pregadi l’aveva ottuso al punto tale da fargli compiere l’inverosimile … Quell’ennesimo falso prodotto dall’Alberti a seguito di tanti altri, divenne il motivo della sua rovina.

Scoppiò allora lo scandalo con l’arresto clamoroso durante la sfilata, e l’Alberti messo con le spalle al muro non riuscì a negare e giustificare quell’evidenza. Era una di quelle occasioni in cui la “macchina della Giustizia Veneziana” pareva improvvisamente risvegliarsi mostrando a tutti la sua temibile efficacia … Il conosciutissimo e prestigioso Cittadino Originario Alberti venne quindi inquisito prospettando per lui il peggio: addirittura un’esemplare sentenza di morte spettacolare in Piazza San Marco.

Senonchè, ed ecco emergere “il modo e lo stile” reale che adottava più che spesso la Serenissima, insorsero tutte le famiglie del Clan degli Alberti: ben cinque-sei, che vivevano da tempo immemore dei ricchi cespiti ed emolumenti elargiti dalla stessa Segreteria Dogale della Serenissima. Che ne sarebbe stato del loro “Buon Nome” e del loro “Onore” ? … Si sarebbe dovuto procurare la rovina dell’intero Casato per la colpa di uno solo ? … Ecco quindi che ogni fatto addebitato al Segretario Alberti venne industriosamente e velocemente imboscato, insabbiato e dimenticato … L’Alberti se la cavò con un forzato esilio a vita “in campagna” subendo la sola destituzione, mentre figli, nipoti e congiunti scagionati poterono continuare a ricoprire serenamente i loro ruoli continuando con successo le personali scalate dentro agli Incarichi Pubblici della Repubblica Serenissima.

Un esempio fra i tanti possibili quello dell’Alberti, a svelare una Venezia che non riluceva affatto come oro per esemplarità, come voleva, invece, dare sempre ad intendere a chiunque.

Più o meno nella stessa epoca, il Cancelliere Grande di turno presentò un curioso quanto sconfortante resoconto al temibile Consiglio dei Dieci e al Serenissimo Doge circa l’Ordine dei Segretari: “Solo una piccola parte: un 3% forse, dell’Ordine Esecutivo dei Segretari si potrà dire serva dedito e con sincera passione la nostra Repubblica … Il resto ci vive sopra con imperizia e scarso e svogliato profilo con la sola ambizione di nutrirsi delle risorse del Governo ... Non ci sarebbe alcuna meraviglia se un giorno venissimo a scoprire che lo stesso copricapo dorato del Serenissimo sia stato mutato a sua insaputa con un cappello di carta dipinta.”

Fra un’ilarità e un'altra, ne risultò comunque un Giudizio severo, e purtroppo realistico, sull’assetto dell’apparato burocratico dello Stato Marciano-Veneziano ... Quello che in un certo senso si sarebbe dovuto considerare come “l’Animo più intimo della Repubblica”.

Comunque: da quale pulpito veniva quell’amara osservazione accusatoria ! … Quello stesso Cancelliere Grande percepiva di solito un salario annuale di 600 ducati versatigli in due rate dallo stesso Consiglio dei Dieci(il salario base annuale dei Segretari era di solito di 200 ducati), lievitati poi in seguito fino a 900 ducati corrisposti poi dal Magistrato al Sal… Secondo quali documentati meriti ?

Non s’è mai saputo … Il Cancelliere inoltre aveva diritto al rimborso dell’affitto per l’abitazione, a un rifornimento di 24 carri di legna da ardere, al beneficio percentuale della “Casselletta” secondo il suo ruolo, che gli procurava di solito ulteriori 20 ducati al mese, oltre alla fornitura di alcuni Capponi, numerosi pani di Zucchero, mazzi di candele, un sacchetto di polvere da sparo, e perfino copie di Libretti di Musica da Teatro ... In cambio il Cancelliere era tenuto a concedere “liberalità e mance” a diversi suoi subalterni, ai Confratelli della Schole Grandi, e ad alcuni alti Ufficiali dello Stato nelle ricorrenze delle Festività più importanti della Repubblica Serenissima.

Di sicuro gli rimaneva un buon margine di guadagno per se … tale da potersi scagliare contro l’inefficienza altrui … Che era veritiera comunque.

Quella del Cancelliere era la punta emergente di un grande iceberg sommerso, di un sistema “tutto Veneziano” che sussisteva e si autoalimentava da secoli in Laguna … Era tradizione, che quasi ogni occasione fornita dal “Pubblico” potesse tradursi in sicura fonte di guadagno, e distribuzione “d’incerti retributivi” ai soliti pochi raccomandati, fortunati e furbi addentrati stabilmente a oliare e mungere i meccanismi dello Stato badando soprattutto ai “propri personali negozi”.

A tal proposito, esisteva a Palazzo Ducale e nelle Magistrature diRialto un vero e proprio piccolo esercito di più di 100 persone fra Segretari, Avvocati, Legulei del Diritto e Notai Ordinari o Extraordinari … Ciascuno beneficiava non senza frodi e inganni non solo degli “utili” dello Stato, ma anche di tanti “proventi” e sovvenzioni, comprese le entrate percentuali provenienti dalla “Casselletta”(tassa sugli Atti Pubblici) in cui introiti venivano suddivisi fra tutto l’Ordine-Categoria. Si trattava insomma di una piccola folla che parassitava stabilmente e sistematicamente la Serenissima occupandosi e distribuendosi in ben 700 incarichi funzionali diversi occupando le stanzucole, i camerini e le secrete degli organi più importanti dello Stato Veneziano: Senato, Consiglio dei Dieci, Quarantie, Magistrature: “Un servizio più a se stessi che alla Repubblica.”

Ancora nel 1722, infatti, lo stesso fortunato Ceto di quella “Nobiltà subalterna di seconda serie e di Servizio”(solo pochi riuscirono ad assurgere alla Nobiltà Veneziana vera e propria facendo il salto di qualità) supplicava di poter allargare ulteriormente la propria prosperosa e riservata Categoria ... I nomi dei vari già ricchi e influenti risultarono tutti segnati nella Supplica: Businello, Gallo, Giavarina, Nicolosi, Battisti, Fontana, Imberti, Sanfermo, Lio, Bartolini, Celsi, Giacomazzi, Franceschi, Colombo, Schietti, Antelmi, Marini, Vignola, Padavin, Crivelli, Marchesini, Ballarin, Zon, Callegari, Soderini, Cavanis, Verdi, Steffani, Pizzoni, Zuccato, Cavalli, Olivieri e Gobbi

La Supplica però venne respinta dal Consiglio dei Dieci, e quella forse fu la fine della loro secolare ascesa.

Scriveva e diceva apertamente Leonardo Formenti Segretario del Magistrato alle Beccarie fra 1629 e 1647 (giusto negli anni della Peste della Madonna della Salute), senza farsi scrupolo di ammetterlo davanti a tutti in Piazza: “Oltre a percepire il mio salario ricevo ulteriori proventi da Bollettini da Candelle et due Bollettini da Toro, oltre mill’altre regalie, grossi donativi e vantaggi, che esercitando essa carica si cava, cioè d’essentioni, d’aggravi di condur nella Città a quelli Capretti, Vitelli, Porci, et altro di detta natura, et infiniti altri vantaggi con Beccari nel quotidiano vito per casa.”

Girolamo Alberti Cassier della Bolla Dogale, dichiarò di possedere fino al 1730 una dorata carrozza a quattro cavalli … a Venezia !

Si raccontava ancora in giro per la Storica Città sull’Acqua che un altro Segretario al seguito dell’Ambasceria di Costantinopoli s’era indebitato con i Turchi per affari privati tornando poi insolvente a rifugiarsi in Laguna … I Turchi solitamente poco arrendevoli, se ne vennero fino in Laguna a batter cassa cercando di riscuotere il dovuto dal Segretario Dogale ... Che figuraccia fece Venezia con la temibile Porta Ottomana !

Simon Cavalli Residente Veneziano a Napoli nel 1777, finì coinvolto in un grosso raggiro-truffa insieme a un avventuriero Dalmata che s’era impossessato di una grossa somma di denaro a discapito di una Casa Olandese di Gioielli… Anche in questo caso, gli Olandesi si vollero rifare con la Serenissima di cui l’uomo era “pubblico rappresentante”.

Più che spesso, Nobili e Cittadini Originari Veneziani ben foraggiati di personali capitali ci mettevano del proprio per recarsi all’Estero a rappresentare come Ambasciatori la Repubblica Serenissima … Era altrettanto vero però, che facevano diventare quelle Ambascerie dei veri e propri trampolini di lancio per i loro fruttosi privati affari sfruttando al massimo il supporto dello Stato e il blasone Veneziano.

Tornando a casa nostra in Laguna, talvolta curiosamente capitava nelle votazioni in Collegio e Pregadi di Palazzo Ducale, che spuntavano e si conteggiavano “più balòtte del previsto … più numerose dei presenti riuniti a votare in sala”… Altre volte scomparivano perfino sensibilissimi dispacci e resoconti politico-commerciali portati a Venezia dalle Ambascerie rientrate dall’Estero. Si procedeva allora con estemporanee e improvvisate perquisizioni di tutti i presenti, andando a controllare perfino dentro ai berretti e nelle fodere delle maniche delle vesti dei Segretari, dei Nobili e dei Mercanti ... e più di qualche volta si trovava quanto era indebitamente scomparso.

All’inizio di ogni autunno, come d’abitudine: Venezia con i suoi Nobili e Cittadini si spopolava. Si paralizzava quindi ogni apparato burocratico e decisionale dello Stato ... C’erano: la Vendemmia, la Villeggiatura e gli Affari di Campagna da accudire … E la Societas Veneziana ? … Bah ! … Poteva anche aspettare: “perché l’aria di Campagna corrobora menti e corpi … e anche la borsa: si sa … Ogni cosa possiede le sue precedenze.”

Molti potenti Senatori poi, con l’arrivo dell’inverno e della brutta stagione se ne rimanevano rintanati nelle loro Cà-Palazzo per via del freddo, del buio, dell’acqua alta, delle presunte magagne fisiche ... La macchina dello Stato Veneziano in attesa che tornasse il tiepido e il bel tempo rallentava venendo lasciata in mano a pochi volonterosi addetti ai lavori … Erano presenti a Palazzo: tre, quattro Senatori in tutto a volte: “Quindi nella brutta stagione tutto procede a sprazzi e a singhiozzo, salvo accadano importanti ed appetibili novità capaci di calamitare tutti improvvisamente … In certe occasioni c’è perfino chi si fa portare in barella a Palazzo con Domestico e Cirusico al seguito ... Se c’è l’opportunità “di mungere e rimediare qualcosa” non si può assolutamente mancare.”

Ogni tanto nei vari resoconti e controlli previsti per il buon funzionamento dello Stato Veneziano, spuntavano fuori dove dovevano non esserci insospettabili figure aggiunte d’impiegati e burocrati stipendiati profumatamente dallo stesso Stato inconsapevole … Neanche si immaginava che esistessero certe figure ... Chi li aveva scelti, ballottati, valutati, autorizzati e collocati là ? … Eppure risultavano … Il Segretario Franceschi del Consiglio dei Dieci, ad esempio, s’era inventato “d’arbitrio suo” la figura di un apposito Portiere del Collegioaddetto a fornire le balòtte e alcune paroline adatte ai Nobili che entrano per votare.” ... Costui non faceva nient’altro, ed era profumatamente pagato solo per quello … Risultava poi, che c’era chi incassava il doppio-triplo stipendio ricoprendo più ruoli contemporaneamente pur essendo assenti e lontani dallo Stato Lagunare … Non era permesso: ma si faceva lo stesso … A Venezia poi, esisteva un vero e proprio “mercato della Conservazione delle Scritture” che redigeva senza sosta e forniva in regime di completo monopolio: copie su copie, e copia delle copie sulle copie di interi Archivi Alfabetici di Parti, Sommari, Filze documentarie, Lettere, Decreti, Disposizioni, Licenze su Materie dello Stato … Ogni cosa veniva poi concessa sia al Pubblico che al Privato applicando appositi tariffari che si traducevano in pagamento contante e in consenso politico di parte ...  Non esisteva a Venezia Autorizzazione, Supplica, Concessione o Atto di Nomina che non avesse un suo apposito prezzo da pagare … Tutti pagavano di continuo: Cavalieri, Preti, Monaci, Mercanti, Artieri, Forestieri, Dignitari, Popolani … C’erano in Città Uffici deputati solo a quello: su tutti quello della Bolla Dogale… C’era anche chi viveva l’obbligatoria contumacia dopo 4 anni d’Incarico Statale… Semplice: fingeva di lasciare la Carica affittandola in realtà per un anno a un sostituto prestanome di fiducia … Poi era pronto a riprendersi la titolarità l’anno seguente per altri 4 anni consecutivi … Gli affari erano affari ... C’erano Segretari che si vantavano d’aver“servito lo Stato” nello stesso ruolo per venti-trent’anni consecutivi … E che merito e prestigio ne ottenevano ! … La Legge Veneziana in realtà prevedeva giusto l’opposto: proibiva carriere simili.

C’era chi maneggiava, investiva, comprava e vendeva a Venezia e circondario prendendosi a garanzia lo Stato stesso, impegnando guadagni e rendite future, anche da 2.000 ducati per volta, prima ancora di averle conseguite … Un gioco abilissimo di finanze e investimenti sotterranei: “Gira e volta: il SistemaVeneziano lasciava fare”.

Numerosissime erano le raccomandazioni, i nepotismi, i favori agli amici degli amici, le fittizie competenze con ricorrenti giochetti di prestigio e con le finte patenti giuridiche in Diritto certificate a Padova. Si diceva a Venezia che alcuni s’erano laureati “alla Nobilisca”, cioè avevano conseguito titoli di studio surrogati senza vero merito, e riferiti a sole poche ore simboliche di partecipazione in Ateneo: “Alcune teste sono piene solo di vuota ignoranza ... Vere e proprie teste da Amolo, messe a dirigere cose di cui neanche conoscono il significato ... A costoro bastano le rendite del Beneficio.”

Come se non bastasse, il tutto veniva spesso condito anche con ingerenze e minacce: “Si esigevano privilegi, corresponsioni di viatici, provigioni, aspettative, sussidi e benefici riservati e disposti anche per figlie, vedove, parentado, amici, conoscenti e affini.”… C’erano famiglie intere che percepivano indennità e vitalizi dallo Stato: a volte solo per il fatto d‘essere congiunti con una figura insigne preposta, o in possesso della documentata Nobiltà Patrizia o Cittadinesca: “che diventava di per se un diritto a spremere in qualche modo la Repubblica.”

Nel 1775 circa, ci fu un processo intentato dal Notaio Rocco Sanfermo su mandato del Consiglio dei Dieci e dell’Avogaria da Comun contro Giuseppe Mion da Gambarare Oste in Bottenigo reo d’assassinio. Attorno al processo si mosse una vera e propria piccola folla che si profuse in un delirio di sovvenzioni, raccomandazioni, presenti e aggiustamenti offerti a Giudici, Testimoni e coinvolti nella causa ... Il delitto in se passò in secondo piano, e si finì col far spazio a un eccesso di abusi, pettegolezzi, prezzolamenti, corruzioni e sovvenzioni che finirono una volta di più col minare la corretta amministrazione della Giustizia Veneziana.

A farla breve: un Prete Andrea Zanetti si recò dall’Oste Mion chiedendogli il rimborso di alcune spese fatte come intermediario dando regalie di zucchero, caffè e candele “come liberalità” al Notaio Sanfermo per volgere a suo favore il processo ... S’intromise poi nella vicenda il Nobile Lorenzo Molin da San Pantalon conoscente del Gastaldo dell’Oste Mion … Il Nobile Molin contattò a sua volta un Avvocato dell’Avogaria da Comun collega del Sanfermo, che insisteva col rimanere in una posizione decisa contro l’Oste Mion… Sanfermo diede da intendere che ci voleva ben altro … Si sarebbe dovuto “oliare di più” per fargli cambiare idea … Il Nobile Molin allora radunò tutti i convolti nella vicenda in una stanza del Magistrato, e finì con l’accusare pubblicamente il Sanfermo d’essere un corrotto ... e lì si sbrogliò finalmente la matassa a favore dell’Oste Mion… Regali a iosa quindi, presenti e raccomandazioni che andavano e venivano di continuo e ad ogni livello, ad indicare un modus essendi et operandi tipico di certe Categorie Veneziane: “I cani, si sa, non scodinzolano e abbaiano per puro affetto e a difesa del Padrone ... Più che spesso lo fanno per interessata fame e tornaconto ... Così è di alcuni Uomini dello Stato Veneziano, che fra una cosa e l’altra riescono a mettere insieme guadagni cinque-sei volte più del giusto e necessario ... Ogni occasione a Venezia è buona per guadagnare e speculare sugli arcani dello Stato … E chi più è abile a farlo: più ottiene ... Venezia quindi non brilla affatto nelle sue Istituzioni come oro zecchino … Mantiene una correttezza di facciata, mentre si dedica a spremere la macchina dello Stato per i propri scopi e arrivismi familiari … La Splendida Serenissima è assimilabile a una splendida esecuzione orchestrale, con tanti elementi, un grande coro, e un eclettico Direttore d’Orchestra. Di sicuro sa realizzare interpretazioni di successo che le procurano grande seguito e consenso, ma allo stesso tempo riesce a nascondere abilmente sonore stecche, disaccordi e sbavature presenti nelle sue sontuose esecuzioni … Non è così suggestiva e perfetta l’Opera di Venezia come vorrebbe far credere ... Tanta apparenza beltà e perfezione spesso riescono a ingannare occhio e orecchio, ma non potranno mai spacciarsi per ciò che non sono.”

“Da tutto questo emerge una Gloriosa Venezia: Gallinella dalle uova d’oro … grassa e grossa Mucca da mungere… Ieri come oggi: una Venezia vanagloriosa e un po’ fasulla, che antepone interessi personali e di parte a quelli dello Stato e della Societas Veneziana ... Un gran Circone, un Baraccone da Fiera ricco d’apparenza, una Piazza ricca di Ciarlatani e affabulatori dediti a rimpinguare le proprie tasche ammaliando i più, e dimentichi delle esigenze reali dei Veneziani.”

Probabilmente è stato questo più che tutto il resto il vero motivo del declino e del progressivo indebolimento interno che ha portato l’Illustrissima Serenissima ad afflosciarsi fra 1600 e 1700, e a capitolare definitivamente nel 1800.

Non a caso si continuava a dire in giro per Venezia: “All’ingresso della Cancelleria di Palazzo Ducale sono collocate le statue delle Virtù di Governo della “Fedeltà”, “Diligenza” e “Segretezza”, ma manca la più importante: quella della “Lealtà” ... Per questo Venezia s’è affacciata alla novità dei tempi moderni: apatica, inadatta, esausta, retrò, neutralee flessa su se stessa, e soprattutto enfia di ricchezze, ma floscia nelle Istituzioni, priva d’idee e di sinceri propositi lungimiranti buoni per il Comune futuro … Una Venezia fragile quindi, un po’ annacquata, mero spettro di tutto ciò che l'ha resa Grande un tempo.”

Qualcuno probabilmente “mi perdonerà poco” queste cose che vado dicendo su Venezia, perché vanno ad intaccare e diminuire il pomposo e nostalgico Mito che diversi hanno in mente di Venezia … La nostra Città purtroppo non è sempre coincisa con quel gran Mito che si è furbescamente vagheggiato e creato su di lei … Forse non è mai stata quell’esempio di Virtù, Civiltà e Perfezione che le si attribuisce … Né tantomeno è stata ed è un modello da imitare ancora oggi.

Non credo sia giusto, ad esempio, distorcere il senso di alcuni vecchi documenti raccontando di una Venezia accorta, parsimoniosa, morigerata che forse non c’è mai stata. Di recente ho visto scrivere e plaudire a una Serenissima perfettina: tutta sparagnina, attenta ed esemplare, che a Palazzo Ducale decretava perfino sul buon uso della preziosa carta nei luoghi Segreti della Cancelleria e nelle Magistrature Politiche di Governo.

Macchè !

Bisogna raccontarla giusta, senza storpiare la verità Storica delle cose e dei fatti … Il provvedimento sul consumo della carta citato, al pari di diversi altri come quello sull’uso delle candele nei luoghi dei Segretari e dei Notai dello Stato, non furono presi affatto con l’intento di un utile e doveroso risparmio, ma piuttosto per denunciare “garbatamente” e senza compromettere troppo “i grandi di Venezia”, un persistente abuso che si faceva a tale proposito. Era più la carta di pregio, e le candele per illuminare che finivano dirottate in gran quantità nei palazzi privati dei Veneziani a spese dello Stato, che quelle che venivano utilizzate nel Pubblico Servizio ... Lo Scansador e Inquisitor delle Spese superflue scriveva e denunciava a fine luglio 1713, che si consumava lo sproposito di 600 ducati annui per comprare 10.500 libre di cera trasportate direttamente al domicilio per l’uso privato dei Segretari: “Lì solo a Palazzo: Sacro Deposito delle Scritture, dovrà risplendere il lume con la nota Fedeltà di quei Ministri, che altrove usato oscurerebbe.”

Nella realtà spesso taroccata sulla Venezia di ieri, accadeva molte volte giusto l’opposto di quanto si vorrebbe far credere e raccontare.

Siamo seri: non raccontiamo frottole … Diciamo le cose così come sono andate per davvero … Venezia rimarrà comunque Venezia, anche senza raccontare inutili e adulanti nostalgiche finzioni che di storico non hanno niente.



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