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“1310 fra Storia e Leggenda”

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“1310 fra Storia e Leggenda”

La Congiura di Bajamonte Tiepolo e la“vècia del mortèr”(mortaio)… ma anche altro.

Giorni fa proprio per caso, mi sono trovato intruppato dietro a una minutissima miniguida turistica con l’ombrellino rosso alzato in aria che stava conducendo un nutrito gruppo di clienti lungo l’affollatissima strada delle Mercerie dell’Orologio diretta a Piazza San Marco. Giunti quasi ad affacciarsi sulla famosa Piazza, che già appariva in lontananza oltre l’arco della Torre dei Mori, la guida si stoppò improvvisamente predisponendosi a raccontare. Il gruppo annegato nella calura estiva le si affollò e pigiò immediatamente addosso e attorno, quasi vagoni pesanti di un convoglio merci soggetto a brusca frenata. La non larghissima Calle Veneziana quindi s’intasò del tutto: non si poteva andare nè avanti né indietro … Gli agevolatori del flusso turistico ? Quali ? … Non mi è rimasto che attendere pazientemente … Per cui mi sono messo attento ad ascoltare ed osservare.

In mezzo al pigiato ensamble dei turisti curiosi, come nel mezzo di un’amena aiuola fiorita, ho subito notato evidente un prosperoso donnone  vestito con un gonnellone fiorito largo e lungo fino a terra … In mezzo alla calca e alla confusione i piedi non sono riuscito a distinguerli, ma ho visto l’ampio cappello di paglia a volute aperte che la dondona indossava sulla testa … Pareva un nido di cuculo dove un’artista strambo aveva assemblato insieme rami, frutta e fiori a volontà … A completare la figura: un paio di occhiali pacchiani dorati e luccicanti dalla montatura gotica a finestra quadrata, e un ventaglione di merletto che una mano grassoccia sventolava, anzi: frullava più di un nevrotico ventilatore … Non potevo non notarla … Sembrava la custodia vivente della minuscola e fragile guida turistica che stava ipnotizzando tutti.

La guidina, infatti, pigolò trillante dentro al microfono adeso alla bocca: “Mi sentite vero ? ... Si: giusto ?” ... La crocchia delle teste attorno annuì all’unisono sistemandosi alcuni con cura le cuffiette sugli orecchi. La guidetta allora iniziò ruffiana ed efficace il racconto a smanacciando in aria il suo tablet in direzione di qualcosa ... Aveva un bel modo di dire, simpatico e cordiale, perciò iniziò a raccontare come se si trattasse di una storia che stava accadendo in diretta sotto gli occhi di tutti.

Si trattava della vicenda della “donna del mortèr”: la famosa Giustina o Lucia Rossi, che secondo l’antica Leggenda e Tradizione Veneziana, tirò un mortaio di pietra in testa a uno dei rivoltosi Veneziani guidati da Bajamonte Tiepolo diretti ad attaccare Palazzo Ducale e il Doge Gradenigo nel 1310.

Come indicando i particolari di un moderno games di strategia, la donnina-guida indicò la scena scultorea infissa in alto sul muro, ed esordì: “Alzate la testa in alto: guardate là ! … La vedete vero quella donna in scultura pronta a lanciare il mortaio di pietra ? … Dovete sapere che le donne Veneziane di ogni epoca sono sempre state fiere e particolarmente legate alla loro Patria quasi come con un intenso legame affettivo … Qualche anno fa una Veneziana non ha avuto timore di sventolare il tricolore da una finestra alta della Casa della Marinarezza in faccia al Segretario Bossi dei Leghisti Italiani che stava arringando la folla tutta Verde assiepata sulla Riva dei Sette Martiri … E’ accaduto proprio qui: verso i Giardini di Castello, a qualche centinaio di metri più in là lungo la riva … Fiera delle sue convinzioni politiche, sbandierando e dicendo, la Veneziana è riuscita a catturare l’attenzione del Politico toccandolo sul vivo con i suoi semplici ma efficaci gesti … Il Politico le si è rivolto direttamente dal palco in diretta tv … Ebbene, tanti secoli fa, un’altra donna Veneziana ha fatto proprio qui ben di peggio: ha tentato a modo suo di fermare un assalto destabilizzatore al Potere Locale di allora.  Immaginatevi la scena” continuò ancora a dire ispirata … Anche le Mosche, le Zanzare e i Colombi di passaggio s’erano fermati ad ascoltarla attenti.

“Giusto all’alba del giorno di San Vito: il 14 giugno del 1310, tre gruppi di rivoltosi stavano convergendo facinorosi su Piazza San Marco da tre punti diversi della città ... Un primo gruppo guidato dal Nobile Bajamonte Tiepolo, che tutti a Venezia chiamavano il Gran Cavaliere … E lo era forse, perché Bajamonte Tiepolo oltre ad essere stato Podestà di Ferrara, era anche nipote del Doge Lorenzo, e pronipote del Doge Jacopo … Faceva parte anche del Consiglio dei Quaranta di Venezia: mica robetta … un incarico di valore superiore forse a quello di Senatore ... Vero era, che Bajamonte aveva una specie di macchia sul curriculum: una condanna e una multa per alcune irregolarità che aveva commesso quand’era stato Castellano di Modone e Corone. In ogni modo: poca roba rispetto a ciò che avevano fatto molti altri … Bajamonte era alleato dei Nobili Querini della Cà Granda, che avevano la loro Cà-Palazzo presso le Beccarie di Piazza Rialto … Aveva sposato una figlia di quei Querini … Poi era alleato anche dei Nobili Badoer, Dauro o D’Oro, con i Barozzi, Lombardo, Donà e Pedoni … Tutti insieme formavano una specie di “Partito degli Innovatori”, che intendeva contrapporsi all’oligarchico potere in mano ai vari Nobili Dandolo, Ziani, Steno, Giustiniani, Morosini, Michiel, Moro, Grimani e Memmo guidati dal Doge Gradenigo … Propugnatori dello “Status quo”, erano una specie di Partito dei Conservatori …

Insomma, il gruppo armato di Bajamonte s’era radunato a Rialto, poi aveva passato l’omonimo Ponte levatoio sul Canal Grande, ed era venuto di qua per la stessa strada che abbiamo percorso noi poco fa … Strada facendo, il gruppo esaltato e preso dalla foga di ribaltare tutta Venezia, aveva assaltato gli Uffici delle Magistrature al Formento e alla Pace svuotandone la cassa … Poi filtrando per il Ponte dei Dai e la Contrada di San Zulian, stava ormai per sboccare in Piazza come stiamo facendo noi adesso, passando sotto al Sottoportico che sbuca oggi come ieri sulla Piazza … La Torre dell’Orologio che abbiamo di fronte non c’era ancora in quegli anni, perché è stata costruita circa due secoli dopo quella Congiura ... Una seconda colonna di armati, intanto, stava arrivando da Campo San Luca, o forse lungo la Frezzeria, guidata dal Nobile Marco Querini … Anche loro stavano per imboccare Piazza San Marco; dalla parte di Santa Maria in Brolo proprietà dei Cavalieri Templari Veneziani … Un terzo gruppo di armati di rinforzo, infine, guidato dal Nobile Badoero Badoer, sarebbe dovuto giungere e sbarcare via acqua e Canal Grande arrivando dalla Terraferma di Mestre e dall’entroterra Padovano … Sarebbero scesi lungo il Fiume Brenta e il Sile fino in Laguna ... Il Palazzo Ducale col Doge dentro sarebbe stato quindi preso fra tre fuochi: circondato ... Il Doge Gradenigo aveva le ore contate ormai.”

Strategica pausa di sospensione e d’attesa … La calle pur nel frastuono di metà mattinata, pareva deserta: pendevamo tutti dalla piccole labbra della brava “contaStorie”… Sentivo perfino il respiro di chi mi stava accanto, e a due metri da me c’era il frullante ritmo del vorticoso ventaglio del fiorito donnone.

“Le cose però non andarono come dovevano andare.” riprese a dire la guida facendosi ancora più piccola e parlando sottovoce fin dentro alle cuffiette di quelli del gruppo. “Giunta proprio qua, la prima colonna dei rivoltosi venne presa a sassate e investita da oggetti che i Veneziani incominciarono a tirare giù di sotto dalle finestre di casa ... La donna che abitava qui sopra, tirò di sotto tutto ciò che le capitava per le mani … compreso il pesante “mortèr” per macinare che teneva in cucina … A caso andò a colpire giusto la testa del portabandiera del gruppo che finì stroncato a terra … Altre versioni dicono che venne colpito, invece, il cavallo montato dal portabandiera di Bajamonte, che venne quindi disarcionato e buttato a terra …  Poco cambia: contò l’effetto … Il gruppo preso alla sprovvista andò in confusione, e fu proprio allora che venne assaltato dai soldati del Doge che lo stavano aspettando nascosti nell’ombra delle callette … Il gruppo di Bajamonte ebbe la peggio: venne sbaragliato, e la Giustina Rossi del mortèr lanciato dalla finestra, alla fine venne premiata dai Procuratori de Supra di San Marco ottenendo per sé e per i propri discendenti di poter pagare in perpetuo un affitto calmierato di 15 ducati per la casa e bottega di specchi che abitava ... Il Doge in persona andò ad accordare quella Grazia … Si racconta però, che i Procuratori Veneziani in seguito si comportarono un po’“alla Pinocchio” ….  come fanno a volte i nostri politici, che dicono dicono, ma poi non mantengono le promesse che fanno … Quando un discendente di Giustina tornò a casa dalla guerra combattuta per Venezia, si trovò l’affitto aumentato a sorpresa da 15 a 28 ducati ... La Procuratia de Supra non intendeva sentir ragione: o si mostrava un documento che attestasse quell’antico privilegio, oppure si sarebbe applicato in nuovo affitto aumentato … Il nipote della Giustina fu costretto a rivolgersi al Consiglio dei Dieci, che alla fine, rispettando la Tradizione Veneziana, riportò l’affitto alla quota stabilita dalla Grazia Ducale del 1310.

Tornando ai rivoltosi diretti a Palazzo Ducale … Si racconta anche che sull’intera scena dell’assalto si scatenò un violentissimo temporale che inondò tutta Venezia … Pareva che anche il Cielo fosse contrario a quell’azione di forza, e che volesse a modo suo dar da intendere che Venezia doveva rimanere così com’era … Più del Cielo poterono però gli uomini armati del Doge Gradenigo e dei suoi fedelissimi Nobili Giustinian, Dolfin e Dandolo, coadiuvati per l’occasione anche dagli uomini della Scuola Grande della Carità e dai Confratelli della Scuola dei Pittori … Spuntati fuori in massa da dov’erano appostati, sbaragliarono del tutto entrambe le squadre dei rivoltosi … Anche quella di Marco Querini arrivato per primo in Piazza, venne brutalmente respinta e inseguita fino in Campo San Luca (dove ancora oggi esiste un pennone per issarvi il Gonfalone di San Marco sulla cui base è incisa la data di quell’antica vittoria della Serenissima sui rivoltosi)… Lo stesso Nobile Marco Querini venne ucciso insieme al figlio Benedetto e ai suoi compagni armati … Quelli, invece, della squadra di Bajamonte incastrati qui di sotto vennero vinti, catturati e rinchiusi nelle Prigioni Ducali … Bajamonte con pochi altri riuscì a fuggire … Della terza squadra di supporto, infine, non si ebbero notizie a Venezia … E sapete perché ? … Perché neanche giunsero ad affacciarsi in Laguna ... Gli uomini di Ugolino Giustinian Podestà di Chioggia e quelli del Podestà di Torcello erano appostati sulle foci dei fiumi in Laguna ad aspettarli … Catturarono tutti come pesci nella rete … I rivoltosi riuscirono a vedere Venezia solo da lontano … Il Nobile Badoero Badoer che li guidava venne portato prigioniero a Venezia qualche giorno dopo, e  decapitato, mentre vennero impiccati i suoi complici:  Saggino, Cecco, Giovanni e Gerardo da Este … Giovanni Candidi  … Jacopo da Conegliano … e qualche altro … Il tentativo d’assalto a Palazzo Ducale fu quindi una debacle totale … un colpo di Stato fallito … Probabilmente i congiurati di Bajamonte Tiepolo erano stati traditi … Forse dal Nobile Marco Donà, si disse, desideroso di riprendersi un ruolo di prestigio che aveva di recente perso per colpa di alcune disavventure economiche di suo padre … Insomma: la Repubblica di Venezia in quel giorno di San Vito venne salvata … e tutti gridavano in giro per Venezia: “Viva San Marco ! Viva Venezia col suo Doge !”

Concluse così la guiderella quella parte della sua performance … Come se fosse giunta a raccontare il buon fine di una bella fiaba.

Scoppiò fragoroso, infatti, un caloroso applauso del suo pubblico pagante … I turisti erano di certo entusiasti d’essere venuti a conoscenza di quella curiosa chicca Veneziana … Perfino il “donnone fiorito” chiuse il ventaglio picchiando in aria sonoramente le manine enfie … Sul viso segnato da un bel sorriso, le colava come un velo traslucido di sudore … Poi poco dopo, fu come se il trenone merci fermo sui binari si rimettesse in moto fra spinte e cigolii … Tutti spingendo e verbando proseguirono finalmente oltre accalcandosi sui più lenti e sfiorando i muri …. Infine, quando Dio volle, al suono della campana dei Mori e del mezzogiorno, sempre entusiasti, sfociammo tutti in Piazza San Marco, quasi come un fiume che si allarga e perde nel mare mescendo salato e dolce … e ciascuno si perse di vista andandosene per i fatti suoi.

Ci sono “rimasto un po’ male” qualche tempo dopo, quando ho letto del filonapoleonico Elia Vivante Mussati da Corfù… Fu quelloche fece collocare in muro nel 1861 la lapide creata dallo scultore Lovandiniraffigurante la “donna del mortèr”. Si scriveva di lui, che rievocando, inventando e probabilmente mettendo insieme qualche antico frammento dell’antica Congiura di Bajamonte, abbia voluto così sottolineare la storia della donna per poter valorizzare ulteriormente l’immobile di sua proprietà posto giusto sul formidabile sito della “bòcca di Piazza San Marco” ... Si diceva che dentro alla casa si conservava ancora appeso sulle travi l’originale Gonfalone di San Marco usato ai tempi della furibonda Giustina… Quella casa così piena di storie, insomma, doveva avere un buonissimo valore sul mercato, o perlomeno si poteva trarne un ottimo affitto.

Elia Vivante era l’ultimo di una lunga secolare lista di proprietari dello stabile ... C’erano sparsi in giro almeno una quarantina di persone che beneficiavano di una quota di quell’antico diritto d’affitto fortunato … Alcuni si trovavano a Bassano e Asolo, e nella Terraferma Veneziana, e perfino a Corfù… Quei vecchi 15 Ducati Veneziani del 1310, nel frattempo erano stati tradotti in 54,70 Lire Austriache … In ogni caso il Vivante fu abile nel saper sfruttare e valorizzare l’immagine della Vecchia del Mortèr tratta dalla Tradizione Veneziana: una buona trovata immobiliare degna di un professionista moderno.

Chissà se alla fine la Giustina del mortèrè esistita per davvero ? … Sembrerebbe di si.

Leggendo però le vicende del business sull’appartamento della “vècia del mortèr”, s’è però un po’ spento in me l’attenzione per quell’antica Congiura Veneziana del 1310 … Pensavo: “Chissà quale sarà stata oltre la Leggenda la realtà dei fatti di quell’antica epoca Veneziana del 1310 ? … Davvero il Doge Gradenigo sarà stato il Buon Doge paterno che difendeva a spada tratta la Serenissima con le sue Virtù e Valori dal Lupo Cattivo di Bajamonte Tiepolo che voleva mangiarsela ? Oppure sia l’uno che l’altro erano due despoti, che si contendevano entrambi il primato su Venezia per continuare a spremerla ciascuno a modo proprio ? … Ci sarà stata sul serio la Congiura ? O era una furba strategia architettata per mettere da parte gli avversari politici di allora ?”

In ogni caso c’erano alcuni particolari curiosi di quella vicenda che allo stesso tempo m’incuriosivano e lasciavano perplesso.

Come mai dopo la Congiura, la Serenissima s’era dimostrata così remissiva e clemente verso Bajamonte Tiepolo, che in fondo era il traditore, il capo, e l’ideatore di tutto quel sovvertimento ? … E’ vero: gli confiscarono tutti i beni, gli rasero del tutto al suolo le case che possedeva collocandovi sopra le pietre d’ignominia ... In Campo Sant’Agostin nel Sestiere di San Polo, dove c’era stata la Casa di Bajamonte Tiepolo, venne scritto a monito: De Bajamonte fo questo tereno e mo per lo iniquo tradimento s’è posto in chomun per altrui spavento e per mostrar a tuti sempre seno.” ... Si dice che con i pilastri della demolita Cà Tiepolo si sia fatto il nuovo portale della cadente chiesa di San Vio di Dorsoduro bisognosa di restauri … Cà Querini di Rialto, invece, nel 1339 venne trasformata nello “Stallone”, cioè nel Pubblico Macello, che venne spostato dalla vicina Contrada di San Giovanni Elemosinario ... Furono scalpellati anche i simboli e gli stemmi Nobiliari dei Congiurati immessi sulle facciate in giro per Venezia. Si attuò insomma la damnatio memoriae”su coloro che avevano osato tentare di arginare, rallentare o spegnere il“sogno Veneziano”.

Però … Come mai Bajamonte Tiepolo venne colpito in contumacia con moglie e figli da bando-esilio così blando e morbido ?

Suona insolita la sua condanna di esilio per quattro-cinque anni a Zara in Slavonia(oggi Croazia), dove in realtà il Tiepolo aveva i suoi possedimenti ... Che esilio era ? Se ne andò in villeggiatura ? … Stranamente poi, quella sentenza di bando da Venezia venne approvata da soli 377 Nobili presenti su 900 … Come mai così pochi ? … Poteva significare forse che molti Veneziani Nobili tifavano per lui e la sua “parte” ? … Cioè: non era così alto a Venezia e in Laguna il consenso di cui godeva il Doge Gradenigo col suo partito ?

Solo cinque anni di bando-esilio a Bajamonte, mentre a Paolo: figlio sopravvissuto di Marco Querini ucciso venne imposto il bando perpetuo “a vita” relegandolo in fondo e lontano a Tunisi… Come mai tanta disparità ?

Dalla Schiavonia poi, secondo alcune Cronache, Bajamonte sembrò uscirsene tranquillamente nel 1315 per rifugiarsi a Padova, per ritornarsene di nuovo in Dalmazia ... Secondo altre Cronache: Bajamontese ne rimase a due passi da Venezia: a Mestre e nel Trevigiano, dove continuò a macinare vendetta e a tramare contro la Serenissima alleandosi con i Da Camino di Treviso, i Carraresi, e i Camposampiero… Nel 1325 Bajamonte risultò presente anche a Bologna, dove sembra che riuscì quasi a procurarsi dal Consiglio Cittadino la carica di Guardiano del Popolo… Di lui si disse ancora che andò anche a contrastare con diversi signorotti in Bosnia e Rascia, e che addirittura nel 1328 sia riuscito a idealizzare un nuovo atto rivoluzionario contro la Serenissima appoggiato dagli alleati di sempre, ma senza riuscire a concretizzarlo ... Alla fine si disse che Bajamonte se ne sia tornato liberamente e bel bello in Istria, dove finì i suoi giorni scomparendo come un anonimo fantasma nei meandri della Storia.

Non è un po’ strano tutto questo ?

Non andò nessuno a prenderlo e ammazzarlo ? … Non gli venne mai appioppata alcuna taglia come ricercato: visto che era uno che intendeva abbattere la Repubblica ? … Chissà in quanti avrebbero voluto di certo intascarla ... Una situazione insolita insomma.

Gli altri congiurati: ammazzati tutti … Lui, il capo, il maggior responsabile: lasciato andare ? … Non è strano ?

Alcune voci dicono che in realtà la rivoluzione di BajamonteTiepolo sia stata più massiccia e complessa di quanto si è voluto raccontare. Si dice che non si sia esaurita nel solo giorno dell’assalto a Palazzo, ma che si sia prolungata in città per un’intera settimana supportata dai Mercanti e dagli stessi Veneziani … Sembra che più volte il Doge Gradenigo abbia dovuto insistere e mediare per portare i rivoltosi di Rialto alla resa … Finchè alla fine Bajamonte cedette, e si allontanò da Venezia, mentre a buona parte dei rivoltosi venne concessa la grazia in cambio di un atto di sottomissione al Doge precostituito.

Niente assalto di Palazzo allora ? … Scaramucce politiche e basta ?

Quante perplessità mi rimaneva su quel lontano fatto storico … Poi un giorno mi sono ricreduto. Mi sono imbattuto in un antico documento Veneziano che raccontava di come alla fine dello stesso 1310, cioè giusto nell’immediato della Congiura di Bajamonte Tiepolo, Jacopo Piovano di San Fantin e Vicario Capitolare della Diocesi Veneziana di Olivolo-Castello, che in quel momento era sprovvista del Vescovo, cioè “sede vacante”, entrò in azione. La nota storica raccontava che a conclusione di meticolose indagini, il Vicario Vescovile di Venezia condannò ufficialmente all’esilio diversi Preti Veneziani in quanto risultarono schierati e sostenitore dei congiurati Tiepolo, Badoer e Querini ... Il Vicario caziò e bandì in perpetuo o temporaneamente ben 23 Preti Veneziani: “Un Canonico di Castello venne cacciato da Venezia e dai suoi territori in perpetuo, altri 6 Piovani e altri 5 Preti subirono la stessa sorte venendo presi mentre dicevano Messa sugli altari e condotti in barca così com’erano ai confini della Serenissima. Altri 3 Piovani e 4 Preti e un Diacono, e un Suddiacono finirono espulsi, privati di titoli e beni per due-sei anni …Infine fece confinare a vita in carcere un ennesimo Prete, mentre un ultimo Ecclesiastico lo lasciò alle cure e decisioni del futuro Vescovo di Castello: “Venezia venne pettinata da testa ai piedi perché nessuno ancora potesse osare e sentirsi in grado di tentare di sovvertire la Repubblica dei Veneziani … Si lasciò perdere, invece, il comune popolo piccolo, quei popolani senza testa né parte che avrebbero continuato a dare retta e seguire chiunque avesse proposto loro in qualche modo di risollevarsi dalla fame e dalla nera quotidiana indigenza e miseria.”

Quella volta quindi fu preso molto sul serio a Venezia la questione della Congiura di Bajamonte con i suoi risvolti. Ci si dedicò capillarmente e meticolosamente a ricercare e indagare su ogni forma di complicità e appoggio che si diede al rivoltoso ... E anche le pene inflitte ai Preti conniventi non furono robetta, ma pene esemplari … Quindi dopo quel tentato golpe del 1310 si fecero cadere diverse teste grandi e piccole, e si andò a pizzicare e correggere ogni forma d’opposizione nascosta fra il popolino e nell’anonimato delle Contrade Cittadine e Lagunari … La Congiura di Bajamonte quindi non venne considerata affatto cosa da poco ... anche se rimane oscuro il perché si fu così clementi con lui.

In quel documento poi si è evidenziato ulteriormente anche quel solito immancabile sottobraccio che c’era anche a Venezia fra Civico e Religioso sempre propenso e disponibile a condividere e spartire … ieri come oggi … interessi, benefici, e bracci attivi di potere, e soprattutto: controllo e influenza redditizia sulla formidabile macchina socio-politico-economica Veneziana.

Com’era Venezia in quel lontano 1310 ?

Era traballante in Oriente e sullo scenario Mediterraneo dove doveva destreggiarsi per terra e per mare fra Genovesi, Bizantini e Bande Catalane piratesche, mentre in Patria era reduce da una sconsiderata guerra-sconfitta a Castel Tedaldodi Ferrara.

Ferrara in quegli anni stava in mano all’altrettanto traballante dinastia degli Estensi, con Folco e Francesco D’Este che contrastavano fra loro per la successione ... C’era poi il Papa Clemente V, che pur relegato ad Avignone, non aveva nascosto l’idea di allungare il suo zampino incamerandosi Ferrara a discapito dei Veneziani desiderosi d’espandersi … Ferrara significava molto allora: il controllo sulle saline di Comacchio e Cervia, e soprattutto sulla Via acquea del Po con l’accesso diretto ai mercati della Lombardia, dell’Emilia e dell’Oltralpe … Il Pontefice non s’era fatto alcun scrupolo di scomunicare non solo tutti i Veneziani di ogni classe e ordine, ma perfino chiunque avesse osato commerciare con loro ... Quel gesto significava anche che i Mercanti e i Veneziani che si fossero trovati in giro per il Mondo in città e ambienti filoPapali: sarebbero stati imprigionati e spogliati di ogni merce e risorsa ... Un grosso guaio.

Fatalità … Sapete chi è stato il Comandante Veneziano che consegnò Ferrara al Papa ? … Proprio quel Marco Querini della Cà Granda di Rialto che risultò poi congiurato, coinvolto, e infine ucciso nell’assalto a Palazzo Ducale con Bajamonte Tiepolo… Secondo lui era meglio salvare Venezia dalle ire del Papa consegnandogli la città di Ferrara evitando così un inutile bagno di sangue.

Salvatore della Patria o vile Traditore quel Marco Querini ?

Alla fine i rapporti di Venezia col Papa si ricucirono, sebben col versamento non indifferente al Pontefice di 50.000 fiorini d'oro.

Non doveva in quei giorni scorrere di certo tanto buon umore in Laguna … Ci doveva essere parecchio attrito fra i Partiti Politici Veneziani: fra gli "homines novi"rappresentati daiTiepolo, Badoer, Querini, D'Oro, Barozzi… e “i vecchi”: Gradenigo, Dandolo, Morosini, Michiel e Giustinian dall’altra parte.

Erano anche gli anni immediatamente seguenti alla famosa Serrata del Maggior Consiglio, e all’istituzione dell’Albo d’Oro della Nobiltà. Eventi straordinari, frutto dell’abilità dei“conservatori”, che in quel modo si erano ulteriormente coagulati, rinforzati e affermati ad altissimo livello: all’apice della Repubblica ... Manovre e contromanovre di schieramenti politici … Sembra sia stato per primo il Doge Giovanni Dandolo nel 1286 a proporre di ammettere al Maggior Consiglio solo chi ne avesse già fatto parte in passato, o avesse avuto il padre o altri antenati elevati a quell'onore … Per qualsiasi “estraneo o intruso” poi, sarebbe servita un’apposita approvazione da parte dei vertici stessi dello Stato ... che non la concedevano praticamente mai.

Tira e molla, volta e para, e strucca strucca … Il Doge Gradenigo & C erano riusciti nell’intento di mettere in piedi un nuovo Corpo Elettorale non più di 100, ma di 210 membri allargando così di fatto il consenso per se stessi ... Il nuovo Maggior Consiglio elevò il numero degli eletti in Consiglio da 317 a 502, portandoli poi dopo i fatti del 1310 a 900 membri.

Ovvio quindi che in Città e a Palazzo in quei giorni ci fosse un clima davvero rovente … Si giunse alle mani in Consiglio quando si trattò di associare anche il Conte Doimo di Veglia sostenitore del Doge Gradenigo, ma sgraditissimo a suoi oppositori … Fatalità … il Conte Doimo soffiò il ruolo di Consigliere Dogale giusto a Marco Querini ... E si giunse ancora alle mani in Maggior Consiglio anche tra Marco Morosini Signor di Notte e Pietro Querini che si opponeva d'essere perquisito ... Querini venne condannato e multato dalla Quarantia… Ovvio che i Querini, e quelli con loro, si sentivano offesi, calunniati, sminuiti e discriminati.

La rivolta era nell’aria insomma … Qualcuno di certo pensava che fosse giunto il momento giusto per far saltare l’Ordine Repubblicano costituito sostituendolo con un altro … Venezia poteva magari trasformarsi Nuova Signoria: come andava molto di moda in quell’epoca sia in Europa che in Italia.

Infatti già nel 1299 ci fu un motto rivoluzionario condotto da Marin Bocconio o Bocco o Boccone, di cui le Cronache Veneziane riportano pochissime notizie: “Huomo audace et facinoroso et pronto a ogni scelerità et grande et bel parlador, et che haveva gran seguito et parentado con molti populani grandi.” ... Si sa solo che i 12 capi ribelli traditi con lo stesso Bocconio vennero impiccati giusto nell’anno 1300: 10 anni prima della Congiura di Bajamonte Tiepolo… Stranamente anche i fatti di Bocconio assomigliano molto nella sequenza dei dettagli a quelli di Bajamonte ...  Anche Bocconio & C intendevano assaltare Palazzo Ducale durante una seduta del Maggior Consiglio, uccidere il Doge, e salire al potere confidando su un diffuso appoggio popolare ... Anche in quel caso “la cosa” non riuscì perché qualcuno svelò anticipatamente al Doge il progetto, e anche allora un contingente armato stava ad attendere nell’ombra di Palazzo Ducale, tutti vennero arrestati, e poi vennero presto impiccati “tra le due colonne della Piazzetta”.

Fra i rivoltosi con Bocconio c’erano: Giovanni o Baldovino Rosso, Alessandro Barbuora, Alessandro Baron, Donà Ciera, Gianmaria o Zamaria Dolce, Pietro Erizzo, Dario Falier, Marco Gussoni, Carlo Peghin, Carlo Regio, Girolamo Sabadin, Girolamo Sebalachi, Sabà Zorzan o Sorian, Dario Zuccuol , e altri quaranta complici circa rimasti fuori in attesa d’intervenire dalla Piazzetta … Alla fine scapparono da Venezia, e su tutti nei giorni seguenti cadde la confisca dei beni, e le sentenze di bando perpetuo da ogni confine della Serenissima.

Pochi anni dopo, allora: nel 1310, arrivò il turno di BajamonteTiepolo e compagni secondo le modalità che ormai conoscete bene.

In conclusione: ci fu allora quella rivolta clamorosa e spettacolare o no ? … Bajamonte fu uno sfortunato patriota eroico al grido di “Libertas !” ? … Un uomo-clan con l’intento di salvare il destino della Repubblica dal tiranno Pietro Gradenigo & C ? … O a sua volta ipotetico tiranno di nuovo corso ?  … Non lo sapremo mai del tutto con chiarezza ... Troppo persi nella nebbia del Tempo quei fatti.

Di sicuro nel 1310 la Serenissima creò il temibilissimo Consiglio dei Dieci proprio col compito di vigilare sulla sicurezza dello Stato Veneziano. Inizialmente il Consiglio venne istituito per pochi mesi, poi confermato di anno in anno, e infine dal 1335 trasformato in magistratura permanente della Repubblica ... Qualcosa d’importante e grave di certo accadde a Venezia quella volta per indurre a inventare un Consiglio del genere.

Allo stesso tempo, quella vicenda quasi leggendaria dei rivoltosi è stata per secoli una sorta di input per i Veneziani: una specie di dictat a difesa dello Stato con i suoi ritmi, figure, obiettivi e principi: “Ognuno deve stare al proprio posto a difendere la Repubblica.” poteva essere il messaggio: “I molti bassi devono rimanere piccoli, obbedienti e rispettosi sudditi accaniti sulle bricciole, mentre i pochi grandi devono essere i potenti tutelati che fanno girare la comune baràcca: la grassa vacca da mungere in cambio.”

Ne risulta quindi un’immagine di Venezia sempre intenta a proporsi come: “Stato Solido e Perfetto”, sempre impegnato a combattere contro il proprio alterego-controfigura vestito da “Leggenda nera”.

Infine, com’è tipico della Tradizione Veneziana… Ogni novità e successo veniva infiocchettato con un’atmosfera celebrativa facendolo diventare Ricorrenza FestivaCittadina… Si finiva sempre col mangiare, bere, danzare e far baldoria in compagnia … Anche nel caso della repressione dell’antica Congiura di Bajamonte Tiepolo si iniziò a celebrare per secoli a Venezia la Festività di San Vito del 15 giugno, quando il Doge, sempre eternamente riconoscente per lo scampato pericolo, visitava la chiesa dei Santi Vito e Modesto (San Vio) di Dorsoduro pomposamente addobbata a spese dello Stato, in compagnia dei Confratelli delle Schole Grandi, delle Congregazioni del Clero, e dei Canonici del Capitolo della Cattedrale di San Pietro di Castello ... Un’altra sfilata di Civico e Religioso insieme.


Mi piace la nostra Venezia … Sempre fascinosa ed enigmaticain ogni caso … Sempre lei … che emerge ogni volta con tutta la sua formidabile, intrigante, e mirabile Storia ... La solita bella donna eterea e ammaliante, sempre corteggiata e contesa ... e quasi sempre altrettanto imprendibile ed effimera … Da ammirare comunque: una volta di più.

 

 

 

 


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