#unacuriositàvenezianapervolta
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Venezia 1513: non si immaginava
tanto.
Venezia Serenissima, si sa: era Capitale, Porto di mare …
Accoglieva tutto e tutti, e traboccava di ricchezza e miseria insieme … Insomma:
ogni giorno capitava e sarebbe potuto accadere di tutto in Laguna … Era sempre difficile
sorprendere i Veneziani con qualche novità.
In giro notte e giorno, ieri come oggi, insieme a gente per
bene e volonterosa, c’erano prepotenti, furboni, approfittatori, tagliatabarri
e borsaioli. Ripetevano noiose le Cronache Cittadine: “Frequenti sono i
ladrocini che succedono in Venezia nel 1513: or questa or quella persona vengono
derubate per via, or questa or quella casa svaligiata.”
C’era perfino chi si abbassava a rubare i secchi delle servette
mentre attingevano acqua dal pozzo, chi rubava il vino e la minestra di sotto il
naso alla vecchia appisolata in Campiello, chi la barca ormeggiata in qualche
canale lasciata malauguratamente incustodita in sosta, e chi si serviva degli
abiti appesi ad asciugare in qualche Corte recondita.
I più pensavano che buona parte di quei furti e oltraggi
fossero dovuti a gente bassa del popolino, o a diseredati forestieri miseriosi investiti
senza requie da disgrazia e miseria. Mai si sarebbe pensato che chi era “Lustrissimo”
e aveva tanto o tutto dalla vita, sarebbe stato capace di abbassarsi per prendere
le briciole di chi aveva poco o niente ... E, invece: … sempre ieri come oggi …
anche nel 1513 a Venezia accadde così.
Un giorno, ad esempio, si venne a saper che tre sconosciuti s’erano
presentati a nome del Consiglio dei Dieci a casa di una
cortigiana residente in Contrada di San Leonardo di Cannaregio. Si
fecero aprire la porta dicendole d’avere l’ordine di carcerarla ... E già che c’erano,
entrati in casa abusarono di lei, le tagliarono i capelli che poi finirono per
pochi spiccioli in mano a un “Parrucchetta”, le tolsero gli
anelli dalle dita, e infine se la portarono via per continuare altrove “il
divertimento” ... Cosa forse strana in quella circostanza: mentre erano
in casa, quei loschi individui stilarono un accurato inventario di tutto ciò
che c’era, e poco dopo tornarono a prendersi tutto il bottino.
Ma chi erano ?
Nonostante i Capi Sestiere e di Contrada avessero
a lungo indagato e chiesto scrupolosamente in giro, gli autori di quei delitti
erano rimasti occultati nell’ombra dell’anonimato … Mai soprattutto si sarebbe
pensato di andare a cercarli fra Nobili e Preti.
Invece: stavano proprio là.
Poi finalmente i nomi vennero a galla facendo non poco
clamore: Lorenzo Polani, Sebastiano Bollani, Alessandro Navagero e
Baldassare Molin… C’erano poi un paio di Cittadini: Vincenzo e
Agostino figli di Antonio Mercante da Seta, già emerito Priore
di uno dei Lazzaretti Veneziani … I due venivano sopranominati: “i
Contarini” per via che erano nati da una donna appartenente a quella
Nobilissima Famiglia.
All’inizio sia il Navagero che il Molin
riuscirono a farla franca, ma poi vennero pizzicati con i due fratelli Contarini
in casa di una Prostituta in Contrada di San Marziàl dove
opposero resistenza all’arresto. Subito dopo vennero individuati, catturati e
arrestati anche altri della stessa combriccola: Antonio Dolfin e Marco
figlio naturale del Nobilhomo Domenico Da Lezze, e perfino l’insospettabile
GianMatteo Barbo figlio naturale del rinomato Agostino Canonico
della Cattedrale di Padova… con loro finì nella rete anche qualche
pesce piccolo del Popolo, mentre qualcun altro riuscì a scappare e ad allontanarsi
da Venezia per tempo.
Capiti quel che capiti … I Nobili pensavano d’essere Nobili,
e quindi d’ottenere facilmente Grazia facendo buon conto sul loro
prestigio, e soprattutto sulla loro famosa impunità.
Si andò, invece, a processo durante il quale Sebastiano
Bollani, Girolamo Michiel e Francesco Querini fecero delle significative
rivelazioni su tutto quel mondo sommerso che esisteva nelle Contrade Veneziane
... Servì a ben poco … Ai Giudici e agli
Inquisitori Veneziani sembrava quasi impossibile che quegli uomini fossero così
ben informati su quel genere di fatti, su quel modo di atteggiarsi e vivere, e su
quel mondo così violento e prepotente.
Il Governo della Serenissima… una tantum … non
fece sconti decidendo di dare una lezione esemplare per tutti, Nobili compresi.
Si volle dare ad intendere che di fronte alla Giustizia Veneziana
nessuno poteva ritenersi libero del tutto da obblighi oltre che da diritti.
Martedì 20 settembre 1513 si deliberò su tutti i colpevoli
una sentenza di morte.
E due giorni dopo: il 22 settembre alle tre del pomeriggio nella
Piazzetta di San Marco gremita all’inverosimile di gente, comparvero
accompagnati dai Confratelli incappucciati di Santa Maria della Giustizia,
e dai Frati Confortatori: i Nobili Lorenzo Polani,
Baldassare Molin, Alessandro Navagero e Vincenzo e Agostino Contarini vestiti
tutti di grezza tela nera e ampie berrette in testa da carcerati … Il primo
venne impiccato, mentre tutti gli altri vennero prima uccisi e poi squartati …
Fra loro venne issato e spinto a fatica sul palco del boia anche un Prete
Veneziano“ladroneccio”.
“San Marco sa fare Giustizia !” si proclamò in Piazza mentre un
silenzio di ghiaccio scese sulla macabra scena ammutolendo tutti.
E non fu tutto: il Nobile Agostino Dolfin venne
spedito in esilio a Cipro, mentre Marco Da Lezze,
GianMatteo Barbo, un Donato Prestinaio di mestiere, e un Janoli
da Negroponte Cimadòr: tutti assenti, vennero colpiti da bando in
contumacia.
Fra le altre cose si disse e aggiunse, che venne appeso anche
un cartello nei pressi delle Porte di Palazzo Ducale: “Felice è questo
Stato, e sempre il sia, poiché nelle sue Leggi ed Ordin suoi di Giustizia il
sentir mai non obblia.”