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“El Carnevalètto de Venèssia”.

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“El Carnevalètto de Venèssia”.

Tutti sanno del Carnevale che iniziava con l’Epifania e finiva col mercoledì delle Ceneri della Quaresima… Oggi: si sa … A Venezia la sensazione commerciale del Carnevale viene fatta durare tutto l’anno a scopo economico e turistico: fa business … Non dimentico una Banda Polacca in costume carnevalesco che qualche anno fa suonava entusiasta in pieno luglio con tanto di mascherine e coriandoli in Campo San Rocco … Oggi: Venezia è il Carnevale, la cui atmosfera è spalmata di sicuro su tutti i 365 giorni dell’anno. Nell’intento commerciale si vorrebbe in qualche modo evocare, prolungare e imitare quelle emozioni e sensazioni tipiche della Venezia soprattutto del 1700, fatte di decadente euforia ed instancabile quanto esuberante evasione libertina.

A tal proposito esiste un particolare curioso poco noto ... Esisteva a Venezia la tradizione diffusa di una specie di “piccolo Carnevale anticipato”: un Carnevaletto, che si teneva in Avvento prima di Natale. Dal momento che era assodato che la Quaresima col suo percorso tormentato andava a sfociare nella Pasqua, così si pensava che le strettoie interiori dell’Avvento come Quaresimetta andassero pure loro sobriamente ad aprirsi nelle Festività Natalizie

“Modo exultante prima di Modo Penitente”… Perciò come il Grande Carnevale precedeva le feste primaverili di Pasqua, così si ideò a Venezia un Carnevaletto collocandolo nel calendario immediatamente prima di Natale … Sempre di Carnevale si trattava, e si sa che a Venezia il Carnevale significava un atteggiamento ben preciso ... Far baldoria e festa insomma: abbandonarsi alla spensieratezza leggera, ludica ed edonistica del corpo e dello spirito.

Al confronto, il nostro concetto moderno di Carnevale è abbastanza modesto, liofilizzato rispetto a quanto s’intendeva e viveva un tempo in Laguna e dintorni. Il nostro moderno è un solo un vago bagordare succinto, ben diverso da quanto s’intendeva col Carnescialare a Venezia che si viveva un tempo ... Sembra quasi che i Veneziani di ieri fossero più bravi di noi di oggi nel divertirsi e-d evadere.

Già la parola Carnevale spiega tutto … Il concetto base era quello di: “sprecare e dedicarsi alla carne in abbondanza”, ossia: scialare carne e abbondare col suo consumo … L’idea di “Carne” soggiacente al Carnevale, andava però intesa in tutta la sua completezza ... Per Carne non s’intendeva solo quella da mangiare, ma ben di più: cioè tutto ciò che corrispondeva al godersi la Vita in tutti i suoi aspetti ed espressioni ... Le persone sono fatte di “Carne”, perciò il CarneVale significava dare libero sfogo anche a tutto ciò che era “il meglio del meglio dell’essere al Mondo” … dell’“essere fatti di Carne”.

Poi era ovvio che quel libero sfogo dipendesse molto dalla “scarsèlla” di ciascuno, ma nei Veneziani di ieri questo non è mai stato un problema. Carnevale era per tutti una stagione breve o lunga di benessere e serenità, di libere emozioni e svagatezza, che anticipava nel contenuto anche quelle che erano, ad esempio: “Le delizie della Villeggiatura Estiva”… Carnevale significava: spensieratezza, emancipazione, morigeratezza messa da parte per un poco, abbandono alla risata, al canto, alla danza, alla presa in giro innocente e burlona che coinvolgeva chiunque ... Uomo o donna, bassi o potenti, ricchi o poveri, vecchi o infanti: il Carnevale era di tutti.

Venezia era Maestra in tutto questo perché anche sfruttando la sua struttura urbana labirintica e arcana, sapeva donare quegli spicchi di serenità condivisa e spicciola che di certo allietavano le crudezze spartane di tante epoche ricche di guerre e pestilenze, ristrettezze, lutti e miserie … Il Carnevale nella sua immediatezza popolare, e nella sua capacità coinvolgente a volte semplice, era una specie di contraltare emotivo, un toccasana che andava a supplire a tante fatiche e mestizie dettate dal vivere quotidiano.

“Musica !” quindi: “Che si aprissero le danze e si lasciasse scatenare la Festa Carnescialando anche prima di Natale !”

Serenate, recite, teatrini e cantàde, le commedie recitate o in Musica venivano allestite nei Campi, nei Palazzi, nei numerosi Teatri grandi e piccoli, e nei Parlatoi dei Monasteri. Le Mùneghe, e a volte anche i Nobili, non disdegnavano affatto d’ospitare eventi ... Anzi: aderendo essi stessi allo spirito trasgressivo e liberatorio del Carnevale, si prestavano come attrici e protagonisti eludendo per un po’ l’asfissia della Regola Claustrale del Convento o l’etichetta impettita della presenzialità ufficiale di Palazzo o del ruolo … Carnevale era tutto questo…. Ovviamente ogni volta ne succedevano di tutti i colori, e in quelle circostanze spesso venivano a cadere tante remore tabuistiche, e tante distinzioni e separazioni che contraddistinguevano le categorie sociali.

Spesso nei momenti di Carnevale, i Monasteri Veneziani come certi Palazzi diventavano per consuetudine Luoghi Pubblici, cioè posti aperti di cui potevano servirsi tutti, e Monache, Frati, Monaci, Nobili e Mercanti erano considerati come fornitori benefici di un“servizio sociale”: “quello del divertimento, del spassàrsela, e del godimento dell’incontro in compagnia col màgna e bèvi”.

“A Morte la Morte ! … Almeno a Carnevale !”

Durante il Carnevale e il Carnevaletto Veneziano c’erano gruppi di persone festanti che vagavano per la città, e sostavano notte e giorno senza fretta alle porte, nei canali e nei pressi di Monasteri e Palazzi in attesa che Monache e Signori li coinvolgessero in qualche maniera rifocillandoli ed abbeverandoli gratuitamente aprendo i loro cortili e chiostri dove s’allestiva qualche festa o garanghèllo.

Accadeva proprio dentro a quel particolare pseudoconcetto di servizio e assistenza pubblica, che buona parte delle Monache avessero modo di esagerare nel proporsi e aprirsi, in modo che Veneziani e Forestieri, soprattutto Nobili o Avventurieri ma anche gente comunissima, approfittassero in ogni senso di loro e della loro prospera femminilità.

Durante Carnevale, e quindi anche nei giorni del Carnevaletto si attivava anche il gusto e l’ingegno gastronomico dei Veneziani. Anche la Cucina Veneziana offriva occasione d’ingegnarsi e inventarsi fantasiosamente sfruttando la ricorrenza: “… c’erano le Frittole a San Benedetto, e nel mese di maggio le Frittole con le Erbe, da San Michele: i Maccheroni, le Smergiàsse a Nadàl, e la Polenta ben aggiustàda a Carnevaletto …”

Si diceva ancora a Venezia: “A Carnevaleto se sposa el fioèto, mentre la figlia del contadin se sposa a San Martin ... Sia la bella pùtta Veneziana, che la prospera femmena campagnola deventarà de volta in volta: Sjora Maria de tola.”

E quindi:“Carnevaletto gèra … prima che le Feste de Nadàl prossime se fasèva.”



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