#unacuriositàvenezianapervolta 344
Storiaccia
del 1624 a San Pietro di Castello Contrada del Vescovo di Venezia.
Lo sapete tutti: San Pietro di Castello
si trova ancora oggi in fondo oppure all’inizio di Venezia dalla parte del Lido
e del mare. Era detta anche la Contrada del Vescovo o del
Patriarca, perché risiedeva proprio là il Vescovo di Venezia
con i suoi potentissimi quanto ricchi Canonici. La Basilica
di San Marco un tempo era, invece, semplicemente la Chiesa
Privata del Doge diretta dal suo Primicerio: un Prelato
di sua diretta nomina. Il Primicerio gestiva anche un apposito Seminario
Ducale dove il Doge si creava i suoi Preti Privati “su misura”,
che gestivano anche una serie di Parrocchie limitrofe a San Marco.
Insomma: per secoli è esistita in Laguna
sia una ridotta Venezia Ecclesiastica prettamente di stampo
Dogale, sia una tradizionale Venezia tutta Cristiana Cattolica
legata ai modi e alla giurisdizione del Papa di Roma… Tipicità e
storia di Venezia … Alla fine le “due Venezie” per i Veneziani
finivano per sovrapporsi e confondersi nella normalità quotidiana.
Nel febbraio 1624: giusto negli anni della terribile pestilenza con lo storico quanto sorprendente Voto della Madonna della Salute, accadde nel Sestiere di Castello un grande scandalo con notevole scompiglio. Uno dei tanti direte … Si … Ma stavolta fece molto clamore perché andò a coinvolgere alcune categorie di intoccabili: cioè alcuni Frati e Nobili Veneziani: gente che solitamente era libera di fare un po’ tutto ciò che voleva rimanendo del tutto incontrollata e impunita … Oggi come allora.
Protagonista di tutto fu l’ultracinquantenne Paolo
Zanardi, che da molto tempo era diventato Frate Michele.
Era sempre stato un uomo ambizioso, oltre che vizioso e autentico gaudente. Non
era Veneziano d’origine, ma importato in Laguna da Urgnano di Bergamo
dopo che era diventato Frate Predicatore Domenicano a Milano.
Lo sapete vero ? … I Frati Domenicani
Predicatori erano i famosi “Mastini di Dio”, cioè quelli
che gestivano l’implacabile e feroce Santa Inquisizione.
Frate Zanardi aveva
studiato a lungo nel Convento delle Grazie di Milano, dove aveva
ottenuto “il Brevetto” di Predicatore, Dottore e Lettore in
Teologia e Filosofia … Era un esperto in materia quindi, e con quel titolo
aveva vagabondato in giro per l’Italia prima di approdare a Venezia.
In Laguna aveva pensato che quello doveva essere il trampolino di lancio giusto
per diventare pure lui un prestigioso Inquisitore ... A Bergamo
magari, visto che era impensabile poterlo diventare a Venezia. Aveva fatto di
tutto quindi per mettere in mostra le sue abilità di provetto Confessore ed
esperto in Diritto, e piano piano stava ottenendo la giusta fama che
gli sarebbe servita per ascendere nella gerarchia dei Domenicani
e quindi dell’Inquisizione.
E fin qua … Niente di che: un normale iter da
Frate Domenicano “in servizio” a Venezia nel 1600.
Frate Michele risiedeva
normalmente nel Convento di San Domenico di Castello prospicente l’omonimo
Rio-Canale oggi interrato diventato Via Garibaldi. Sul Ponte che
portava lo stesso nome collegando le due rive, ogni anno a primavera si
bruciavano spettacolarmente tutti i libri eretici scovati e
sequestrati in giro per Venezia durante tutto l’anno … Doveva essere un gesto
di grande monito per tutti … Quel bel falò attirava sempre molti
Veneziani, che erano quindi indotti a riflettere sulle conseguenze del
seguire o no i Precetti della Vera Dottrina della Chiesa.
Che ambiguità ! … e da quale pulpito veniva
quel monito ! … Ma lasciamo perdere.
Quello che inguaiò Frate Zanardi
non fu tanto il suo essere Religioso Domenicano, ma tutto il resto del suo improprio
vivere: “La goccia delle sue malefatte era traboccata dal vaso, e in
tanti a Venezia erano finiti col parlare e straparlare di lui, e di quel suo
modo d’essere vizioso e inopportuno.” …
Si pensò allora che: “Dove ci sono Galline ci saranno anche uova”,
che cioè ci doveva essere una qualche verità dietro a tutto quel spettegolare e
sussurrare incontrollato.
E infatti: c’era.
L’accusa era gravissima: da almeno dieci anni,
Frate Zanardi approfittando del suo ruolo, e soprattutto dello
stato di semplicità e miseria di alcune famiglie della Contrada del
Vescovo di Castello, se ne era resa prossima e ingraziata soprattutto
una alla quale aveva offerto denaro, viveri e regali. Si trattava della
famiglia di Giacomo Bressagio Marangòn nel vicino Arsenale dei Veneziani.
Piano piano Frate Michele aveva circuito le donne della famiglia piegandole ai
suoi desideri corporei prettamente umani. Le donne alla fine avevano ceduto, e s’erano
concesse più volte, e ne erano derivate tante conseguenze.
La ventenne Paolina figlia
del Marangòn (falegname da navi) frequentava da almeno tre anni Frate
Michele incontrandolo nella chiesa di San Pietro di Castello,
ed era rimasta incinta di lui ... Non esistevano dubbi al riguardo. Alla fine Paolina
era finita col partorire d’inverno nel portico di casa sua ... Si sapeva che i
due s’incontravano a ore improbabili soprattutto a casa di Pasquetta:
la Zia di Paolina: “Donna onorata, sposata con figlioli, e brava
cucitrice di panni”… Frate Michele e Paolina andavano a dormire e a peccare
nel grande letto di casa usato da Pasquetta, dai figli, dalla stessa Paolina, e
dalla sorella Marièta ... Il Frate Domenicano a volte dava poi alle
donne un cesto di verdure e dolcetti, o un fiasco di vino per il Marangòn … e aveva
promesso a Paolina una dote qualora avesse avuto un bambino.
Tutti sapevano anche, che lo stesso Frate
Michele aveva avuto rapporti pure con Franceschina:
sorella di Pasquetta… e anche con Marina la Greca:
una vedova che abitava povera in Calle delle Ancore non lontano
da San Marco. Costei aveva perso figli giovanissimi, ed era stata messa a sua
volta incinta dallo stesso Frate. Poi aveva partorito un figlio ... Frate
Michele era andato a trovarla subito dopo il parto, e le aveva parlato
a lungo convincendola ad abbandonare il neonato “alla ruota degli Esposti
della Pietà” sulla Riva del Molo di San Marco.
Il troppo stroppia: “Quel Frate era
davvero un galletto arzillo fuori controllo”.
Frate Michele Zanardi venne quindi invitato
dall’Inquisitore Francesco Guiotti a presentarsi in Giudizio davanti
al Tribunale della Fede per rendere conto del suo scandaloso modo
di vivere.
A proposito: “bòn paròn” anche
quel Frate Francesco GuiottiInquisitore di Venezia:
“Guardando le mele marce ai piedi dell’albero, si capisce da dove sono
cadute”.
L’Inquisitore era diventato tale
solo per consenso Dogale ma senza la dovuta conferma Papale… Si trattava di un fatto molto insolito e sospetto. Si diceva non a torto in
giro, che una sera a cena dal Patrizio Piero Diedo, il Guiotti aveva
avvelenato con un vino adulterato il precedente Inquisitore FratePaolo Canevari. L’Inquisitore
ucciso s’era opposto alla pubblicazione di un libro da parte del Guiotti: “Storia
del Morosini” ... Il nuovo Inquisitore era stato anche denunciato
anonimamente per quel fatto, ma non era accaduto nulla ... Figurarsi ! … Chi
avrebbe mai potuto procedere contro un Nobile e un Inquisitore ?
L’Inquisitore Guiotti comunque convocò
a Processo Frate Michele Zanardi insieme a diversi testimoni che comprovarono
le accuse.
Innanzitutto si presentò furibondo a
testimoniare Giacomo Bressagio: il Marangòn dell’Arsenale,
padre della ventenne Paolina rimasta incinta. Il Marangon davanti
all’Inquisitore gridò di tutto contro Frate Zanardi: “In atto di
Confession ha tirato mia figlia alle sue voglie, havendola ingravidata … Can !
Sassin ! A chi devo credere ? A Martin Lutero forse ?”
Il Marangòn confermò poi che il Frate frequentava
di continuo la sua famiglia da diverso tempo, e che gli aveva fatto un prestito
per aiutarlo. Lui, infatti, aveva anche Vincenzo da mantenere, e
non era per niente facile andare avanti vivendo con la sola paghetta dell’Arsenale.
Il Frate all’inizio era stato davvero una Provvidenza per lui e la sua famiglia
… Paolina portava spesso a casa le elemosine che gli dava Frate Michele,
e la madre non mancava ogni volta di ringraziarlo per strada per quei gesti di
generosa Carità ... Però poi, quello stesso Frate aveva approfittato della sua
fiducia mettendo incinta sua figlia ... Era quindi: un ignobile, da non accettare:
un reprobo da condannare.
Quando Paolina era rimasta
incinta, la madre aveva chiamato il Frate che aveva negato tutto. Le aveva
offerto però uno zecchino in riparazione, e poi da quel momento li aveva ignorati
tutti: “Vi pare che con uno zecchino si possa levare una donna da parte
?”
Si convocò a Processo anche Marièta
sorella di Paolina, che a sua volta aveva avuto in Confessionale corteggiamenti
e profferte di Figliolanza Spirituale da parte dello stesso Frate
Zanardo: “Perdere la verginità è tutta una bagatella ... Il
rapporto carnale non è peccato: commanda Iddio che l’homo andasse con la
donna.” le aveva spiegato il Domenicano ...Stanche di
tutto quel “commercio carnale” e di tutti quegli imbrogli, le
donne erano andate a confessarsi al di là del ponte dai Frati Minini di
San Francesco di Paola.
Verso la fine di febbraio 1624 si convocò allora
in Tribunale anche Pasquetta zia diMarina e Paolina, che
solitamente ospitava il Frate con le sorelle … Da anni anche lei praticava il
Frate come Confessore, e disse d’aver cresciuta Marina vivendo nella
povera casa con lei … Disse anche d’aver ospitato un altro Frate Converso
Giacinto, conosciuto a Chioggia, e trasferitosi poi a Venezia. Era lui
a portare spesso in casa: doni, bussolài, fiaschi di vino, dolci e susine dei
frutteti dei Frati di San Domenico ... Il Converso Giacinto
interpellato, difese comunque ad oltranza l’operato e la figura di Frate
Michele definendolo: “Uomo e Frate ricco di ogni onorabilità”,
e aggiunse che: “Viceversa quelle putte hanno preso una gran brutta
strada dopo che lui s’è trasferito a Roma.”
Pasquetta alla fine non
si schierò dalla parte di nessuno: difese sia Frate Michele che
le donne ... Disse che si fidava delle nipoti, che secondo lei non
facevano del male a nessuno ... Ricordò però che un giorno Frate Michele
s’era presentato all’alba a casa sua da Paolina, e che lei aveva dovuto
portare i bimbi di sotto vestendoli nel portico lasciando la stanza ai due ... Stessa
cosa era accaduta anche con Marièta, e che quando aveva ripreso
il Frate, lui s’era messo a ridere andandosene senza risponderle.
Su Marièta la Greca raccontò che
s’era sposata giovane con un Marinaio Cretese rimanendo presto vedova.
Aveva avuto due figli da lui, che erano entrambi morti in tenera età ... Poi
aveva avuto un terzo figlio dopo alcuni anni che aveva portato alla Pietà
su consiglio di Frate Michele quando aveva saputo che il
padre se n’era andato via per il mondo a cercare fortuna ... I suoi genitori l’avevano
buttata fuori di casa a bastonate ... Non era vero però che Frate Michele
era il padre del figlio di Marina ... Era piuttosto figlio di Gerolamo
De Vecchi: un Bombardiere Veneziano che le aveva promesso
di sposarla, e s’era poi imbarcato su una nave annegando in mare.
Paolina interrogata,
confermò che andava a confessarsi da Frate Michele a Natale, Quaresima,
Pasqua e Assunta … ma che andava anche da altri Padri ... Durante la Quaresima
in chiesa aveva avuto uno strano incontro col Patrizio Piero Diedo
che le aveva suggerito di restituire l’onore a Frate Michele.
Marièta la Greca a sua volta si
presentò pure lei in giudizio dichiarandosi senza figli e non sposata. Riferì
che Frate Michele oltre ad averle proposto la Figliolanza
Spirituale, l’aveva corteggiata spudoratamente chiedendole
espressamente “il suo honore”. Le aveva promesso di sistemarla e
maritarla ... Riferì perfino che il Frate le aveva detto: “Mi ve
maridarò, ve consarò, ve darò un navegante, che niuno se ne accorgerà, et
faremo le nostre cose segrete.”
E anche Frate Zanardi si
presentò a Processo ... Ovviamente si difese negando ogni addebito.
Spudoratamente affermò subito: “E’ statoFrate Alessandro Pegolotto a rendere gravida la ragazza.”…
Peccato che quel Frate era morto da poco.
L’Inquisitore si fece severo … Allora Frate
Zanardi continuò: “Dette putte sono su la mala strada da sette
anni in qua ... Facevano di ogni herba fazzo andando intorno di giorno e di
notte e che tutte doi hanno partorito nell’istesso tempo.”… Confermò poi
d’aver visitato più volte la famiglia del Marangon dell’Arsenale…
Disse che il Carpentiere da Navi gli voleva mostrare una macchina da guerra
dell’Arsenale, e che gli aveva prestato dei soldi: “E’ vero che il
Giovedì Grasso di Carneval ho dato dei soldi a Vincenzino per comprare cose e
pranzare tutti insieme a casa di Marina … Gavèmo magnà fritole e una bòna
galinàzza insieme con le sorelle, che poi dovevano uscire in maschera par
divartirse.”
Poi il Frate si dimostrò possibilista: tutte
quelle accuse che gli erano state rivolte, secondo lui erano state messe
appositamente in scena da alcuni Frati invidiosi: “Frati Diabolici e
senza Coscienza, risentiti e suoi oppositori e nemici, desiderosi
di vendicarsi di lui” … Quelle presentate nei suoi riguardi, erano quindi
solo una serie di malignità, maldicenze e volgari bugie ... Erano stati quei Frati
insinceri a pagare quelle donne per accusarlo affermando tutte quelle cose false.
“Fuori i nomi dei Frati !” vociò l’Inquisitore.
“Può essere statoFrate
Arcangelo, ad esempio,” spiegò Frate Michele:“che non mi ha
permesso di visitare il suo Convento di Padova pieno di Frati Bizzarri … Mi ha
anche minacciato di riempirmi di botte se lo avessi fatto convocare a Venezia
... Oppure possono essere stati:Frate Remigio e Frate Annibale,
che hoprocessato e condannato da qualche tempo … Potrebbe essere
stato anche Padre Eliseo dei nostri stessi Domenicani, che non è stato
riconosciuto idoneo alla Confessione dal Consiglio dei Padri del Convento di
San Domenico, e gli è stato negato il Sotto Priorato di Bologna per colpa dei
suoi difetti e mancamenti ... Forse avrà dato a me la colpa della sua
bocciatura, e vorrà vendicarsi.”
Frate Eliseo venne
perciò convocato. Il Padre Domenicano precisò subito che non c’era mai stato “alcun
disgusto” fra lui e Frate Michele … Disse poi d’aver ricevuto lo sfogo
della famiglia Bressagio, e di averli condotti a San
Zaccaria per parlare col Padre Provinciale Lattanzio da Cremona,
che venne informato dei fatti: “Quella di Frate Michele è un vero e
proprio peccato di Sollecitazio a turpis in Confessionale … Quindi non si può perdonarglielo
facilmente.” ... Disse ancora che era di pubblico dominio che Frate
Michele aveva intessuto rapporti intimi con Marièta la Grega
... Tutti sapevano che quella donna andava fin troppo spesso a confessarsi da Frà
Michele, così come si diceva che ci fossero da tempo fra loro sia
rapporti sessuali che figli:“Certe verità sono ineludibili: non riescono
a rimanere nascoste.”
Frate Michele continuò a
spiegare: che forse aveva avuto un effetto equivoco l’aver offerto un zecchino
alla famiglia del Carpentiere: “Quella liberalità credo che
facesse prendere ardire maggiore alla madre di farmi per timore di non essere
macchiato il mio onore contribuire maggiore quantità di denari. Vi prego
invocando la Santa Trinità e la Giustizia non lasciatemi arrivare a Pasqua se
dico il falso.”
Era evidente che Frate Michele era
parecchio furbo e avveduto ... Era anche ben informato ed esperto nel Diritto
Canonico Ecclesiastico. Davanti all’Inquisitore, infatti, non mancò di
precisare che lui non aveva eventualmente peccato in Confessionale e in chiesa,
ma bensì: fuori … Quindi non c’era stata alcuna “Sollecitatio a turpis in
Confessionale” condannabile dal Diritto della Chiesa Cattolica
... Poteva sembrare una sottigliezza, una distinzione da poco, ma non lo era
affatto per il Diritto Ecclesiastico… In realtà: cambiava tutto
… Non avendo intaccato il Sacramento nel momento del Confessionale,
era come se non fosse accaduto niente ... Lui era innocente e intoccabile quindi
… Per il Diritto Canonico il peccato e la colpa di Frate Michele
non esistevano.
Che malefico ! … E che schifo !
Nel successivo settembre si presentarono a Processo
a difesa di Frate Michele: due suoi Confratelli Domenicani.
Uno era Domenico Donatelli del Convento di San Pietro dell’Isola di
Murano. A suo tempo era stato assiduo frequentatore entusiasta delle
lezioni di Frate Michele quando insegnava a Cremona ... Fatalità: l’anno
seguente venne chiamato a processo anche lui dall’Inquisizione con la stessa
accusa di “Sollecitatio a turpis in Confessionale”… Ma non
se ne fece niente.
Frate Domenico Donatelli spiegò che non
solo aveva accompagnato di persona FrateZanardi a
casa dei miseri Bressagiodi Castello, ma che s’era
anche incontrato a cena a Murano con lui e un paio di Nobilissimi
Veneziani… Che si facesse attenzione quindi ! C’era di mezzo anche
l’onore di alcuni Nobili Veneziani del calibro di Pietro Diedo e Zaccaria
Priuli… In quella cena s’era convenuto circa l’abituale disonestà di
certe donne Veneziane. Si era fatto espressamente il nome di: “do belle
puttanelle”, cioè Paolina e Marièta, che per mestiere s’intrattenevano
solitamente di notte con diversi uomini … C’era quindi ben poco da aggiungere a
difesa di Frate Michele, la realtà dei fatti era evidente: le due donne
intendevano adescare e abbindolare Frati e Uomini .... Erano loro le vere“colpevoli in turpitudini” della situazione, non l’onorabile Padre
Michele: “Quelle femmine son tutte puttane !”
L’altro Confratello a favore di Frà Michele
era Frate Giovanni Antonio Silvestri: il Priore dello
stesso Convento di San Domenico di Castello in cui risiedevano
entrambi. Costui ribadì innanzitutto: “Frate Zanardiè un Religioso
zelante, di vita casta, e di costumi Religiosi esemplari” … Poi il
Priore, già che c’era, aggiunse che: “Viceversa tutti ritengono che quelle
due sorelle Marièta e Paolina non siano affatto donzelle illibate, ma chevadano la notte a sollazzo da questo e da quell’altro.”… Aggiunse
ancora, che stava provando ad escogitare un modo per mettere a tacere tutto
quel clamore inutile che era sorto fra il Carpentiere dell’Arsenale e Frate
Michele. Disse d’aver offerto alla Famiglia Bresaggio dei
manicotti di seta ottenuti in pegno nel Ghetto, un fiasco di vino, ravioli, e
10 zecchini … Li aveva poi incontrati in Piazza San Marco, e il Marangone
Bressagio con la moglie Angela s’erano accordati con lui per la cifra
di 20 zecchini … S’erano così dimostrati disponibili e soffocare e nascondere
tutto quell’uggioso scandalo ... La figlia Paolina avrebbe dovuto
giurare davanti a tutti in chiesa di San Domenico la notte di Natale dicendo: “Prego
Iddio Benedetto che in luogo di detto comunichino mi entri un demonio in corpo,
se altri invece che il detto Padre mi ha tolto la verginità e reso madre.”
Frate Michele ne sarebbe uscito pulito, e la
famiglia Bressagio avrebbe avuto la sua parte… Paolina però aveva
rifiutato di giurare in chiesa, ma aveva accettato di firmare almeno la lettera
che assolveva Frate Michele ... Si stava quindi andando verso una
buona soluzione dell’inquietante fatto.
Si venne a sapere in seguito, che anche i Nobili
Zaccaria Priuli, Piero Diedo e Marco Antonio Minotto s’erano presentati
a casa del Marangon Bressagio dicendo d’essere a conoscenza di
tutte le carte del processo. Davanti a loro la Moglie accusò apertamente Frate Michele:
“d’aver deflorato le figlie considerandolo un furbo da non perdonare”… I Nobili allora avevano scosso la testa perplessi invitando Paolina
a ritrattare le accuse contro Frate Michele: la colpa di tutto quell’imbroglio sarebbe
stata attribuita a un amante di Paolina, che erano certi si
sarebbe presentato a testimoniare sotto giuramento ... L’avrebbero pagato loro …
C’era da aggiungere poi, che Fra Michele si trovava fuori Venezia
quando lei era stata messa incinta: non poteva quindi essere stato lui.
Madre e figlia non si erano arrese: non
volevano ritrattare … Perciò i Nobili se n’erano andati
minacciandole di stare ben attente a ciò che avrebbero detto e fatto … Erano andati
poi a far visita anche a Pasquetta, che a sua volta s’era
risentita, e non aveva ritrattato le accuse verso Frate Michele.
In definitiva: ci fu una grande confusione e
incertezza a Processo … Nell’insieme si capì subito che si stava allestendo
una gran farsa. Erano emerse diverse contraddizioni, ma si stavano trovando
mille pretesti per poter svicolare e insabbiare tutta la faccenda. Frate Michele e i Nobili Veneziani
ne sarebbero usciti a testa alta e probabilmente indenni.
Come andò a finire ?
A Venezia non venne emessa alcuna Sentenza
contro Frate Michele, protetto com’era dall’influente Alto Patriziato
e da alcuni Senatori Veneziani… Frate Zanardi era un vero e
proprio intoccabile ... Fece ricorso quindi alla Congregazione Romana,
che subito lo accolse a Roma, dove venne imprigionato e interrogato
lungamente.
E poi ?
E poi: niente … Dopo qualche tempo, lo stesso Frate
Michele Zanardi rispuntò indenne e riabilitato nel Convento
Domenicano di Santa Maria delle Grazie di Milano dove non solo si mise
a insegnare: Teologia, Logica, Fisica, Matematica e Filosofia, ma
perfino si mise a sostenere pubblicamente tesi eterodosse circa
la pratica del sesso e la Castità da parte dei Religiosi … Morì a settantun
anni: nel 1642, dopo esser sopravvissuto a ben due epidemie di Peste.
Che brutta storia Veneziana ! … Anzi: che
schifo !
Si trattò di una delle tante vicende che
accadevano di solito in quell’epoca, e non solo a Venezia. I confini fra lecito
e non lecito, fra Ecclesiastico e veramente Religioso ed Etico erano non dico
labili, ma labilissimi, per non dire spesso volutamente persi e ignorati: “Ecclesia
sempre eadem et emendandam et riformandam est”.
“La Chiesa” mi ha
ribadito personalmente a suo tempo un amabilissimo Patriarca col quale ho avuto
la fortuna di vivere:“in fondo è sempre stata fatta da poveri uomini …
che hanno sopravvissuto spesso alle loro stesse meschinità ... Dipende da Dio
la Chiesa: non dagli uomini … e per fortuna.”
O forse: anche no ?