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Sotto il Cielo di Venezia ... a inizio 1400.

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#unacuriositàvenezianapervolta 345

Sotto il Cielo di Venezia ... a inizio 1400.

A inizio maggio 1403, Giovanni da Spalato, che di professione faceva il “Tiratore di funi”… cioè per tutti: un volgare vagabondo, venne arrestato a Venezia perché imputato di furto. Era stato sorpreso a rubare nella “Barca per Padova” sulla quale stava lavorando ...

Beh ? … Lavorando ? … più o meno … a modo suo.

Vittima del furto era stato Matteo Marinèr da Modrusia, che era stato derubato mentre stava viaggiando in barca di 7 Ducati, cioè di 32,9 Soldi di piccoli.

Il 10 dello stesso mese del 1403, venne processato anche Benedetto di Bernardo: un Fiorentino “trapiantato a Venezia” nella Contrada dei Santi Apostoli a Cannaregio. Da almeno otto mesi era colpevole con altri Fiorentini residenti nella stessa Contrada di recare danni e guastare in giro per la Città … Era ora di finirla … Suoi complici erano: l’inserviente Paolo di Angeloe il servitore Giovanni, che ebbero la fortuna di non finire sotto processo. Complice era anche Nicola Beco: altro Fiorentino, che fungeva sempre da intermediario e ricettatore … Non venne processato neanche lui. La combriccola comunque s’eradata ben da fare in Città. Era accusata di numerosi furti a scapito delle chiese Veneziane. La refurtiva consisteva in almeno 20 calici da Messa rubati, che venivano poi smontati e rivenduti a pezzi al miglior offerente ... Vittime riconosciute erano state: Santa Maria della Carità nel Sestiere di Dorsoduro, derubata di uncalice dalla Sacrestia; e San Pantalon nello stesso Sestiere, dove si furtarono altri duecalici dalla Sacrestia.

Stessa sorte era accaduta a San Zaccaria delle Monache Benedettine dall’altra parte di Venezia nel Sestiere di Castello. Lì era spariti duecalici dalla Sacrestia; e altri due scomparvero a San Bartolomeo e a Sant’Antonio di Castello ... sempre dalle Sacrestie lasciate incustodite. I ladri non risparmiarono neanche la chiesa di San Pietro nella Contrada del Vescovo di Castello, dove prelevarono tre calici … sempre dalla Sacrestia non custodita abbastanza.

Nel Sestiere di San Polo e dell’Emporio Realtino, invece, fu vittima del furto di un ulteriore calice la chiesa Sant’Agostin(sottratto dalla Sacrestia ovviamente); e anche San Giacometto di Rialto venne alleggerita di altri due calici ... dalla Sacrestia.

Sapete dov’era il Sacrestano: il Nònzolo Custode che doveva vigilare ?

In Osteria ovviamente “a innaffiarsi un poco il bècco”.

Non venne risparmiata neanche la chiesa di San Bartolomeo di Rialto, appena giù dall’omonimo Ponte. Anche lì i Fiorentini s’appropriarono di due calici dalla Sacrestia come fecero anche a San Giovanni Evangelista: la chiesa dell’omonima famosa Schola Grande vicina ai Frari. Lì il bottino fu di un solocalice … dalla Sacrestia, dove il custode semplicemente: non c’era.

Lungo le Mercerie del centralissimo Sestiere di San Marco poi: a San Salvador precisamente, venne rubato un altrocalice dalla Sacrestia; mentre nella Basilica Dogale di San Marco, dove la Sacrestia stavolta era per fortuna ben guardata, i ladri dovettero accontentarsi di sottrarre solo “un candelòtto di buon peso e valore”.

Stessa cosa rubarono anche a Santo Stefano: dove ipesanti candelòtti preziosi e decorati da Processione scomparsi furono due.

Procedendo con le accuse, andò bene ai ladri anche la visita alla chiesa di San Biagio sulla Riva degli Schiavoni lungo il Molo di San Marco. Dalla chiesuola affacciata sul Porto Veneziano si portarono via l’ennesimo calice d’oro, e già che c’erano s’intrufolarono nella vicina Locanda alla Serpedov’era ospitata in quei giorni la comitiva del seguito dell’Imperatore di Costantinopoliin visita a Venezia … I loschi Fiorentini riuscirono ad arraffare una patena d’argento di notevole valore.

La chiacchierata e fastidiosa storia dei ladri Fiorentini si concluse a San Cristoforo di Cannaregio: conosciuta come la chiesa della Madonna dell’Orto. Lì i ladri furono scoperti in fragranza di reato, e inseguiti lungo la Fondamenta di Cannaregio. In chiesa s’erano impossessati di una Croce e di una Corona della Madonna che ritenevano fossero d’argento. Li buttarono in canale quando capirono che non lo erano affatto … Ma non bastò. Finirono nelle braccia solide di un paio di Veneziani volonterosi della Contrada, che con un paio di strattoni ben dati, e una a delicata “mazocàda” in testa, misero fine all’improvvida fuga dei Fiorentini.

 

Il 25 maggio ancora, in Corte di Cà Michiel dove Andrea Slavòn vendeva “ràscia”(tessuto lana grossolana), venne truffato di 48 Lire da Angelino: un vagabondo proveniente da Costanza in Allemagna, che era un fetente “trabutadòr”(imbroglione) per attitudine. Era stato aiutato da Enrico Sarto, che gli fece da complice. Tedesco pure lui, gli andò bene perché non venne processato. In realtà era stato lui a sottrarre materialmente il denaro al malcapitato, mentre il compare Angelino lo teneva impegnato in mille chiacchiere provando a cambiare alcuni Ducati.

Meno di un mese dopo, venne imputata stavolta anche Margherita Bossina: schiava di Giorgio da Scutari.

La donna s’era data parecchio da fare alleggerendo Margherita da Treviso che risiedeva nel palazzo dei Nobili Michiel di San Luca. Riuscì a portarle via 18 Ducati, cioè 84.6 soldi di piccoli. In precedenza la stessa donna aveva derubato anche un’altra persona. Disse d’averlo fatto perché le servivano soldi per fuggire dalla casa del padrone insieme a un certo “Francigena” di Cà Corner, di cui s’era innamorata, e che aveva ormai “conosciuto carnaliter” ... Scoperta dalla stessa derubata, Margherita le aveva restituito il maltolto, ma era stata denunciata ugualmente.

Nei mesi precedenti d’inizio primavera erano accadute altri due fatti a Venezia ... A inizio aprile era stato arrestato Nicola di Filippo da Messina, che lavorava da Bottaio in Contrada di San Cassian di Rialtoin Calle dei Bottèri. Dopo un paio di tratti di corda ben dati, non ebbe alcuna difficoltà nell’ammettere dell’essere stato protagonista di ben tre furti. Aveva rubato denaro e oggetti per 16 Ducati dalla bottega di Ugolino Mastro Bottaio da Segna suo datore di lavoro, e aveva sottratto una “vèra” (anello) del valore di 1 Ducato a una Serva dello stesso Padrone. L’anello l’aveva dato poi a una Prostituta delle Carampane di Rialto come ricompensa per i suoi buoni servizi. S’era impossessato anche di un “carnarollo” di cuoio con dentro altri 24 soldi di piccoli … La Serenissima “con i suoi modi efficaci” lo indusse a ricredersi presto e definitivamente sulla bontà del suo modo d’agire e comportarsi.

Avrà imparato la lezione ? … Forse: si … ma non si sa ... Scomparve dalla Cronache Veneziane.

 

A inizio marzo, invece, sempre a Venezia, era stato pizzicato Boccassino da Ragusa: borseggiatore e vagabondo. S’era appropriato di 72,5 Lire di piccoli: “Erano solo: 59 lire e 4 soldi !” ammise e precisò durante il consueto ed efficace interrogatorio … Lo liberarono allora dal “tiro di corda”… Purchè non si continuasse ancora “col trattamento”, ammise anche d’aver scippato alcune donne al Mercato di Piazza San Marco con la complicità di Pino da Trau, che però rimase impunito e non venne convocato in Giudizio. Le vittime erano state: Donata col marito Andrea(morto in seguito): entrambi da Lucca, a cui aveva preso 1 Ducato, 3 Lire e 1 Mezzanino ... Aveva derubato anche Caterina dalla Contrada di Sant’Antonin di Castello, moglie del defunto Paolo Travasadòr, alla quale aveva preso 2 borse con dentro 12 Lire … Anche a una Venditrice di Galline di Rialto ammise d’aver sottratto una borsa con dentro: 7 Lire e una radice di Gengiovo ... Ammise di tutto e di più purchè la smettessero “col tormento”… Era stato lui a derubare Antonio Venditore di Legne da Murano al quale aveva sottratto una borsa con 20 Lire … Aveva derubato di 1 Genovino d’oro, di 1 Ducato, e di monete per 17 Lire di piccoli anche Vittore Maso Oste del Cavalletto vicino a San Marco … Bocassino non s’era fatto scrupolo neanche di borseggiare la poveràzza Lucia Tessitrice, che viveva chiedendo elemosina sulla porta della chiesa di San Marco.

Fu proprio là che Boccassino venne catturato da un energico Custode della Chiesa Ducale, che lo bloccò mentre stava ancora contando i soldi che aveva rubato in giro.

Quante Storie ! … Venezia non era affatto nuova ad episodi del genere … Anzi: era quasi normalità che accadessero ogni giorno fra una Contrada e l’altra. Venezia era cosmopolita, porto di mare, Capitale che calamitava tanti e s’apriva a tutto e tutti … Si prestava quindi anche ad ogni specie di espedienti messi in atto per guadagnare, o più che spesso per sopravvivere.

Pensate ! … In quegli anni si quantificavano presenti a Venezia almeno 27.000 miserabili poveri questuanti sempre all’opera ad ogni ora del giorno e della notte … In realtà dovevano essere molti di più, e i Piovanidelle Contrade stilavano lunghe liste dei bisognosi della propria Parrocchia, nonché un'altra apposita lista separata in cui segnavano la presenza di “miserabili forèsti importati in Città”.

Per raccontarne ancora un paio a conferma di tutto questo, dopo metà novembre 1401, venne arrestato Bartolomeo Furnarèlo: un altro vagabondo capitato a Venezia proveniente da Padova. Era recidivo l’ometto, in quanto già in precedenza era stato preso e frustato dai Signori di Notte per un altro furto … Evidentemente non era stato corretto a sufficienza. Stavolta, dopo un’opportuna “pettinata”, s’era “messo a cantare come un galletto di prima mattina”… Si affrettò a spiegare che aveva messo in atto un paio di furti. Prima aveva derubato il Bergamasco Ambrogio, che lavorava da Bastàzo (Facchino) in Contrada di San Mattio di Rialto. Poi aveva rapinato Zanino Zanassi della Contrada di Santa Croce, al quale aveva preso vari oggetti, e alcuni panni del valore di 5 Ducati e 1/2.

In precedenza, a inizio autunno dello stesso 1401, si arrestò e inquisì a Venezia anche Paolo De Leazaris di Giovanni… Costui proveniente da Reggio, era un vagabondo che andava in giro vestito da militare … Interrogato, disse d’essere un Chierico ordinato a Ferrara, e che quindi non poteva essere inquisito in quanto era un Ecclesiastico ... Giunto a Venezia da Rimini 20 giorni prima, aveva derubato Marta Venditrice di Panni nella sua bottega a San Moisè presso le Case dei Procuratori. Le aveva sottratto due anelli del valore di 11 Ducati, che aveva poi provato a piazzare fuori da Venezia: a Padova. Lì gli anelli gli furono comprati da un Fiorentino per 26 lire di piccoli ... Fu proprio a Padova che il De Leazaris venne scoperto e imprigionato.

A seguire, la Serenissima incaricò Giovanni Boldù Capitano di Piazza di andare fino a Ferrara per verificare se per davvero il De Leazaris fosse stato un Prete o qualcosa del genere … Di tracce non se ne trovarono, e quindi il De Leazaris venne processato appioppandogli la pena che meritava.

Briciole di notizie di una Venezia spicciola che fu sotto il cielo lagunare … Poche briciole d’accadimenti colti a caso fra i tantissimi, che quasi tempestano e punteggiano all’infinito la curiosissima Storia di Venezia.

 


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