#unacuriositàvenezianapervolta
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Un Contrabbandiere ammazzato a San
Giobbe … nel 1700.
Vi
chiederete subito di sicuro: “Ma che cosa contrabbandava … tanto da
rimetterci la vita ?”
Giusta
domanda … Pane … Si: il normalissimo pane quotidiano da mangiare.
L’Arte-Mestiere
del Pane a Venezia in quell’epoca era grandemente in crisi … Si era verso la
fine del 1700: il secolo “dei lumi”, e delle Ville pompose in Riviera
del Brenta… Eppure si diceva che il pane Veneziano faceva davvero schifo:
“per via dell’umidità e della condizione dell’aria” spiegava
qualcuno.
Ma non
era affatto vero … C’era un po’ di tutto a Venezia che non andava nel fare il
Pane … e non andava solo quello.
C’era grande
disagio perfino nel lavorarlo e produrlo il Pane, tanto era sciatta e modesta
la cura che si dedicava al quel “servizio sociale” tanto fondamentale
quanto trascurato: “i lieviti erano cattivi … le farine malseparate… la
manipolazione delle paste viziosa ... imperfetta la cucinatura dovuta all’imperizia
e all’incuria della mano d’opera, che insicura dell’innegabile mercede, non
prestava la giusta attenzione per una lodevole riuscita.” si diceva in
giro per Venezia … e a ragione, perché era la verità.
Tutta
la filiera della produzione del Pane s’era guastata dall’inizio alla fine per
mancanza di veri controlli e di severa supervisione. C’erano sulla carta le
Istituzioni e le Magistrature preposte ai controlli, ma quasi nessuno faceva il
proprio dovere.
S’era
guastato il meccanismo dell’acquisto dei Frumenti, quello delle “condotte”
alle Pubbliche Macine lungo i Fiumi, che veniva gestito in
esclusiva “dall’umore interessato dei Pubblici Sensali Veneziani”,
e s’era rotto anche il meccanismo del lavoro e della manodopera del Pane a
Venezia ... C’erano le barche della Fraglia dei 40 Casarotti che
portavano avanti e indietro il Frumento e la Farina in esclusiva garantendone
il trasporto a loro tempo e modo, c’erano i Mugnai del Consorzio della
Trevisana, che curavano poco la qualità del macinato, e c’era infine il
circolo dei Lavoranti del Pane, che erano gli unici che potevano
cuocerlo a Venezia “a loro modo e maniera”.
Tutti i NobiliVeneziani aspiravano ad avere le Cariche dello Stato: ce n’erano più di 800 a disposizione, ma una volta che le avevano conseguite, se ne fregavano altamente dei doveri del loro “Status”: intascavano i soldi e le sovvenzioni, e “chi s’era visto s’era visto”: badavano solo ai propri interessi … e basta.
E tutto
questo accadeva a ogni livello del sistema gerarchico e istituzionale
Veneziano: chi era “tanto” mangiava tanto, chi era meno
importante mangiava di meno, ma la logica era sempre la stessa … Venezia era
proprio decadente e declinante: stava proprio raschiando il fondo del barile … anche
se c’erano ancora in giro “galletti ruspanti pseudoriformatori” come
Andrea Tron “Paròn de Venessia”.
Per
certi aspetti i sovvertimenti d’inizio 1800 la liberarono da se stessa …
purtroppo.
Siccome nel 1700 il Pane di Venezia valeva quindi davvero poco, era sorta un’ampia catena di panifici abusivi e di contrabbando a corona dell’intera gronda lagunare. Rifornivano Venezia difendendo con le armi le loro prerogative commerciali ... Si diceva che fossero davvero spietati nel difendere il loro mercato illegale.
La
Serenissima vigilava … ma … Secondo una documentazione conservata all’Archivio
di Stato di Venezia, nelle buste inerenti gli Atti degli
Inquisitori di Stato della Serenissima, si riscontra che arrivò ai Sopra
Provveditori e Provveditori alle Biave una particolare denuncia: “Il
Capitanio da Terra e li Capi delle Barche al servizio di questo Eccellentissimo
Magistrato … si produssero … rappresentando una continuata quotidiana irruzione
di Pane forestiero, esposto alla vendita in Cannaregio, e specialmente a San
Girolamo, e l’impossibilità di farne da loro gl’asporti tanto in Terra, che in
Acqua per esservi unione dichiarita di Contrabandieri, rissoluti di far fronte
ai Ministri nell’atto di coglierli in contraffazione.”
L’InquisitoreAngelo Morosini incaricato d’indagare sul fenomeno, giunse a confermare nella sua relazione: “Le ardite, violente e temerarie opposizioni con armi contro de’ Ministri.”
C’era
scappato anche un morto: un certo Lorenzo Marchetti: “Interdetto
già quattro mesi circa per difendere nella Laguna co’ suoi compagni un copioso
Contrabbando di Pane.”
Della
cosa s’interessarono allora gli Inquisitori di Stato, che vennero
puntualmente informati da Alvise Foscari e dagli altri dell’Officio
alle Biave. Esisteva effettivamente: “una rea setta di
Contrabbandieri, che con violenza, e con armi alla mano … introducono … pane …
per il canale che conduce da Mestre e Campalto, facendone vendita alle Porte
del Ghetto, in Canal Regio e a San Girolamo … Essi mettono in soggezione li
Ministri, con minacce e proteste di privarli della vita.”
Come andò a finire ?
Che gli addetti al controllo del Contrabbando ebbero l’ordine tassativo dalla Serenissima di chiudere un occhio … anzi: tutti e due: “Per non andar incontro a funeste conseguenze, e dar facilmente luogo a tumulti e suscitamenti in quella parte della Città dove regna un genere di Popolo sanguinario e violento, e dove tengono i contrafacenti particolari relazioni.”
Non era questo l’unico esempio di ciò che succedeva allora in Laguna e nella vicina Terraferma in tante occasioni … Troppe probabilmente.
“L’attiraglio”, cioè: il tiraggio,
il traino di ogni genere di barche e Bùrci lungo le “restère” del
Sile, ad esempio, era gestito in esclusiva, come in regime di monopolio, dalla
famiglia di Angelo Valenti detto Anzolàto da Musestre ...
Sarebbero serviti molti animali per offrire il giusto servizio a tutti quelli
che salivano e scendevano lungo il fiume per commerciare, e portare farine e
merci a Venezia. A impedire il transito scorrevole sull’acqua c’erano le “restère”
del “Consorzio delle 80 Ruote in Trevisana”, che di fatto
provvedevano alla totalità del macinato di cui abbisognava tutta Venezia con i
suoi Pubblici Formenti… I Valenti, invece,
dicevano che non avevano bisogno di bestie, anche se ne avevano pochissime … Lasciavano
che tutti aspettassero finchè a loro gradiva, e così ogni cosa lungo il fiume
si fermava, si perdeva un sacco di tempo rimanendo fermi alle rive in mancanza
di “tiraggio”, e i Valenti intascavano i soldi con
le buone e con le cattive maniere … Perché ci pensava il figlio del ParònValenti a metter tutti in soggezione e sistemare chiunque
protestava per le lunghe attese. Interveniva minaccioso e violentissimo con chiunque
osasse non avvallare il suo sistema, e tutto funzionava così: “Dotato di
un violento carattere, uno dei figli del Valente girava munito di pistole prorompendo
in villanie, strapazzi, e minacce contro quelli che sollecitavano la
prosecuzione del loro viaggio.”
La Serenissima ? … Compiva un bel controllo un giorno all’anno, con tanto di Soldato che presidiava il mulino e le ruote durante l’ispezione ... Quindi “Il problema delle restère rimaneva tale e quale: irrisolto.”
Beh: quindi tutto funzionava ? … Proprio no ... mica tanto … Ma Venezia allora funzionava in quel modo.