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Finte sbarre … e un formidabile Arsenale

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Finte sbarre … e un formidabile Arsenale

Intendo dire che è esistito anche un altro verso della medaglia di Venezia Serenissima… Ci piace fin troppo a volte soffermarci su quel suo aspetto pomposo e glorioso. Venezia è stata grande: è vero, ma è stata popolata oltre che da abilissimi Mercanti, anche da altrettanto abili Contrabbandieri, imbroglioni e grandi approfittatori esperti nel raggirare e inventarsi sotterfugi …“Legge alla mano” a volte.

Un nome su tutti ? L’illustre Nobiltà Veneziana, che ieri come oggi, sapeva e voleva spremere all’inverosimile come una spugna la “Macchina dello Stato”: “Gallinella dalle uova d’oro” a proprio favore, dandole poco o niente in cambio.

Per carità … Non fraintendetemi … Ci sono stati di sicuro personaggi eroici da “tanto di cappello”, e Casati che hanno rimpinguato alla grande le casse riarse dello Stato Serenissimo. C’è stato chi “ha dato sull’unghia” 100.000 ducati a fondo perduto, solo per vantarsi del titolo della Nobiltà Veneziana, ma senza poter mettere mai mano “alle sale dei bottoni”.

L’insigne Venezia Serenissima era ormai da tempo diventata pigra, decadente, flessa su se stessa, neutrale per comodità e per conservare i soli privilegi e la lussuosa vita di Palazzo e Villa … Venezia via via finì col perdere i grandi commerci con l’estero che aveva gestito argutamente per secoli in regime quasi di totale monopolio: quello delle Spezie e delle Sete su tutti, ma anche quello del Cacao, del Cotone, dello Zucchero e del Caffè. La colpa non fu solo della scoperta e apertura delle grandi rotte nuove per l’Africa, l’America e l’Oriente. La Serenissima aveva ormai perso la voglia e il mordente dei tempi migliori, e si limitava a un’opera di autoconservazione con pochi sussulti storici, limitandosi a galleggiare negli arzigogoli e nei cavilli della Politica e dell’Economia, confondendosi dentro alle sue stesse Leggi e Dazi tanto assurdi, ostinati quanto impossibili, soffocanti e inutili.

Stava raschiando il fondo del barile Venezia, e anche delle tasche dei Veneziani. Arti e Mestieri erano rimasti indietro, incapaci di modernizzarsi. In Laguna e nello Stato Veneto si lavorava ancora a mano mentre altrove in giro per l’Europa ormai da tempo si andava a  vapore … Venezia era quindi timida e sonnacchiosa, preoccupata più che altro di continuare a Carnevalare, e d’ingrassarsi e spassarsela una volta di più. Era perfino stanca di andare a fare guerre in giro, lei che ne aveva viste e fatte, e vinte e perse un’infinità.

C’era chi s’arricchiva facendo “segreti giochetti” in Zecca a discapito della Cosa Pubblica, e quelli che si mettevano in mostra come moderni “Nuovi Paròni di Venezia”… Gente lungimirante e coraggiosa per certi aspetti, ma incapaci di vedere una nuova Venezia moderna.

Infine accadde l’irreparabile.

Mi fa ogni volta tenerezza riandare alle ultime frenetiche azioni della Serenissima, e ripercorrerne gli affannosi suoi ultimi respiri terminali. Per provare a parare l’impeto ormai incombente dei Francesi, il Senato Veneto nominò inutilmente e in modo illusorio un nuovo Provveditore alle Lagune: Giacomo Nani coadiuvato da Tommaso Condulmer e dal Cassiere Zaccaria Vallaresso. In fretta e furia, coadiuvati dal vecchio Magistrato alle Biade, si fece incetta di frumento riempendo i depositi di San Biagio e di Sant’Elena dove giorno e notte i 38 forni continuavano a lavorare.

Fatto questo, si mandarono a incrociare Feluche e Brigantini armati lungo i passaggi della Laguna verso la Terraferma.  A “Barche volanti” con a bordo ciascuna: 10 Nicolotti esperti dei bassi fondali e dei canali, armate sulla prua con un pezzo d’artiglieria, venne ordinato di vagare per la Laguna non lasciando uscire dalla Città nessuno, e identificando chiunque incontravano ... Fusina e Marghera erano difese da due Sciabecchi, mentre 4 grossi Vascelli Mercantili andarono ad ancorarsi di traverso a chiudere le Bocche di Porto del Lido, Malamocco e Chioggia ... Si richiamò in Laguna la Flotta del Golfo con le sue 4 Galee da Guerra… che si dicevano “maltenute” da Benedetto Trevisan ... Rientrarono la Galeotta del Sopracomito Nicolò Pasqualigo, e la Galea di Francesco Muazzo, che vennero destinate a Lido e Chioggia insieme a un’ulteriore Galeotta. Si attendeva anche il rientro della Fregata di Andrea Corner Governator di Nave ... Pareva di rimettere insieme un’altra volta le grandi Armate dei tempi passati ... Non era vero.

Si ordinò poi di armare altre navi in Arsenale. Per far questo si aumentò di 400 unità la Maestranza dell’Arsenale, distribuendo nell’occasione anche una “liberalità di qualche migliaio di ducati” fra gli Arsenalotti Ordinari, premiandoli “una tantum” per la loro assiduità e diligenza ... Tutti i Fabbri di Venezia vennero precettati in Arsenale, e messi subito: “a fabbricar rampegoni a 5 marre, e punte di ferro da collocare sulle prue delle barche volanti della Laguna ... Precettate anche tutte le Velère, e ci si mise a costruire e cerchiare botti da usare come galleggianti.”

In breve furono pronte: 36 Obusièrepiatte(zattere-batterie blindate) armate di cannoni, 10 Lance Cannoniere con 30 banchi per rematori, un albero centrale, e un pezzo da 40 sulla prua, altri 14 navigli fra Sciabecchi, Brigantini e Feluche: tutti dotati di 10 cannoni, e si aggiunsero alle nuove Galeotte altri cannoni di prua detti: “cacciatori”.

Quando a metà giugno venne segnalato l’arrivo dei Francesi a Cavarzere, si ribaltò il cuore dei Veneziani … S’inviarono allora 6 Feluconi a Chioggia dove si sequestrarono i forni, e si misero tutti i Fornai a far pane ... In luglio uscirono dall’Arsenale 30 nuovi “Barconi da Guerra” armati con 2 cannoni ciascuno ... L’Almirante Leonardo Correr col Governator di Nave Antonio Zorzi e il Nobile di Nave Angelo Grassi si misero con le loro navi a difesa del Porto di Venezia ... Non sarebbe entrato nessuno … Forse …

L’Isola di Poveglia divenne la Base di tutte le operazioni marittime-navali Veneziane. Nell’isola c’erano acquartierati 600 soldati Morlacchi comandati dal Capitano Martinovich, e sempre da Poveglia Pietro Venier comandava le Feluche, Sciabecchi e Galleggianti a difesa di Fusina e Campalto… Da Poveglia partì una “Divisione di 40 Legni Armati” comandati da altrettanti Patrizi Veneziani … La Squadre sfilò pomposa attraversando il Bacino di San Marco, e andò alla fonda a Fusina ... Il resto della Flottiglia Veneziana con 4 Galeggianti aggiunte intanto, stazionava nei pressi dell’Isola di Murano:“facendo evoluzioni a fuoco vivo”… La folla dei Veneziani e dei Muranesi accorse su barche a godersi l’insolito spettacolo, avendo ben chiaro in mente però che quello era il “Canto del Cigno” di Venezia: quello finale e definitivo.

Nel maggio 1797, infatti, le truppe Francesi occuparono Venezia, e nel gennaio seguente entrarono nell’Arsenale impossessandosi delle 5.293 bocche da fuoco (2.518: erano antichi residuati in bronzo) che vi trovarono all’interno. Poi si dedicarono a distruggere a colpi d’ascia la parte superiore del Bucintoro, e ne fecero legna da ardere che andarono a bruciare dietro all’Isola di San Giorgio Maggiore: “Maledetti !”

Il rimanente scafo del Bucintoro Dogale venne rinominato Prama Hydra, e trasformato in zattera galleggiante da cannoni, che venne messa a guardia del Porto del Lido ... Poi i Francesi ci ripensarono, e presero i resti del Bucintoro trasformandolo in prigione galleggiante, che ancorarono spettacolarmente in mezzo al Bacino di San Marco… Più spregio di così per l’ormai morta Serenissima non si poteva.

Lì dentro vennero trascinati in mutande o in camicia da notte, e messi ai ferri tutti quelli che venivano considerati sabotatori e complottisti contro il nuovo Regime … Preti, Nobili, Mercanti, Medici, Letterati e gente comune finirono messi là dentro e stipati malamente privati di tutto … Le loro ricchezze e proprietà vennero ovviamente predate e incamerate dal neonato Demanio dello Stato.

Infine nel 1824, stanchi “di quel giochetto”, i Francesi distrussero del tutto l’ancora galleggiante Prama Hydra ... Del vecchio Bucintoro Dogale rimase solo la vela dorata col simbolo di San Marco conservata oggi al Museo Correr, e la portella dorata conservata al Museo Navale.

Quando entri oggi dentro ai grandi ambienti che sono stati un tempo il famoso Arsenale, o la Dogana da Mar di Venezia: li vedi come grandi realtà sgonfiate e morte … Sembra quasi inverosimile, impossibile, che quei grandi stanzoni e corridoi spogli, quei quattro muri e saloni vuoti siano stati così importanti ... Lì, invece: s’è fatta per davvero tanta Storia Veneziana… Tantissima, che non va dimenticata e va cercata, conosciuta, e anche un po’ cullata.

Sapete molto più di me, come per secoli l’Arsenale Venezianoè stato un modello esemplare che ha fatto scuola, e ispirato l’Europa intera, e non solo quella … Quando Venezia contava ancora 100.000 abitanti, il 2-5% dei Veneziani lavorava stabilmente nell’Arsenale: “Popoloso recinto di Arti e Studi, luogo d’ingegno e d’immenso lavoro, formidabile concentrazione di manodopera, filiera manifatturiera singolare, dov’è fiorita per secoli: la tecnica della costruzione navale e della produzione bellica”… Di sicuro la Casa-Reggimento dell’Arsenaleè stato il cuore nevralgico politico-economico-militare-marinaro della Serenissima Repubblica. Una speciale Venezia dentro a Venezia, ampliata più e più volte lungo i secoli, quasi sedimentata, articolata e sovrapposta immettendovi ulteriori cantieri, Squeri, Fucine e Armerie … I nomi dei luoghi che hanno fatto superfamoso l’Arsenale li conoscete bene: le “Gagiàndre”, le “Tese”, la “Tana”, le “Corderie”, la “Torre Alberaria”, i luoghi dell’“Inferno, Purgatorio e Paradiso”.

Chi non li ha mai sentiti nominare ? … Circa 478.000m2 di cui 136.380 coperti, 224.620 scoperti, e 117.000 di spazi acquei riservati: “Una ròba granda !”

Le fonderie del bronzo dei Veneziani erano state trasferite e incluse nell’Arsenale dal “Getto-Ghetto” di Cannaregio lasciato in uso agli Ebrei ... Già dal 1349 si parlava in giro per il Mediterraneo dell’Artiglieria di quella che stava diventando la Regina del Mediterraneo. Ne sapevano qualcosa i Genovesi, e Leopoldo d’Austria che l’avevano subita direttamente ... Nell’Arsenale si studiava con grande dedizione e precisione la potenza del tiro, le traiettorie geometriche, curve e paraboliche. Si calcolavano gittate, inclinazioni ottimali, apertura delle bocche da fuoco, il calibro delle canne, la dispersione del “vento dei gas”, la carica a mitraglia, la chimica delle esplosioni, la macinazione e la confezione delle polveri, la meccanica dei fusti e molto altro ancora … Si cercava non solo di tenere il passo delle innovazioni belliche Svedesi e Inglesi passando dal bronzo al ferro, ma anche di scovare quel “quid in più” capace di fare la differenza sui campi di battaglia ... Ve la ricordate la Battaglia di Lepanto ovviamente ? … Furono proprio le temibilissime “Galeàzze Veneziane” schierate a sorpresa, che determinarono la vittoria schiantando l’Amata Turca a cannonate … Tutto poi a Venezia veniva sintetizzato e pubblicato dall’Editoria Veneziana, che formò una vera e propria vastissima Letteratura specialistica sull’argomento ... I nomi degli esperti inventori di successo dell’Artiglieria Veneziana sono risaputi: Giulio Savorgnan, Francesco Maria della Rovere Duca di Urbino, Giovanni Antonio Rusconi, Diego Hurtado de Mendoza… Per venticinque generazioni la Famiglia degli Alberghetti ha realizzato a Venezia capolavori di fusione artigliera, ma ci sono stati anche l’opera indefessa e il contributo prezioso di una folla di semplici Bombardieri, e di anonimi Artieri e  Schioppettari” che contribuirono a creare le “armi letali” di quell’epoca: Mortai a tiro curvo, gigantesche Bombarde da assedio, Colubrine, Falconi e Falconetti da battaglia ... Solo dal 1660, s’interruppe quella stagione felice iniziando ad utilizzare artiglierie in ferro. Si trasferirono allora le Officine Cannoniere Veneziane accanto alle miniere delle Valli Bresciane.

Sapete anche, come più e più volte in Arsenale saltò tutto disastrosamente per aria.  Il 14 marzo 1509 vi fu uno scoppio con conseguente grande incendio, che danneggiò anche il Convento di San Daniele, e l’intera area segreta dei “Salnitri, Zolfi e Carboni e dei Tre Torrioncelli da Polvere” realizzata sugli Orti e la Vigna sequestrati e comprati dalle Monache della Celestia… Il 15 settembre 1539, invece: ci fu un altro botto con prepotente incendio, Stavolta vennero distrutti capannoni e muro di cinta dell’Arsenale, e si danneggiarono ancora chiese e Conventi vicini ... Solo dal 1569 si spostarono le polveri nell’Isola di Sant’Angelo di Caotorta, e nelle vicinanze di San Nicolò del Lido.

Curiosamente dentro all’Arsenale, lungo lo “Stradàl de Campagna” sorgeva il così detto“Giardino di Ferro della Serenissima”: un intero parco d’artiglierie “disposte con grazia artistica” accanto ai “magazeni de le bombarde et sale da archibugi e schioppi”. C’erano sei Sale d’Armi foderate zeppe di armi da taglio e da fuoco di ogni sorta … Lì dentro venivano spesso allestiti sontuosi banchetti per ospiti illustri come Enrico III Re di Francia nel 1574, o vennero visitati ammirati e descritti da Amelot de la Houssaye nel 1677, e da Charles de Brosses nel 1739 ... In realtà buona parte di quel formidabile armamento ammassato nell’Arsenale era composto “da vecchi catenacci”. Si trattava per lo più di armi obsolete e del tutto inutili, che si mettevano in mostra come deterrente, e a dimostrazione di una gran forza … che però non c’era. Erano in buona parte “ferraglia” da rifondere, o da rivendere a chi poi non avrebbe potuto usarla. Nel “Campazzo” dell’Arsenale:“non lontano dal mezzo volto usato come magazzino dell’acqua, e dagli otto-nove magazeni pieni di ruote e letti d’artiglieria”, ci si esercitava di continuo con armi da fuoco,“e si provavano Moschetti da zuogo, Falconetti, Falconi e Artiglieria di piccolo calibro.”

Ricordo un fatto curioso che mi è capitato … Eravamo giovinetti allora: un insieme straripante di curiosità, docilità, vispezza e generosità. Erano gli anni ’70, del 1900 ovviamente. Un giorno andando a recuperare l’ennesimo pallone calciato lungo, e finito oltre il muro dentro al Canal Grande, ci capitò di vedere aperta una delle porte dell’antica Dogana da Mar in Punta alla Dogana, in Campo della Salute a Venezia.

Era insolito, per non dire molto raro vederla aperta. Stava sempre chiusa oltre che preclusa ai più, cioè a tutti … Curiosissimi di tutto com’eravamo, ammaliati da Venezia e da tutto ciò che significava, non mancammo allora d’andarci subito a infilare dentro … pallone sottobraccio. Quei luoghi storici accanto ai quali vivevamo, erano per noi misteriosissimi. Volevamo assolutamente vedere quanto era rimasto di quel sito Veneziano così antico e prestigioso ... Non era da tutti potersi infilare liberamente dentro all’antica Dogana da Mar della Serenissima (oggi Museo e Centro d’Arte di Punta della Dogana).

Per cui entrammo dentro guardinghi e in punta di piedi.

Narra una delle tante leggende Veneziane, che proprio sotto alla Dogana da Mar abitava in una misteriosa grotta sottomarina sull’imbocco del Canal Grande Veneziano, un atavico Mostro delle Acque Nere. Si trattava di un Drago per intenderci: una terribile creatura simile a un enorme Serpente Marino… Continua a dire la Leggenda, che il Drago ogni tanto usciva da lì sotto nelle notti buie senza Luna … Figuratevi Veneziani e Gondolieri ! … Me li vedo a prenderlo a remate, o a scappare: fate un po’ voi … Immaginatevi i turisti: Loch Ness a Venezia … Sembra che il fantasioso Drago sia stato visto nel 1933 un’ultima volta, quando due Veneziani che “andavano a sèppe” l’anno visto spuntare dalle acque del Bacino di San Marco lanciandosi in aria a bocca spalancata per ingoiarsi uno sfortunato Gabbiano … Quanti spritz, ombre e prosecchi s’erano bevuti i Pescatori, la Leggenda questo non lo dice.

Quando entrammo dentro alla Dogana da Mar, l’ombroso edificio odorava di salsedine, chiuso e muffa ...  Speravamo ovviamente di non venir subito cacciati fuori. Fatti solo pochi passi, infatti, c’imbattemmo immediatamente in un paio di corpulenti operai, che stavano trafficando in compagnia del loro Capo Geometra o Ingegnere … o quel che era:“Dove credete di poter andare ? Qua non si può entrare.” esordirono: “L’ingresso è riservato solo alla Guardia di Finanza e agli addetti delle Dogane … E poi questo è un cantiere: è pericoloso andare in giro qua dentro.”

“Volevamo solo sbirciare un attimo dentro all’antica Dogana da Mar della Serenissima” provammo timidamente a spiegare.

Per fortuna il Capo intuì lo spessore della nostra curiosità disinteressata. Non eravamo entrati lì dentro con altri fini … Aveva anche lui dei figli studenti, perciò ci disse con nostra sorpresa e soddisfazione: “Beh … Dai … Visto che ormai siete qua, vi accompagnerò io per qualche minuto a fare un breve giretto … E poi ve ne tornerete fuori … Intesi ? … Senza più entrare ? … Giusto ?”

Annuimmo entusiasti “in coro” ovviamente … E quasi come dei nanetti che s’infilavano nel bosco, o nella miniera fantasiosa, ci aggregammo a bocca aperta stando dietro alla nostra speciale guida improvvisata: “Non sono per niente uno Storico o uno specialista in materia.” cominciò col dirci: “Ma quelle quattro hacche che so su questi luoghi per via del mestiere provo a dirvele ... Qui, come potete vedere, sono rimasti per lo più questi grandi ambienti spogli … C’erano dei gran saloni qui dentro: era un luogo di deposito, di Dazi e Dogana soprattutto ... come già sapete … Vi voglio però mostrare una cosa … un chicca: una curiosità secondo me: strepitosa … che varrà “la visita” che avete fatto oggi … Poi ve ne andrete.”

Strabiliammo ultracuriosi !

Seguendo un lungo corridoio, c’infilammo dentro a un altro stanzone spoglio e ombroso, ma inondato dalla luce che vi entrava d’infilata dalla Riva delle Zattere. La nostra improvvisata Guida ci condusse in un angolo dicendoci: “La vedete vero ? ... Che vi sembra ?”

In un angolo c’era deposta e addossata al muro una pesantissima, grossa e grande inferriata da finestra: “E’ un’inferriata massiccia e inespugnabile ... Giusto ? … Sembra una di quelle delle Prigioni …”

Lo spessore delle sbarre, infatti, superava le dimensioni di un nostro pugno: pareva una protezione invincibile, inespugnabile.

“Siete pronti alla sorpresa ?” riprese a dirci l’ometto: “Guardate qua !”

E con un semplice tocco leggero, con due dita: quasi “da maciste” immaginario, il Geometra-Ingegnere spostò una parte della grata svelando un insospettabile passaggio … Proprio non si vedeva e non s’immaginava che fosse possibile rimuovere così facilmente una parte di quella possente inferriata ... E, invece: lo era per davvero. Si apriva sulla grata uno spazio attraverso il quale sarebbe potuto passare tranquillamente un uomo, o chissà quali altre cose.

“L’avete capito vero ? … Questo era un passaggio segreto, un ingresso discosto e insospettabile da dove qualcuno poteva liberamente entrare o uscire dalla Dogana ... Straordinario vero ? … Pensate: l’abbiamo scoperto per puro caso durante i lavori ... Mai avremmo immaginato che una finestra del genere fosse così facilmente violabile … Bastava la forza di un uomo soltanto, e si apriva questo passaggio inimmaginabile.”

“Chissà che cosa è accaduto attraverso quella misteriosa entrata segreta ?” non mancò di dire uno di noi.

“Già … Chissà chi l’ha voluta e realizzata ? … e per quale scopo ? … E chi l’avrà utilizzata, e perché, con chi, per quanto tempo ? … Portando dentro o fuori chissà che cosa ? … Come potete intendere, c’erano dei buchi nella rete dell’organizzazione Veneziana … Di certo da finestre del genere potevano entrare e uscire tranquillamente contrabbandi e illeciti ... Chissà quali e quanti ? … E chissà chi usufruiva di questi sotterfugi, con quali guadagni, e con quali raggiri ?”

“Quanto sarebbe bello saperlo !”

“Già … Voi siete giovani, e ne avete le possibilità … Tocca a voi scoprire tutte queste cose sulla nostra Venezia … Dovrete solo andare a cercare e studiare dove si deve.”

“Bellissima comunque questa cosa … Davvero grazie per avercela mostrata.”

“Vedo che vi piace Venezia … Venezia è un pozzo senza fondo pieno di sorprese e misteri, come questo che vi ho mostrato … Li trovate a volte quando e dove meno ve l’aspettate … E sono sempre la conferma della grandissima e complicatissima Storia che è accaduta in questa Città Lagunare … Bello vero ?”

“Bello: si ! … Magnifico anzi.”

Sono trascorsi decenni su decenni da quel giorno … Ma come potrei dimenticarlo ?

Chissà dove sarà finita quella finestra e grata segreta ?

La Storia racconta, che già nel 1313-16 si realizzarono magazzini sopra al lembo di terreno “tratto dall’antica velma-palude della Punta del Sale o della Trinità, detta così per via di una prossima chiesola e Monastero della Trinità(andati demoliti nel 1631 per innalzare il Tempio Votivo della Madonna della Salute)... Nel 1414 poi, si chiuse l’angustaDogana di San Biagioaprendone due di nuove: una a Rialto dettaDogana da Tera:sulla Riva del Ferro detta poi del Vin, per le merci de Terraferma; e l’altra fornita di torretta sullaPunta del SalidettaDogana da Mar:per le merci d’Oltremare e della navigazione commerciale Veneziana”.

Nel particolarissimo edificio riattato e ampliato più volte si pagavano i Dazi dell’Entrada e de l’Insida(uscita) ... Di sicuro venne modificato, abbellito e ampliato nel 1525 e nel 1675.

Si legge nel “Lessico di Fabio Mutinelli”: “La fabbrica della Dogana da Mar della Salute è situata su quella estrema punta della Città, che volta ad oriente, finisce in un triangolo per dividere il Canal Grande da quello della Giudecca ... Si volle nell'anno 1675 adornare in ogni miglior forma quel luogo tanto cospicuo, e ciò con una fabbrica più nobile di quella esistente, ormai vecchia e disadorna. A questo effetto si scelse Giuseppe Bernoni Proto o Ingegnere al Magistrato delle Acque, il quale si aveva già fatto conoscere per Idraulico espertissimo, mai per Architetto. Ad ogni modo, l’edilizio medesimo per le sue logge di ordine dorico, per la sua torricciuola dominante nel mezzo, incoronata da sopraornato bizzarrissimo, e per le forti bugne, di cui è coperto da ciascun lato, presenta un imponente pittoresco effetto, maggiormente accresciuto dalle masse di chiaroscuro formate dalle sue parti sporgenti, di guisa che potrebbe servir di studio per immaginar poi una più pura.”

C’insegnava al Liceo Don Antonio Niero nelle sue lezioni indimenticabili di Storia dell’Arte: “La Punta della Dogana è in realtà la Punta della Nave il cui cassero è la Basilica della Salute … E’ la Madonna in cima alla Cupola la Nocchiera che guida Venezia dentro al bacino formidabile della sua Storia … Molti Veneziani non lo sanno, non se ne avvedono, e non se ne rendono conto: si è voluto plasticamente visualizzare questi edifici come un’immagine sintetica delle convinzioni dei Veneziani … Venezia è simile a una Galea da Mercato e da Guerra, che affronta i flutti e le onde dell’Acqua e delle vicende della Storia, guidata da Dio, dalla Madonna e da San Marco ... I Veneziani sapevano essere anche dei grandi visionari.”

Buona o no che fosse questa interpretazione … un po’ di parte forse … mi è comunque rimasta impressa nella mente fino ad oggi ... Capire Venezia era anche questo … Oggi la Punta della Doganaè diventata da tempo un altro splendido Museo Veneziano. Visitandolo, rimane solo nell’aria la memoria di quando è accaduto ed è stata la Dogana da Mar della Serenissima. Non ci sono più tracce ... Chissà quante storie, aneddoti e vicende sono accadute dentro a quegli antichi Saloni ?

Si sa per certo, ad esempio, che Venezia ancora verso la fine del 1700 aveva allestito per l’ennesima volta una sua significativa flotta mercantile e da guerra: un’altra “task force” commerciale dotata di possenti cannoniere per proteggere l’ultimo import-export Veneziano. In quel secolo andava in discesa ormai la Serenissima … Anche se fra 1667 e 1771 uscirono dall’Arsenale 82 nuovi manufatti, non si costruivano grandi navi o Fregate per via del basso pescaggio della Laguna. Le navi grosse della Serenissima venivano costruite in Istria e Dalmazia, mentre a Venezia si realizzavano solo Corvette e Vascelli leggeri, armati in seguito una volta usciti dalle basse Lagunari. Si dice che Venezia abbia acquistato all’estero le sue ultime 31 navi di grosso tonnellaggio.

La verità era ed è, che durante tutto il 1700, Venezia è andata progressivamente in rovina in tutti i sensi, per tutti gli aspetti, e in ogni sua condizione, componente e ordine. Anche il Mondo chiuso della Casa dell’Arsenale era ormai superato dall’incipiente industria che prevaleva con le sue nuove logiche e tecnologie.

I Notatori del Gradenigo raccontano: “Il 10 aprile 1749 si scoprì spezzata la testa marmorea del simbolo di San Marco posta sopra la Porta dell’Arsenale fin dal 1457.”… Emblematico il fatto ... C’era notevole tensione in Città, scoppiavano tumulti e contestazioni ad opera degli ultimi Arsenalotti, che la Serenissima cercava di contenere, o colpiva in maniera esemplare ... Il 09 ottobre 1784: “Per ordine del Tribunale Supremofurono strozzati in prigione e poi attaccati alla forca nella Piazzetta di San Marco: Antonio Cima e Bortolo MagniSbirri della Compagnia del Misier Grande Casatti, rei d’aver forzato la Guardia Regia degli Arsenalottinel punto che si radunavano nel Maggior Consiglio, uccidendo un povero facchino e ferendo degli altri domenica 26 settembre 1784.”

Un altro episodio di fine aprile 1760 ben conferma, invece, il sospetto utilizzo di quella particolare finestra che avevamo visto dentro all’antica Dogana da Mar Veneziana in Punta alla Salute: “Francesco Cappellan: Veneziano di 46 anni, Angelo Grancioti: Veneziano di 36, e Conti Anastasio Cladi: di Zante e di 26 anni, vennero strozzati nei Camerotti delle Prigioni di Palazzo Ducale, e poi appesi alla forca in faccia a tutti per l’intacco fatto alla Dogana da Mar della Punta dei Sali.”

Che c’entrasse quella finestra dalle sbarre fintamente inviolabili ?

Nella primavera 1793 si varò in Arsenale il Vascello Vulcano, che giunto a mezzogiorno all’altezza dei Forni di San Biagio poco distanti, s’incagliò al punto tale che si dovette alleggerirlo della zavorra di palle d’artiglieria, e demolire un tratto della Fondamenta dei Forni per impedire che affondasse ... Stessa cosa accadde a fine maggio, quando toccò alla Nave Medea d’essere salvata in extremis ed essere ricondotta in Arsenale.

Tre anni dopo giunsero i Francesi a prendersi Venezia.

L’Arsenale venne trasformato in fabbrica d’armi, mentre in seguito con gli Austriaci l’Arsenale divenne il cantiere più importante della Marineria Imperiale… Non seppe però adeguandosi alle esigenze della moderna produttività ... Non c’erano più i grandi investimenti di un tempo, nè la voglia di valorizzarlo come sarebbe servito … Dopo la Terza Guerra d’Indipendenza e l’avvento del Regno d’Italia, l’Arsenale Veneziano doveva essere la base navale di riferimento di tutto l’Alto Adriatico, soffiando il posto ad Ancona.

Qualche componente veniva ancora fuso, forgiato e flangiato nella filiera dell’Arsenale: poca roba però … Funzionava ancora l’Altoforno presso le Galeàzze e le Nàppe, un “Forno a riverbero” per fondere rottami, qualche tornio, una pressa idraulica, e un martello-maglio“grande” riadattato inserendovi una piattaforma d’ancoraggio per renderlo più pesante ... C’eranoChiodatrici, un’Officina dei tubi, e unLaminatoio in bronzo a cilindri nell’edifico delle Galeàzze, ma molto materiale veniva fatto arrivare dall’esterno. Le corazze, ad esempio, provenivano dalle acciaierie di Terni.

Solo nel 1867 il “Regio Arsenale” riuscì a varare la prima nave della Marina Italiana: la “Vettor Pisani”, una Corvetta ad elica ancora con lo scafo di legno. Si vararono anche una Lanciasiluri, 2 Avvisi e un Portatorpedini in ferro-acciaio riattando però una vecchia “Betta portafango”. Poi si proseguì varando altri 10 Bastimenti a vapore, di cui 5 con motore proveniente dall’estero, un Incrociatore, e altri 4 Piroscafi: fra cui il “Rondine” ancora “a ruota”… Tutti con scafo rigorosamente in legno.

Poi modificando e allargando un’ultima volta le Darsene della Cittadella dell’Arsenale, e aggiungendovi nuovi scali e bacini sulle aree degli antichi Conventi soppressi (San Daniele, Le Vergini, Santa Maria Celeste o Celestia), si costruì qualche battello a vapore e qualche ultimo bastimento a vela ... La conversione ai tempi moderni dell’Industria portò alla chiusura delle Corderie dove si mantennero solo i Cordaioli più capaci, mentre gli Arsenalotti erano ancora: 1.500 ... C’erano: 1.152 fra Carpentieri, Calafati, Modellisti, Stipettai, Fonditori, Fabbri, Aggiustatori, Calderai, Ramisti, Ottonai, Tornitori, Lanternai, Lanceri, Remeri, Bottai, Bozzellai, e Fabbricatori di Trombe e Bronzi ... Altri 294 Arsenalotti lavoravano nelle Officine della Marina da Guerra come: Pittori, Veleri, Cordaioli, Pettinadori, Filadori ed altri inquadramenti. Dentro a tutte queste categorie operative erano comprese anche 35 Donne, e una trentina di fanciulli di cui metà avevano età inferiore ai 14 anni.

Nel 1880 gli Arsenalotti passarono a più di 3.000 di numero: 2.400 per costruire le navi, e 750 addetti all’Armamento e all’Artiglieria. Molte centinaia venivano assunti “a cottimo” saltuariamente, ciclicamente, o secondo la stagione ... A Venezia c’erano anche altri 3 Cantieri che costruivano Navi a Vela occupando 45 Lavoratori (tra cui 10 sotto i 14 anni), e c’erano anche 17 Squeri“da grosso” e “da sotil”, che impiegavano a loro volta più di cento operai.

Nell’ultimi decenni del 1800 si costruirono storiche navi, ma impiegandovi 4 anni di lavoro ciascuna. Furono varate l’“Amerigo Vespucci(1885), la “Sicilia” e la “Saint Bon”: ultime corazzate uscite dall’Arsenale, e pochi altri navigli minori: qualche Incrociatore e Torpediniera, e si aprì (1887) anche una succursale dell’Officina Siluranti Schawarhopf di capitale e gestione straniera.

Nel 1892 erano davvero cambiati i tempi: 299 Arsenalotti, cioè 194 Carpentieri in ferro, 72 Carpentieri in legno, 7 Calafati e 16 Segadori erano iscritti al Partito Socialista Italiano dei Lavoratori e alla Camera del Lavoro di Venezia… anche se verso la fine del 1898 i dirigenti del neonato Comitato di Miglioramento degli Operai dell’Arsenale(d’ispirazione Socialista) dovettero dimettersi in blocco perché la più importante delle loro assemblee venne disertata del tutto dagli Operai ... Ci sarà stato un motivo no ?

Già da allora forse il “Sindacato” rappresentava … ma gli interessi di chi rappresentava ?

Mancava un solo anno alla fine del secolo, quando s’impostò nell’Arsenale l’ultima corazzata prodotta a Venezia: la “Ferruccio” varata solamente nel 1902, e lasciata poi per molto tempo inattiva e incompleta sullo scalo. Una fonderia di Milano aveva fornito l’acciaio per costruirla consegnando a Venezia il materiale semilavorato seguendo le indicazioni meccanico-tecniche imposte dalla Marina che risiedeva a Venezia ... Quante storie curiose ! … e quante altre ce ne saranno state !



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