#unacuriositàvenezianapervolta
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Due curiosi testamenti Veneziani del 1650
A
Venezia, come altrove, sono conservati migliaia di Testamenti … A volte sono
appartenuti a grandi nomi che hanno fatto la Storia, altre volte a nomi
qualsiasi … C’è da dire che tanta parte dei Veneziani è esistita
e se n’è andata senza stendere alcun testamento, e senza lasciare alcuna
traccia di se: come se non ci fossero mai stati … Eppure hanno riempito Venezia
con milioni di Vite e Storie: ognuna in se speciale, unica e irripetibile … E’
il dramma cosmico messo in scena dalla Storia di questa nostra
Umanità: che c’è, rumoreggia e splende, ma alla fine dei conti spesso: non
conta e non lascia nulla: “Tutti ce ne andiamo così come siamo arrivati,
e di noi … forse … rimane solo un lampo, un pallido sussurro.”
Di
Veneziani Morti quindi, ce ne sono stati a migliaia, ce ne sono
ancora oggi, e ce ne saranno molti anche domani … anzi: pochini, visto quanti
siamo rimasti … ma ci saranno lo stesso.
Dicevo
che tanti Veneziani se ne sono morti“andandosene” e basta, quasi
in punta di piedi, avendo ben poco o niente da dire e da lasciare … Altri,
invece, che ci sono stati, avevano patrimoni, capitali e proprietà, che “spiacenti
di doverli abbandonare del tutto”, si sono ingegnati in qualche modo a spartirli
e distribuirli a chi restava, illudendosi così di poter ancora “a
distanza” determinare e prolungare il proprio destino e quello della
loro Famiglia-Casato.
Una
specie di tentativo di andare “ultrasestessi, e di conservarsi per l’Eternità”.
Le
cose però molto spesso sono poi andate diversamente.
Ricordo
quando giovanissimo giravo di notte con i miei “compagni” intorno
al Chiostro buio e gelido del Seminario della Salute a Venezia. Prima di
congedarci da ogni giornata, c’era il Prefetto che ci induceva
tutti a pregare per i Benefattori Morti… Così come ricordo
macabri “Lumi accesi in perpetuo” a memoria di nomi illustri che
spesso avevano lasciato iscrizioni, busti, effigi, tanto denaro e molto altro
ancora. Ricordo ancora nel buio notturno certi riverberi rossastri, e candele
pallide che lumeggiavano al nostro passaggio per tornare poi a rischiarare il
vuoto e il desolato silenzio popolato da nessuno.
Per
questo mi hanno sempre fatto impressione i Testamenti…
soprattutto quelli dei Veneziani di un tempo, di quelli facoltosi o perlomeno
insigni. Avevano quasi tutti una meticolosità spesso impressionante: cascate
d’indicazioni, volontà, legati e lasciti … dei veri “bazàr” di suggerimenti,
successioni, eredità e facoltà che venivano prescritte ai subentranti … Ci sono
stati poi immensi capitali che hanno girato per secoli legati a quelle volontà
... e persone, Contrade, Monasteri, Famiglie, parentele intere, e Soci e Amici
che hanno determinato parte della loro esistenza in conseguenza degli Atti
Testamentari di quelle persone ormai ingoiate dalla Storia.
E’
impressionante, ad esempio: ciò che è stato costruito, fatto o disfatto a
seguito di certi Testamenti. Così come mi hanno sempre fatto impressione certi “gesti
storici”: tipo il passaggio di napoleone, che hanno distrutto e
cancellato tutto, e si sono intascati ogni cosa incuranti di qualsiasi
indicazione fosse stata lasciata dai trapassati in maniera così precisa e
generosa.
Fino
a ieri c’erano state piccole folle di persone flesse intente ad applicare
scrupolosamente certe volontà testamentarie andando a sindacare e investire
fino all’ultimo centesimo da dentro un atteggiamento di rispetto riverenziale senza
confini … Un attimo dopo passavano “i nuovi arrivati”, che come
con un colpo di spugna, cancellavano tutto riciclando per se ogni risorsa
residua disponibile, e destinandola a scopi del tutto diversi da quelli per i
quali erano state messe a disposizione ... Ci sono stati Nobili Veneziani
che hanno lasciato interi “tesoretti” da dedicare a “loro Suffragio”
pagando fiumi di Messe, Esequie, Anniversari, Mansionerie e cose
del genere, o hanno provveduto a far costruire monumenti, facciate e intere
chiese in loro memoria … I loro resti, invece, sono stati presi, esumati,
buttati frammisti con mille altre ossa in barca, e abbandonati in buche comuni
in qualche isola spersa della Laguna … E le loro volontà testamentarie ? Del
tutto disattese e dimenticate … Non mi riferisco a Pescatori anonimi
Veneziani … ma perfino a corpi e volontà d’illustri e magnifici Principi-Dogi
Serenissimi di cui si sono perse del tutto le tracce ... e i lasciti e patrimoni.
E’
incredibile il corso della Storia, che passa sopra a tutto e tutti come un
rullo compressore che appiana ogni cosa.
Mi
piace allora sbirciare ogni tanto qualcuno di quei vecchi Testamenti di
Veneziani ... Ne ho pizzicati due a caso ultimamente. Sono della seconda
metà del 1600 ... I testamenti di Giacomo Brentella, e di sua
moglie Cecilia Contento.
In
uno dei testamenti che ho scartabellato, tutto l’ambaradan architettato meticolosamente
fin nel minimo dettaglio dal moribondo su quanto avrebbe dovuto fare e non fare
il suo Commissario, cioè l’artefice delle sue volontà, andò
sfumato del tutto. Il destinatario del testamento non accettò di esserne Commissario,
per cui ogni cosa prese piega diversa … Chissà come andarono a finire ?
E
ancora … Nel secondo testamento la Moglie risposata più volte, destinataria di
mille cavilli e indicazioni nel testamento del defunto primo marito, non lo
menziona neanche nel suo personale testamento. Eppure lui le aveva lasciato un
mucchio di roba … Boh ?
Chissà
quale rapporto ci sarà stato in vita fra i due ?
E
ancora dopo ancora: in entrambi i testamenti c’è la tipica preoccupazione
epocale per il “poi dell’Aldilà”… Entrambe le persone sembrano
quasi ossessionate da garantirsi un futuro meno scabroso possibile, di
garantirsi in qualche modo una clemenza nel Giudizio Finale, e un
qualche supporto-garanzia: “un buon posto” da parte del “Sacro-Divinità”
foraggiato a suon di Messe e Suffragi per renderlo più propizio, accogliente e
misericordioso … E’ come se nei testamenti si sentisse il bisogno d’indossare
un potente salvagente per non naufragare nel nulla ignoto del post mortem … Fa
riflettere questa cosa: si avverte tutta la paura della Morte incipiente e “di
quel che accadrà dopo d’inquietante e ignoto”.
Beh
… Questo vale anche per noi di oggi … Anche se mi auguro che viviamo tutto
questo con un po’ meno angoscia.
Veniamo
ai due testamenti secondo me curiosi, che di rimando quasi fotografano un’epoca
Veneziana, cioè un modo d’essere, d’intendere e vivere l’esistenza nel periodo
subito dopo l’ennesima grande Pestilenza(quella del Voto
della Madonna della Salute per intenderci) che decimò in modo inesorabile
più di metà Venezia e Laguna.
6
aprile 1652: “Attrovandomi io Giacomo Brentella quondam Zuanne sano per
gratia del Signor Iddio della mente, sentimento et intelleto, se ben il corpo
mio aggravato nel male, sendo nel letto, e volendo ordinar le cose mie, e
disponer delli miei beni per non lasciar quelli dopo di me inordinati …”
Brentella abitava in Contrada di San Pantalon
nel Sestier di Dorsoduro, e quello che convocò al suo letto terminale era Ser
Hieronimus de Cappi Pubblico Veneto Notaro delli Quattro Hospedali et Luoghi
Pii de la Città di Venezia.
“…
ordino et lasso a mio fradello Zuanne il livello da Piove libero et anco voglio
che non ghe sia domandà conto di sorte alcuna fino hora presente ... Lasso alli
fioli di mio fratello: ducati 25 per uno, si maschi come femmine, alle femmine
che gli siano datti al suo Maritar o Monachar, et alli maschi quando saranno Homeni.”
Ed
ecco l’amata Moglie-Consorte (Cecilia Contento), che verrà citata
di continuo nel documento quasi fosse un tormentone e un ritornello: “Voglio
che mia Consorte sia padrona finchè la vive delli miei lochi terreni a San Tomà:
sette carati e mezzo”, e la mia parte di casa de sora che sono dalla parte di
Cà Contarini nel Canal Grande … Che la sia patrona delli affitti d’essi fin che
la vive; e lasso anco a detta mia Consorte che la goda il prò delli Livelli
fino a vive del Capital de ducati 200 che ho dato a Livello a Valentin Forner a
San Moisè ... Ho imprestato anche 200 ducati a Missjer Francesco “Orese al
Prete” ... Voglio che detta mia Consorte sia patrona dei “pro” (interessi) fino
che la vive, che io ho nella Fantaria del Dazio del Vin per li ducati 600 che
ho dato a Madonna Orsa Contarini: mia Principàl … perché voglio, che li ducati
70 all’anno, che si scontano di detti ducati 600, siano posti da parte, e messi
in guadagno nel miglior modo possibile.”
Fa
impressione come Brentella desideri seguire i suoi affari quasi
fosse presente come fantasma dentro agli investimenti, che, invece: dovrà
lasciare ... Pare quasi che aspiri a “dirigere l’orchestra di Famiglia da
lontano” come guidando l’intelletto, le scelte e le mani di chi resta.
Fa impressione anche … almeno per me … l’accanimento con cui desidera
beneficiare la Consorte:“la donna amata in vita”,
che non smette mai di citare: “Il restante
delli mobili che resterà, voglio che siano venduti nel melior modo che parerà
alli miei Comissarii, et messi in guadagno insieme con li ducati 200 del
livello, debbiti di Valenti Forner, et anco li ducati 200 de debbiti del detto
Francesco Orese ... Voglio che li soldi che si ha d’haver siano scossi dalli
miei Comissarii et posti in guadagno della mia Consorte ...”
Ed ecco un colpo di scena inatteso e curioso: “Dopo la
morte di detta mia Consorte voglio, che tutti questi utili, che tira la detta
mia Consorte, vada al Monastero de Padri de Frari della Cà Granda di Venezia
per far una Pisside da esponer il Preciosissimo Sangue la Domenica di Lazzaro,
come è consueto … De oro macizzo de oncie 30, et che questo denaro che si
scoderà de anno in anno sia posto in una cassella con quattro chiavi: tre le
tengano li Procuratori della Chiesa di più Vecchi, et l’altra il Padre
Guardiano che pro tempore si ritroverò, che sia posta in luogo sicuro, e finita
che sii questa oppera voglio che li luoghi terreni e 7 caratti e mezzo
dell’Inviamento, e casa vada alli figlioli maschi de mio fradello di herede in
herede in fino che ve ne sono della stirpe se non ghe ne sia più voglio vada al
Forner che si ritroverà sul Forno, con obbligo di far dir doi Messe Grande al
mese da Morto in Gèsia di San Tomà di Venetia in perpetuo, ma intendo che il
Forner che haverà questo beneficio sia solamente Forner, et non facci altro
mistier, e facendo altro mistier che non l’abbia cosa alcuna.”
M’impressiona la meticolosità con cui il “quasi Morto”
ordina a chi resta: come se volesse continuare a comandare e decidere … Cosa
che probabilmente avrà fatto per tutta la vita ... Perfino il mestiere di chi
lavorava voleva determinare.
Mi fa impressione poi, anche la solita paura del Giudizio
e del garantirsi“un buon posto nell’Eternità” a suon di Messe
... Quasi sempre questi testamenti diventavano piccole miniere d’oro che andavano
a foraggiare per secoli … non esagero … chiesa, Preti, Frati e Monasteri
Veneziani: “doi Messe Grande al mese da Morto in perpetuo ... a San
Tomà.”
Quanto gli saranno venute a costare ? … O meglio: quanto
avranno incassato i Preti di San Tomà per celebrarle per secoli ?
Non poco … Ve lo garantisco.
“Il
rimanente delli affitti che si tira la mia Consorte, dopo la sua morte, e fatta
la Pisside, vada alla Gièsja di San Tomà, o per fabricar la fazzada (facciata),
o per maridar povere orfane di detta Contrada … Quello che si ritroverà doppo
la mia morte del vino, farina e robbe magnative siano di detta mia Consorte ...
Lascio Comissari il Signor Zuan Battista Causidico e la mia Consorte, la qual
mia Consorte la lasso residuaria de tutto quello che mi ritrovo, e prego il
detto Signor Zuan Battista per il Sangue Pretioso del Nostro … di accettar
questa mia Comissaria.”
Bello
il gesto del lascito “per maridar povere orfane di detta Contrada”:
uno spiraglio di generosità in mezzo a tanto quasi spietato egocentrismo e
opportunismo.
Un
ultimo dettaglio curioso: la persona indicata dal Battistella come suo Comissario
Testamentario, rifiutò l’incarico. Ne fa espressa e puntuale memoria il
Notaio: “Giorno 12 luglio il sopradetto Ser Zuan Battista San Fermo ha
volontariamente refutato e rifiuta il carico di Commisario, stante non sie
impedito, resta impediti, ne meno vuole impedirsi et ingerirsi in alcuna cosa
di detta Comissaria et sia rogavit e notarium …”
Perché
l’avrà fatto ? … Semplice forse … Non vedo che cosa gli sarebbe finito in tasca
oltre agli oneri dell’uggiosa gestione dei beni e dei capitali del Defunto …
Troppo poco forse per tanto impegno … Chissà ? … Se il Brentella
avesse lasciato qualcosa in più al San Fermo ? … Invece di dare tutto alla
Consorte ? … Magari San Fermo si sarebbe fatto carico di “prolungare”
le volontà “desiderata” dell’amico-socio-compagno … Chissà ?
E
veniamo alla SignoraCecilia Contento del secondo testamento:
la Consorte così tanto citata e coinvolta … Era la plurivedova (relicta)
e pimpante moglie, rimaritata ben tre volte: prima appunto con Giacomo
Brentella, poi con Anzolo Zambelli, e infine “in
terzo voto” col Domino Francesco Ruberti ... Li ha sepolti
tutti e tre … senza veleni spero … sfiancandoli forse ? … sorrido …
Cecilia
Contento si rivolse e
convocò al suo capezzale il Pubblico Nodàro (Notaio) Veneto
Agostino Cavartini, Nodàro anche delli Quattro Hospedali della Città, nonché
delle Convertite, Zitelle, Preggionieri, Riscatto di Schiavi, Catecumeni,
Soccorso, Poveri Vergognosi… e altro ... Un nome e una garanzia
insomma, che aveva “Scriptorio a Rivo Alto”.
Poi
ci furono quelli “pregati” d’esser testimoni: alcuni Veneziani
qualsiasi di allora. Quasi nomi estratti dal cilindro poliedrico del “Circone
Veneziano”: Zuanne Artuè“vende Oglio in ditta
Contrada, figlio di Domino Battista”… e Maffio Legrenzi:
“Balconier del Pistor figlio di Domino Zuan Maria”.
Ed
era il 21 ottobre 1673 … quando la donna ormai òrba (cieca), ma “sana
di mente, sensi e intelletto, ma nel corpo aggravata dal male et però giacente
nel letto”, s’era fatta ospitare a casa di Missjer Marco Feltrini
marito di sua nipote Caterina, che abitava in Contrà di San
Barnaba, proprio al centro del Sestiere di Dorsoduro: una zona
Veneziana di un certo pregio.
Il
Notaio, mandati fuori tutti i presenti, si chiuse dentro alla
camera a tu per tu con la donna chiedendole di confermare quanto aveva dettato
a una sua confidente e trascritto su una “cedola in bombasina”
... La donna confermò tutto, e diede ordine di rendere pubbliche ed esecutive
le sue volontà dopo la sua Morte.
Disse
e scrisse innanzitutto di “voler raccomandarsi l’Anima all’Onnipotente
Dio mio Creatore, alla Gloriosa Vergine Maria et a tutta la Corte del Cielo.” …
E per raccomandarsi degnamente e concretamente.“… lasso li miei manini
se piace a Sua Divina Maestà che io mora, per farmi seppellire e dir tante
Messe quante sono di valuta de ducati 110 …” precisando che
probabilmente quei gioielli dovevano valere meno perché li aveva usati per
molto tempo … e che quindi lasciava “alla coscienza de miei Comissari”
di fornire eventuale integrazione per pagare quella montagna di Messe che
desiderava ricevere “per la sua Salvezza”.
Saranno
bastate ?
Passando
poi al concreto: “… ordino e lasso a mia sorella: camise quattro, e quattro
traverse, e due nincioletti, e una vera e un anello di San Carlo.”
Toccò
poi alle nipoti: “… lasso a Caterina mia nèssa: un’altra vera, et un
anello di Turchese, et un stramàzzo (materasso) di pezza … Lasso
a Cecilia una cadenella d’oro a pignoli, et a Laura un’altra cadenella dovendo
Laura tuor quale meglio gli piacerà … Item lasso a Meneghina mia nèzza: otto
aghi e un dedàl d’argento …”
Un
materasso e degli aghi ? … Insoliti lasciti di sicuro … ma c’è dell’altro: “Item
lasso a Prè Iseppo figlio di mia nèzza Caterina: un sculièr et un piròn
d’argento et quella tazza d’argento dove sputo.”
Una
sputtacchiera d’argento ? … Altra cosa insolita … speriamo fosse pulita.
“Lasso
a Missjer Marco marito di mia nèzza Caterina un sculièr d’argento ... Lasso al Signor
Giusto Sadeler, marito di Laura: un sculièr d’argento ... Item lasso alla
Signora Bortola moglie di Zuanne mio nepote alquanti aghi piccoli d’argento che
mi ritrovo.”
Ha
suddiviso la posateria d’argento di casa: ci sta … e ancora altri aghi che
ritornano … Forse era amante del cucito e dei merletti ?
“Lasso
ad Anzola mia nèzza: un anello delle perle, Item lasso un anello di Saffil: a
Prè Iseppo figlio di Caterina mia nezza.”
Ah
! Ecco … Un anello di perle al Prete Iseppo insieme alla
sputacchiera: meno male ... mi sembrava pochino per il nipote Prete.
“Item
lasso una Rosette di diamanti a Laura figlia dell’istessa mia nèzza Cattarina, Item
lasso un anello dalla pietra rossa a mia nèzza Caterina, Item lasso a Cecilia
figlia dell’istessa mia nezza Caterina il mio anello grande giallo … Finalmente
lascio Residuaria Caterina mia nèzza del resto del mio, cioè della mia Dote,
che è di valore di ducati 416.”
Di
certo era benestante la donna visti tutti i gioielli che aveva, quanto le aveva
lasciato il primo marito, e la Dote di discreto valore che possedeva ... Non valeva
moltissimo però “la Dota Muliebre”: i Nobili Veneziani
arrivavano a riservare per le loro figlie Doti Maritali e Monacali
anche di diverse migliaia di ducati … In rari casi: anche di 20.000-40.000
ducati, ma erano le eccezioni dei Nobili più Nobili.
Una
cosa mi ha fatto impressione di quella donna in un momento così estremo:
neanche un solo pensiero d’affetto o di stima verso i suoi tre mariti ... Ha
avuto ben tre esperienze di Matrimonio, e uno dei tre soprattutto, il primo,
l’ha letteralmente ricoperta di benessere e agiatezza permettendole una vita
signorile. Neanche una citazione per lui: nulla ... Eppure avevano vissuto con
lei fin nell’intimità più completa … Ma: niente … Era stato tutto ovvio,
scontato … superfluo, o almeno secondario ... Che tristezza !
Sarà
stata forse l’agitazione del momento, l’apprensione per ciò che andava
incontrando ?
Non
credo, perché i testamenti erano ponderati e soppesati fin nei minimi
particolari, e preparati e curati nei dettagli con grande anticipo.
Credo
che la donna proprio non abbia voluto lasciar spazio nel suo testamento agli
uomini della sua Vita, mentre qualche accenno di sentimento emerge per i
congiunti: i nipoti soprattutto.
“Il
restante poi sia venduto e posto in guadagno, insieme con li altri soldi, che
sono l’Officio del Dacio del Vin: quali sono 600 ducati di mio nipote Francesco
Orefice all’Insegna del Prette, e altri 200 ducati da Valentin Fornèr quali
tutti siano posti insieme, et investiti da miei Comissari al meglio sia
possibile. Pregando questi Comissari che usino ogni diligenza di farsi render
conto delli soldi dell’Officio del Dacio del Vin dalli Heredi di mio marito
Francesco Ruberti già morto non havendo io mai dimandato a questi alcun conto
di questi.”
Ultimissima
cosa: l’ostinato attaccamento ai beni sfidando anche la logica della Morte: “Eleggo
per mie Comissari Miser Marco Feltrin marito di mia nèzza, e Giusto Sadeler
marito di Laura, figlia di mia nèzza Caterina et li prego per amor di ricevere
questa mia Comissaria, e procurar ogni mio interesse acciò l’Anima mia non
patisca.”
“Acciò
l’Anima mia non patisca”… Incredibile ! … Fin all’ultimo respiro pensa che i suoi interessi terreni
possano influenzare e determinare in qualche modo anche la sua felicità eterna,
forse confermargli quello “status speciale” in cui era abituata a
vivere … Una vera ossessione, che per fortuna “si sfanterà” nel
momento stesso del muto appello e appuntamento finale.
Fanno
impressione i giganteschi monumenti funerari lasciati dagli antichi sparsi in
ogni angolo del Mondo. Per quanto immani ed espressione di grande ricchezza,
bellezza e potenza, valgono tanto quanto la fangosa fossa comune dove sono
stati buttati a marcire persone squattrinate, sfortunate e anonime.
Nudi
nasciamo e tutti uguali … e per fortuna siamo ancora così nel momento in cui
terminiamo questa speciale esperienza esistenziale.
In
modo un po’ cinico: “Siamo un pacco che un invisibile postino levatrice
va a consegnare all’altrettanto invisibile seppellitore del cimitero.”
Non
l’ho detto io … Ma credo sia una specie di “Saggezza spicciola”…
più che mai veritiera.