#unacuriositàvenezianapervolta
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Stràsse ... Come Spose di bianco
vestite
“Il largo Manto Rosso appeso alla Corona del soffitto
delle Chiese: sta ad avvolgere e contenere come una culla e uno scrigno
prezioso il meglio del meglio rappresentato dal Mistero dell’Altar Maggiore …”
C’era quasi sempre nelle Chiese Veneziane … e non solo
quello. A Venezia esisteva tutta una letteratura vera e proprio al riguardo
inerente “il vestire le Chiese” … Da Veneziano d.o.c. di ieri, mi dispiace
davvero, ad essere sincero, che tanta cosa sia andata del tutto perduta.
C’erano perfino dei libretti, dei quadernetti che ho visto, che raccoglievano
un’infinità di indicazioni, e le associavano anche a precisi significati ...
Tutte cose un po’ “da sacretia”, se volete, andate ormai perdute,
ma che di certo avevano un loro “sapore speciale”, che piaceva, e
non poco ai Veneziani fino a qualche decennio fa.
Che siano cose del passato, e che siano del tutto cambiati i
tempi, me lo dice l’evidenza, e perfino mio figlio di recente mi ha invitato a
prenderne atto: “Devi arrenderti Papà, fartene una ragione … Ormai certe
cose che auspichi, e ti aspetti di trovare e vedere in giro per Venezia non ci
sono più … Sono parte di un passato che hai avuto la fortuna di vedere e di
vivere in prima persona … Oggi tante cose qui a Venezia sono tramontate. Non ci
sono più le persone che le volevano, e che le interpretavano, e le realizzavano
… E’ inutile rammaricarsi quando entri da qualche parte … se ci entri … e trovi
che tutto è diverso, cambiato, spoglio e lasciato a se stesso … Tu dici:
trascurato e ridotto all’osso … perché hai
chiare in mente certe situazioni, scenari e circostanze di ormai decenni fa.
Sono tutte cose che si sono ormai assopite e compiute … Sono il Passato che è
andato ormai, parte della Storia che è cambiata … E’ inutile che ti rattristi
perché non le trovi le rare volte che torni a visitare certi luoghi … Questo è
l’oggi, e devi prenderne atto, accettarlo: è la logica del Tempo che passa e
cambia tutto … e sarà sempre così …
Anzi: sempre di più … Comunque servono persone come te, che raccontino e
ricordino ciò che c’è stato e accaduto, e che fanno Memoria degli usi e costumi
dei Veneziani che ci sono stati … Mi piace quando trai come da un cilindro
magico tante cose che ormai il Tempo si è ingoiato del tutto e per sempre.”
Come non dargli ragione … purtroppo ?
E’ la verità … A volte mi sento una specie di dinosauro
quando vado in giro per Venezia. Sogno ad occhi aperti percorrendo quelle che
sono state un tempo le sue Contrade. E vado in giro vedendo e sentendo qua e là
il tanto che c’è stato, e ormai non c’è più. E’ più forte di me: è una cosa
istintiva che mi capita di continuo ormai. Ogni volta che passeggio per Venezia
mi viene automatico di raffrontare ciascun posto che attraverso con ciò che è
stato, per come l’ho visto e vissuto ormai diversi o tanti anni fa.
Non me ne accorgo quasi: è come se di continuo dalla mia
memoria fuoriuscissero scene, persone, dettagli, abitudini e tradizioni che
ormai non esistono più. Da una parte tutto questo mi ravviva e da gioia: perché
vedo come in filigrana un tanto che è accaduto, come un ricco spessore che
possedevano tanti luoghi. Dall’altra parte questa situazione mi rattrista
perché devo prendere atto che Venezia è diventata del tutto diversa: un’altra
cosa, una Venezia, che per quanto rimanga fascinosa e magica, e solo rimasuglio
e spettro del tanto di più che è stata ieri … E’ un gran peccato, ma è così.
Non pensavo di arrivare a provare sensazioni simili: si
tratta quasi di un innato sentimento che mi porto dietro. Una specie di
attaccamento “a un di più tutto Veneziano” che ho vissuto e visto
fin da bambino e nelle età che ho trascorso: un autentico patrimonio di Venezianità,
che è ormai sfumato e andato via via esaurendosi, superandosi e cancellandosi
sempre di più.
E non si tratta solo del fatto che i Veneziani residenti si
sono più che dimezzati, e che a volte fatichi a trovarne per strada qualcuno in
mezzo alla massa sempre montante dei turisti, che invade ormai anche gli angoli
più remoti della Città a tutte le ore del giorno e della notte. Mi è capitato,
fatalità, proprio giorni fa, di passeggiare per il centro ... Ha provato a
fermarmi un aitante giovanotto di colore, per propinarmi in Salizada San
Salvador le sue profferte turistiche più o meno interessanti o fittizie
su Venezia.
Ci sono sempre stati e ci sono e saranno ancora a Venezia nelle
zone più affollate e di passaggio: imbonitori e ciarlatani, e vivigiorno
improvvisati, che provano a spillare a passanti, turisti e avventori qualche
quattrino con le scuse più inverosimili ... E ci riescono anche: ieri come
oggi. A volte ti propongono di alloggiare in questo o quell’albergo, di
approfittare di quello o quell’altro tour turistico in barca raggiungendo le
vetrerie o le Isole Lagunari, o ti suggeriscono la visita di particolari Musei
o Museetti di settore, botteghe di artigiani, spettacoli del momento … O più
che spesso, finiscono poi col venire allo scoperto, e chiederti sussidi e
denari per le migliori pseudocause: dall’aiutare i Profughi di turno, o i
tossici che si stanno ricredendo nelle Comunità di Recupero, o i poveri stranieri
diseredati del Terzo Mondo: disoccupati, nullatenenti, ma presenti in Città … e
chi più ne ha più ne metta.
Spesso tante profferte si risolvono in un nulla di fatto,
perché donazioni, anticipazioni e prenotazioni spesso risultano fittizie e
fasulle, e più di qualcuno si avvede per tempo di correre il pericolo d’essere
turlupinato. Altre volte, invece, si finirà col non trovare sulla riva quando
sarà il momento la barca ad attenderti per le Isole, né ci sarà lo spettacolo serale
per il quale hai già pagato dietro a quel portone, che ti sveleranno chiuso ormai da chissà
quanti anni ... Il Concertino e il Museetto ci sono solo nell’intenzione di chi
ti ha frodato, così come i tossici non hanno per davvero intenzione di
ravvedersi, né i migranti per i quali hai versato l’obolo riceveranno il tuo
contributo. E’ sempre stata più o meno così “la piazza” anche a
Venezia, e chi è Veneziano lo sa. Tanto è vero che in giro e sulla porta dei
monumenti e delle chiese si trovano grandi cartelli d’avviso che invitano a
guardarsi da tali imbroglioni sempre più in circolazione e in agguato.
C’è sempre in mezzo a tanta folla, chi ha un debole ed è
sensibile e disponibile verso tante situazioni, soprattutto quando vengono
presentate e spacciate con furbizia, o fanno leva sul sentimento e le
sofferenze di vecchi, donne e bambini.
Ve beh … Venezia dicevo è diventata tutt’altra cosa … E non
mi riferisco solo al fatto che quando vai in giro non senti più l’aria riempita
a tutte le ore dallo scandire di mille campane e campanelle. I Veneziani una
volta riconoscevano “ad orecchio” chi stava suonando in quel
momento: “Questa xè a campana del quarto de San Cassàn … Quèo xè el
campanòn de San Zaccaria, mentre quella che ti sènti adesso xè a campanella de
San Zan Degolà che ciàma un quarto d’ora prima de a Messa” e via così …
L’elenco sarebbe lunghissimo. Si riconosceva quasi l’impronta uditiva di
ciascun posto riconoscendone abitudini e caratteristiche … Tanti campanili
scandivano il tempo e suonavano le ore, le mezz’ore e i quarti d’ora per tutto
il giorno, e anche di notte a volte … e c’erano mille campane e campanelle che
sbattacchiavano di continuo dentro ai chiostri e nei Monasteri, e campane e
campanelle di Schole Grandi e Scholette, di Cappelle,
Santuarietti, Rettorie, Oratori e Luoghi Civici che
chiamavano al lavoro, alla riunione-assemblea (Capitolo, Segnàr Tolèlla o
presenza), alla Congrega, e a mille altre scadenze liturgico-civiche
quotidiane suggerite dal Calendario.
A Venezia esisteva un tripudio continuo di Feste,
Ricorrenze, Matrimoni, Battezzi, Comunioni, Cresime… e c’erano
continui e frequenti Cortei Funebri, Sfilate, Regàte e Processioni delle
Contrade e delle Arti-Mestiere della Città bagnata … Era tutto un
andare e venire mostrandosi allegramente e in massa. E si issavano vessilli,
suonavano inni e cantate, e si accompagnava con pifferi, tamburi e trombe, e si
portavano a spasso a spalla pesanti Reliquie e simulacri decorati (Solèri)
su e giù per i ponti, lungo le Calli, per i Campielli e le Fondamente di ogni
singola Contrada e Sestiere ... A volte ci s’incastrava e bloccava quando le Calli
erano troppo strette, o se c’era di traverso una lunga corda piena di bucato
steso ad asciugare … Era il momento allora in cui ci si dedicava a snocciolare
lunghe Litanie di Santi e Madonne, a tirare cento Rosari mormorati, o cantare
mille canzoni Devote, o di scambiarsi due buone chiacchiere su tutto ciò che
stava capitando in quel momento negli angoli più sperduti di Venezia.
C’era tutto un Mondo che accadeva in strada e dentro ad ogni
intimo luogo di Venezia … Un Mondo tutto e unicamente Veneziano.
Venezia pulsava di vita giorno e notte, e non c’era Calle,
Corte o Campiello col pozzo, Ruga di case, o fila di Caxette da dove non spuntassero Veneziani grandi e piccoli,
uomini e donne, che ne popolavano ogni anfratto e spazio possibile. Famiglie
numerosissime occupavano tutte le abitazioni ogni sfitte o deserte, o occupate
a peso d’oro da qualche sgarruffato studentello che insegue la laurea a volte
per un decennio ... In stanze oggi occupate da un paio di graziose studentelle:
un tempo si viveva in dieci dodici in una promiscuità incredibile, e privi di
qualsiasi servizio che oggi consideriamo irrinunciabile ... Ogni angolo era
occupato da botteghe e bottegucce che fornivano i beni quotidiani di consumo
come il Forno, il Mugnaio-Prestinaio, i dolci, la Frutta-Verdura, il
Pesce, il Fabbro-Ferramenta, il Falegname-Marangòn, il Tagjapièra e lo Spizière
… Sembra quasi inverosimile la lista dei tantissimi lavori che sapeva
offrire una volta Venezia in ogni sua Contrada.
Anzi: ogni Contrada era una specie di piccola enclave
autosufficiente confinata fra ponti e strade, che aveva la sua chiesa, la sua
Spezieria, le sue Osterie-Locande, il suo Biavaròl, il Sarto di fiducia, e
mille altri Artigiani che ne caratterizzavano l’immagine quotidiana.
Passando in giro per Venezia oggi, non riesco a fare a meno
ogni volta di riandare con la mente, o di dire a chi mi accompagna: “Ecco:
lì c’era una bottega da Orefice-Argentiere che ha servito i Veneziani per
secoli passandosi la tradizione lavorativa di padre in figlio, di generazione
in generazione … Erano “nomi” di fiducia e qualità ai quali si rivolgevano
Nobili e Popolani per procurarsi oggetti si squisita fattura proporzionati alle
facoltà di ogni tipo di tasca … C’era chi si faceva costruire anelli, collane e
orecchini, manini preziosissimi, chi piuttosto un semplice filo d’oro da collo,
o una fede nuziale, o una medaglietta votiva … C’era di tutto un po’, e c’erano
soprattutto delle magistrali abilità che hanno reso unica Venezia e i Veneziani
di un tempo ... Di là, invece: c’era un Forno con la fila delle comari e dei
bimbi fuori, che con la scusa del pane e della fontana s’incontravano e si
aggiornavano su come andava tutto il mondo … E ancora più avanti: c’era
l’Osteria … e la bottega di carte da parati, la Legatoria-Tipografia … e poi di
là si andava allo Stazio del Traghetto, e c’era il Laboratorio dove tessevano Seta
e Lana … e …”
Quante storie senza fine … Un mondo intero che pulsava ogni
giorno, anzi: notte e giorno in ogni angolo di Venezia.
Poi riapro gli occhi sull’oggi … E vedo solo serrande
rugginose abbassate, porte imbrattate da scritte, e bar appena rifatti, loculi
che vendono ogni genere di paccottiglia gestiti da Cinesi, Asiatici e Africani
… Trovi un Bangladesh a venderti una gondoletta, un Pakistano
ad offrirti un foulard Veneziano, un Indiano a fornirti il Khebab
o una pastina collosa, gommosa e insipida se osi entrare dentro a luoghi ed
esercizi di un tempo di cui è rimasto soltanto il nome … Anche di certi noti
locali è rimasto solo il nome: si fornisce in serie i turisti di ciò che
s’aspettano a discapito di qualsiasi qualità: “Venezia è business e
mercato: il resto non conta più.”
E c’è la riprova … In giro ovunque pattume, angoli pisciati,
immondizia abbandonata … mille lucchetti appesi con dentro le chiavi
dell’ennesima location turistica che ormai occupa ogni angolo di Venezia. Dove
un tempo straripavano le persone: le donne, i bimbi, i vecchi e i lavoranti
accanto alle mille biancherie stese ad asciugare, agli attrezzi, ai mastelli,
ai remi e ai pagiòli delle infinite barche: “Ora c’è la morte in vacanza:
cioè nessuno … Tutto morto e chiuso … Solo porte sbarrate, finestre chiuse,
umidi sottoporteghi invasi fino dall’acqua finchè il Mòse non si è deciso a
tenerci ancora per un poco a galla … L’unico rumore che si sente oggi di
continuo: è quello delle rotelline delle valigie strascicate sul selciato di
chi va e viene a tutte le ore … Per il resto non c’è quasi più vita: non c’è un
canto di donna alla finestra, né si chiamano più da una finestra all’altra
della calle per scambiare due chiacchiere, né si crocchia più giù in Corte, o accanto
al pozzo o alla fontana, o sulla gradinata di riva andando a predere o portare
qualcosa dentro al canale … Non c’è più nulla … Non si sente neanche più
fuoriuscire da qualche aerea finestra: magari il rumoreggiare fisico e
appassionato di qualcuno o qualcuna che sta facendo all’amore, nè il vaneggiare
furioso di qualche vecchio che ha perso la testa … E’ tutto spento.”
Mi rendo conto che il mio è un nostalgico raccontare.
E spente, smorte, prive di vitalità e “sapore”,
sono anche, con mio grandissimo disappunto, le moltissime chiese Veneziane: “Un
tempo non solo erano aperte dall’alba al tramonto come punto di convergenza e
di riferimento di tanti, per non dire quasi tutti ... Si nasceva e moriva nelle
mille chiese Veneziane di Contrada, e si accorreva là ad ogni richiamo della
campanella … Le chiese dei Veneziani erano una specie di seconda casa: luoghi
di tutti in cui la familiarità si allargava in mondo esponenziale divenendo
campanilismo e piccola società familiare ... E’ difficile riferire che cosa
sono state le chiese Veneziane, e il grado d’aggregazione secolare che sono
state in grado di procurare ... Solo chi è Veneziano, e ha vissuto certe realtà
sulla propria pelle, sarà in grado di comprendere ... Senza alcuna difficoltà
le chiese Veneziane si gremivano quasi ogni giorno per mille motivi: erano uno
dei motivi quotidiani obbligati dell’esistere … E non solo perché ci si andava
a confessare e consigliare dai Preti su tutto, ma anche perché tutto ciò che
accadeva in Contrada era sentito come fatto di tutti ... Nasceva uno, un altro
si sposava, moriva qualcuno, tornava qualcuno dopo un lungo viaggio, c’era
qualche rimostranza da condividere ? … Era
tutto un accorrere in chiesa per spartire insieme: era sempre affare di tutti e
di ciascuno … Le chiese Veneziane erano più di un mercato: il
prolungamento-allargamento del soggiorno e della cucina di famiglia e di casa. Anche
per questo le chiese Veneziane erano tutte dei piccoli e grandi scrigni di
bellezza e di cose preziose. Perché tutti quelli della Contrada contribuivano per
secoli … sottolineato: “per secoli” … a rendere accogliente, prezioso, ben
addobbato e comodo quell’ambiente che era di tutti, ed esprimeva le convinzioni
di ciascuno.”
Altri tempi: lo so … Ma ci sono stati ... Eccome che ci sono
stati … e a me piace tantissimo farne memoria.
Fortunatamente, ho fatto a tempo a partecipare e vedere con i
miei occhi le ultime vestigia di quel modo d’essere del tutto Veneziano. Mi
vanto di poter descrivere il tanto di bello che c’era un tempo, e che ho potuto
vedere, sentire, partecipare e gustare direttamente e in prima persona. Non
posso non ricordare, ad esempio, la tradizione delle chiese Veneziane “vestite”.
C’è stata, e purtroppo adesso non c’è più … Ed è stata, secondo
me: una perdita dolorosa oltre che importante … Come aver perso una parte della
propria identità … Sapete quando si rinnova la Carta d’Identità dopo tanti
anni, e ci si ritrova e riconosce del tutto diversi ?
E’ così … Sei sempre tu, ma non sembri più quello … Così è di
Venezia, e di ciò che è stata.
Da abitudine secolare, a Venezia si era abituati a “vestire
ed addobbare” le chiese lungo tutto il corso dell’anno. Le si “vestivano”,
come se fossero vive, come se fossero una bella donna cangiante da abbellire ...
Si “vestivano” del tutto le chiese a Venezia come altrove si
vestivano le statue o s’integrava qualche quadro … C’era proprio una smania,
una vera e propria maniera di vestire e spogliare le chiese rendendole
pomposissime o austere nei tempi di Festa o in quelli “morti della feria”
annuale. C’erano giorni in cui entravi in chiesa e la trovavi: spartana, del
tutto spoglia e denudata, spalancata e aperta, affogata nell’umidità e nella
luminosità della calura estiva … Altre volte, invece, le chiese venivano “vestite”
di mestizia, lutto, tristezza e penitenza: si coprivano altari, colonne, panche
e sovraporte di teli, tende e arredi neri, violacei e cupi ... Pareva che tutto
l’edificio sprizzasse dolore ed esprimesse visibile tristezza … Quando entravi
era come prendere posto a un baule rivestito“da Morto” ... e più
si pagava per ottenere quell’effetto: più ci si ritrovava immersi dentro a
certe atmosfere particolari per non dire speciali.
Nei giorni di Festa, viceversa, accadeva tutto il contrario.
Ogni cosa e arredo: sprizzava gioia, luce, grande allegria e contentezza. Si
diceva che le chiese Veneziane erano come delle “spose biancovestite
pronte per le nozze”… E non era affatto solo un modo di dire, ma
corrispondeva a verità in tutto e per tutto. Ho visto con i miei occhi, e ho
partecipato personalmente anch’io a certi allestimenti festivi che richiedevano
giorni e giorni di preparazione, allestimenti e fatica.
Ci si arrampicava per ore su per scale lunghe e traballanti
per raggiungere i più lontani e alti angoli di colonne, cornicioni e angoli
della chiesa e del soffitto … Stendevamo tappeti preziosi ovunque: ma non
robetta da salotto, ma tappettoni grandi tanto da ricoprire ogni spazio e
gradino degli altari, o l’intero Presbiterio della chiesa. Si trattava a volte
di “bestiacce pesantissime e polverose” da spostare, rotolare e
sagomare: larghe decine di metri … corsie intessute e ricamate chilometriche a
volte, che servivano almeno due persone solo per srotolarle e piazzarle ... Ogni colonna della chiesa, grande o piccola
che fosse, veniva vestita con preziosi soprarizzi ricamati in oro e rosso ... E
non si trattava mica di tessutelli o robetta leggera: erano spessori tosti,
veri e propri “vestiti” che arredavano spazi e settori della
chiesa per metri e metri. Ricoprivamo di rosso e oro l’intero Coro
della chiesa, ma anche ogni panca e inginocchiatoio occupato dai fedeli, ogni
spazio laterale e intere pareti degli altari e delle cappelle … E ancora: “Ogni
colonna e angolo di chiesa devono avere un loro perché” mi spiegavano
sia il Piovano di Burano Don Marco Polo quand’ero ragazzino, sia Don
Giuliano Bertoli Rettore della Basilica della Salute a Venezia quando
ormai ero un giovanotto:“Ogni posto deve avere la sua Pianta davanti, la
sua “Cartella” in legno decorato e intagliato, la sua tenda attorno, i suoi ricami,
e la sua candela accesa … A volte sarà un semplice cero … Altre volte un grosso
tòrso, o un’asta, o una grossa Lanterna decorata e abbellita con Alloro e
fronde verdi ... Altrimenti che Festa è ?”
Alla fine: era vero … Ogni singolo angolo della chiesa
esprimeva “un suo perché” infondendo sensazione di Festa e Gioia.
Ogni Altare era ricoperto da tovaglie ricamate e preziose a
più strati. Più che spesso venivano realizzate dagli stessi parrocchiani e
contradaioli con grande dedizione e maestria … C’erano donne incaricate fra le
altre per “accudire e tenere netta e monda la chiesa” ... quasi
fosse una persona da accudire e a cui badare … Un ricco Pagliotto
dorato e decorato fronteggiava la mensa di ogni altare. Sopra a ciascuna si
ostentava un intero corredo di “cartegloria”, oltre che di vasi,
Reliquiari, pradelle decorate esposte per l’occasione: in legno, argento, oro
lavorati … Senza contare le ricche Pale d’Argento o d’Oro esposte
e sovrapposte per le Feste … e i mille candelabri in doppia e tripla fila … e
fiori, e ancora Piante, e ulteriori arredi liturgici ... e Lampade d’Ottone, Argento
e d’Oro, che rimanevamo per pomeriggi e settimane intere a lucidare con Limone,
Sidol e Ovatta, e tanto “Olio di gomito”… Quando
arrivava poi il momento delle Celebrazioni, venivano accese mille candele … La
chiamavano: “la Macchina dell’Altare” tanto era fornita, accessoriata
e riempita di addobbi e decorazioni … Il Sacrestano ci metteva a
volte più di un’ora a compiere il giro completo per accenderle tutte.
L’Altare Maggiore: cioè “il Principale,
la Cattedra” era il punto di convergenza e di riferimento dell’intero
ambiente della chiesa. Ricordo con chiarezza, che ogni volta a Natale, a
Pasqua, e per la Festa del Patrono: si trattava di un
ingente spesa per allestire l’arredamento di quel speciale monumento … Non
scherzo né esagero al riguardo: su ogni Altar Maggiore si
collocavano qualcosa come un centinaio di candelabri dorati di foggia diversa,
e ogni anfratto e angolo del monumento veniva occupato da un lume, e se non
bastava: si approntavano particolari ganci sul muro, e si aggiungevano ulteriori
corone di candelabri, e fantasiose aggiunte di cornici provvisorie piene di
candele che venivano poi puntualmente accese per ore.
Ne risultava alla fine un vero e proprio spettacolo di luci …
Al vederlo acceso e decorato alla fine: pareva di assistere a una visione
paradisiaca. L’Altare pareva una finestra spalancata sul Cielo, dove davvero pareva
che a un certo momento, magari al culmine della Messa Cantata e Solenne,
potesse uscire e sgusciare fuori qualcosa di ultraterreno e celestiale:
un’emanazione luminosa e festiva di Dio in persona … o della Madonna, o del
Santo di turno.
A Natale si collocava dentro a quel tripudio luminoso e
dorato un Bambinello a misura reale ... ed era tutto un
convergere da ogni parte di Venezia per vedere quei singolari Bambinelli di
Natale preziosissimi, decorati, dipinti e ricoperti di gioielli di cui ogni
chiesa era dotata. Si faceva un tempo a Venezia: “il giro dei Bambinelli
e dei Presepi” durante le Feste di Natale, così come si
faceva nei giorni di Pasqua “Il giro dei Sepolcri, dei Cristi Morti o
Pàssi, e del Risorto.”
A tal proposito esisteva durante le stesse Feste di
Natale anche l’abitudine dei Veneziani di fare il giro delle tante
chiese per gustarne la bellezza degli arredamenti festosi: “come di Sposa
biancovestita per le nozze” ... Esisteva una vera e propria gara fra le
chiese su chi sapeva allestire meglio e in maniera più originale il proprio “corredo
da Festa”.
Ricordo che da ragazzino e da giovane trascorrevamo giornate
intere nel gelo dell’inverno a far visita pellegrinando di chiesa in chiesa per
gustare quei piccoli capolavori. C’erano Parrocchiani, Frati e Preti
appassionati che si dedicavano a quel “vezzo dei Presepi”
iniziando a confezionarli ed allestirli già fin dall’inizio di settembre ...
Alcune chiese dedicavano cappelle intere all’allestimento del Presepe, e ne
derivano dei piccoli spettacolari manufatti pieni di accorgimenti e
gustosissimi effetti: dei veri e propri spettacoli per gli occhi, che era un
piacere visitare ... Si passava dalle piccole architetture in miniatura, ai paesaggi
esotici, alle copie fedeli degli ambienti della Terrasanta, alla realizzazione
di verosimili paesaggi di montagna o campagna. Nei Presepi figuravano borghi
medioevali, valli alpine, deserti aridi del lontano Oriente, laghi pescosi
pieni di Pescatori ... Ci si immergeva fisicamente dentro a certi paesaggi: tanto
era vero che a volte ci s’infilava in mezzo a statue e ambienti a misura d’uomo
… e le sensazioni e richiami che si provavano erano quindi davvero particolari.
Erano vere e proprie emozioni grandi e piccole a cui
partecipare: una specie di spettacolo itinerante sparso in giro per tutta
Venezia.
Erano decine su decine i Presepi da “pellegrinare”
in giro per Venezia … Ricordo anche di come ogni tanto c’infilavamo in qualche
pasticceria o bar per riscaldarci un poco bevendo una bella cioccolata calda …
e poi tornavamo di nuovo a infilarci dentro al frizzante gelo delle chiese
Veneziane “vestite a festa come Spose”.
Bei ricordi … Ogni volta che entravo in una chiesa Veneziana
sbalordivo per la sensazione che emanava di festosità e bellezza. A certe ore
soprattutto: c’era lo spettacolo delle luci e delle candele, che aumentava
ancora di più lo sfarzo e la sensazione di bellezza e ricchezza. Quell’entrare
e uscire da quelle atmosfere e giochi di luce, ti suggeriva proprio “il
senso paradisiaco della Gloria” ... Era quasi un effetto ipnotico: “una
festa per gli occhi e i sensi tutta da provare”. Quando si entrava
nelle chiese si veniva subito presi oltre che dalla zaffata del profumo nebbioso
e aspro della profusione degli incensi, anche da quello inebriante dei numerosi
Eucaliptus, Calicantus e Allori piazzati ovunque. Le Chiese erano
delle vere e proprie“serre di Piante e Fiori” per non dire:“piccole foreste” a volte per l’abbondanza del verde e delle
decorazioni floreali pendenti e piazzate ovunque: come nei Matrimoni di qualche
ricca quanto nobilissima sposa.
Se si era a Maggio o in Primavera: le Chiese parevano
Giardini e Orti stracolmi di profumate Rose: “Col trucco e parrucco, e
con finimenti preziosi, gioielli, veli pregiati, tessuti unici si vestivano le
chiese di Venezia ... Parevano vive !”
Ho piazzato ed esposto mille volte personalmente traendoli
dalle loro teche, dai capienti magazzini, dalle soffitte e da dentro i
campanili delle chiese: certi artistici Reliquiari Gotici o Barocchi
di legno, argento e oro, e manufatti, arredi, e pezzi d’Arte unici e bellissimi
… Certi Crocefissi Processionali di cristallo di rocca, tempestati di pietre e
oro, o i Calici da Messa, i servizi d’oro e d’argento per le Liturgie, e i
Paramenti in broccato, soprarrizzo, seta, tessuti e intrecciati in oro da magistrali
mani … E i camici, le stole, le tovaglie, i corporali, le palle in autentico
merletto e pizzo di Burano ? … Capolavori unici, pezzi rarissimi meravigliosi …
Quanta bellezza ho visto e toccato con mano!
Perfino certi vasi che riempivo d’acqua e fiori avevano un
indicibile valore, anche se andavano a decorare, e quasi a perdersi in un
angolino di quella specie di “gran teatro” che erano le chiese
veneziane.
Ricordo come ieri, quand’ero ancora Prete ai Carmini di
Venezia negli anni ’80. Nelle notti e giorni di Natale, quando tutto era
magistralmente pronto per la Solennissima Festa, mi fermavo
silenzioso proprio a contemplare e far mio quello spettacolo, che quasi mi
parlava … Era anche quello una specie di messaggio, uno speciale effetto, un
tramite attraverso il quale filtravano certi “contenuti superiori”
che allora erano il senso profondo e vero di ciascuna Festa ... e del mio
vivere da Prete.
Ho nostalgia, lo ammetto, di quell’input speciale che le
chiese veneziane “vestite a Festa” sapevano e riuscivano a
trasmettere … Alle menti semplici se volete, ma anche a chiunque, credente o
no, fosse disposto per un attimo a farsi ammaliare da quelle particolari
atmosfere uniche.
Dietro a quel speciale tripudio, a quel risultato visivo
d’effetto … Io lo so bene, perché vi ho partecipato molto in prima persona,
c’era l’opera indefessa e industriosa di lavoro e applicazione di diverse
persone. C’era il lavoro del Sacrestano e degli Affecionados
di cui ogni chiesa un tempo era ben fornita … E c’erano anche i finanziamenti
di quel lavoro e di quegli imponenti allestimenti ... Ogni anno il Piovano
destinava particolari quote per approntare tutto quello spettacolo di“Gloria & Luci”.
Oggi non è rimasto più nessuno: né il Piovano a mettere a
disposizione i soldi, perché i Preti sono diventati pochi, vecchi e malandati,
e distratti per di più, incuranti inoltre di considerare e continuare certe
tradizioni. E poi soprattutto: non ci sono più le persone che contribuivano
fisicamente e partecipavano passionalmente a tutto quell’allestimento festoso
... Non ci sono poi le persone, i Veneziani. Non c’è più chi affollava le
chiese accorrendo al suono della campanella ... Oggi la maggior parte delle
chiese veneziane è desolatamente chiusa, disertata, buia, spoglia e spenta. Anche
se saltuariamente qualcuna apre i battenti, al suono raro della campanella non
accorre quasi più nessuno. Le panche della chiesa all’ora degli sparuti quanto
modesti Riti sono occupate “da quattro gatti” ... o da nessuno.
Che desolazione e tristezza che mi hanno comunicato certe
chiese Veneziane che ho rivisitato in questi ultimi tempi. Le ho trovate del
tutto svestite, spoglie e insignificanti visitandole … Neanche vagamente
somiglianti al tanto che sono state un tempo ... fino a qualche decennio fa.
Ho trovato qualche chiesa del tutto immersa nel buio ...
Tetre erano le pale d’altare appese alle pareti: quasi invisibili … Chiazze di
buio irriconoscibile, anche se di pittori famosissimi, che meriterebbero
miglior sorte e valorizzazione ... In certe Chiese Veneziane l’unica cosa illuminata era il gabbiotto dove stava la
studentessa o il donnino di turno a vendere il prezioso biglietto d’ingresso …
Tutto il resto: morto.
Grandi ambienti del tutto privi della vitalità che
sprizzavano esuberanti, quasi incontenibili un tempo. Nessun segno “di
Gloria” da assaporare, e in cui provare ad addentrarsi … Zero del tutto
... Peggio di un museo polveroso lasciato a se stesso.
Non vi dico poi dei silenzi che avvolgono tutto … Pare
d’essere dentro a un Cimitero. Le chiese Veneziane di ieri,
invece, traboccavano di vitalità, Musica e Allegrezza. A volte alla fine di certe partecipate
cerimonie pareva d’entrare sotto alle volte di un affollato bazar o al Mercato pieno
di colori, sapori, odori e persone di Rialto … Ogni chiesa di Contrada
Veneziana aveva il proprio organista, i propri strumenti musicali, e il proprio
Coro con tanto di Maestro. Le Solennità festive erano accompagnate da vere e
proprie Cantate e Suonate Artistiche preparate appositamente per
la Festa. E non si cantava e suonava di certo“la gigiòtta”, ma
s’interpretavano pezzi importanti con grande passione, applicazione e costanza
... e l’effetto e il successo erano assicurati ... e “il senso della
Gloria” cresceva ulteriormente.
Anche la Musica, e le Persone erano corollario e contorno, e
non da poco, di quel “vestire a Festa” delle chiese Veneziane. Le
volte delle chiese si riempivano e risuonavano di specialissimi echi e
piacevoli contenuti acustici. Certe chiese erano state costruite studiatissime
per favorire certi effetti speciali, che davano appunto “il senso della
Festa dentro alla Festa”.
Non è rimasto quasi più niente oggi … Quasi nessun organo
suona ... Quasi nessuna Cantoria è gremita a Natale ... Nel mio recente giretto:
sette chiese su dieci di Venezia erano chiuse, barricate e spente. Una era
aperta ai turisti, ma spoglia e disadorna del tutto, mentre un’altra esponeva
timidamente qualche rimasuglio di un tempo, associandovi un presepiotto
rudimentale e talmente modesto da chiamare Pietà: “Meglio che niente”
ha commentato qualcuno … Poche, pochissime: una chiesa soprattutto, l’ho vista
presentare e sfoggiare timidamente qualcosa del tanto che è stata un tempo. Infatti:
la sensazione entrando lì dentro è subito di“tepore piacevole”.
Un unico anello rimasto di una preziosa catena che esisteva
un tempo.
Qualche tempo fa, uno degli ultimi Preti rimasti
definiva tutto ciò che ho detto e scritto su questo argomento, in modo
spregiativo dichiarando quelle atmosfere
di un tempo: “Tutta apparenza inutile … Bagliori da palcoscenico … Amore
per le stràsse, i paludamenti, il vestire esagerato di statue e ambienti …
Lustrini buoni per le Allodole, che non sempre inviano al senso vero e profondo
delle cose che contano.”
Tutto vero … ma forse anche no.
Quante persone hanno sentito, provato, partecipato,
condiviso, ammiccato, e si sono rese propense e affini attratte e condotte da
quella che potrebbe sembrare solo teatrale apparenza. Anche il contorno serve, l’appeal,
il corteggiamento amoroso, il figurare bene, ed è importante anche l’approccio emotivo
che si ha con un ambiente … E’ vero poi, che come con una bella donna: valgono i
contenuti, e che “casca il palco” a volte quando
qualcuno/a apre la bocca, o si atteggia un poco al di là delle ingannevoli apparenze.
Tutto vero … Ma è altrettanto vero che spesso l’esteriorità è
espressione di ciò di prezioso che si porta dentro ... Serve l’uno e l’altro
perché ci sia contenuto … E anche perché accada la Festa e l’Incontro.
Venezia oggi è un po’ come i capelli in testa di chi non è
più giovane ... Un tempo li pettinavi da una parte o dall'altra
indifferentemente, provavi cento acconciature diverse, stavi bene lo stesso ...
Ora c’è solo il bisogno di nascondere e supplire alle perdite, alle aree rade,
alle calvizie e alle stempiature ... Si prova ad apparire lo stesso in qualche
modo ... Sei sempre tu: sempre lo stesso, sempre quello ... Ma c’è poco da
fare: non sei di certo più quello fulgido, bello e pimpante di un tempo ...Bisogna
arrendersi agli anni che passano, e prendere atto che oggi si è diventati così
… Diversi da ieri, e forse anche da domani.
Termino con un ultimo aneddoto-episodio … Negli anni ‘82-87,
quando vivevo da Prete ai Carmini di Venezia, c’era un tizio strampalato non
più giovanissimo. Un tipo magro come un chiodo, tutto nervi e sempre incazzato
col mondo. Ce l’aveva espressamente con me, tanto che ogni volta che
m’incontrava per strada, senza averlo mai provocato, né avendogli mai detto
nulla: mi gridava dietro di tutto e di più, insultandomi e offendendomi, e
facendomi ogni volta gesti espressamente minacciosi.
Arrivava perfino a sputarmi dietro qualche volta quando
m’incrociava casualmente.
Motivo ?
Perché secondo lui, nella sua concezione
Cattolico-Tradizionale-Veneziana: ero troppo dissacrante, trasgressivo e
moderno: “Prete sporco e falso ! … Maledetto ! … Rovinadòr de Cjèse, Popolo
e Famègie !” mi gridava le volte in cui si sapeva contenere di più.
Da quello che mi diceva chi lo conosceva un poco, nei Bar e
nelle Osterie andava dicendo: “Che ero un Prete troppo moderno, e troppo distante
dalle sane tradizioni e dalle Regole della Santa Chiesa …”
Trascorreva buona parte delle sue giornate a salire e
scendere su traballanti scale decrepite per abbellire volontariamente le chiese
Veneziane: “Per renderle belle come spose biancovestite”… Che
paradosso: le apprezzava come me, alla stessa mia maniera.
Mi vedeva comunque come fumo negli occhi, come: “Un
dissacratore … Uno spegnitore importuno di un modo d’essere e fare di quell’ultima
epoca Cristiana e Cattolica Veneziana … Un ammodernatore morboso delle cose
ecclesiastiche che la Chiesa non meritava … Un tipo pericoloso di cui detestava
ogni predica e comportamento ... Gli dava fastidio soprattutto che andassi in
giro con la chitarra, e senza la lunga veste nera talare ... Sembra più un
vagabondo che un Prete.” diceva arrabbiato.
Aveva detto più volte in giro che se avesse potuto mi avrebbe
messo le mani addosso e dato una bella lezione … Saputo questo il mio vecchio Piovano si
preoccupò per me al punto tale che fece richiamare l’ometto da quelli che lo
conoscevano, e m’invitò accorato a non andare troppo in giro da solo di notte …
per timore d’incontrare quell’uomo per strada magari ubriaco, come succedeva di
frequente … Diceva … Diceva così di me … Ma non ero affatto così: ero solo un
Pretino giovane con un po’ d’entusiasmo, che non accettava di vivere da
nostalgico dei tempi che furono, né incartapecorito nei Dettami di un messaggio
religioso vetusto, datato e ormai superato dai tempi moderni. Non intendevo affatto
cambiare né liberare la Chiesa da se stessa, né tantomeno spogliare le Chiese Veneziane
dalle stràsse e dai suoi fedeli … Anzi: volevo proprio quelli e quelle … Ma c’era
in quegli anni in giro per Venezia un certo numero di persone vetuste dentro e
nei modi, dedite a rincorrere fantasmi vuoti, solo scenici, esteriori e
nostalgici, tutti ligi a regole che neanche conoscevano: “Sono Veneziani
che vogliono rimanere quel che sono ... Attaccati alle proprie Tradizioni.”
mi spiegavano: “Ma anch’io sono Veneziano, e voglio rimanere tale, e amo
le belle Tradizioni di questa nostra città … Ma non per questo voglio vivere
con i principi del Medioevo, o secondo le regole bigotte che hanno riempito il
1800 e il primo 1900 col Dopoguerra.”
Una notte l’ho incrociato l’ometto … Mi ha riconosciuto, ha
provato a blaterarmi addosso qualcosa mostrandomi il pugnetto, ma era troppo
sfatto e ubriaco tanto da non sapersi neanche reggere in piedi … Ho proseguito
per la mia strada senza fermarmi … e non l’ho più visto, eccetto che nella sua
epigrafe da morto appiccicata sulla vetrina del supermercato alle Zattere.
Mi piacciono ancora le Chiese Veneziane “biancovestite
a Festa come Spose”, anche se non ci sono più … Forse anche per questo
me ne sono andato: perché non mi piacevano le chiese trasformate solo in “botteghe
di Cose Sante”.