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San Basso … a cjèsa col bottòn

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San Basso … a cjèsa col bottòn

Le antiche Cronache Veneziane non finiscono mai di calamitare la mia attenzione: “Pre Nicolò Querini Piovano di San Basso e Canonico di Castello, nonché Prè Bortolo sempre da San Basso, furono coinvolti nella rivolta di Bajamonte Tiepolo contro Venezia soffocata nel sangue.”… Entrambi i Preti vennero banditi “in perpetuo” da Venezia e dai suoi territori ... ed era il 1310, cioè: “solo” 714 anni fa.

E ancora: “Nel 1639 c’è stato un Pievano di San Basso: Prè Francesco, che sentendo in Confessionale da un suo penitente che aveva ucciso un NobilHomo, aveva interrotto la Confessione rinviandone la conclusione al giorno dopo. L’aveva fatto per poter nascondere un suo nipote dentro a un armadio perché potesse ascoltare la Confessione dell’uomo, così da poter poi correre subito dalla Giustizia di Venezia che aveva messo una taglia di 4.000 ducati sulla testa di quell’ignoto assassino. Il sotterfugio funzionò: l’uomo venne arrestato, processato e condannato a morte, e nipote e zioPrete spartirono i denari della taglia incassata ... Accadde però, che le guardie del carcere sentissero l'omicida parlare davanti all'immagine di un Crocifisso dicendo: “E' vero che sono colpevole, ma com’è stato scoperto il mio delitto, se solo Voi: mio Gesù Cristo, io, e il Piovano di San Basso mio Confessore lo sapevamo ?”

Le parole del condannato vennero allora riportate al Tribunale Supremo, che diede subito mandato d’imprigionare il Pievano di San Basso. Non ci volle molto, perché torturato, il Prete confessasse tutto il misfatto architettato insieme al nipote. Venne quindi decapitato il 22 aprile per aver abusato del Segreto Inviolabile della Confessione ... L'omicida, invece: ebbe paradossalmente salva la vita; anzi gli furono dati 2.000 ducati della taglia, ingiungendogli d'abbandonare il Veneto territorio entro tre giorni.”… storie Veneziane.

A inizio giugno 1678 ancora: “Secondo i documenti dei Processi della Quarantia Criminal, il Chirurgo Andrea Ferisato testimoniò che nel sabato notte precedente aveva visionato il cadavere di Andrea Grillo della Giudecca, di 58 anni d’età ... Dopo accurata indagine, ad ucciderlo in Calle di San Basso, risultò esser stato il Prete Don Corinto Maggi Toscano ... Il Giudecchino aveva chiesto l'elemosina al Prete, che l’aveva colpito al collo con una spada … La verità però era un’altra, che cioè il Prete aveva una relazione con la figlia della vittima ... Venne quindi condannato al bando da Venezia, ma nel frattempo era fuggito dileguandosi.”  

 

Cronache e cronachette spicciole dalla piccola Contrada di San Basso, che tanto insignificante non è stata. Di cose e storie da raccontare, infatti, ne avrebbe parecchie.

San Bassoè stata, ed e ancora, quella chiesòla minima nascosta in fondo a Piazza San Marco, talmente nascosta che quasi neanche si vede. Proprio di fronte a lei c’è il “colosso” della Basilica dorata di San Marco, che lungo i secoli “le ha fatto ombra” in ogni senso. Oggi San Basso non funge più da chiesa, perché adibita per metà a bottega e per metà a deposito bagagli-guardaroba, o in alternativa a Sala Concerti … Povera San Basso: che non c’è più.

E’ questo il destino di tante chiese Veneziane medio-piccole: che oggi sono chiuse, dimenticate e cadenti, o trasformate in qualcos’altro che le faccia essere ancora in qualche modo utili.

Ho qualche altra cosetta da dire su San Basso.

La prima: che aveva un nome doppio, cioè che si chiamava: San Basso e San Sabba Abate. Al riguardo si sprecano le Leggende e le indicazioni sulle origini del 1017 o 1076. Non potevano se non essere pompose, cioè affibbiate a una quasi mitica Famiglia Veneziana Elia, che aveva voluto costruire nel centro di Venezia una chiesetta dedicata a San Sabba: un nome e un programma di derivazione e ispirazione tutta Orientale. Ci stava bene lì nel cuore più intimo di Venezia: una chiesola che riassumesse in qualche modo la vocazione-identità di Venezia tutta impegnata ad interagire col Mediterraneo e le Vie dell’Oriente.

Solo in seguito alla chiesetta venne imposto il titolo di San Basso da Nizza, quando cambiarono i tempi e le circostanze storiche. Sapete meglio di me quanto Venezia è stata duttile e mutevole, quasi camaleontica e capace di adeguarsi ad ogni situazione. Basso era un Vescovo Cristiano ovviamente, un Santo più Occidentale, che s’intonava meglio con le economie e i gusti socio-politici Europei a cui Venezia poneva maggiore attenzione nella nuova epoca. Non che il San Basso Europeo avesse subito sorte migliore del San Sabba Abbate Orientale: anche San Basso era stato martirizzato, cioè: interrogato, minacciato, imprigionato, torturato e ucciso il 05 dicembre 250 d.C., trafitto con due lunghi chiodi da nave (Nizza era porto come oggi), che lo attraversarono dalla testa ai piedi ... Non era male quella figura come testimonianza-esempio di assiduità nella difesa della Fede Cristiana … Insomma: San Bassoda Nizza surclassò San Sabba… Anche se per altri, San Basso poteva essere stato, invece: il martire Dasio di Dorostoro chiamato Basso dagli amici ... Non cambia niente … Ai Veneziani di allora tutte quelle storie intrigavano molto facendo loro sempre grande impressione.

La seconda cosa che ho da dire su San Basso: è che è stata una delle chiese della mia infanzia. Quand’ero davvero piccolo, infatti, i miei genitori non hanno mancato di portarmi più volte in Piazza San Marco a Venezia per farmi cavalcare “felice” i famosi Leoncini dell’omonima piazzetta accanto al chiesone di San Marco. Erano i divertimenti “poveri” di allora: per me era un gran gusto “cavalcare e domare quei due Leoncini uno dopo l’altro”, e non c’era volta, quando ci portavamo là dalla nostra Burano persa in fondo alla Laguna, che non costringessi i miei a far tappa nella Piazzetta per farmi compiere l’ennesima cavalcata … Guai a non portarmi: ero“un martello” al riguardo: Leoncini, Leoncini, Leoncini, Leoncini… Finchè i miei cedevano, e tornavo ancora una volta a cavalcare le “Bestie” soddisfatto. Ròbe da bimbi.

Sempre a San Bassoè legato un altro ricordo della mia infanzia ... Notata l’insolita decorazione col buco in mezzo, che stava al centro della facciata della chiesa, la mia fantasia ha cavalcato immaginandolo come un enorme bottone da pigiare per “accendere” l’intera chiesa. Fantasticavo che pigiandolo, quel monumento si sarebbe animato trasformandosi in un’enorme quanto mostruoso Drago pietrosoe sputafiamme… Un Drago buono però, che se ne stava là assopita in attesa che qualche Veneziano si ricordasse di lui … Quando si “accendeva”, sempre secondo la mia testolina: in Piazza San Marco incominciava sempre una spettacolare Festa, perché quel “chiesa-drago” si sarebbe messo a danzare e a fare giochi di prestigio insieme ai Veneziani che accorrevano dando vita a una coloratissima e allegra Sagra senza fine … Lì accanto poi, ci sarei stato anch’io a cavalcare i miei Leoncini senza sosta ... Che dire ? … Questo e altro accadeva dentro alla mia testa di bimbo … ma lasciamo stare.

Ci sono rimasto un po’ male quando ho saputo che i Leoncini della Piazzetta erano “recenti”, cioè del 1722 … Pensavo fossero antichi come i marmi della Basilica, i Tetrarchi di Palazzo Ducale ai quali assomigliano nel colore, o come i Leoni dell’Arsenale. Invece: niente. Sono stati fatti in pietra rossa di Cottanello, e messi là apposta per confermare quel nome nuovo dato alla Piazzetta, che un tempo era il Cimitero di San Basso ... Altri dicono che la stessa Piazzetta in antico era detta anche: “Piazzetta delle erbe”, e che lì accanto c’erano i beni di Dominicus Caput in Collo, che possedeva anche la “pissina Sancti Bassi” interrata nel 1310.

E ancora … Sempre dentro a San Basso sono finito a sei anni insieme a Luigi Costantini: mio compagno d’Asilo e Scuola a Burano. Entrambi siamo stati premiati come “Migliori bimbi della Dottrina dell’Isola”… Di fronte a ossute Delegate dell’Azione Cattolica di Venezia, che ricordo avevano gonne lunghe fin quasi per terra e faccia da zitelle, Monsignor Marco Bevilacqua Canonico di San Marco: ci ha consegnato Diploma e Medaglia d’Oro che conservo ancora “orgogliosissimo” a perenne ricordo … Che cos’era capitato ? … Che le Suore di Burano mi avevano fatto imparare a memoria tutte le domande-risposte dell’intero Catechismo Cattolico ... Vi garantisco che non si è trattato di robetta, perché erano centinaia e centinaia ... Povero me.

Invece di lasciarmi a giocare, le Suore, notata la buona memoria che allora avevo … e la non poca tenacia, non avevano saputo inventarsi di meglio che imbottirla con tutte le nozioni del Catechismo. Per mesi e mesi, infatti, quasi ogni giorno andavo a sedermi accanto alla mitica Suor Teodorica di Burano, che aprendo il Catechismo a caso, mi faceva le domande, e io … rispondevo chiudendo gli occhi, quasi andassi a leggere le risposte dentro alla mia testa … E rispondevo esattamente per di più, pur avendo solo cinque anni, e avendo da poco imparato a leggere avviato dalle stesse Suore.

“Una macchinetta da Catechismo”: ecco in che cosa mi avevano trasformato le Suore … “Strucca el botòn” della domanda: e veniva fuori la risposta giusta … Per fortuna poi che a giocare ci pensavo io “devastando non poco il loro Convento … e anche le Suore stesse” ... ma questa è un’altra storia.

Il Catechismo insomma: “era quella roba delle cinque della sera che dovevo sorbirmi dopo la pausa della merenda con pane e marmellata delle quattro” sempre a casa delle stesse Suore. Era una specie d’impiccio obbligato che subivo, parte integrante delle tante cose che dovevo fare rimanendo dalle Suore da mattina a sera … A loro, infatti, venivo affidato per qualche anno e ogni giorno dalla mia Mamma, che doveva recarsi a Venezia ad accudire il mio fratello piccolo che stava male ... Un male da morire.

Si … Avete letto giusto: per qualche anno sono rimasto a condividere la mia giornata con le Suore … Sapeste quanto mi sono divertito lì dentro, quanto ho imparato da loro, quante cose ho scoperto, e quante persone ho incontrato in quel Convento Buranello ... Ma era pur sempre un Convento di Suore, per cui mi hanno affibbiato anche “cose da Suore”: tipo la faccenda del Catechismo a memoria.

Conservo ancora alcune foto di quella mia mitica premiazione infantile. Mi si vede con indosso “l’abito da festa”, ma non perché quella fosse una specialissima festa … Si: lo era anche … ma soprattutto perché quando uscivamo dall’Isola di Burano per recarci a Venezia: era per noi sempre Festa … E quindi: come facevano gran parte dei Buranelli, s’indossava l’abito buono … Quasi sempre: l’unico che ciascuno possedeva oltre al “càva e metti quotidiano” che avevamo: un vestito a lavare, aggiustare e stirare … e l’altro addosso.

Quel giorno in San Basso dicevo, sono stato premiato con Luigi Costantini, che il Catechismo a memoria, a conti fatti, non lo sapeva affatto come me, ma aveva una zia Suora: “cosa equivalente”, che mi diede un certo fastidio ... Cose della vita … Vent’anni dopo, fatalità, sono finito a fare il Prete proprio nella chiesa-Parrocchia dei Carmini gestita da Don Giuseppe Bevilacqua: il fratello Prete di quello che mi aveva premiato quel giorno a San Basso ... Gira e rigira: sempre attorno ai Bevilacqua sono vissuto, che erano quelli della famosa e storica Manifattura Tessile Veneziana, che sopravvive ancora oggi nei pressi di Riva di Biasio nel Sestiere di Santa Croxe a Venezia ... Dettagli curiosi ... Ma torniamo a San Basso con le sue vicende.

Si fatica oggi vedendo quell’edificio, a immaginarlo pieno d’attività, storie e fervore. Sembra quasi impossibile che quel semplice “salone decorato” possa aver ospitato così tanta Storia, presenze e persone ... Eppure è stato così: questa è Venezia, dove quasi sempre anche una semplice pietra ha spesso un suo perchè e una storia ... Figuriamoci se una chiesuola come San Basso non ne possa avere !

Mi fa tristezza e “miseria” quindi vederla ridotta così ... Sarò forse un Veneziano troppo nostalgico, troppo amante della Venezianità con le sue infinite storie ... Che volete farci ?

I nomi della Contradadi San Basso erano e sono quelli belli, tipici di Venezia. E’ piacevolissimo ancora oggi starci dentro e passarci attraverso … Sono rimasti quasi del tutto gli stessi che si possono notare citati nelle mappe antiche Veneziane, tipo quella diLudovico Ughi del 1730 per citarne una: Sottoportego e Corte de la Zòia, Calleselle de Castel Cimesìn, Calle del Pellegrìn, Calle, Ramo e Corte Canonica, Calle de la Rizza, Calle dei Specchieri, Ramo del Vin… Sembra quasi il ritornello di una canzone tutta Veneziana: Calle dei Segretari, Sottoportego e Corte de le Carriole, Spadaria, Ponte dei Feràli, Mercerie e Marzaria… Siamo proprio nel cuore di Venezia, nel Sestiere di San Marco: Calle Larga San Marco, Calle San Basso, Piazzetta dei Leoncini: La chiesòla è incastonata negli edifici circonvicini alla mirabile Torre dell'Orologio ... L’appuntita facciata è incastrata e nascosta dentro a una calle, e un lato guarda proprio la Basilica di San Marco.”

“A inizio primavera 1224: Stefanus Viadro del Confinio di San Julianus e Vendelin del Confinio di San Basso presentarono fidejussione per Petrus Osbergerius per acquistare 4 miliaria d’Olio dirette a Cremona e Mantova.”“In Contrada di San Basso oltre ad esserci Cà Anzelèri, c’era anche fin dal 1282 un Ridotto di Nobili sito in una Loggia della stessa Contrada, dove i Nobilhomeni Patrizi si recavano a riposare e discutere.”

Del 1416 è, invece, un accordo fra l’Abate del Convento dei Santi Filippo e Giacomo e Antonio Negro Coltràio di San Basso, che chiese e ottenne d’avere un’Arca(una tomba) in chiesa di San Basso pagandola 6 ducati d’oro in 3 anni … cioè l’equivalente di un “pennello”(asta-gonfalone processionale decorato-dipinto) che aveva realizzato per la Fraglia di Sant’Apollonia.

Sono due esempi presi a caso, per sottolineare l’indole economica Veneziana radicata e presente fin dall’antico anche nella Contrada di San Basso.

“Gran bubaròni di fiamme in successione” punteggiarono e scandirono in seguito la storia della chiesòla di San Basso, ovviamente con successive e pronte ricostruzioni … Chissà come sarà stata la prima fabbrica di San Basso ? L’ultima è quella che si può vedere adesso: quella col buco in facciata, frutto della mano di Baldassare Longhena… Si tratta dello stesso Architetto arguto che ha issato il Tempio della Madonna della Salute al di là del Canal Grande durante la Peste del 1620-30.

Il “Beneficio di San Basso era ricco di più di 2.000 ducati d’entrata”… Perciò era da sempre considerato un “bel bocconcino appetitoso” per i Preti Veneziani… Lo fu di sicuro per Prè Lorenzo Zappella, che usò San Basso come trampolino di lancio per diventare a tutti costi Vescovo … E a che altro poteva aspirare un Prete ? … Spese e spanse ogni risorsa in suo possesso per “ungere di qua e spingere di là” a suo favore per ottenere la sospirata nomina … ma niente da fare. Aveva contro il tosto Antonio Suriàn Patriarca di Venezia, che non lo stimava per niente. Anzi: lo considerava petulante, un arrivista ambizioso, e un ignorante di bassa cultura … Brutte credenziali insomma per Prè Lorenzo, che gli impedirono di diventare Vescovo come avrebbe voluto … Avrebbe dovuto forse spendere più soldi … Mah ? … Non so ... Forse: si.

Secondo le Cronache: “A guardar dentro a San Basso: c’è poca cosa … La decorosa Pala d’Altare di Leonardo Boldrin andata perduta (venduta, rubata ?), e la Tomba di un Segretario del Consiglio dei Dieci: Giambattista Adriani, Homo di nobile ingegno e maneggio”… Già questo dice molto su San Basso, perché nel 1661, verso fine marzo, durante le SolennissimeEsposizioni del Santissimo del Perdon del Cristo, prese fuoco tutto un’altra volta … Vi lascio immaginare il numero delle candele accese per l’occasione, e l’esuberante corredo che s’era fatto indossare alla chiesa per quella ricorrenza. Più volte mi è piaciuto ricordare che i Veneziani amavano “vestire” le loro chiese: “come Spose biancovestite”… Fu un altro “bubaròn de fògo … come un gran Panevìn”: il tradizionale falò della Befana delle Campagne Venete A niente valse l’accorrere puntuale degli Arsenalotti e di tutti gli altri: si salvò la Contrada, ma non la chiesa.

Solo sei anni dopo, finanziata dal Doge e dai Procuratori di San Marco, che c’investirono soldi, argenti e risorse di valore, San Basso venne riaperta un’altra volta “rifatta al modo moderno, con marmi e mezzelune illuminate: stavolta su disegno del Benoni”.

Misteriosamente associata e data in gestione al Vescovo di Jesolodal 1088 al 1110, e poi data in commenda nel 1365 da Papa Urbano V a Domenico GaffaroPiovano di San Basso diventato Vescovo di Cittanova-Eraclea pur risiedendo lo stesso a Venezia. Solo dal 1418 su concessione diPapa Martino V, e su pressione del Senato Veneto e dei Parrocchiani della Contrada, San Basso divenne parte integrante del Patriarcato di Venezia, col Patriarca Giovanni Francesco Morosini che andò a prenderne ufficialmente e pomposamente possesso accompagnato da tutto il suo seguito di Preti e Fedeli della Contrada.

Curiosa la storia del Vescovo Gaffaro Piovano di San Basso, famoso a Venezia per aver fatto una permuta coi Procuratori di San Marco di alcuni stabili di ragione della chiesa di San Basso posti sulla Pubblica Piazza. Fece trasformare gli immobili proprietà di San Basso e dei Veneziani, in tanti Imprestidiper lire 6.465 di grossi che fece depositare a suo credito … Solo nel 1418 quei denari vennero restituiti al Piovano, Capitolo e Fabbriceria di San Basso che ne erano gli autentici destinatari e proprietari ... Furbetto … e avido, vorace … il Gaffaro !

Proveniva dalla Famiglia che abitava ai Tolentini, dove ancora oggi c’è Fondamenta e Ponte che portano quel nome ... La notte del 26 novembre 1370 il Vescovo-Piovano Gaffaro fu vittima di un selvaggio attentato. Gli autori dell’aggressione furono un suo servo-schiavo Giovanni di cui si fidava ciecamente, suo fratello Pietro, e un’altra serva-schiava friulana: Caterina, che Giovanni aveva convinto a suon di regali e promettendole di sposarla ... Donne abbindolate ieri come oggi … Lo scopo era uccidere il Prete-Vescovo per derubarlo. Lo assalirono quindi nel sonno con un pugnale ferendolo gravemente alla gola e al petto, e credutolo morto, gli svaligiarono la casa sottraendogli denaro e oggetti preziosi. Poi se ne fuggirono usando una barca dello stesso padrone ... Scattato però l’allarme, i tre in fuga vennero acciuffati e sottoposti “al tormento”, dal quale derivò “piena confessione” come succedeva spesso a Venezia.

Giovanni in particolare come primo responsabile, e Pietro quindi, per sentenza della Quarantia Criminale, il giorno dopo venne portato con una chiatta ai Tolentini di Santa Croxe fino alla casa del Vescovo, e lì gli venne amputata la mano destra ... Di là, con la mano appesa al collo, venne portato a Rialto: dove gli furono inferti quattro colpi di tanaglia infocata: uno per gamba e per braccio, mentre un Banditore gridava ad alta voce il delitto commesso” ... Infine venne trascinato fra le due colonne della Piazzetta, ed ivi tormentato con altri quattro colpi di tenaglia: due sul petto e uno per ogni coscia, accoppato e finalmente messo a quarti che penzolarono per alcuni giorni dalle forche, e quindi furono appesi a pubblico esempio nei soliti Quattro Cantoni di Venezia, cioè: sulla via di Chioggia, di Padova, di Mestre e San Nicolò di Lido.

La serva Caterina, invece: venne bollata a fuoco, le fu mozzato il naso, e venne bandita da Venezia. Le Raspe (registri-verbali) della Quarantia Criminal raccontano che forseil Vescovo Gaffaro non era morto del tutto, ma che incorse solo in paericulo vitae... Poco cambia nell’economia di tutta la truculenta vicenda.

In quegli stessi anni, al tempo del Doge Andrea Contarini: diversi Veneziani della Contrada di San Basso contribuirono non poco a finanziare lo Stato Veneziano per la guerra contro i Genovesi a Chioggia. La Contrada nell’insieme offrì più di 80.500 lire, e fra i tanti si distinsero nel contribuire: il Nobile Nicolò Lionche diede 14.000 lire, l’abbienteAnzolo dalla Croxeche diede 600 lire, eArrigo dalle Biazodelle (1.200 lire), Francesco dalla Fontana (600 lire), Francesco dal Capello e Francesco Trivellacon lire 1.000 ciascuno,Polo dalla Volpe (300 lire), e Donna Tora Sensèra, che mise a disposizione la bella somma di 2.500lire ... Gran bella lista di Veneziani generosi e amanti della Patria.



Fin dalla prima metà del 1500 e fino al 1808 Preti come Prè Bernardinus Cavaionus, che era anche Canonico di San Marco, Prè Battista Rocchetta, Prè Girolamo Lupini, Prè Zuanne Zanni
e Prè Benedetto Schiavini condussero la Piovania di San Basso compilando il "Libro delli Batizi e de li Cresimatti in San Basso”, e il “Libro de li Sposàri con la nota e filze de le Pubblication et Matrimonii”.

Inoltre, durante tutta la terribile Peste che decimò Venezia, i Piovani di San Basso redissero anche il "Liber Mortuorum” dei Veneziani deceduti in Contrada. Nel gennaio 1630 si titolava nel Libro: “De mandato delli Illustrissimi et Eccellentissimi Signori Sopra Provveditori e Provveditori alla Sanità si comete a voi, Reverendo Pievano di San Basso, che nella notta che mandate quotidianamente all'Offitio nostro delli feriti dobbiate speccificar se sono in case libere overo in case segnate et così essequirete in pena e arbitrio nostro.”

Curioso ritrovare nell’Archivio di San Basso assommate e raccolte insieme: sia le “Delibere, documenti, notifiche ed informazioni del Consiglio dei Dieci, Provveditori Sopra Monasteri, Provveditori alla Giustizia Nova e Provveditori da Comun dal 1524”, che le “Corrispondenze con le Autorità Civili, e Carte attinenti all'anno 1797 della Libertà Eguaglianza dirette al Parroco di San Basso", che le “Carte del Regno d'Italia” del 1805-1808.

Verso la metà del 1500, proprio in Contrada di San Basso abitava il pittore Giacomo Palma il Vecchio, che consegnò il suo testamento nelle mani di Alvise Nadal: Piovano di San Boldo e Pubblico Notaio. Vi abitava anche Modesta da Pozzo detta Moderata Fonte: Poetessa e letterata Veneziana, moglie dell’Eccellentissimo Missier Filippo de Zorzi Avvocato al Magistrato delle Acque, morta a soli 36anni Risiedeva in Contrada anchel’Architetto Jacopo Sansovino: “al principio delle Procuratie Vecchie, in una casa che fin dal 1529 gli era stata assegnata dal Pubblico”. Nel Libro dei Morti di San Basso, dove venne fatto il suo Funerale, si legge il suo necrologio: “27 novembrio 1570. Ms Jacopo Sansovino Proto della giesia di San Marco, de anni 91, amalà un mese e mezo de malatia di vegeza”.

 

Ancora nel 1565 davanti alla porta di San Basso sorgeva un Portico Sacro dove c’erano delle Arche di sepoltura ambitissime … Fu il Procuratore di San Marco Giovanni Da Lezze che trattò col Piovano di San Basso per demolirlo: “per dar continuità ai disegni dei Portici del Sansovino sulla Piazza.”… Ogni cosa aveva un suo prezzo: anche una demolizione, visto che il Piovano di San Basso percepiva “solo”18 ducati ½ + gli“incerti di stola” di Battesimi, Messe, Matrimoni e Funerali, e doveva anche pagarsi l’affitto della casa dove abitava. Doveva anche mantenere la chiesa con i tre Altari, 150 Comunioni, e pagare 2 ducati per la“taxa Praeceptoris Sexterii Sancti Marci”… Quante spese ! … per il povero Piovano, che taceva però dal dire che percepiva anche altri 120 ducati da 6 Mansionerie di Messe Perpetue che celebrava in chiesa intascandone il compenso.

 

Sempre i soldi di mezzo … Quando si è esosi poi …

 

Durante il 1600, fino all’epoca della Peste e del furioso incendio che distrusse del tutto San Basso, in Contrada erano aumentati gli abitanti giunti ad essere quasi 500. C’erano anche: 79 Botteghe, che divennero quasi 100 nel secolo seguente ... Prè Zuanne Corte era Piovan di San Basso quandol’Intagliatore Marco Beltrame, i Tagjapiera: Bortolo, Francesco e Girolamo Garzotto, e i Murèri: Bressanin Giacomo, Matio Mattio e Giacomo Vincenzi lavorarono per il restauro della chiesa e il ripristino-abbellimento della Sacrestia dopo l’incendio.

Ma che capitava dentro a San Basso in quegli anni di moria di Peste ?

Tante cose, che neanche immaginiamo … Come in tutte le chiese Veneziane, venivano ospitate “a pagamento” s’intende, “e con regolare tenore d’affitto”, diverse Schole d’Arte, Mestiere e Devozione dei Veneziani. A tale proposito, in San Basso ci fu un Piovano “particolarmente devoto e ordinato” che ha preteso che tutte le Schole ospitate in chiesa indossassero soprattutto nelle Processioni un costume-abito elegante e preciso “ad hoc”: “perché ogni Schola mostri lo stile che contraddistingue ed esprime il prestigio della Nobile Chiesa dirimpettaia della Dogale San Marco.”

In San Basso venne ospitata: la Schola-Sovegno di San Giacomo dei Stramassèri (Materassai) ... Sovegno stava ad indicare che la Schola oltre alle Devozioni, e a normare i Mestieri: sovveniva, cioè forniva di sussidi di natura previdenziale e medica i suoi iscritti. L’Ente Schola: pagava medicine e consulenza Medica, forniva quote a chi era infermo in casa, e sussidi a chi era impossibilitato di lavorare e mantenersi.

Erano l’I.N.P.S. e l’I.N.A.I.L. di allora …


Fin dal 1660 e per tre secoli, fu ospitata in San Basso anche: la
“Schola della Beata Vergine della Buona Morte”, che ancora nel 1804 possedeva in chiesa una Madonna “intagliata in piedi a misura di persona”, vestita con 9 abiti, un manto nero listato d’argento, e diversi ori preziosi (tutto venne rapinato e venduto all’asta nel 1808). Scopo precipuo della Schola della Buona Morte ovviamente: era curare il Suffragio dei Morti della Contrada“A gratis” direte ? … Anche no: in cambio della “partecipazione ad Indulgenze”: una specie di “garanzia di sconto e clemenza” dalle pene del Giudizio col conseguente accesso facilitato all’Eternità.

Non sorridete perplessi … Ci credevano per davvero a quelle cose a Venezia e in quei tempi, e non in pochi, tanto è vero: che quelli della Contrada s’inscrivevano in gran numero alla Schola, pagando 5 soldi al mese per avere certa quella “garanzia di Clemenza e Salvezza” per se, o applicabile a qualche parente o affine che era già Morto.

 

Curiosità di una Venezia e di Veneziani che ci sono stati e non ci sono più.

Curiosamente ancora: la Schola della Buona Morte teneva regolarmente un Banco in chiesa dove riceveva “ordinazioni” di Messe e richieste d’Indulgenze. Faceva poi celebrare 3 Messe al giorno sull’altare, che le aveva dato in concessione la Schola del Santissimo per suffragare tutti i Morti della Contrada… Ogni iscritto “alla Buona Morte” doveva versare: 31 soldi al mese … Alla Morte di ogni Confratello: la Schola s’impegnava a trovare 31 Sacerdoti per celebrare altrettante Messe di Suffragio ... Chi versava solo 6 soldi al mese: aveva diritto solo a 12 Messe … La Schola aveva anche “un Bidello d’Onore” che stava sulla porta di San Basso o sfilava in Processione nelle Feste: “con cappa, mazza processionale, e le impronte della BeataVergineMaria della Morte conforme a quelle di Roma”.

E’ innegabile che la Schola della Buona Morte si sua data parecchio da fare per la chiesa di San Basso e il suo Clero. Donò 300 ducati “per solo motivo di Pietà e Carità Cristiana” per ricostruire la chiesa nel 1671, pagò per costruire un nuovo altare, “e per una nuova Pala dipinta con le Anime Purganti”, e diede ulteriori 100 ducati per incassare in parete un nuovo organo nel 1681 … Nel 1687 invece: la Schola, ricevuto in dono l’Altare del Crocefisso dalla Famiglia Giovan Battista Acquisti, s’impegnò “a mantenerne e curarne la Mansioneria delle Messe”… Allo stesso modo, ricevette in dono anche l’Altare di Sant’Antonio dentro a San Basso, con l’onere: “di una Messa Solenne cantata e suonata con l’organo nel giorno della Festa del Santo.”… Nel 1695 la stessa Schola dei Morti acquistò dai Preti di San Basso, d’intesa con la Schola del Santissimo la stanza sopra alla Sacrestia “che guarda la Piazzetta”… Elesse anche due Infermieri per la Visita agli Infermi nel 1702, e finanziò tre anni dopo: “la Novena di Natale in chiesa con discorso, Rosario, Litanie e suono dell’organo”… Mise anche la Madonna intagliata in piedi” accanto all’altare, dando 330 lire ad Antonio Tarsia per realizzarla. Il Piovano di San Basso donò allora un’area della chiesa alla stessa Schola dei Morti per realizzare una nuova Arca(tomba) per gli iscritti della Contrada … Ed era il 1720.

Si trovò però in difficoltà la Schola dei Morti nel dover pagare tutte quelle spese ai Preti e ai Cantori, e nell’addobbare la chiesa per la Novena di Natale, per cui si determinò a chiedere soldi ai 9 ex Governatori della Schola, chiedendo loro d’impegnarsi e pagare di tasca propria per ciò che avevano inizialmente voluto e iniziato nei tempi addietro … Nel 1723 si elesse un apposito Esattore dei soldi dovuti dagli iscritti alla Schola. Avrebbe avuto il 10% delle riscossioni ... Ma nel 1739, essendo calati i proventi da riscuotere, si decise di dargli un fisso di 12 ducati annui, così che quello dell’Esattore divenne lo stesso: un lavoro … Giunto il 1744, i Confratelli Vivi e Morti iscritti alla Schola erano talmente diminuiti, che era difficile eleggere i Tre Governatori previsti dalle norme della Mariegola. Se ne elesse uno soltanto ... Poi: non si trovavano più Confratelli, per cui il Governatore dovette metterci 40 ducati del suo per far funzionare la Schola … Si provò a far pagare di meno ai Confratelli, passando a 12 ducati annui anziché 18 e 12 soldi … Si auspicava anche che ci fossero almeno 40 iscritti … Ma: niente ... I tempi stavano decisamente cambiando: “pareva che i Veneziani avessero meno bisogno di Clemenza, Misericordia e Salvezza Eterna.”

Per risparmiare ancora, nel 1762 si passò a celebrare solo due “Messe lette” quotidiane, usando solo l’Altare di Sant’Antonio che era quello che costava meno affittarlo dai Preti ... Si portava comunque ancora in Processione in giro per tutta la Contrada il Cristo col la Madonna Vestita, sperando così di racimolare ancora qualcosa … Ma si finì con un passivo dei conti di 749 lire.

E’ questo un brevissimo lampo sulla storia di una delle tante Schole-Associazioni di Arte, Mestiere, Devozione, Carità e Nazionalità presenti a Venezia … Fra Grandi e Piccole, ce n’erano più di 250.

In San Basso c’era ancora: la “Schola della Beata Vergine del Buonconsiglio” il cui significato e utilità la potete intendere da voi … Nel 1756: il Cavaliere Giovanni Battista Ferracina era ancora il proprietario dell’Altare di Sant’Antonio, e anche dell’immagine-copia della Madonna del Buonconsiglio portata da Scutari a Genazzano ... Ferracina dava in uso a pagamento il suo “altare privato” alla Schola-Compagnia per la Novena dell’Assunta, permettendo alla Schola di metterci un suo quadro, e di celebrarvi Messe ed Esposizione del Santissimo… Come tutti gli appartenenti alla Sacra Lega di Genazzano, gli iscritti alla Schola avevano l’obbligo di far celebrare una Messa l’anno, o far in alternativa una Comunione di Suffragio a Beneficio dei Confratelli Vivi e Morti… Ecco ancora rispuntare i Morti della Contrada di San Basso.

Ogni Defunto Veneziano, se iscritto alla Schola, aveva diritto a 6 Messe di Suffragio… Era pochetto in verità per i canoni di allora, ma meglio che niente: “quelli della Schola dicevano che forse era sufficiente per Salvarsi”… Ogni sabato e nei giorni della Novena: si provvedeva a far celebrare una Messa Bassa(non solenne e cantata: cioè Alta)… Nel 1761, invece: la Schola giunse a un accordo col Capitolo dei Preti di San Basso per celebrare tre Messe Solenni l’anno nell’Ottava dell’Assunta, per l’Elezione della Nuova Banca della Schola, e nell’Ottava dei Morti.

A proposito di Messe da celebrare … C’era attivo in San Basso anche il “Venerando Gruppo” della Fraterna dei Sacerdoti dediti alla Natività di Maria ... Raccoglieva 15 Preti iscritti: sei dei quali officiavano in San Marco, ma tutti partecipavano indistintamente a celebrare le numerose Messe di San Basso ... Dopo l’incendio della chiesa, i Preti della Fraterna passarono nella non lontana chiesa della Madonna del Giglioo Santa Maria Zobenigo chiedendo l’uso dell’Altare della Madonna per continuare a celebrare “in trasferta” le loro Messe … Per questo continuavano lo stesso a finanziare il Piovano di San Basso: dandogli un ducato annuo “perchè tenesse in conso l’organo della cjèsa”In seguito tornarono di nuovo in San Basso “per cantare Messe da Requie”(Messe da Morto), per le quali rilasciavano regolare ricevuta (Fede):“anche circa l’osservanza e l’applicazione dei Lasciti della Commissaria Zanini istituita dal Piovano di San Basso Giuseppe Zanini (morto nel 1739), che lasciò per testamento un capitale perché gli venissero cantate le Messe in Memoria”.


E ancora dopo ancora: in San Basso funzionava (come in molte altre chiese Veneziane) anche la Fraterna dei Poveri della Contrada, che teneva un apposito registro con tutti i nomi degli indigenti della Contrada: “Ne promuoveva poi il proporzionale aiuto secondo lo status della povertà riconosciuto a ciascuno”.

Infine, operava in San Bassosoprattutto la Schola del Santissimo, con Mariegola del 1510. Nata al tempo del Doge Leonardo Loredan e del Patriarca Antonio Contarini, la Schola pagava i Preti del Capitolo di San Basso per celebrare una Messa ogni giovedì, dava poi un ducato annuo agli stessi Preti“per mantenere acceso il cesendèllo perenne”, e pagava 4 dei migliori Cantori per la spettacolare Processione del Venerdì Santo che si stendeva per tutta Piazza San Marco… In cambio, i Preti fornivano alla Schola un intero Sommario d’Indulgenze concesso da Papa Paolo I.

Se andate a vedere, le Schole del Santissimo erano ubiquitarie in ogni Contrada-Parrocchia di Venezia. Lo erano per obbligo tassativo del Concilio di Trento, per cui ogni Parrocchia ne curava e gestiva una sotto la supervisione attenta … e interessata … del Clero o Capitolo dei Preti della chiesa. L’Associazione-Schola era prettamente di Devozione Laicale, e guidata dal Piovano, si chiamava anche Compagnia del Corpo del Signore o del Corpus Domini, o del Venerabile. Di fatto gli “Iscritti”, che erano centinaia in ogni Contrada, garantivano oltre alla partecipazione puntuale e frequente ai vari Riti e Funzioni, anche l’accompagnamento processionale del Piovano quando portava a domicilio la Comunione agli Infermi. Lo seguivano con “tòrsi accesi”(grosse candele) e un ombrello di tessuto prezioso suonando una campanella lungo tutta la strada ... “Quelli del Santissimo” garantivano anche l’accompagnamento funebre degli Iscritti durante i “Corpi”, cioè: i Funerali, ma anche partecipavano economicamente alle spese di chiesa: con la fattura del Tabernacoli per conservare l’Eucarestia, l’arredo delle Cappelle del Santissimo commissionando teleri artistici, possibilmente “a tutta parete” e su argomenti Eucaristici, e la copertura della spesa delle “Cere” per le celebrazioni, e l’accensione della Lampada Rossa perpetua: “sempre accesa 24 ore su 24, 365 giorni l’anno”. La Schola, inoltre, era una specie di serbatoio umano dalla quale i Preti attingevano a piene mani per avere persone “adatte agli interventi di Carità nei riguardi dei poveri della Contrada con tutte le loro necessità”… Quelli della Schola fungevano da volontari gratuiti e sempre disponibili insomma, oppure si prestavano come Catechisti della Dottrina Cristiana la cui principale dote non era di certo la competenza e la preparazione“sulle cose di Religione e di Chiesa”, quanto la pura e semplice “buona volontà” e la capacità aggregativa e di condivisione sociale ... “Tutto faceva brodo” dentro al microcosmo poliedrico e vivissimo di ogni Contrada Veneziana guidata dai suoi Preti e Capi Contrada.

Quanti spropositi e disastri ne sono risultati circa la qualità della Dottrina fino ai nostri anni ... E che “giri di soldi” ci sono stati intorno all’attività delle Schole, degli Artieri, dei Preti, e dei Vivi e dei Morti di quelli delle Contrade ! ... Vi stupirà sapere che ciascuna Schola era proprietaria di diversi immobili a Venezia ? … Anche: no … Vero ?

Come sapete, il clou celebrativo della Schola del Santissimo toccava l’apice d’intensità durante le celebrazioni della Settimana Santa, la Pasqua, e la Festa del Corpus Domini. In quelle occasioni gli iscritti uscivano percorrendo tutte le strade della Contrada in solennissima Processione che durava anche ore su ore, portando fuori a spalla fra canti, Litanie, Musica, Suoni e orazioni mezzo arredo dell’intera chiesa.

Esagero nel dire ? … Anche no: nel1771 il Consiglio dei Dieci deliberò e pubblicò a stampa un “precetto” che costringeva i Piovani delle Venete Parrocchie, nonché i Guardiani, i Bancali e i Nònzoli delle Schole del Santissimo Sacramento, a dover terminare le Processioni Notturne non dopo le ore 4 di notte (orario Veneto):“per evitare eccessivi schiamazzi, e non disturbare troppo l’intera Contrada e Città”.

Nel 1560 accadde un intoppo nella gestione della Schola del Santissimo di San Basso, per cui si finì con un atto notarile con l’obbligo di risanare le Arche(tombe) della Schola finite invase dall’acqua alta. Si dovette attivare: “il Mistro murer-pozèr Pietro di Cavai, che garantì il risultato per 10 anni”… Nel 1569, invece, il Piovano di San Basso impedì la Festa della Schola per via che non gli erano stati corrisposti i giusti contributi. Dovette intervenire il Patriarca Giovanni Trevisan per risolvere la questione e riavviare la Festa … Sempre con sti soldi di mezzo !

Due anni dopo: la stessa Schola del Santissimo fece rifare a sue spese il telero di chiesa con “la Cena degli Apostoli”, e fece restaurare anche “l’Orazione nell’Orto dentro a San Basso”, ma tutto andò in fumo nell’incendio del 2 marzo 1661 … Nello stesso anno: i coniugi De Cedri avevano offerto un “Lascito per maritàr Donzelle della Contrada di San Basso”… Nel 1672 la Schola contribuì ancora alla rifabbrica della chiesa dando metà dei suoi introiti, facendo rifare l’Altar Maggior in pietra bianca di Vicenza spendendo 1.350 ducati, e dandolo “in libero uso” al Piovano di San Basso senza pretendere nulla in cambio ... I Preti del Capitolo, visto l’incendio recente, si limitarono a precisare: “Non si potrà rivestire l’Altare di cose infiammabili, né si potranno inserire epitaffi e nuove Arche”… Tre anni dopo, infatti, la Schola fu indotta ad acquistare dagli stessi Preti di San Basso “l’Arca sulla porta di San Basso verso la Piazzetta” per mettervi i propri Morti, ma la rivendette poco dopo a Bernardo Piazza rientrando nelle spese ... Si accordò poi con la Schola dei Morti per finanziare ai Preti le Esposizioni del Santissimo sull’Altar Maggiore, e nel 1681 organizzò un’altra sottoscrizione per pagare il nuovo organo … Vicario, Gastaldo e Scrivanodel Santissimo finanziarono da parte loro una nuova pala d’altare … Infine nel 1695 con regolare atto notarile, insieme con la Schola dei Morti, si acquistò l’Arca sopra alla Sacrestia per servirsene in comune ... Almeno lì non arrivava l’acqua alta, e i Morti sarebbero rimasti all’asciutto.

Quanta ròba ! … Quanto vissuto dei Veneziani, o perlomeno di quelli della Contrada di San Basso.


Durante il 1700 nella stessa Contrada vivevano circa 400 Veneziani, la metà dei quali erano Nobili, cioè persone che non lavoravano. Ferveva in Contrada l’attività degli Artigiani, ad esempio: di Zuanne Piasenti: Orefice che lavorava Croci in smalto azzurro e oro date a chi veniva nominato Cavaliere; o di Tommaso Boarotto che era Caffettiere a San Basso.

Nel 1706 il Vicentino Girolamo Mantovani si trasferì a Venezia aprendo la Spizieria-Bottega da Medicine “Alla Volpe” in Calle Larga San Marco, cioè in Contrada di San Basso. Non avendo rispettato le regole di distanza previste fra botteghe simili Veneziane, venne subito espulso dal Collegio degli Speziali. Mantovani non si arrese, e comprò e riavviò la Farmacia “Al Redentore” che a quel tempo era tenuta chiusa … Fu una mossa vincente perché innanzitutto il “Redentore Benedicente” era il Patrono di tutti i Farmacisti della Repubblica Veneta, e poi perchè l’immagine e gli affari del Mantovani ebbero un curioso rilancio dovuto alla contrapposizione quasi giocosa dell’efficacia dei prodotti della “Farmacia al Redentore” superiori a quelli della “Farmacia alla Madonna” presente in Contrada di San Bartolomeo vicino a Rialto… Ovvio per i Veneziani, che avrebbe dovuto vincere per qualità ed efficacia il “Redentore sulla Madonna”E si diceva in giro che la Farmacia era la più buona per la Teriaca, le “Pillole del Piovàn”, la speciale Tintura d’Assenzio, e l’Amaro Mantovaniprodigioso per gli stomaci deboli” che lì si vendeva … Un nome … una storia insomma.



Fin dall’inizio del 1700: il Governo Veneziano concesse la facoltà d’impresa per il “Lotto Genovese”, per cui vennero aperte quattro postazioni nelle vicinanze di Piazza San Marco aumentate in seguito ad alcune Botteghe in Contrada di San Basso che mostravano tanto d’insegna di Pubblica Bisca Governativa. Non fu un caso quindi, se all’inizio del 1773, secondo quanto raccontano i Notatori di Pietro Gradenigo: Pietro Monaretti, Capitano del Magistrato delli Eccellentissimi Esecutori contro la Bestemmia, mascheratosi in bauta con altri sbirri, si portò alle ore 4 di questa sera in una camara dell’Ostaria, che tiene l’Insegna della Rizza appresso San Basso … Ivi sorprese alquante persone che da qualche tempo erano solite, giorno e notte, trattenersi al gioco di bassetta e faraone, e attrappategli circa 100 lire, che avevano sul banco, asportò anche li tavolini e sedili; indi citò li primarj, fra quali alcuni Preti, che il giorno seguente furono corretti dal Magistrato, e l’Oste condannato a 6 ducati d’argento.”



Ultracurioso infine … secondo me … il verbale della
Visita del Patriarca Flangini nell’ottobre 1803 a San Basso. Fu l’ultima Visita Patriarcale, poco prima che San Basso venisse smantellata e cancellata per sempre. L’ormai languente Contrada contava una popolazione di meno di 400 residenti, i cuiproprietari degli stabili erano ancora i Giuspatroni con la facoltà di scegliersi ed eleggersi il Piovano di chiesa ... Cosa rara in giro, molto tipica di Venezia.

Piovano e Primo Prete di San Basso in quegli anni era Prè Benedetto Schiavini di anni 61 … che da verbali: percepiva rendite per 2.040,16 lire, di cui 620 da 28 campi in Terraferma, altre 680 lire da “Incerti di Stola”, 420 da Funzioni, Collette ed Esequie. Lo stesso Piovano dichiarò al Patriarca di spendere: “1.437,10 lire per la chiesa, cioè: 62 per Ostie, Particole e Vino, 230 per le Funzioni del Titolare, della Dedicazione della Chiesa e della Purificazione, 248 per mantenere e pagare gli studi a un Chierico, e 86,10 per pagare l’affitto della casa-Canonica in cui vivo, che è proprietà della Procuratia de Supra.”

Curiosamente il Piovano aggiunse: “Supplisco a tutti i bisogni di San Basso colla mia scarsella.”

Don Benedetto Schiavini fu l’ultimo Piovano di San Basso. Curiosamente era soprannominato: “Il Canonico della Campanella” perché da Piovano di San Basso faceva un gran casino ogni mattina presto facendo suonare a lungo la campanella sgraziata della chiesa ... Cosa che rompeva non poco le scatole alla Dogaressa Margarita Dalmaz moglie del penultimo Doge Renier, impedendole di continuare a dormire. La Dogaressa, famosa per trattare e vendere Titoli, Cariche e Canonicati, promise al Prete di nominarlo Canonico di San Marco se avesse smesso con quella maledetta campanella del mattino. Prete Schiavini, ovviamente zittì subito la campanella, ma la Dogaressa non mantenne la promessa offrendo ad altri il Canonicato (a pagamento s’intende) ... Don Schiavini allora riprese indomito con le sue scampanate mattutine, finchè poi venne esaudito … e la campanella tacque del tutto … La Dogaressa Dalmaz originaria di Costantinopoli, detta: “abile funambola e ballerina all’inizio … e non solo …tanto da ammaliare il Renier”, se ne morì all’inizio del 1817 in uno stabile della Parrocchia-Contrada di Sant’Angelo “lasciando cospicue facoltà in giro”… ma niente a San Basso. 

Tornando ai Verbali della Visita Flangini… Oltre al Piovano, nella Parrocchia Collegiata di San Basso c’erano presenti i Titolati del Capitolo dei Preti, cioè: Prè Giovanni Cravitich di 39 anni, Prè Giovanni Agostino di anni 42, Prè Cristoforo Lorenzi di 45 anni, Prè Merlini Francesco di anni 63: abile organaro e Diacono del Capitolo, Prè Zante Pietro di anni 33 che fungeva da Suddiacono del Capitolo, e Prè Francesco Vanin di 31 anni, che pur risiedendo a Treviso era Secondo Accolito del Capitolo di San Basso … Venne per questo richiamato dal Patriarca all’obbligo di Residenza.

Non essendoci Cassa Fabbrica né Cassa Capitolo, fu difficile documentare con trasparenza e nei dettagli tutte le Rendite dei Titolati di San Basso ... Ufficialmente il Primo Prete-Piovano percepiva dagli lntroiti del Capitolo: 126 lire; il Secondo Prete: 54,13 lire; il Diacono: 47,4 lire; il Suddiacono: 31,4 lire; e i due Accoliti: 32,12 lire. C’erano però altre rendite da spartirsi: da Legati, e 362 lire “d’Incerti” che venivano divise fra i Preti Capitolari secondo il valore di ciascun loro Titolo ... Inoltre alcuni Preti andavano in giro per Venezia per celebrare Messe per conto loro: uno andava dalle Monache di Sant’Anna di Castello, mentre un altro si recava nella Parrocchia di San Stàe a Santa Croxe dall’altra parte della Città.

Oltre ai Titolati del Capitolo, risultò esserci a San Basso, anche una piccola folla di Preti “che in qualche modo ronzava attorno e dentro alle cose di chiesa e nella Contrada” ... Si trattava degli “Alunni di Chiesa”: Prè Andrea Bergamin che era anche Canonico di San Marco; Prè Vincenzo Lode di 49 anni da Città Nova, che fungeva da Cappellano Curato di San Basso; l’anziano Prè Bernardo Meneguzzi; Prè Giacomo Brunazzi e Prè Felice Benedetto: entrambi extradiocesani; il Dalmata Prè Giovanni Gelicich; Prè Bonifacio Scipion da Treviso; il Francese: Prè Andrea Rouze; Don Pietro Ranni da Zara; Prè Lorenzo Piazza da Aviano, e Don Stefano Gallerani di soli 24 anni: “che il Piovano chiese di correggerlo perché aveva qualche difetto nel vestiario”.

Si aggiunsero poi all’elenco degli “Alunni di Chiesa” anche altri nomi: Prè Tonello Michiel di 25 anni, che però stava a fare il Cappellano Curato a Maerne; Don Simone Arrigoni, che risiedeva in Parrocchia ma fungeva “da Alunno” a San Moisè; Don Pietro Zucchini: sessantenne da Udine; Prè Giacomo Dal Prete, che fungeva da “Titolato” a Santa Maria Materdomini dall’altra parte di Venezia; e Don Giovanni Battista Schiavini, fratello del Piovano di San Basso, che però era Diacono Titolato nella chiesa-parrocchiale della Contrada di Santa Maria Zobenigo o del Giglio.

Interrogato dal Patriarca, il Piovano di San Basso riferì che in Parrocchia c’erano anche due giovani Chierici: “che vanno a scuola dai Gesuiti, si accostano alla Comunione nei tempi debiti, ma recitano l’Ufficio della Madonna solo il giovedì e la domenica, vestendo non decenter”… Vennero subito richiamati sia a recitare quotidianamente l’Ufficio, che a vestire decente, che a studiare di più.

Circa le attività pastorali e liturgiche in San Basso, e la vita religiosa e morale in Contrada, il Piovano osservò: “il Popolo di San Basso non ha né pubblici peccatori, né impenitenti”… Fece poi mettere a verbale che in San Basso c’erano sempre due Confessori disponibili per ricevere le Confessioni dei Fedeli, e che si celebravano di solito 4.000 Messe Perpetue, 20 EsequieAnnuali; e 1.000 Messe Avventizie. Restavano da celebrare altre Messe per un valore di 5.318 lire, di cui 4.295,8 però non erano state ancora riscosse e pagate ... Non esisteva in San Basso una Tabella Oraria delle Messe Festive, perchè ogni Prete celebrava quando voleva, e secondo il Piovano: “sarebbe assai difficile stabilirla perché i pochi nostri Religiosi sono costretti a procacciarsi il pane in altre chiese o in altri modi, convenienti però sempre ed Ecclesiastici.”

In San Basso tuttavia, precisò ancora Don Schiavini: “Si tiene la Messa Cantata nelle Feste della Madonna di Loreto, Sant’Antonio e San Francesco, e si fanno le Esposizioni del Santissimo a Capodanno, ogni Quarta domenica del Mese, in Quaresima, e per i Giustiziati in Piazza … Ogni sabato poi si cantavano anche le Litanie Lauretane.”:

“E l’insegnamento della Dottrina ?” chiese il Patriarca: “Come va ?”

“Non si tiene la Dottrina Cristiana in San Basso … Qualche Prete o Chierico va ad assistere nelle Parrocchie vicine di San Zulian e San Bartolomio … Ci sono però in chiesa le Schole del Santissimo, il Sovvegno dei Cantori, e la Fraterna dei Poveri per l’Assistenza della Contrada ... e qualche volta si tengono discreti Sermoni e Prediche.”

Alla fine il Patriarca annuì non del tutto soddisfatto … Nel Decreto Dispositivo finale della Visita a San Basso, infatti, scrisse e decretò: “Si dovrà sistemare la Mansioneria incompleta delle Messe stabilendo meglio l’Orario delle Messe Festive … SI dovrà anche istituire uno Scrigno a tre chiavi dove riporre tutto il denaro riscosso in San Basso, con relativo Libro Scrigno dove rendere conto dell’Amministrazione del Capitolo dei Preti … Si dovrà stendere meglio i Libri Canonici secondo l’ordine prestabilito e le formule prescritte … Effettuare le Pubblicazioni Matrimoniali in giorni festivi intercalati … Non correggere i Registri Canonici senza la facoltà concessa dalla Cancelleria Patriarcale … Annotare correttamente nel Libro dei Morti il luogo di sepoltura, e in quello delle Contraddizioni: giorno, mese e anno della rimozione col nome dei due testimoni … Si abolisca, infine: il Libro Squarzo dei Battesimi Segreti.”

E giunse la tragica catastrofe distruttiva del passaggio di napoleonino con i Francesi e poi degli Austriaci a Venezia.

Nel 1814 San Basso, “dedotti gli Altari, le colonne ed altri effetti”, divenne magazzino venduto a Filippo Carrara per lire 5983,93 ... “La soppressa Parrocchia di San Basso possiede una casa di residenza, 28 campi, 88 Messe di vari Legati familiari … Tuttociò deve conservarsi secondo il decreto al Parroco attuale, e dopo la di lui morte o traslocazione, resterà riunito all’Arciprete Parroco di San Marco.”

La Contrada-Parrocchia di San Basso non esistette più, unificata a San Marco insieme a quella limitrofa di San Giovanni in Oglio, ossia San Zuane Novo.

Solo successivamente, nel 1847, il Patriarca Giacomo Monico riuscì a “liberareSan Basso ridandola in dotazione alla Basilica di San Marco e ai suoi Procuratori“per le riunioni degli illustrissimi Canonici” ... Per oltre un secolo San Basso è stata usata come cantiere per i restauri interni della Basilica di San Marco, finchè nel recente 1953 è stata riaperta non per ridarla al culto di Tutti i Santi Veneziani d'ogni epoca, come si sarebbe proposto e voluto, ma come Ateneo Cattolico Pio X edi San Basso per ospitare conferenze, eventi musicali ed esposizioni dello Studium Cattolico Veneziano. Il merito della riapertura va aggiudicato al bonario Patriarca Angelo Giuseppe Roncalli: futuro mitico Giovanni XXIII: il Papa Buono ... Ricordo benissimo le conferenze che si tenevano lì dentro negli anni ’70, alle quali ho partecipato curiosissimo anch’io. Non ultime quelle tenute da alcuni dissidenti Sovietici, che venivano a Venezia a decantare le tante malvagità … reali purtroppo … dei macellai Russi Comunisti Sovietici mangiabambini”. In quegli anni la Venezia Cattolico-Democristiana-Clericale tuonava ancora fortemente contro il “Pericolo Rosso dei Comunisti Atei: incarnazione demoniaca moderna da temere tantissimo.”

Alla fine, dopo essere stata usata per un po’ di tutto: laboratorio per marmi e sculture, sala esposizioni, negozio, guardaroba e deposito bagagli, oggi San Bassoè adibita a “Sala Concerti” per quei turisti che si riscoprono amanti sfegatati della Musica Classica da quando sono giunti in vacanza a Venezia.

Quante Memorie su San Basso vero ? … e quanti miei personali ricordi ... Un altro piccolo angolo autentico di Venezianità.



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