#unacuriositàvenezianapervolta 365
Dal Cacio col Brodin del Papa ai grassi Bisàtti delle Monache di Mazzorbo
“Doman lo porto a cacciar in Laguna sto
Galanthomo … El xè tanto generoso quanto curioso.” incominciò a dire il
Barcarolo Pancrazio alla Badessa de Sant’Eufemia de Mazzorbo.
“El xe anca un bel’homo dalla bella apparenza,
e co bòne maniere.” aggiunse la Monaca.
“E nu ghe farèmo festa … e lo
imbriagherèmo col vin bon de la nostra cantina.” s’intromise Suor
Fausta dalla facile risata.
“E ànca col gusto fin de le nostre
Bisatèlle.” s’aggregarono a dire divertite una
accanto all’altra le due sorelle Monache Badoer.
“Certe occasiòn no se deve perderle.” continuò la
Badessa, col sorriso malizioso: “Farò in modo più tardi, che sto Cavalier
non se desmentega de sta Laguna.”
E scoppiarono ancor più tutti insieme
a ridere, anzi: a sghignazzare disinibite. Il giorno dopo, infatti, quando
ancora l’alba dipingeva un timido bagliore a Levante, il barcarolo Pancrazio
col piede spinse lontano la barca dalla riva delle Fondamente Nove di
Venezia dove aveva fatto salire il Segretario dell’Ambassadòr de
Franza tutto assonnato e infreddolito: “Ve portarò a vèder el
Paradiso.” gli sussurrò all’orecchio il barcarolo porgendogli il
braccio per far scendere il Cavaliere sul fondo della barca che
dondolava paurosamente sull’acqua.
Il Cavaliere annuendo traballante e
incerto s’aggrappò con tutte le forze a quel muscoloso braccio rassicurante,
finchè poi andò ad accoccolarsi sollevato sopra a uno dei ricamati cuscino che
stavano sotto al feltz dentro alla barca: “Dopo la caccia ve portarò
dalle Mùneghe de Sant’Eufemia de Mazorbo, che no brama altro de conòserve e ospitarve.”
borbottò Pancrazio tagliando le acque col suo lungo remo,
e spingendo la barca nella Laguna aperta.
Di nuovo il Cavaliere,
senza aver capito molto, si prodigò in uno stirato sorriso senza aggiungere
parola. Sembrava terrorizzato da quell’ondeggiare leggero del legno sull’acqua
manovrato nel quasi buio dall’abile Gondoliere.
Un esile lumino baluginava appena a prua, mentre di sotto, dentro all’alcova
più rassicurante della barca, lumeggiava appesa una lanterna. La barca prese il
largo scivolando docile sull’acqua argentea e piena di riflessi dell’increspata
Laguna. Pancrazio lasciò per un po’ il Cavaliere in pace, perché
si quietasse quell’ansia transitoria dell’imbarco sostituita dalla godibilità del
fascino ammaliante dello spettacolo lagunare che stava ovunque intorno.
Il Cavaliere, infatti, man mano che
passarono le Isole di San Michele e Murano si rilassò … Anzi: quando
la barca scivolò sull’acqua accanto all’Isola di San Giacomo in Paludo,
trattenendosi ai legni della barca come un Lucertola sul muro, spuntò fuori da
sotto il feltz senza cappello respirando l’aria salmastra a pieni polmoni.
Le Monache a quell’ora
erano già sveglie, perché si notavano le finestre illuminate, e c’era luce flebile
anche dentro all’umile chiesetta dell’isola. Pancrazio spinse
ulteriormente sui remi dopo aver salutato con vistosi gesti un’altra barca che
incrociava diretta a sua volta verso Venezia: “Stassera el se ciamarà davvero
contento Vostra Grazia ... Dopo ch’el gavarà gustà le bellezze speciali de
questa nostra terra bagnàda … l’appresserà anche le dolcezze dell’ospitalità
delle nostre Reverende e Illustrisime Monache.”
Stavolta il Cavaliere reagì
maggiormente all’input cordiale del Barcarolo e rispose: “Pensò sia una
gran Grazia e Fortuna essermi spinto con voi a conoscere questi ignoti Lidi …
Mai avrei immaginato di trovare tanta beltà e grazia nascosta.”
“E non sarà solo beltà quella che
incontrerà Missier mio.” borbottò ancora quasi sogghignando Pancrazio
piegato indefesso a spingere sul remo: “Vedrà di che cosa saranno capaci
le Monache di Sant’Eufemia.” aggiunse sornione.
Il Cavaliere, del
tutto ignaro di quanto l’attendeva, annuì non sapendo più dove andare a posare
gli occhi tanta era la bellezza che aveva attorno ... L’alba appena appena
disegnava pallidi e guizzanti azzurri, dorati e verdi riflessi che facevano
abbracciare Acqua e Cielo.
“Davvero splendida questa Laguna.” se ne venne fuori poco dopo: “Raramente ho veduto spettacoli naturali simili ... Sembra proprio il luogo delle leggende incantate della Melusina, dove s’incontrano donne fatate.”
“Vedrà fra un po’ le nostre Valli.” spiegò Pancrazio,
che su certe cose la sapeva davvero lunga: “La menerò (condurrò)fin là con la barca, e ci godremo un po’ di caccia piccola in santa pace
fino all’ora nona ... Poi la porterò davvero a incontrare le nostre Nobildonne
fatate.”
“Caccia piccola … Sarebbe a dire ?”
“E’ un genere di caccia diversa da
quella grossa: la "venatio clamorosa"che si da solitamente al Cervo, al Lupo, la Volpe o
all’Orso cacciandoli con gran frastuono, trombe, valletti, cavalli e gran
fragore d’archi, spade e schioppi ... La caccia piccola, invece: è silenziosa,
a tu per tu … A uno a uno se si vuole ... E’ quasi un rito: uno scambio con la
Natura che permette di cogliere i suoi tesori con una semplice rete, con un amo,
o con le seràgie e i cogòli dei Pescatori.”
L’amenità della Laguna per lunghe ore
accompagnò i due che s’industriarono con gusto a percorrere bassi lidi emersi,
e fangosi affioramenti da dove si levavano in volo di continuo Uccelli
leggiadri di ogni genere.
Al Cavaliere pareva di ritrovarsi
dentro a un Mondo alieno del tutto diverso ... Finchè poi, quando ormai il Sole
s’era fatto alto nel Cielo, Pancrazio gli si accostò nuovamente dicendogli: “Venga
… S’accomodi Illustrissimo … Adesso la condurrò a goder davvero da Papa.”
E detto questo, con nuove
vigorose remate, condusse la barca leggera con a bordo il Cavaliere, fino
all’approdo dell’Isola di Mazzorbo dove risiedevano le Monache di
Sant’Eufemia.
Uscirono quindi ad accoglierlo le
Monache stesse sul bordo della riva, in cima ai gradini verdi e viscidi della
scalinata che grondava fuoriuscendo dalla Laguna: “Le mense vaticane che
ha conosciuto, impallidiranno al confronto con quanto sta preparare per lei la
nostra cuoca.” gli disse dopo i soliti convenevoli la Badessa
in persona senza dissimulare spavalda galanteria: “Ha mai assaggiato la
Bisatèlla Signor Cavaliere ?”
“Non mi
pare Reverenda Badessa.”
“E’ una
prelibatezza che farebbe invaghire gli Angeli del Cielo, e anche la Papessa Giovanna che ha partorito in Processione.” chiosò una delle Monache Badoer
avvicinandosi al Cavaliere: “Vedrà … Anzi: gusterà fra poco direttamente sulla
nostra mensa ... e capirà.”
“El Bisàtto sarebbe la sfuggente Anguilla.” continuò a spiegare la Badessa al Cavaliere:
“E’ quel pesce che alleviamo in tanta copia qui nelle acque delle nostre
Valli chiuse ... Amelia la Cuoca con Elvira la Sguàttera lo puliscono appena
colto dal vivaio, e lo cucinano subito prima che si deteriori il profumo e il
gusto delle carni, che son grasse ma delicatissime.”
“Lo sa che gli antichi abitanti dell’Egitto Africano
e dei Deserti consideravano l’Anguilla: Casa degli Dei ?” se ne venne fuori una delle Monache sorelle Badoer
additando nell’aria un interrogativo col dito.
Il Cavaliere s’arrestò dal procedere oltremodo
incuriosito: “Venivano allevate da Sacerdoti, che le nutrivano con
formaggio e interiora di selezionati animali, e le addomesticavano pregando, e
le decoravano con fini collane di gioielli.” continuò la Nobile Monaca.
“Inusitato !”
esclamò il Cavaliere senza riuscire a dire di più.
“Il nostro Bisàtto … L'Anguilla cioè, l’è un Pesce
longo e rotondo, lubrìco e flessuoso come non altri … Non è facile ritenerlo in
mano: sfugge via viscido … E’ un animale pieno di disumana forza e vitalità, oltre
ad avere carni sublimi.”
“I nostri Pescatori Buranelli dicono che i Bisàtti
possono sopravvivere fuori d'acqua: sei giorni se soffia la Tramontana, o un
po' meno se tira lo Scirocco … Sono pesci longevi … I nostri vecchi dicono
esagerando che possono raggiungere le ottanta primavere nascoste nel fondo del
Mare e nei recessi segreti delle nostre Lagune ... Il Monastero possiede acque
dove permettiamo di cacciare e pescare agli abitanti delle Lagune ... Loro ci
pagano in denaro, o ci prestano servizi, e ancor più allevano o catturano per
noi questa Manna dal Cielo”.
“Sono Manna e bestiacce inestirpabili insieme …
Quasi: eterne … Come la potenza dell’Amore” se ne venne fuori la Nobile Monaca AmabileBragadin dal sorriso sgargiante civettuolo, ma dal passo
vistosamente claudicante che non le rendeva merito.
“Sono pesci speciali che si generano spontanei nel
gravido alveo palustre delle nostre Lagune ... Creature che nascono dal fango,
come il cretaceo Adamo ed Eva della Divina Creazione.”
“E’ forse quell’animale gustoso che a Roma dal Papa denominano:
Capitone ?”
“Mah ? … Non saprei …” rispose con grazia la Badessa: “Quella
sembra essere una bestia più grezza e maggiormente ordinaria nel gusto … Le
nostre Anguille de Mar e Laguna non credo siano il grossolano Capitone di Lago
e da Locanda da strada … Noi distinguiamo fra Anguille novelle: gli Scavezzi, e
Anguille più fatte ma non ancora mature: i Buratèlli, che mutano la pelle da
fulva in nera conservando in quel mentre tutta la loro delicatezza tenera ...
Da queste fuoriescono i piatti gustosi delle nostre mense ... che fra poco
gradirà d’assaggiare.”
“Ho sentito dire in viaggio dal vostro arguto Barcarolo
delle vostre Anguille pescate e preparate “in fracassea” … Ha detto che le avete offerte e fatte
gustare alla vostra mensa anche al Cardinale di Savoia di passaggio per Rimini .…
Mi ha detto: "Bisàtte grosse come gamba d'huomo" !” spiegò il Cavaliere entusiasta disegnando
le dimensioni con i gesti nell’aria.
“E’ vero … Fra poco ne sentirà il gusto straordinario
… Sentirà il nostro “Broètto d'Anguilla” … i nostri Bisàtti allo spiedo e in
graticola”
“Amelia ed Elvira li battono a lungo di forza per
renderli teneri, e perché poi sul fuoco non si pieghino ribelli come San
Lorenzo sulla graticola del martirio … Poi li ungono d'olio prima d’arrostirle,
e quando sono pronte, li aspergono con sugo di Limone o Arancio, e li
confezionano con la Mostarda … Non c’è paragone con altre mense: i nostri sono
squisitissimi Cibi degli Angeli del Cielo ... Sono BonaGratia di Dio.”
"Vi assolva il Papa per le Eresie che andate
dicendo." provò ancora a dire il Nobile Cavaliere intavolando discorso: “Tutti
sanno che fin dal Evo Medio l’Anguilla a forma di Serpente è stata
considerata simbolo del Peccato Originale … e non scandaloso cibo da Papa ... Una
ghiottoneria proibita ... di cui però mi state facendo salire l’acquolina
in gola.”
“Non ce
bisogno di chiamare in causa il Papa di Roma … Il Successore Romano di Pietro Pescatore:
si sa che è appassionato d’Abbacchio e Coratella … Credo ne sappia poco delle
prelibatezze delle nostre Lagune.”
“E poi
non ci si lasci prendere dalla facile ipocrisia Messer Cavalier Segretario.” si sovrappose
nel dire la Monaca Bragadin: “Tutta Europa sa benissimo che
qui a Venezia abbiamo undicimila femmine su centomila Veneziani, che di
mestiere fan le Meretrici … Non si venga qui a parlere della perfida Eresia,
soprattutto perché fra i più assidui clienti di tali donne: stan proprio Re,
Cavalieri e Uomini di Chiesa e di Dio ... Quelli che hanno condannato l’Eresia,
ma la fanno col loro concreto vivere.”
“Parole
pungenti sulla bocca di una Reverenda Monaca.” commentò
il Cavaliere fattosi serio.
“Qui in
Laguna è di casa la schiettezza, e la Verità nel parlare e nelle forme ... Non
ci attacchiamo troppo a tanti falsi pudori.” spiegò
la Nobile Monaca Adriana Morosini rimasta fin ad allora
silenziosa ad ascoltare: “Qui godiamo di Libertà nell’esprimerci … Anche se
talvolta la Libertà potrà essere scambiata con Licenziosità … Ma non è così … Vero
è che in qualche modo serve salvare l’apparenza e la Regola, altrimenti cadrà
del tutto questo ricco castello fatato guidato dal Papa di Roma.”
“Già la
Riforma ha dato possenti martellate alla nostra Ecclesia ... Si salvi il
salvabile almeno … Lasciando almeno ai fedeli il sogno della Salvezza Eterna.” provò a
difendersi il Cavaliere accettando d’addentrarsi in un difficile
discorso.
“Anche
questa è falsità Messere mio onorato … Dei Monasteri come covi di prostitute, e
postriboli aperti giorno e notte si grida spesso dai pulpiti di Venezia ... E
nessuno qui in Laguna sembra curarsene più di tanto.”
“Sono
le malattie di questo nostro secolo esacerbato dal miraggio delle economie
delle Nobili Famiglie, che chiudono nei recessi dei Chiostri i loro figli e
figli per non intaccare il patrimonio del Casato.”
“Si … E’
questa la pura quanto difficile verità da accettare … E allora perché mai si
dovrebbe tanto rispettare la Morale, quando chi la inventa non si cura
d’osservarla nei fatti ? … Si antepongono i denari a Dio e alla sua Grazia e
Carità … Non sarà forse prima per costoro il fuoco dell’Inferno ? … E non è
forse Eresia anche questa ?”
La Monaca
Faustina Rota entrando ritardataria nel Refettorio di soppiatto, non si
avvide di una piccola pozza d’unto finita inavvertitamente a terra. Ci finì col
piede proprio sopra prendendo un abbrivio che la fece catapultare distesa in
mezzo alla sala. Scoppiò un’immane risata collettiva quando la massiccia Monaca
andò a fracassarsi sul pavimento in un tripudio di gonne, merletti, forme e
colori. L’ilare fatto inatteso andò per fortuna a stemperare e spegnere il
discorso che stava prendendo una piega ostinata … Poi in quello stesso istante
si presentò sulla porta anche il faccione allegro e rubicondo della Cuoca
Buranella che annunciò solenne: “Se lor Signori vorranno gradire
? … Il piatto è pronto.” annunciò festosa.
E chi sarebbe
mai stato capace trattenersi di fronte a tanta amabilità, e soprattutto di
fronte all’aroma profumato che stava invadendo ogni angolo del Refettorio e del
Convento ?
Il
gruppetto allora occupò ogni posto dei tavoli, che presto vennero occupati del
tutto dalla piccola folla delle Monache che erano accorse comparendo al suono
della campanella. Parevano sbucare quasi come miracolo dagli angoli più remoti
dell’insolito quanto amabile Convento Lagunare, che fino a un attimo prima
pareva deserto.
Fra rimestolar
e sovrapporsi di rumori di stoviglie, gusti e sapori, il discorso riprese fra
gli eminenti astanti. Fu il Cavaliere a riprendere quegli stessi argomenti,
quasi cercasse d’addentrarsi in una volontaria provocazione: “E comunque:
dubito delle vostre parole sul Santo Padre di Roma … Da quando viaggio il
Mondo, ho sempre udito dei SovraniPontefici come di grandi
esperti, buongustai e intenditori della buona tavolo… Ovunque mi sono
recato, non ho sentito altro parlare che di: “Cinghiale in agrodolce alla Sisto IV, Agnello arrosto
e il Timballo alla Bonifacio VIII, Capriolo arrosto al modo di Leone X, Torta
di Pecorino e Noci alla Pio II, e “Pane e Cacio del Papa”, “Fagiano alla
Alessandro VI”, dei Tortellini alla Paolo III: “il Papa del buon bibere”, e
delle Anguille alla Vernaccia alla moda di Martino IV: il “Papa Ghiottòn”
d’Orvieto e Montefiascone, passato alla Storia più per l’appetito che per
l’impegno da Papa … Un vizioso della gola, e proprio Ghiottòn come lo dicevano
per quanto usava mangiare … Era famoso per le Anguille del Lago di Bolsena che
annegava di continuo nella Vernaccia, tanto che si diceva di lui, che morto a
Perugia per la grassezza e indigestione di saporito pesce, il suo Farmacista ne
abbia lavato la salma: con Vernaccia riscaldata e aromatizzata d’Erbe Segrete
specialissime, secondo un antichissimo cerimoniale pagano.”
Anche il Cavaliere in tal modo dimostrò di “saperla
lunga”, e d’essere ben aggiornato su modi, usanze, costumi e culinari segreti
delle Corti d’Europa e Papali.
“Quante cose si dicono in giro ! … Forse tante quante
sono le lingue di chi ama parlare solo per il fatto che si ha la bocca.” riprese a dire una delle Monache Badoer
scuotendo lentamente la testa perplessa … Era ancora una bella donna, matura
nel corpo e nell’animo, ma evidentemente disillusa su tante cose a suo di
vivere obbligata in quella isoletta.
“Beh: se vi potrà consolare … Viviamo adesso tempi diversi
… Da Roma mi giugno notizie del “Brodo Apostolorun” del Domenicano Pio V” se ne venne di nuovo fuori il Cavaliere: “Sembra
che l’ex Grande Inquisitore nominato da Pio IV, sia diventato il flagello di tutta
la Roma papalina e gaudente … E’ severo e intransigente con tutti, quasi più che
con se stesso … e fustiga costumi e corruzione secondo le nuove direttive del
Concilio di Trento ... Ha fatto tremare fin dalla sua elezione i Cardinali di Curia:
niente festeggiamenti e sontuosi banchetti per l’insediamento, ma solo preziosi
denari sprecati dandoli ai poveri, invece d’imbastire belle Cerimonie.”
“Era ora ! … Basta con tutte quelle gozzoviglie e
quelle cariche onorifiche regalate a tutti i nipoti intrallazzoni.”
“Si … Ma neanche trasformare tutta Roma in una specie
di Convento di Clausura, con scomuniche per tutti e roghi sempre accesi ...
Questo Papa sembra un malato dallo stomachino fragile, che conduce una Chiesa altrettanto
svampita e apatica, senza alcuna voglia d’essere né di fare … Dorme pochissimo,
mangia solo povere cose, beve il Latte Asinino per il “Mal della pietra”, la
minestrina di Prezzemolo, e lo canzonano per il “Brodo Apostolurum” … Fatalità
c’è nella sua cucina: Bartolomeo Scappi, che è forse il cuoco più grande di
questo secolo.”
“Ecco perché scrive quelle belle Ricette di Cucina …
Non ha niente da fare nelle cucine del Papa.”
“Beh … Dal profumo che pervade l’aria, e
dalla bontà deliziosa di questi piatti, pare che anche voi Nobili Monache di
Mazzorbo siate delle buongustaie di sicuro.”
“Beh Missier Cavaliere … Qui “fra Acque e Cielo” si
vive incerte fra la frugalità consigliata da San Gregorio Magno che metteva
insieme Refettorio e Oratorio, e i Peccati del Gusto dissipato e solito della
nostra languida quanto lasciva Venezia ... Pur vivendo qui confinate in isola:
non ci si fa mancare niente … Ci giungono primizie dalle nostre campagne di Mogliano
e Marcon che abbiamo affittato ai Nobili Gritti e Bernardo … Pesce fresco ci
giunge in continuità dalle nostre larghe acque Lagunari che concediamo in
affitto per l’allevamento, la caccia e la pesca … e abbiamo: Polli, e Vino, e
le Verdure dal nostro orto e della vigna dell’Isola.”
“San Gregorio Magno … il grande eloquente del canto
Gregoriano ? ... Quello che ha fondato i sette monasteri e dato il resto in Carità
andando a vivere da misero asceta solo di frutta e verdura ?”
“Sette Conventi: come i Sette Peccati Capitali … Si:
è lui … Quello che ha detto e scritto mille omelie, e codificato tutti i
Peccati ... e che sua madre andava a portagli ogni giorno in cima al colle una
scodella di legumi per non farlo morire di fame ... Davvero strampalati certi
Santi: o troppo … o niente … O il tutto del Soglio Papale, o la miseria dei
bassifondi romani ... Mai un po’ di giusto equilibrio in questo Mondo e dentro
a tutte queste Storie ?"
Il Cavaliere ospite poco ne sapeva, ma il Monastero dell’Isola
in poco più di un secolo era stato sottoposto a ben 10 processi“per
abusi sessuali delle monache con nascita di due bimbi” … Il Sant’Eufemia
di Mazzorbo non era proprio un’emanazione e una dependance del Cielo.
E non solo: da quando Eugenio IV aveva unificato
i morenti Monasteri Benedettini di Sant’Angelo di Ammiana o di Nani e di
Santa Cristina rimasti solo con due-tre Monache, pur avendone
incamerate le rendite di case e vigne a Mazzorbo, Murano e Venezia, le cose
erano andate ancora peggio … Oltre a continui dissidi, intoppi, vertenze e
processi fra le Monache e gli affittuari debitori, o con i Nobili che volevano
ad ogni costo piazzare figlie e sorelle nel Monastero (vedi i Nobili Manolesso
e Balbi), c’era stato un vero e proprio salasso annotato nel Libro
Spese tenuto dalle 26 Nobili Monache Veneziane. Una vera e propria
fortuna se ne andava via di continuo per feste, banchetti, medicinali, profumi,
rimedi ed essenze per farsi belle e tenersi sane ... Al Convento delle Monache
non bastavano per sopravvivere i cospicui depositi nella Zecca della
Serenissima, né le integrazioni che giungevano di volta in volta per
via delle nuove Dote Monacali, le Mansionerie di Messe,
e i nuovi Lasciti dei Testamenti… Le Monache scialacquavano alla
grande … Molto più significative delle entrate erano le spese, che erano
aumentate a dismisura quando si pensò di scavare un nuovo pozzo nell’isola
finendo poi per volerla restaurare del tutto: Monastero e chiesa compresi.
Più volte la Badessa di turno col Provveditor
del Monastero si videro costretti a scrivere lettere al Magistrato
Sopra ai Monasteri chiedendo aiuto economico, o clemenza nell’applicare
Tasse e Dazi sulle attività e gli introiti delle Monache ... Le Monache
protrassero per quasi trent’anni un processo contro Alvise Seguso da
Murano per l’uso di una terra del Sant’Eufemia di Mazzorbo ... Ma non
ci fu solo quello: ci fu anche il processo contro il NobilHomo Domenico Condulmer,
e quello di tre anni contro Baron Baroni Gritti livellario per
500 ducati, ci fu quello costosissimo contro i potenti e ricchi fratelli NobilHomeni
Grimani, e quello per accaparrarsi l’eredità abbandonata da Giacomo
Regio, che si riteneva a tutti costi lasciata a favore del Monastero
... D’altro parere erano familiari, amici e conoscenti del Regio ... Insomma:
si trattava di un mare intero di spese che gravitavano sulle Monache e sul
Monastero, e che soprattutto non davano modo di voler indulgere nè terminare.
Nel frattempo le stesse Monache
erano state trascinate a loro volta a processo: “per Fuochi d'artificio e balli di donne fatte venire da
Venezia, nel cortile del Monastero, per opera di 4 secolari”, e poi ancora: “per Podestà ed altri, con
pranzi e cene dentro e fuori del Monastero, coinvolte la Badessa e due Monache Converse”.
Nel Refettorio intanto continuò ancora lo scambio di
curiosità, note e aneddoti fra il Cavaliere e le Monache del Sant’Eufemia
di Mazzorbo: “Tutti sanno delle "furcelle" e
delle saliere e salsiere d'oro, e delle coppe e bicchieri in pietra dura
lavorata volute da Benedetto Caetani: Papa Bonifacio VIII con i suoi sontuosi banchetti da Re.
Saliva a sedere su un “posto più in alto” nei lussuosi
ricevimenti per far comprendere la superiorità del suo ruolo ...”
commento Madre Faustina.
“Era un
uomo colto e preparato … Colui che ha indetto il primo Giubileo del 1300
facendo proprie le istanze di Penitenza, Espiazione e Conversione dell’Europa
intera ... e decretando il perdono, l’assoluzione e il condono di peccati,
colpe e pene.” rispose il Cavaliere, che pareva davvero essere avveduto e informato
puntualmente su tante cose.
“Un
grand’Uomo … Ma anche un Simoniaco (amante del denaro), un compravenditore di
beni spirituali, che amava circondarsi anche di un gran numero di: Cuochi,
panettieri, bottiglieri e speziali … Si dice che vivesse nel terrore d’essere
avvelenato dai suoi nemici, tanto che prima di ogni pasto e bevuta faceva
praticare "l'assazum" davanti a lui … Se chi aveva di fronte non
rimaneva stecchito, allora assumeva anche lui e si buttava a mangiare e
ubriacarsi ... Si dice anche: che si riforniva in gran quantità di Spezie, c
che mangiava maiale, capretto e agnello almeno quattro volte la settimana … e
pesce preparato in mille ricette in tutti i giorni di Vigilia ... Il Giubileo è
stato un grosso affare economico: una “tassa sui peccati” messa in atto per
rimpolpare le “spendarecce” casse della Curia Romana e del Papa stesso … A Roma,
invece di dire “laxantur omnia peccata” (siano assolti), si diceva: “taxantur
omnia peccata” (siano tassati).” continuò
ancora Madre Faustina.
“Siete
ben informate pur vivendo relegate in questa lontana isola.”
“Anche
il Cielo e le Acque hanno orecchie, e tutto ciò che non si riesce a nascondere
e trattenere furbescamente a sufficienza, veleggia libero fino agli estremi
confini del Mondo … Noi Veneziani siamo famosi per avere sempre occhi spalancati
e orecchie lunghe.”
“Di che
immaginate che parliamo noi Monache davanti al fuoco nei lunghi inverni
Lagunari quando si vive per giorni immersi dentro alle nebbie senza vedere
persona e sole, o anima viva ?”
“Raccontiamo
e condividiamo quanto giunge soprattutto nei mesi estivi al nostro orecchio … Di
quanto veniamo a conoscere da Mercanti Fratelli, Padri e Zii, che vivono nella
nostra Cà-Palazzo di Venezia, ma viaggiano anche il Mondo intero per terra e
per mare … Non mancano poi di tornare a visitarci … e assieme ai doni, ci
raccontano molte cose … Va bene: recluse nel Chiostro, ma non sepolte vive
Cavaliere … Sappiamo bene in quale Mondo viviamo ... e sappiamo anche “il fatto
nostro ...”
“Sappiamo
delle storie di Clemente VI: il Papa
Avignonese, che fuggì da Roma per sottrarsi ai torbidi
cittadini”, raccontò la Badessa: “Sappiamo che diceva spudorato
che se ne andava via per l’aria insalubre del Tevere e dei Colli Romani ...
Aveva, invece, in mente di mettere insieme la sua Corte con quella del Re
Filippo il Bello ... Altri sette Papi, dopo di lui, preferirono continuare
quella sua ricca sorte impegnando tutto l’oro della Chiesa e della Cristianità
per costruirsi e decorare il gran Palazzo dei Papi di Avignone.”
Il
Cavaliere non mancò di sorridere stupito pulendosi la bocca col ricco
tovagliolo ricamato della tavola delle Monache.
“E
sappiamo ancora: che Clemente VIpranzava presentando
nove servizi di tre portate ciascuno a tavola: ventisette pietanze diverse per
volta … Dopo in quinto servizio veniva portata una fontana “a torre” da
sgorgavano e si spillavano cinque specie di prelibato e scelto vino. La fontana
era tutta guarnita da Pavoni, Fagiani, Pernici, Gru e molti altri uccelli ... Tra
il settimo e l’ottavo servizio si teneva un torneo nella sala, che terminava
con un concerto … Alla fine del pranzo venivano portati due alberi: uno tutto argentato
e guarnito di mele, pere, fichi, pesche e uva; l’altro verde come l’Alloro,
guarnito di frutti canditi di mille gusti e colori … Dopo il pranzo: Capocuoco
Papale e trenta sguatteri si esibivano in goliardiche quanto ilari farse e danze,
e poi si continuava con canti, tornei e danze finchè Papi e Cardinali si ritiravano
portandosi ancora dietro vino e spezie …Vi pare ne sappiamo abbastanza ?”
“Allibisco
!” gli riuscì solo di dire al Cavaliere, che nel frattempo s’era
avventurato senza risparmiarsi nelle ulteriori succulente pietanze offerte
dalle Monache.
“Sapeste quante cose sappiamo ancora Cavaliere Nostro
Pregiatissimo … Non c’è Pellegrino o Ambasciatore, o Mercante o Viaggiatore che
di ritorno dalla Città dei Papi non ci racconti le loro vicende … Di Alessandro
VI Borgia sappiamo quasi tutto. Di come era amante della buona tavola elegante
che addobbava con tovaglie di fiandra, vasellame prezioso, e piatti elaboratissimi
… Erano famose le sue Torte di Capponi e d’Anguille, e i suoi numerosissimi e
squisiti dolci ... Si raccontava che per impressionare facesse servire Fagiani
arrosto in teschi umani per ricordare a qualcuno la sua umana quanto amara,
labile e fragile condizione ...I pranzi erano un’occasione in cui le pietanze parlavano
da se … Del Borgia sappiamo delle diverse amanti e dei numerosi figli che usò
come strumento della sua politica … Sappiamo di come i Borgia frequentava per
la cucina e il vino bianco di vigna l’Osteria-Locanda del Leone di Tor di Nona
a due passi da San Pietro. La frequentavano però anche perché lì c’era Madonna
Vannozza: la bella donna regolarmente maritata, che seppe dare ben quattro
figli ai Borgia ... Quando Girolamo Savonarola oso accusarlo di simonia e
dissolutezza finì immediatamente scomunicato e impiccato sul rogo di Firenze ...
I Romani odiavano quel Papa Spagnolo prepotente e feroce, che però sapeva
esibirsi in splendide cerimonie e parate suggestive ... Seppe organizzare
grandemente il Giubileo del 1500 aprendo la Porta Santa, s’inventò la Veglia di
Natale … ma sembra che il Destino l’abbia giustamente ripagato inviando a Roma
una terribile pestilenza.”
“Davvero squisita questa Bisatella Sjore Monache … e
Illustrissima Badessa ... Le parole non bastano a dire la finezza e la delizia
che sapete offrire in queste Lagune.”
“E sapeste Dilettissimo Cavaliere, quando altro
sapremmo offrire noi Donne Veneziane.” se
ne venne fuori Suor Veronica Zorzi.
Buona parte delle Monache fino ad allora rimaste compunte e chine sui cibi, scoppiarono a ridere sguaiatamente. Il banchetto Monacale si trasformò quasi in una festa nuziale o da Sagra e Fiera cittadina. La Badessa allora suonò un campanellino acuto e argenteo, ma non per spegnere il divertimento, ma solo per abbassare i toni di quel curioso quanto interessante dialogare insolito.
“Ci è
stato raccontato a Roma, che s’è critato a gran voce: “Palle! Palle!” sia a
Roma che a Firenze quando un altro Medici salì felicemente sul soglio di Pietro
(sei palle erano presenti sullo stemma Medici).
Il trentottenne Leone X, che neanche era né Prete né Diacono, ed era affetto da
precario stato di salute, era però figlio del Magnifico di Firenze … Mai a Roma
e a Firenze si fece così festa per un nuovo Papa: migliaia di dipinti, statue, archi
trionfali, e soprattutto piacevolissimi banchetti nell’organizzazione dei quali
il Medici era abilissimo da tradizione Fiorentina … Nella Città dell’Arno,
infatti, c’erano la Compagnia della Cazzuola e quella del Paiuolo: la brigata
di gentilhuomini, i cui 24 membri si travestivano da Muratori per costruire
casette con mattonelle di pane e pietre di zucchero che cementavano con Lasagne
a suon di musiche e rime poetiche … Leone X fu un Principe amante dell’Arte,
della Cultura e dei piaceri, un laico piuttosto che un Sommo Prelato di Chiesa
… Oltre a inventarsi il “Mercato delle Indulgenze”, incapace poi di valutare la
reazione dei Riformati d’Oltralpe, che credette di limitare e circuire
emettendo la Bolla Exsuge Domine, era in realtà grande amante delle battute di
caccia al cervo e capriolo, e i spettacolari Carnevali coreografici con
festeggiamenti e banchetti che organizzava personalmente con Erbette, essenze e
ricette afrodisiache come esibizione dorata della sua grandezza … Famoso fu il
banchetto in Piazza del Campidoglio per celebrare la concessione della Cittadinanza
Romana a suo fratello Giuliano. Il Papa fece allestito un grande teatro per
oltre tremila persone, con tavole imbandite, stoviglie preziose, e venticinque
servizi di cibi decorati d’oro. A Roma: Nobili, Cardinali e ricchi facevano a
gara per imitarlo inventandosi trovate sempre nuove e più stupefacenti ... Il
Banchiere Agostino Chigi, un po’ al modo dei nostri Nobili Labia Veneziani,
dopo ogni portata buttava le argenterie nel Tevere per stupire i commensali (c’erano
delle reti nascoste dove di notte veniva tutto recuperato) … Al Popolo, come
sempre, restavano gli avanzi … e a lui la compagnia delle amiche Beatrice
Ferrarese e Lucrezia da Clarice.”
“Quanto
sapete anche voi Signor Cavaliere !” chiosò la Monaca
Gradenigo a bocca piena e col bicchiere in mano.
“Illustre Cavaliero, potremmo continuare fino a notte
inoltrata nel dire dei vari Papi: Piccolomini, Francesco della Rovere, Sisto IV, e dell’Aristocratico e colto Farnese campione
di nepotismo: detto il “Cardinal della Gonnella” per la sua smania
incontenibile per le donne, dalle quali ebbe numerosi figli, assertore della Riforma
della Disciplina e dei costumi corrotti della Chiesa per i quali indì il
Concilio di Trento, non fu mai moderatore e riformatore di se stesso rimanendo
tutta la vita saldamente legato ai suoi piaceri … Gran cultore del buon
mangiare e del buon bere, si faceva arrivare: Cervi, Cinghiali da Castro, Fagiani
e Spigole dall’Isola di Bisentina, Trote e Anguille da Montalto, Cipolle e Verdure
da Gradoli, Melaranci da Capodimonte, Olio e Miele da Canino, Tortellini da
Parma … E si dice ancora che il suo Bottigliere Pontificio Sante Lancerio
raccontasse d’avere un vino per ogni ora del giorno del Papa, uno per ogni mese
dell'anno, uno per quando viaggiava, e uno per quando si sentiva afflitto dalla
vecchiaia ... Che ve ne pare ?”
Il sole
del primo pomeriggio si stirava e stendeva flesso sulle acque languide della
Laguna. Le Monache una dopo l’altra dopo il “Benedicite
Finale” della Badessa si dileguarono tornando a scomparire nei meandri
del piccolo Convento Lagunare. Dalla finestra entrava un pungente odore misto
di salsedine e stallatico, mentre dalla parte opposta si odorava di marcita che
saliva dalla larga distesa delle barene che grondavano al sole durante le ore
della bassa marea.
La Badessa
dopo lungo conservare era decisamente entrata in confidenza col Cavaliere
Segretario dell’Ambasciatoredi Francia, rimasto
sicuramente rapito dalla poliedrica personalità della Nobildonna Veneziana ...
E fu così, che fra un sorriso e un abbaglio, fra una confidenza e un vezzo, fra
il racconto di un aneddoto della tradizione Lagunare e la condivisione di una
delle tante storie accadute all’Ambasciatore in giro per l’Europa … Fu così
dicevo, che la Monaca invitò il fervente Cavaliereilluminato
e Illustrissimo ad entrare nei suoi appartamenti, e fin dentro alla sua
personale cella.
Lì la
notte colse entrambi insieme, e così li mantenne uniti del tutto fino al nuovo
giorno, quando il Cavaliere ancora stremato dall’azzardo notturno,
odoroso di donna e letto, se ne salì di fretta, quasi cadendo in acqua dentro
alla stessa barca che all’inizio l’aveva portato fino in fondo alla Laguna, e
fino ad approdare all’Isola delle Monache ... della Badessa e
delle altre in giro: non c’era traccia.
Come
all’inizio di questa storia: flebili fiammelle baluginavo appena accese un’altra
volta dentro all’Oratorio dell’Isola, in attesa che suonasse la prima
campanella del giorno ... Allora le Monache sarebbero accorse in flotta, al
modo che si anima un alveare d’industriose quanto temibili Api col far del
giorno e al tepore del sole.
Storie Veneziane e Lagunari … bagnate “di cacio del Papa e di Bisattèlle delle Monache”, che fra Roma e Venezia coagulavano ogni tanto in modo proprio o improprio: animi, storie, paesaggi, persone, e richiami di Madre Natura.
Esistono tanti modi diversi di leggere la Storia, che
non deve essere per forza e sempre solo il lungo elenco delle Battaglie, delle
grandi imprese, degli eccidi, e delle triste distruzioni guerresche … A volte
certi personaggi si possono vedere come in filigrana, e risultare diversi … Anche
la Storia stessa può assumere e lasciar trapelare “sapori e significati”
fin troppe volte messi da parte … Vale la pena quindi, almeno qualche volta:
mettere in controluce tante cose, e considerarne la sorprendente immagine ...
gustandola.