“Una curiosità veneziana per volta.” – n° 68.
“UN “VISPO CASOTTO GRANDO” … A SAN MATTIO DI RIALTO.”
Vi sfido da bravi Veneziani curiosi e affezionati cronici alla storia illustre e senza fine di queste “nobili isole”, a indicarmi subito con precisione dove sorgeva la chiesupola di San Mattio di Rialto … che oggi non esiste più.
Una chiesa in più o una in meno a Venezia … poco cambia, ce ne sono così tante. Però San Mattio era una delle Contrade che caratterizzavano il coloratissimo e vivissimo Emporio Realtino, perché si trovava proprio a ridosso, a pochi passi dal famoso Ponte. La Contrada-Confinio di San Mattio era famosa e ben conosciuta dai Veneziani perché era zona popolarissima, piena di locande, botteghe, e frequentatissima da mercanti, forestieri, giocatori, ciarlatani, affaristi, religiosi, “donne dell’antica professione”, e da tutti quei lavoranti e artigiani che possono saturare un mercato attivo come quello di Rialto in tutto simile ad un operoso alveare.
Venezia è sempre Venezia, e San Mattio si trovava proprio nel suo cuore pulsante ... e mai spento per secoli.
Era il 15 settembre 1429 … (non s’era ancora scoperta l’America) quando le Monache dell’isoletta di Sant’Adriano di Costanziaco che stava dietro a quella ben più illustre di Torcello, decisero d’incrementare le rendite provenienti dai loro possedimenti siti in Venezia. Era accaduto che la Serenissima s’era incamerata la gestione nonché gli introiti delle acque pescose adiacenti all’isola delle Monache rendendole pubbliche, perciò tassabili in esclusiva dallo Stato. Le Monache ne derivarono una perdita non indifferente, perché di colpo persero una fornitura annuale di ben 550 cefali che veniva loro donata dai pescatori lagunari affittuali il giorno della festa di San Michele ... e molto altro. Poco male … Le Monache non si scomposero più di tanto, visto che possedevano altre piscine d’acque, botteghe, case ed edifici vari sparsi in tutta Venezia per le Contrade di Santa Margherita, Santa Maria Formosa, Santa Maria Nuova, San Samuele, San Luca e soprattutto a San Zuanne e San Maffio o Mattio di Rialto.
Niente male vero ?
Non bastasse, le austere e poverissime Monachelle avevano anche altre proprietà e rendite situate fuori Venezia. Possedevano, ad esempio, delle proprietà fondiarie nella Terraferma di Treviso, 8 appezzamenti di terreno con 120 campi a Casale ... Non erano quindi così indigenti e sprovviste di mezzi, ma sapete com’è: “… gli affari sono affari … e da cosa nasce cosa … e bisogna fare di necessità virtù …”
Per di più il Monastero in isola aveva di recente subito un grave incendio, per sopperire ai danni del quale le Monache acquistarono il legname di un intero bosco. Ma tornando alla Contrada di San Mattio di Rialto, le Monache diedero lo sfratto esecutivo agli affittuali ed inquilini delle casupole e dei magazzini di Rialto, la maggior parte dei quali erano: “… meretrici et genti infami da cui esse monache non cavan utile alcuno …” per affidare le proprietà ad artigiani e commercianti più abbienti e danarosi… quindi più redditizi.
Immaginatevi quindi il gran subbuglio e l’immane “casino” e confusione che accaddero in quei giorni nella Contrada quando i Fanti della Serenissima e gli uomini delle Monache spinsero sbrigativamente e malamente in strada quelle “buone donne” con tutto il loro “circondario” di figli, amiche, protettori, vecchie carampane e mezzane varie.
Rialto divenne per qualche giorno un gran circone, una bagarre, una confusione superiore al solito con tutto un trasportare avanti e indietro di masserizie, barche, animali, bimbi e stracci. C’erano donne arrabbiate che urlavano, bambini che piangevano, donnacce consumate che sbraitavano, insultavano e qualche volta menavano anche le mani oltre alla solita linguaccia esperta. Ma poco tempo dopo tutto ritornò tranquillo … arrivarono i nuovi, e riprese la normale vita formicolante del mercato Veneziano di tutti i giorni. Venezia era sempre la stessa … assimilava tutto e tutti … spalancava sempre la porta a gente nuova e diversa, arricchendo soprattutto se stessa di nuove situazioni e identità cangianti.
A dire il vero, nella Contrada di san Mattio non era cambiato nulla, perché a Venezia quel che esce da una porta può rientrare prontamente da una finestra e viceversa. Certe presenze in città non vennero mai spazzate via del tutto durante i secoli. Si spostavano di un poco per riapparire intatte poco più in là, magari solo a un ponte e due Calli di distanza. La Contrada di San Mattio rimase quindi la stessa, con le sue numerose Locande zeppe di stranieri e mercanti e tutto il resto … Se ne contavano più di trenta fra Locande ed Osterie distribuite in poche centinaia di metri … Alcune erano antiche, altre nuove … alcune di prestigio, altre malfamate come tuguri di poco conto.
Chiunque Veneziano o no … aveva l’imbarazzo della scelta su tante cose.
Nel Confinio di San Mattio dentro al cuore del popolarissimo Sestiere di San Polo, era iniziato tutto circa nel lontanissimo 1156. In quell’anno il Nobile Patrizio Leonardo Corner donò “Per devozione verso Dio e come rimedio per la sua Anima e quella dei suoi familiari” un terreno di 70 metri per 45 sito in “capite Rivoalti” a Enrico Dandolo Patriarca di Grado per costruirvi sopra una chiesa dedicata a San Mattio Apostolo. E così accadde. Con l’aiuto economico degli abitanti della neonata Contrada e anche della Nobile Famiglia dei Gussoni ivi residente, fu realizzato quel desiderio e vi si introdussero dei Preti scelti dallo stesso Patriarca costruendo per loro una casa apposita grazie ad un’altra donazione di Sidiana Sanudo.
Ma quello che contava di più a Venezia era che in quella zona del mercato fervessero gli affari. E accadevano per davvero … Solo per farvi un idea, nel marzo 1224 Antolino Lugnano del Confinio di San Mattio presentò una fidejussione per Petrarca de Cumana che acquistò 3 miliaria di olio da trasportare a Como, mentre Filippo Mancavillano della stessa Contrada ne presentò delle altre per Vicentio de Cremona che acquistò 5 miliaria di fichi diretti alla sua città, e per Johannes Bellus che acquistò 1/2 miliario di formaggio da spedire nella sua Mantova.
Come dicevo poco fa, dove c’erano presenze di mercanti e d’affari sorgevano ovviamente anche servizi e locande per ospitarli e farli “divertire e star bene” in diversi modi.
Nel settembre del 1342 il Maggior Consiglio condonò a Corozato Oste da Modena attivo in contrada di San Mattio la pena di 3 lire inflittagli dai Giustizieri Nuovi perché avevano trovato durante un’ispezione nella sua Osteria una piccola quantità di pane non autorizzato ... ridusse a 100 soldi la pena di 30 lire imposta a Bilantelmo Oste “Alla Serpa” per aver alloggiato nella propria osteria 3 meretrici ... graziò Gerardo Faurino conduttore dell’Osteria alla Stoppa multato in 25 lire di piccoli per aver contravvenuto alle norme di chiusura, ma ridusse e declassò l’Osteria a semplice taverna dandola in gestione all’Oste Gunido … Lo stesso Maggior Consiglio ridusse a 40 soldi di piccoli la condanna di 10 lire impartita sempre dai Giustizieri Nuovi a Rosso Bon Oste in San Mattio di Rialto, per aver tenuto nella propria Osteria 28 letti invece di 30 ... autorizzò Giovanni Sacharola a condurre in San Mattio una taverna con apposita sala da ballo e 8 letti ... graziò Antonio Pisani conduttore dell’ “Osteria Al Gallo” multato per aver contravvenuto alle norme dei posti letto … ridusse a 8 lire la pena di 20 lire di piccoli inferta ad Anastasia Ostessadell’ “Osteria alla Zucca” in Rialto, multata per aver ospitato nella sua osteria due meretrici … concesse a Giovanni della Pigagnola di gestire la Caneva di Rialto momentaneamente vacante denominata “La Colonna”, famosa per essere presente nella lista dei più antichi “Lupanari di Rialto” al pari dell’ “Osteria alla Corona”…ridusse anche della metà la multa di 25 lire di piccoli inflitta a Guglielmo conduttore dell’“Osteria Al Sarasìn” per aver trasgredito agli ordini di chiusura. L’Osteria apparteneva ai Nobili di Ca’ Soranzo e fu gestita in seguito prima da Giovanni Boneto e poi da un certo Gambarla ... “L’Osteria del Bò o Bue” era retta da Rolandino nel 1372, ed era una delle Osterie segnalate nei tempi antichi e poi chiuse. Con “l’Osteria del Melòn”, “il Sarasìn” e “l’Anzolo” era uno dei luoghi di Rialto fuori dei quali sostavano le meretrici durante tutto il giorno a caccia di clienti.
Nel 1379 erano pochi i Nobili rimasti ad abitare in Contrada di San Mattio. C’era soprattutto Sjor Maffio Minio che regalò alla Serenissima 15.000 ducati al tempo della Guerra contro i Genovesi.
Fra 1436 e 1456, Papa Eugenio IV concesse lo Juspatronato sulla chiesa e la facoltà di poterne eleggere i Piovani all’Arte dei Macellai-Beccheri di Venezia che avevano da sempre provveduto al sostentamento e manutenzione dell’edificio e dei Preti di San Mattio. Fino ad allora il controllo economico della chiesa era stato in mano alla famiglia Querini di Ca’ Mazor che possedeva molti investimenti nella zona di Rialto.
Le cronache del stesso 1440 continuano a raccontare della presenza di ben 9 Locande di prestigio nella zona di Rialto … fra quelle c’era la Locanda “Al Pavone” frequentata da intellettuali e uomini di rango … Era del 1460, invece, la legge che invitava tutte le meretrici della zona di Rialto a concentrarsi nella “ruga di case” di proprietà di Priamo Malipiero in Contrada di San Mattio presso “l’Osteria del Bò o Bue” ... Nel 1514 Dionisio Malipiero, suo discendente, controllava “l’Osteria del Bò” e altre Osterie fra cui: “Al Gambero”, “Alla Croce”, “Alle Tre Spade”, “Al Sarasìn”, “Al Melòn”, “All’Angelo”, “Alla Stella” e forse anche altre gestendo un complesso e articolato quanto fruttuoso giro di ospitalità e prostituzione tollerato dalla Serenissima.
Giunto il 7 marzo 1478, con sentenza contumaciale si bandirono e condannarono a morire sulle forche in “Campo delle Beccarie a Rialto” qualora fossero stati rinvenuti in Venezia e nello Stato: Francesco Pincarella, Giovanni Gallina e Giacomo ab Azalibus “mezzani d'amore”, che ferirono “…cum uno gladio panesco” certi Fioravante e Girolamo da Brescia mentre con altri amici e conoscenti stavano giuocando a carte “ … nell’Hospitio Gambari in Rivoalto”derubandoli di tutto il denaro posto sul tavolo ... Il diarista Garzoni in quegli stessi anni argomentò: “il gestore del Gambero in Rialto … è un ladro, mentre quello dell’Angelo è un vero diavolo …”
Nel 1488, Carlo de Zuane era Hosto dell’antichissima “Osteria all'insegna delle Tre Spade” sul rio delle Beccarie a San Mattio di Rialto ai piedi di un ponticello in legno. Carlo era anche Gastaldo della Confraternita degli Osti di Venezia solita a radunarsi in quegli anni proprio nella chiesetta di San Mattio prima di trasferirsi in quella della vicina San Cassiano. L’osteria aveva anche due botteghe sottoposte, apparteneva alla Nobile Famiglia Foscari, e all’inizio del 1500 fu affittata a un certo Oste Battista ... che il solito diarista Garzoni definì: “… un Briareo che non perdona mai ad alcuno …”
Nei primi anni del 1500 quando in Contrada vivevano 370 Veneziani, scoppiò un violento incendio nella vicina “Locanda-Osteria del Bò” intaccando anche la chiesa che dovette essere parecchio revisionata. Alla fine dei restauri tutta la gente della Contrada e del mercato di Rialto assieme ai Piovani di San Mattio, San Zuanne di Rialto e San Giacometto portarono in processione la Santa Reliquia di San Liberio:“… per impetrare dalla Divinità Celeste: Misericordia e Liberazione da ogni male e calamità ...” Nella zona si censirono 166 unità funzionali di cui solo il 15% erano abitazioni. San Mattio era proprio area ricettiva e di mercato, lì sorgeva, infatti, la Fruttariae la Casariapiene di scambi, prodotti di prima necessità per l’intera vita cittadina.
Nella primavera del 1546, sempre in San Mattio di Rialto “nell’Osteria in volta alla Corona”,fece testamento il pittore Lorenzo Lotto che però fu seppellito ai Santi Giovanni e Paolo dove aveva dipinto la famosa pala dei “Poveri di Sant’Antonino”. Una trentina circa d’anni dopo, il Patriarca di Venezia Trevisan si arrabbiò non poco. Si sfogò ordinando di non concedere più benefici a chi avesse abiurato al Protestantesimo, e intimò ai Piovani eletti di prendere immediatamente possesso e residenza nelle chiese loro affidate altrimenti avrebbe provveduto lui a rimuoverli immediatamente collocandone degli altri. Sempre nello stesso anno proibì ai Preti sotto pena di 10 ducati di multa, di tenere aperte le chiese oltre i “Secondi Vespri” del giorno, e cacciò e bandì alcuni Preti da alcune chiese perché considerati indegni. Fra questi, fece dimettere immediatamente Don Ermete De Bonis Piovano di San Mattio di Rialto perché trovato all’esame incapace di leggere e spiegare il Catechismo Romano e soprattutto di comprendere le lezioni del Breviario su cui affermava di pregare, e le parole del Messale con cui celebrava numerose Messe.
Nell’agosto di dieci anni dopo si descrisse così la chiesa di San Mattio di Rialto: “… piccola chiesa piena di buone e sante Reliquie … ben costruita a tre navate e cinque altari, con tetto decorato e pavimento in pietra solida, squadrata … Conservava dentro pitture di Girolamo da Santacroce e Alvise del Friso … una sacrestia piccola, ma sufficiente ad un unico sacerdote, un piccolo cimitero che non può essere chiuso per non ostacolarne l’accesso … una torre campanaria con le sue campane … una buona chiesa insomma ... vicina al Campo delle Beccarie dove i Macellai espongono il loro Gonfalone con l’Apostolo San Mattio dipinto da Pietro Negri …”
Come tutte le chiese veneziane anche San Mattio ospitava diverse Scuole o Fraglie di Mestiere, Arti e Devozione. Oltre alla Fraglia di San Michele dei Beccheri erano lì presenti e si congregavano i Pestrineri, gli Stagneri, i Caneveri, i Pistori, gli Spezieri da Grosso, i Cartoleri e i Libreri da carta bianca e da conti … così come c’erano i Congregati della Scuola del Rosario, del Crocefisso dei Morti e del Santissimo.
Nei Necrologi del Magistrato alla Sanità del 12 ottobre 1619, si annotava: “… Nel Ramo e Calle Ochialera di Rialto, strade sottoposte alla Parrocchia di San Mattio, è morto da variole dopo malattia di 10 giorni Battista fiol de Zuane per l’appunto ochialèr di mestiere …”
Viceversa, nel 1661 in Ruga degli Spezieri a Rialto dove terminava la Calle del Bò proveniente da San Mattio,sorgeva la bottega con la figura di un bue inciso sugli stipiti di Giovanni Maria Laghi “Specier da confetture all’insegna del Bò d'Oro”.
Saltando in avanti nel tempo … Correva l’anno 1714 quando Francesco Massarini era dedito a dipingere “figure oscene in avorio” su ventagli e sopra e dentro a scatole da tabacco. Vendeva bene in Merceria, soprattutto ai forestieri, ma gli venne l’idea di vendicarsi del Piovano di San Mattio Nicolò Palmerino che lo rimproverava spesso e aspramente in pubblico per quei suoi disegni troppo “libertini” facendogli perdere i clienti. Il Massarini mise in giro la diceria che il Piovano: “… carteggiava con Principi Esteri in rilevanti materie di Stato …”, perciò la Serenissima dalle orecchie lunghe, caduta nell’inganno, catturò il Prete mettendolo alla tortura e poi condannandolo a prigione a vita. Dopo tre anni però, si scoprì la verità attraverso una confessione fatta dal Massarini a un Frate, fatalità, fratello del Piovano innocente ... E sempre per pura casualità “la cosa” giunse di nuovo agli orecchi della Serenissima che andò immediatamente ad acciuffare il Massarini di anni 44 e lo condannò col suo Tribunale Supremo ad essere strangolato nei Camerotti di Palazzo Ducale e poi messo in pubblica piazza a penzolare da una forca. Il Piovano Nicolò venne quindi scarcerato e ricompensato per quanto aveva patito ingiustamente.
A metà del 1700 circa, quando in contrada abitavano 763 persone fra i quali il 40% erano Nobili, per cui solo altri 279 erano considerati abili al lavoro, si contavano ancora 113 padroni in 148 botteghe attive. Si rinnovò completamente la chiesetta che venne riconsacrata dal patriarca Alvise Foscari, e la parrocchia risultava possedere una rendita annuale di 100 ducati da beni immobili posseduti in Venezia.
Gradenigo racconta nei suoi curiosissimi “Notatori” che nel 1761 Matteo Biscotello abbiente appaltatore di sego in Cannaregio, celebrò proprio in San Mattio di Rialto il matrimonio di tre sue figlie a cui diede 2 mila ducati in dote ciascuna ... In quegli stessi anni in chiesa dove c’era una Madonna del Rosario di legno rivestita con abiti e ori, s’installarono 3 bellissimi e altrettanto costosi lampadari di cristallo.
Nel 1743 fu posta una lapide d’infamia nella sala superiore di una casa di proprietà dell’Arte dei Luganegneri in Corte dei Pii sive Piedi a San Mattio di Rialto. Aveva preso il nome dai piedi di manzo, vitello e castrato, che i Luganegheri erano soliti cucinare stazionando in quella zona. L’iscrizione era relativa a Carlo Salchi, “Fattordell'Arte” che venne bandito per un gravissimo ammanco perpetrato alla cassa della medesima Corporazione.
Nel settembre 1803 quella zona presso Rialto era ancora sotto l’influenza e controllo-juspatronato dell’Arte dei Beccheri-Macellai. La chiesetta del Piovano Giovanni Antonio Stoni ufficialmente non possedeva nessuna rendita, sebbene ci ronzassero attorno ben 10 Preti che predicavano, istruivano e celebravano ben 2400 Messe l’anno per le “Anime Derelitte”. In contrada di San Mattio abitavano circa 1000 Veneziani, e c’era ancora aperto e attivo un “posto pubblico di donne” molto frequentato. I Preti di San Mattio organizzavano in continuità collette e questue di Suffragio e per i bisogni della chiesa, conducevano processioni in giro fra ponti e calli e campielli fra cui quella per portare l’acqua agli infermi dentro alle case, benedetta con la reliquia di San Liberale conservata in chiesa …e celebravano con gran concorso di gente popolana tutta una serie di “Ottavari per i Morti”, “Esposizioni per carta del Santissimo”, i “Nove martedì di Sant’Antonio da Padova”… e altre cose tradizionali.
Infine nel 1807 … come il solito … si chiuse e demolì tutto sopprimendo la Parrocchia rimasta senza Prete e non più sostituito. Se ne ricavarono abitazioni private presenti ancora oggi ... Dell’antica chiesa si può notare solo un sobrio portale inglobato in un palazzo ordinario con un paio di finestroni al n° 880 in Campiello di San Mattio e nel Ramo Astori … e forse qualche pietra e ornamento poco riconoscibile e inglobato in altri edifici.
Però … se un giorno vi recherete fra quelle calli e callette dove sorgeva un tempo San Mattio, e tenderete l’orecchio attentamente ascoltando il silenzio rimasto oggi … forse riuscirete ancora ad udire l’eco delle voci di quelle “donnette”di quegli anni lontani, arrabbiate fra loro e perché cacciate di casa dalle Monache, o incazzatissime con un bambino che non la smette di frignare, o viceversa “intente” a soddisfare qualche forestiero di passaggio o qualche veneziano annoiato dalle solite cose di sempre …