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“SAN GIACOMETTO DI RIALTO … SOLO UNA NOTA.”

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“Una curiosità veneziana per volta.” – n° 70.

“SAN GIACOMETTO DI RIALTO … SOLO UNA NOTA.”

Si potrebbero raccontare come il solito mille cose curiose sul magnifico Emporio di Rialto e i suoi dintorni. Mai si finirebbe di perdersi nei dettagli di tante storie che solo Venezia sa suggerire. Le vicende della chiesa di San Giacometto, quella proprio ai piedi del magnifico Ponte meriterebbero un lunghissimo racconto.
Ma questa volta ci risparmiamo la fatica di tirarla per le lunghe … e ci soffermiamo solo su un brandello di storia, solo un lampo tratto dal tempo andato che però non mancherà d’illuminarci con le sue vicende curiose.
Già in altre occasioni si è detto che Venezia era uno snodo internazionale importantissimo sulla strada per la Terra Santa e anche per i Pellegrini diretti anche a Roma o lungo la Via Michaelica che conduceva in fondo al Gargano di Puglia. Si è anche detto che Venezia era talmente ricca di proposte, spiritualità e concessioni di “grazia” tanto da riuscire a sostituirsi e mettere se stessa al posto di un vero e proprio Pellegrinaggio in Terrasanta. Non si trattava solo di un’idea e di una furbata Veneziana che induceva i Pellegrini Europei ad arenarsi in laguna invece di proseguire attraversando il Mediterraneo fino a Gerusalemme. Esistevano a Venezia i veri e propri presupposti per rinunciare felicemente a quel voto impegnativo, dispendioso e a volte anche letale.
Come ben sapete, non è che in quei tempi di andasse Pellegrini in giro per il mondo solo per spasso e per voglia di viaggiare. Pellegrinare era una cosa “seria”, gravissima, molto sentita e importante … e non solo per la spesa e per il tempo che s’impiegava a pellegrinare. (Per andare e tornare, ad esempio, dall’Italia fino a San Jacopo di Campostela nella Galizia Spagnola s’impiegava fino a un anno … Non era uno scherzo.)
C’era di più però. Molte volte si andava in Pellegrinaggio anche per condanna. Ossia pellegrinare non era solo una pulsione devota dello Spirito, ma spesso veniva imposta da un qualche Giudice Ecclesiastico di città e di Paese che imponeva il grande viaggio lontano dalla propria terra proprio come espiazione di un danno compiuto. Significava partire, abbandonare gli affetti, il lavoro, le proprie cose … Tanto è vero che prima di partire si faceva anche testamento, si consegnavano i propri beni … ed effettivamente molto spesso non si era certi di tornare vivi.
Mandare qualcuno in Pellegrinaggio era perciò spesso una maniera di liberarsi “santamente” di personaggi scomodi, e non è che i Pellegrini fossero tutti “santi uomini” e “bianca farina per far ostie”. Qualche volta erano criminali, ladri, malviventi destinati a percorrere strade in cui si poteva incorrere in “colleghi” affini a loro ben disposti a far loro “la festa”. E non è che si potesse facilmente fingere di partire, magari spostandosi in un paese poco lontano. Quel che decideva il Giudice Ecclesiastico veniva messo in atto dal potere Civile che era armato e usava i suoi mezzi spesso persuasivi.
Detto questo, se ci fosse stato un modo di scansare l’ostacolo e liberarsi da quel peso santo, chi avrebbe detto di no, e non ne avrebbe immediatamente approffittato ?
Ebbene, a Venezia esisteva concretamente e per davvero la possibilità di farsi sciogliere da certi voti e da certe imposizioni e condanne. Venezia era Venezia, no ? Non è che ce ne fossero tante di Serenissime in giro.
Ad essere pratici e precisi, accade per esempio nell’agosto 1516, che il Papa “Medici” Leone X concedesse privilegi ed Indulgenza Plenaria a chiunque visitasse la chiesa di San Giacometto di Rialto il Giovedì Santo di ogni anno. Si era al tempo del Doge Lorenzo Loredan, del Patriarca Antonio Contarini, e di Marino Georgio “Doctore clarissimo illustrissimo e oratore del Senato Veneto” che aveva procurato dal Papa quella “Grazia speciale” attraverso la supplica del Piovano della stessa chiesa di San Giacometto nonchè Canonico e Protonotario Apostolico: Natale Regia.
La tradizione dice che proprio nel giorno di San Giacomo il 25 luglio fu sancito proprio a Venezia  il trattato tra l’imperatore Federico Barbarossa e la Lega Lombarda capeggiata da Alessandro III.
E come non bastasse, nel marzo 1520 un nuovo Breve di Leone X concesse facoltà al Pievano di San Giacometto e ai suoi successori di poter deputare alcuni sacerdoti nel Giovedì Santo e nei tre giorni anteriori e posteriori per le confessioni dei fedeli che potevano essere assolti anche dai peccati riservati alla Santa Sede. Rimanevano esclusi soli i casi contemplati dalla bolla “in Cena Domini” con le censure riservate al Papa. Detti sacerdoti potevano anche commutare i voti, fra questi anche quello “oltremarino” cioè quello di andare in Terra Santa.
Bingo ! Bastava recarsi fino a Venezia ed il gioco era praticamente fatto ... anche se non è che l’Indulgenza Plenaria te la tirassero dietro gratuitamente dalla porta della chiesa. Diciamo che c’era un certo “iter” di ravvedimento anche economico, nonché “spirituale” da percorrere. Ma non era una cosa impossibile … Bastava darsi da fare in maniera conveniente.

A conferma della “specialità eccezionale” di tale situazione Veneziana, nel dicembre dello stesso 1520, un ulteriore “Breve Papale” sempre di Leone X concesse anche di poter celebrare una Messa in San Giacometto anche nella mattina del Sabato Santo, l’unico giorno dell’anno in cui la Messa era sospesa dappertutto fino alla mezzanotte di Pasqua.
E come non bastasse, si poteva celebrare una Messa in San Giacometto ogni giorno, anche nelle “ore antelucane” ossia prima del sorgere del sole: cosa assolutamente proibita altrove.

E’ curioso notare che queste “facoltà e privilegi” sono rimaste attive in San Giacometto fino al 1866.

Ah ! Dimenticavo … La chiesa di San Giacometto di Rialto non era una chiesa qualsiasi. Non era Parrocchia, né aveva parrocchiani … o meglio aveva come fedeli tutti i Veneziani, a partire dal Doge al diretto controllo del quale era affidata. San Giacometto era chiesa di Jurisdizione Dogale, soggetta al controllo del Primicerio di San Marco. (ossia il Cappellano del Doge).

Non meraviglia allora che quella chiesetta se la passasse abbastanza bene ... Nel 1531 lo stesso Piovano Natale Regia, quello delle suppliche al Papa per ottenere le “Bolle”dei privilegi e delle Indulgenze, provvide a un restauro radicale della chiesa che finiva troppo spesso inondata dall’alta marea. Il Piovano era già di suo un ricco Cittadino Originario, ma fu “autorizzato e sostenuto nell’opera” dal suo amico il Doge Gritti.

Nel dicembre 1542 la Signoria decretò anche l'erezione d'un pulpito di legno nella piazzetta di San Giacometto di Rialto ad imitazione di quello che già esisteva in Piazza San Marco. Lì doveva salire un religioso, a tale scopo stipendiato dal Doge, per predicare al popolo nel dopo pranzo. In seguito quell'usanza del pulpito continuò solo a San Marco dove si racconta che durante la baldoria del Carnevale le maschere prendevano il pulpito con le ruote e lo tiravano avanti e indietro in giro per la Piazza burlandosi ancora un poco di tutto e di tutti fino al suono del campanone di San Marco che metteva fine alle Feste e decretava l’inizio della Quaresima.

Venezia è sempre stata festaiola, trasgressiva, aperta e anche un po’ furbetta e interessata. Diciamo anche diplomatica e lungimirante … un po’ a modo suo, capace di vedere “i risvolti”delle cose e degli eventi.

Per dirne un’altra. Pochi anni dopo, nel 1571, le cronache cittadine raccontano delle feste che i Tedeschi del Fontego organizzarono per solennizzare la vittoria di Lepanto contro i Turchi. Si era sempre lì, accanto a San Giacometto, appena al di là del Canal Grande e del Ponte di Rialto.

“…i Tedeschi per tre sere continue acconciarono il Fontego di razzi, e accomodarono di dentro e di fuori per diversi gradi, lumiere, dal primo corridore fino alla sommità del tetto, che rendevano dalla lunga una veduta quasi di un cielo stellato. Da prima sera fino alle 5 hore di notte, si udì di continuo suono di tamburi, di pifferi e di trombe squarciate, e sopra i pergoli del Fontego, si fecero diversi e rari concerti di musica, con spessi tiri d’artiglierie. Et attorno a tutte le fabbriche nuove della piazza di Rialto, cominciandosi dal Ponte fino alla ruga predetta, furono tirati panni finissimi di scarlatto: e vi si attaccarono di sopra con uguali distantie, bellissimi quadri di pitture, di imprese, di ritratti, e d’altre diverse historie … Quadri meravigliosi del Giambellino, di Giorgione da Castelfranco, di Bastiano del Piombo e d’altri eccellenti pittori. La prima mattina si cantò la Messa Solenne sopra un palco dinanzi alla chiesa di San Giacometto con musiche meravigliose. Dopo terza si fece la processione col Crocefisso innanzi, precedendo piffari, trombe squarciate e tamburi. Dopo mangiare si dissero i Vespri con le musiche medesime e cominciatisi tardi finirono alle due hore di notte. Il restante del tempo si consumò in harmonie con variati concerti …”

Niente male !

Termino ricordando che chissà perché, il Doge “di turno” era sempre sensibile a quanto accadeva in San Giacometto di Rialto. Più che sensibile, era interessato a tutto quel manovrare d’Indulgenze, Perdonanze e Riti. Che avesse anche lui qualcosa da farsi perdonare o qualche voto da sciogliere ?
Sta di fatto che il Doge si recava annualmente in visita a San Giacometto di Rialto, proprio in quei giorni d’applicazione dei “condoni e del perdono” previsti dalle famose “Bolle Papali” d’Indulgenza.

Racconta, infatti, Giovanni Nicolò Doglioni nel1603 scrivendo nella sua opera: “Le cose meravigliose dell’inclita città di Venezia”.

“… et così terminati gli Officii di questa mattina (ogni annuale Mercoledì Santo), se ne và subito il Doge co’ piatti (sulle peate, le barche piatte) a visitar la chiesa di San Giacomo di Rialto per ricever il gran tesoro dell’Indulgenza Plenaria lasciata già tanti anni sono alla detta chiesa in simil giorno da Alessandro III Sommo Pontefice quando fu a Venezia …”



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