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“ SAPRESTI RICONOSCERE QUESTA CHIESA VENEZIANA ? ”

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“Una curiosità veneziana per volta – n° 38”

“ SAPRESTI RICONOSCERE QUESTA CHIESA VENEZIANA ? ”

Solo le stelle rimangono immobili, sempre le stesse … anche se non è proprio così neanche per loro. Di certo noi, “di sotto al Cielo”, siamo molto cangianti e transitori. Il tempo inesorabile spazza via e cancella buono e cattivo, lasciando solo pallide tracce e rovinose macerie.

Basta un pugno di anni di dismissione e abbandono di certi luoghi, che il posto decade e si trasforma vestendo presto il volto dello squallore.
Qualche giorno fa, per un colpo che considero fortunato, ho rivisto una chiesa di Venezia chiusa e dismessa da almeno trent’anni se non di più. Entrandovi, sembra vi sia esplosa dentro una bomba, e vi si sia istallato a viverci “Sjor Squallore”. L’impressione è davvero sconfortante, si prova l’impressione d’entrare davvero in un luogo morto, oltre che rovinoso. Una specie di capsula temporale mangiata dal tempo e dimenticata dagli uomini. Eppure di cose e di storie ne sono accadute lì dentro … tantissime.

Quando si chiudono ambienti di questo tipo, fino a ieri frequentati e vissuti, incomincia a calare la polvere. Quella è la prima novità, il primo affronto, e tutto si coprirà sempre più di uno spesso mantello bianco impalpabile, che diventerà sempre più consistente e vistoso. A questo si aggiungerà il disordine progressivo, perché non ci sarà più nessuno che ricollocherà le cose al proprio posto mantenendo la solita armonia di quel luogo.

In seguito, il posto verrà privato ad ondate progressive delle cose che contano e valgono. Spariranno i calici, gli argenti, le decorazioni di valore o perlomeno considerate tali. Apparirà così qualche buco e vuoto in quella che era la scenografia completa del solito ambiente vissuto e frequentato. Accadrà poi uno smantellamento progressivo di tutto quello che si considererà prezioso o perlomeno riciclabile, o almeno da rimuovere sottraendolo all’uso di mani profane e inabili alle cose religiose. In questo contesto spariranno le suppellettili sacre, i libri, gli oggetti e i paramenti liturgici dei riti. Una parte verrà collocata in deposito altrove, in qualche chiesa vicina, o presso qualche monastero di monache, o affidata alle nuove chiese, o rifilata nel magazzino di qualche museo diocesano. Un’altra parte di solito, quella meno preziosa, finirà per essere alienata progressivamente da visitatori e mani invisibili, che la collocheranno nel circuito anonimo degli antiquari e dei mercatini della città. 

Spesso sono persone “di casa” considerate affidabili e di fiducia, che attivano questo scempio, facendo man bassa di tutto quel che possono arraffare. Parenti di preti, conoscenti, opportunisti delle parrocchie limitrofe, cacciatori d’occasioni e di arrotondamenti facili. Esiste tutta una gamma di persone del genere, che è inutile fingere non esistano, perché ogni volta capitano puntuali come sciacalli sulla preda di turno.
A chi non è capitato di ritrovare sulle bancarelle di Venezia pezzi sparsi di scarso valore e d’ignota provenienza, con ancora nome e cognome della chiesa o dei preti scritto sopra ?

“Può capitare … “ è la spiegazione massima, che si potrà ottenere.

Fatto questo, rimarranno i muri e gli ambienti spogli, o perlomeno coperti dalle cose inamovibili o d’improbabile collocazione sui mercati. Chi vuoi che si compri una serie di “banchi di chiesa” o delle opere d’arte di autori famosi ? Così come rimarranno a disposizione delle “passate” progressive tutta una serie di materiali che via via si assottiglierà dopo ogni visita epurativa. Drappi, decorazioni, quadreria minore, lampade d’ottone qualsiasi, arredi di scarso valore, opuscoli e libri di devozione di uso comune ... e molto altro ancora.

L’abbandono e il disfacimento a questo punto è iniziato e avanzato. Ci penseranno intanto le intemperie, gli animali e l’incuria a procurare i primi guasti. Ci saranno le infiltrazioni piovane o dell’acqua alta, che nessuno provvederà presto a revisionare e risanare. Entreranno per le finestre contorte dal caldo-freddo e dall’umido, i gatti, i ratti, e i colombi, che imbratteranno e rovineranno progressivamente tutto quel che è rimasto. Potrà accadere anche che s’infiltri dentro a bivaccare qualche persona, che non si farà scrupolo, come è già accaduto, di svellere altre parti minuti, bruciare qualche panca per scaldarsi, riutilizzare in maniera impropria e a piacimento oggetti inizialmente destinati all’uso della chiesa. 

Tempo fa, ad esempio, un vagabondo entrato in uno di questi luoghi, s’è creato indisturbato una vera e propria capanna di legno confortevole, utilizzando gli arredi di chiesa rimasti, parti di confessionali e rivestimenti lignei e dossali delle pareti, la porta della cantoria  dell’organo, e altre cose simili ... Nessuno l’ha fermato né disturbato.

Nello stesso tempo potrà tornare utile anche rimuovere tutta quella parte metallica, che si potrà collocare agilmente presso un qualsiasi ferrovecchio, o venditore di minutaglia e bigiotteria. In questa fase spariranno i cancelletti, le balaustrate, le serrature, le maniglie, gli anelli, gli infissi e perfino le sbarre delle finestre, le catene dei lampadari, le spranghe e i catenacci delle porte ... Qualcuno è riuscito perfino a piazzare le lunghe corde delle campane.

Poi, potrà accadere, ma non è detto, un momento di sosta in questo declino degradante progressivo. Qualche “anima pia”potrà tentare il recupero e il riutilizzo degli ambienti, nel tentativo estremo di arginare la rovina incipiente. Dopo una sommaria pulizia, e forse un’imbiancata di qualche parte dei muri inumiditi, si riuscirà a riaprire brevemente il luogo, utilizzandolo come sede di qualche mostra di pittura, o di un ciclo artistico della Biennale d’Arte di Venezia, o affidandolo all’estro di qualche artista, fotografo, o magnate di passaggio.

Per far questo s’ammucchieranno alla rinfusa le poche cose rimaste in qualche magazzino o nella sacrestia della chiesa rovinosa. E lì rimarranno praticamente per sempre, ingrovigliate in un caos indescrivibile e inestricabile. Di solito, dopo la manifestazione la spaziosa aula della chiesa rimarrà deserta e vuota, magari con i resti degli allestimenti dell’ultima mostra a stridere con la loro incongrua presenza con lo stile artistico prevalente del monumento.

Passato un altro periodo d’assoluto abbandono prolungato, accadranno gli ulteriori danni pesanti dell’incuria e del tempo.  Inizieranno a cadere finestre e lucernari, cadranno intonaci e parti del soffitto, s’incrineranno travi portanti, sul vecchio pavimento, divenuto a gobbe, si apriranno buche, si sfonderanno le antiche tombe a volte aperte a caccia di chissà quali tesori nascosti, e marmi e decorazioni acquisiranno collocazioni insolite, innaturali. Vedrai la statua storta, il crocifisso pendulo, il quadro di poco valore della comunissima via crucis caduto a terra, con vetro sfasciato in mille frammenti sparsi ovunque, e qualche pala d’altare deposta per terra o distesa in un angolo.

Mi piace talvolta immaginare questi ambienti com’erano. Magari fino all’ultimo giorno in cui sono rimasti attivi, frequentati e aperti. Pensare solo per un attimo l’ora dell’ultima chiusura definitiva, quando si è andati a spegnere l’ultimo mozzicone di candela fumante, e sbarrare e chiudere a chiave per sempre il portone d’ingresso, facendo sferragliare i catenacci ancora unti.
L’ultima messa celebrata dall’ultimo prete, gli ultimi suoni di campana, l’ultima suonata dell’organo, le ultime vecchierelle che accorrevano a ogni “sbatacchio di chiamata”, l’ultimo sacrestano che ha aperto, curato e chiuso per sempre la chiesa.

Poi è iniziata quella penombra silenziosa sempre uguale, ed è iniziata a scendere la polvere, silenziosa anche lei, sempre più soffice e abbondante. Mentre i giorni si sono susseguiti uno dopo l’altro identici, la luce del giorno ha fatto il suo solito giro entrando dalle finestre di una parte,e via via giungendo a spegnersi dalla parte opposta filtrando attraverso i vetri rotti e opacati ... senza che entrasse più nessuno.

Da fuori si nota solamente la facciata smunta, sempre uguale a se stessa, racchiudente un qualcosa che la mente fatica sempre più a ricordare, o non ricorda proprio. Nel solito spontaneo pensare immagini che possa contenere ancora quel tesoretto, quell’impasto di ambiente vissuto e caldo, quell’alone di spiritualità silenziosa, quel posto di rito e devozione, quell’ordinato vissuta chiuso dentro la sera dell’ultima chiusura.

Finchè casualmente riesci a posarci dentro gli occhi, e ne scopri, invece, il desolante sconquasso e abbandono. Quel posto di un tempo non esiste più … e ti viene da chiederti se possa mai essere esistito.
Non ti resta che immaginarlo, ricostruirlo dentro di te assommando stralci di pagine, vecchie foto rare, pagine di storia, qualche vecchia stampa o dipinto se c’è ancora, notizie sparse nella miniera di cose veneziane vissute e molto spesso dimenticate.

Entrare in posti del genere suscita in me un senso di tristezza misto a nostalgia … e a un po’ di rabbia, perché sento che lì dentro è andato perduto un altro pezzettino di Venezia, tesoro preziosissimo inestimabile.

Forse ha ragione la vecchina con cui parlavo l’altro giorno.


“Venezia è una vecchia bella signora … ma piena di rughe e sdentata, che spesso lascia uscire da se un alito marcio di vita ormai vissuta …”


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