“Una curiosità veneziana per volta.” – n° 73.
“OSPEALERE … E MELOGRANI …”
Il Melograno è un albero presente in Armenia, Azerbaijan, Iran, Afghanistan, Israele, Palestina, Grecia ed Egitto … non poteva quindi mancare a Venezia … Il Doge ne teneva sempre uno nel suo giardino pensile di Palazzo Ducale … Le scorze e i semi dal gusto amarognolo immersi in acqua affondano, mentre le membrane galleggiano, si possono mangiare e inserire nelle salse piccanti ... e la polvere ottenuta dalle radici e dai frutti si poteva utilizzare come decotto con scopi astringenti e sedativi, talvolta diuretici … talvolta tossici e pericolosi … Chissà perché qualcuno a Palazzo Ducale finiva talvolta avvelenato … Si poteva anche utilizzare come colorante cosmetico, o come infuso di petali rinfrescante delle gengive ... Il succo viceversa dolciastro o acidulo era buono come bevanda.
Il nome probabilmente deriva dal latino “malum granatum” ossia "mela con semi” ... Ma per gli Inglesi era: “Apple of Grenada" ossia “mela di Granada”, la città spagnola con nello stemma un frutto di melograno per i numerosi alberi di quel tipo coltivati e importati dagli Arabi che ne usavano la scorza anche per dipingere arazzi ... Purtroppo, in seguito “la melagrana”è divenuta anche un simbolo Massone, e la bomba: la “granata”, ha preso il nome proprio da quel bel “frutto granato”. Ma questo non ha nessuna importanza …
Istituzioni simili a quella dell’Ospeàl de la Pietà o degli Esposti di Venezia esistevano già prima del 1218 a Pisa dove c’era l’Ospizio dei Trovatelli; a Vicenza con l’Ospizio dei Bastardelli; a Santa Maria Maddalena di Udine dove c’era l’Ospedale degli Esposti detto Ca’ di Dio fin dal 1260, e a Firenze dove c’era l’Ospedale degli Innocenti per i “gitatelli” voluto dalla Repubblica fin dal 1294. La prima chiesa della Pietà di Venezia sorse sulla destra di quella attuale, inglobata nell’odierno Hotel Metropole che era l’antico Ospedale della Pietà, com’è visibile nelle cartografie del Portio e del Della Via del 1686.
Sembra che l’antico“Spedale”sia stato istituito da Fra Petruccio d’Assisi detto“della Pietà”perché andava in giro per Venezia ripetendo e gridando:“Pietà ! … Pietà”chiedendo soccorso per i poveri e soprattutto per ilgrande numero di bambini che giacevano abbandonati per strada.
In seguito tutto andò come in discesa: il primo benefattore fu Domenico Trevisan della Contrada di San Lio che dispose:“Item volo et ordeno che ali garzoni e garzone che viene getadi e vene chiamati la Pietà, per loro nutrimento sia dadhe quattro libre per Dio e per l’anima mia.” …Poi ci pensòAndrea Malipiero della Contrada di San Severo:“… item si lazo a Fra Petruzzo de l’Hospeal de li fantolini de S.Zane Bragola lire zinque.” … e Giacomina Dolfin“Pei puoveri fantolini dela pietate … e alle balie per nutrigar una creatura della Pietà.” … eMaria Altadonna che donò all’Ospizio un podere … Solo più tardi si aggiunsero gli Ecclesiastici col Papa Clemente VI che concesse facoltà, privilegi ed indulgenze ai benefattori … Meglio tardi che mai.
“Papa Climento VI di uno anno XL di de Perdon zanschuno che porce elemusena ai fantolini de la Pietate. Missier lo Patriarcha de Grado, Misier lo Vescovo de Castelo XL di summa lo Perdon de la Piatade uno anno CXX di ed altre gracie molte …”
Il Doge Andrea Dandolo costituì primo Priore Fra Pietruzzo della Pietàapprovando la costituzione di due apposite Confraternite o Scuole Maschile e Femminile … Fra Pietruccio non perse tempo e prese subito in affitto dalla Nobildonna Lucrezia Dolfin diciassette caxette per le Trovatelle in Contrada Santa Giustina poco lontano dal suo convento Francescano. In seguito acquistò anche alcune case in Contrada di San Zuane in Bragora trasformandole nell’Ospizio degli Esposti collocato fra il Ponte del Sepolcro, Calle della Pietà e il Ponte dei Bechi.
Dopo la morte di Fra Petruzzo entrambi gli Ospizi vennero sottoposti a Juspatronato e sotto la giurisdizione del Primicerio di San Marco ... mentre il Senato e il Maggior Consiglio decretarono in continuità consistenti aiuti pubblici, concedendo di questuare per sostenere le balie e il personale del Pio Luogo. La Serenissima inoltre impose di offrire alla Pietà un po’ di vino a tutte le barche che lo trasportavano per Venezia ... e si concesse a Fra Pietruccio di celebrare l’Ufficio Divino nel Fontego dei Tedeschi per racimolare qualcos’altro dai ricchi Mercanti Teutonici.
In seguito, come racconta il Ferro:“ … dal 1400 al 1700 si susseguirono ininterrottamente provvedimenti delle autorità della Repubblica a favore dell’Istituto della Pietà: dalle concessioni di frumento, legna, olio, vino, al diritto del 10% su tutte le somme introitate dallo Stato per confische, contrabbandi, condanne, dalla facoltà di liberare banditi e condannati, al diritto di avere un barcarolo per traghetto, dall’impiego di giovanetti dell’Ospizio nelle sedute del Maggior Consiglio per servizi vari, alle continue sollecitazioni alla Santa Sede per ottenere interventi spirituali e materiali …”
Nel 1400: Lucia del fu Piero Musegheta di Murano, moglie del Dottore in Medicina e Maestro Antonio da Osimo nella Marca di Ancona, lasciò 12 ducati d’oro a una donna del luogo della Pietà … il Maggior Consiglio obbligò con giuramento i Notai a ricordare ad ogni testatore“i poveri putti della Pietà” ...il Senato elesse due Patrizi perché “uniti ai Procuratori rilevino gli urgenti bisogni.”… le Monache di Santa Croce dell’Ordine di Santa Chiara donarono 201 campi di ragione del soppresso Priorato di San Francesco (dove oggi ci sono i Giardini Papadopoli a Piazzale Roma).
Nel solo 1466 gli ingressi alla Pietà furono 460 ... nell’aprile 1488 i trovatelli sparsi per il Dogado e assistiti dalla Pietà erano più di 4.350 ... perciò Papa Alessandro VI Borgia su intercessione del Doge Agostino Barbarigo concesse alla Pietà nuove indulgenze e privilegi.
Le "Ospealère della Pietà" erano, perciò, trovatelle, esposte, illegittime, talvolta orfane educate in quell'Ospizio Veneziano fin da tempi antichi: diversi secoli fa. Si riconoscevano in giro per la città Serenissima per i loro abiti “rosso granato” o “rosso Melograna”, mentre i colori identificativi dei vestiti degli “Ospiti” degli Incurabili, delle Zitelle, delle Convertite e dell’Ospedaletto erano il bianco, il verde, il turchino e il marrone.
Dal 1500 in poi, Doge, Patrizi e Governatori iniziarono a curare e promuovere con continuità il Coro della Pietà ... Il Coro della Pietà fu sempre diretto da maestri illustri: Scarlatti, Gasparini, Vivaldi, d’Alessandro, Porpora, Bernasconi, Porta, Latilla, Sarti, Furlanetto ... Benedetto Marcello ... In Pregadi la Pietà fu dichiarata esente dal pagamento delle Decime ... e si decretò: “… siano riscossi 2 lira di più sopra ogni condanna senza diminuzione alcuna vengano contribuiti all’Ospedale della Pietà …”Nello stesso anno fu imposta una tassa su coloro che ricevevano investiture e benefici ecclesiastici ... Marcorà Costantino quondam Teodoro istituì doti per le donzelle della Scuola Grande di San Rocco e donò 100 ducati alla Pietà, agli Incurabili e ai Derelitti che nell’insieme ospitavano più di 3.000 persone miserevoli o malate.
Nel 1551 la Pietà riferì al Senato di avere 800 orfani e 1.200 erano quelli affidati “a bagliatico” nelle campagne Venete come fonte di reddito extra per famiglie povere ... L’ospedale impiegava per i trovatelli il noto chirurgo Zuan Francesco Strata e suo figlio Zuan Giacomo e il medico Girolamo Grattarolo ... La popolazione di Venezia approfittava dell’Istituto per mandarvi anche i figli nati da unioni legittime e talvolta da famiglie non sprovviste di beni di fortuna. Ci pensò il Papa Paolo III° Farnese in persona con una bolla apposita emanata nel novembre 1548 a stigmatizzare e condannare quella situazione incresciosa:
“Strafulmini il Signor Iddio maleditioni e scomuniche contro quelli quali mandano o permettano siano mandati li loro figlioli e figliole si legittimi come naturali in questo Hospedale della Pietà … havendo il modo e facultà di poterli allevare essendo obbligati al resarcemento di ogni danno e spesa fatta per quelli, né possono essere assolti e perdonati se non soddisfano il loro debito …”
Al di là del titolo e della condizione sfortunata, quelle della Pietà erano giovani virtuose, talenti nel cantare e suonare soprattutto durante le Messe. Erano famose di per se stesse non solo a Venezia ma internazionalmente, e non solo per il legame col loro celebre maestro e musicista Antonio Vivaldi. Le "Putte"dette anche "Figlie del Coro", erano conosciute e stimate per la bravura e le esecuzioni che tenevano nella chiesa della Pietà sempre affollata di Veneziani e foresti.
“… musica eccezionale qui è quella degli ospizi. Ve ne sono quattro tutti formati da fanciulle bastarde od orfanelle, e da quelle che i loro genitori non sono in grado di allevare. Sono educate a spese dello Stato e le istruiscono esclusivamente per farne delle eccellenti musiciste ... Perciò cantano come angeli e suonano il violino, il flauto, l’organo, l’oboe, il violoncello, il fagotto; insomma non c’è strumento per quanto grosso che sia che possa far loro paura … Vivono in clausura come le monache … Soltanto loro partecipano alle esecuzioni ed ogni concerto può contare su una quarantina di giovincelle … Le loro voci sono adorabili per la modulazione e la freschezza …. La Zabetta degli Incurabili è la più straordinaria per l’estensione della voce ed i trilli di violino che ha in bocca … quello dei quattro ospizi dove vado più spesso e dove mi diverto di più è l’ospizio della Pietà; è questo anche il primo per la perfezione dell’orchestra ... Che rigore di esecuzione ! ... Vi giuro che niente eguaglia il diletto di vedere una monachella giovane e carina, vestita di bianco (?), con un mazzolino di melograno all’orecchio, dirigere l’orchestra e battere il tempo con tutta la grazia e la precisione immaginabili …”
Scriveva nell’agosto1739 il famoso turista francese Charles de Brosses, conte di Tournay e amico di Antonio Vivaldi, che ebbe a Venezia “esperienze di fuoco” con la “Bagarina”… Era ammirato dall’immagine delle “fantole veneziane”: l’Anzoleta, la Chiaretta, la Paolina del tenor o l’Anneta del basso, e Anna Maria che suonava il violino, il clavicembalo, il violoncello, la viola d’amore, il liuto, il mandolino e la tiorba.
Sotto la guida di Vivaldi l’Anna Maria divenne una delle figure emergenti delle “Putte”: fu una delle 5 figlie a cui su richiesta della Nobildonna Marietta Corner fu concesso il permesso speciale per partecipare nel convento di San Francesco della Vigna come concertiste e strumentiste durante una Disputa della Dottrina Cristiana ... che era un’occasione solenne e considerata importantissima per la città. L’Anna Maria ebbe una carriera brillante, fama internazionale e apprezzamenti vari da parte del flautista Johann Joachim Quantz, dell’Ufficiale di Corte di Sassonia Joachin Christoph Nemeitz, dal Barone Carl Ludwig von Poellnitz … e di parecchi altri.
“… fra tutte eccelle la Maria, la bolognese Maestra del Coro, che … può piacere chi l’ascolta … lunga più di una Quaresima … rimasta nell’incarico quasi l’intero secolo sino al 1794 … un’altra è Agata … dal bel visetto ma con la mano sinistra senza dita … bellissima nella gonna campanata a fitte piegoline … Era paragonata agli Angeli la Ospealera violinista Bianca Maria Ella capace di suonare: cembalo, violino, viola d’amore, violoncello, liuto, tiorba e mandolino …”
Ma non era l’unica l’Anna Maria, perché c’era anche la “Capitona” ossia Giacomina Stromba, la preferita di Tatini che gli trasmise la sua bravura per il violino che lei suonò più volte davanti ai Dogi. C’erano anche: la “Polonia”, “Gertrude”, “Prudenza della tiorba”, “Susanna dell’oboe” e “Tonina dell’Organo” ... Il Coro possedeva in media un introito di ducati 1318 dovuti a “Legati”compresi gli utili di 200 ducati provenienti dall’affitto degli scanni e dalla vendita dei libretti a stampa che si offrivano ai partecipanti come nei teatri. Nei tempi migliori il Coro della Pietà utilizzava: 16 violini, 6 viole, 3 violoncelli, 5 violoni antichi, 5 corni da caccia antichi, 2 timpani piccoli, 2 trombe marine, 2 viole d’amor, 1 mandolin, 1 liuto, 1 tiorba, 2 salterii, 2 cembali a penna, 5 spinette e i 3 organi incassati nelle pareti della chiesa.
A Venezia esisteva una vera e propria “cura e cultura” di ospitare ed educare queste “misere” al pari di tanti altri tipi di diseredati. Nei quattro “Ospedali” pubblici Veneziani ricevevano un’istruzione, un’educazione “timorata di Dio”, sussidi, qualche dote, la possibilità d’apprendere un mestiere: filare, cucire, prestar servizio ... e anche la possibilità di “far Canto et Musica” che si teneva di solito, come a Teatro, tutti i sabati e domeniche, e nei giorni di festa dalle quattro alle sei circa del pomeriggio.
Nella fattispecie, potevano entrare a far parte del “Coro dell’Ospeàl de la Pietà” una quarantina di femmine “ricoverate” dopo un’apposita audizione di prova. Fra queste c’erano alcune, fra 8 e 14, considerate “Le privilegiate”, di solito le più brave e dotate che fungevano anche da “Maestre” e coprivano incarichi di tuttoraggio nell’ “Ospedale delle Figlie” o verso eventuali Educande di provenienza Nobile.
Nel 1619 pervenne all’Ospizio della Pietà l’eredità del Nobile Lorenzo Cappello consistente in 8 case a Venezia e 60 ettari di terra a Cittadella. Già una parte di Palazzo Cappello contiguo all’istituto era stata inglobata nel complesso … la Pietà mise all’incanto un suo possedimento sito in Torre di Mosto, e ne aveva altri anche a Ca’ Moro di Camposampiero ...Tre anni dopo siconsacrò la nuova chiesa annessa all’Ospedale: aula centrale a tre porte, lunga circa 20 m e larga 10m, cinque altari col Maggiore “Privilegiato”, pareti coperte da rivestimenti in legno alti 2 m con sedile continuo per i fedeli … L’ospedale possedeva anche una rendita annuale di 1.450 ducati provenienti da beni immobili posseduti in Venezia.
Nel 1613 G.N.Doglioni scriveva:“… poche città puono eguagliarsi alla città di Venezia nella pietà et nel mantenir con elemosina i poverelli et specialmente che si ritrovano né luoghi dedicati ad opere pie. Che, tralasciando le tanti e tanti Monasteri di Frati e di Monache Mendicanti, ecco i bambini nati di nascosto et abbandonati da padre et madre hanno luogo comodo per allevarsi nell’Hospitale della Pietà ... Gl’infermi di mali incurabili con piaghe et tumori han l’Hospitale dell’Incurabili a ciò deputato. Quegli altri poveri, non con tanto male, sono soccorsi nell’Hospital di San Giovanni e Paolo ... Li meschini malamente feriti han lor ricovero in San Pietro e San Paolo ... Quelle donne che dal mal fare si rimettono e si danno al far bene sono raccolte nel Monasterio delle Convertite ... Le giovanette già da marito che stanno in eminente periglio di cadere in peccato son levate da alcune Matrone Primarie della città et anco a forza condotte et chiuse nel luogo delle Citelle. Quelle donne che maritate, non però voglion vivere caste, si conservano ben guardate nel Soccorso ... Vi sono anche altri Luoghi Pii et altre Fraterne …”
Il “Coro delle Putte” era un po’ un punto d’arrivo per le donne residenti alla Pietà, perché lì dentro la Musica cantata e suonata era di casa, si respirava, si copiava e si tramandava in continuità di “figlia in figlia”, fino ad esibirsi nel Coro nella chiesa nascoste dietro alle grate delle cantorie.
“Nelle tribune laterali delle cantorie della Pietà ci sono delle grate in ferro battuto con motivo floreale dei fiori di Melograno: firma-logo dell’Ospedale ... Il simbolo iconografico richiama l’Immacolata, modello morale per le ospiti dell’Ospizio ... Frutto delizioso multiproprietà e con un significato e simbolismo arcaico e profondo, il Melograno richiamava e unificava in se due opposti che come sempre s’attraggono e compenetrano nella vita ...”
Come ben si sa, Vita e Mortesono collegati fra loro da un filo sottile: lo splendore e l’energia iperattiva della vita si antagonizzano nel riposo assoluto procurato dalla Signora Nera. Il prezzo del passaggio dal Bianco al Nero, dall’Essere al Non-Essere, dalla Luce al Buio misterioso delle Tenebre è il sacrificio, la fatica del vivere per approdare alla fine alla Rinascita … Già gli Egiziani prima 2.500 anni fa, e i Greci dopo raffigurarono sui muri e ponevano dentro alle tombe frutti di Melograna in argilla come corredo funebre e nutrimento per i Defunti … Le donne di Atene durante i riti della fertilità mangiavano Melograne e ne bevevano il succo in onore di Demetra come si faceva anche in Africa e in India dove le donne lo assumevano per combattere la sterilità ... Sempre in Grecia, dove lapianta di Melogranoera considerata sacra a Venere e Giunone, quando si acquistava una nuova casa si metteva quale primo dono presso l'Iconostasi domestica un frutto di Melograno; si rompeva una Melograna ai matrimoni, si regalava a Capodanno; in Dalmazia si piantava un Melograno nel giardino di casa degli sposi come simbolo di abbondanza, fertilità, prosperità e buona fortuna … a Roma le spose s’acconciavano i capelli con rametti di Melograno ... mentre le donne della Turchia utilizzavano la Melagrana per la divinazione gettando e rompendo un frutto a terra. Secondo quanti chicchi uscivano, si sapeva il numero dei bimbi che avrebbero partorito.
Per gli Ebreile immagini delle Melograne si applicavano sugli abiti dei Grandi Sacerdoti e sulle colonne del Tempio di Gerusalemme ... Il Melograno o “Rimon” era simbolo di produttività e d’unità del Popolo stretto come i grani tra loro … Si pensava che la Melograna fosse il frutto dell'“Albero della vita” del “Giardino dell'Eden”… uno dei sette frutti elencati dalla Bibbia come speciali prodotti della “Terra Promessa”.
“Il Signore ti porterà in un’ottima Terra … Terra da Grano, Orzo e Viti dove prosperano Fichi, Melograni e Ulivi …”
Il Cantico dei Cantici paragonava l'amata a un giardino lussureggiante pieno di alberi di Melograno … e l'Amore si poteva consumare proprio quando fiorivano ... Il Melograno era simbolo “Santo”di onestà, equità e correttezza: “… il frutto conterrebbe 613 semi, come sono le 613 prescrizioni scritte nella Torah: 365 divieti e 248 obblighi …” In realtà i semi della melagrana sono per davvero circa 600 … Anche oggi molti rotoli della Torah degli ebrei quando sono avvolti vengono custoditi dentro a gusci d’argento a forma di melograno.
In seguito il Cristianesimo non poteva non riprendere il ricco simbolo-tema della Melagrana. Basti pensare alle varie Madonne della Melograna … ai Gesù che tengono in mano un Melograno simbolo anticipatore della Morte e Rissurrezione attraverso la Passione e il sangue della Croce. Nell'iconografia cristiana il “Rosso melagrana” sarà assunto come simbolo liturgico utilizzato negli abiti per la Messa intendendolo come colore del Martirio.
Nella Mistica Cristiana, poi, si è arrivati all’eccesso fino adesagerare:
“San Giovanni della Croce considera i semi del Melograno come simbolo delle Perfezioni Divine … la rotondità del frutto è espressione dell’Eternità Divina … il succo godimento dell’Anima che ama e conosce ... Il Melograno rappresenta l’Energia creativa di Dio, l’esuberanza della Vita, la Fecondità, l’Abbondanza, l’Amore ardente, la Carità, l’Umiltà, l’Unione di tutti i figli della Chiesa ...” e chi più ne ha più ne metta.
Il simbolismo del Melograno, insomma, era ricchissimo e complesso, pieno di significati e di leggende, e il sito della Pietà le incorporava e interpretava in qualche modo tutte:
“Dioniso era un bambino quando Era, gelosa delle avventure extraconiugali del marito Zeus, decise di far rapire il Dio dai Titani ... Dioniso venne perciò messo a bollire in un paiolo e quando il suo sangue fecondò la terra spuntò l’albero del Melograno…” raccontava un antico mito Greco.
Il Melograno quindi era simbolo di fertilità. La Morte e la sofferenza non saranno inutili ma capaci di accendere la vita. Quel significato si adattava bene alla condizione difficile delle “Esposte”abbandonate e ospitate alla Pietà in una dimensione di scarso affetto e ristrettezze.
Un’altra Leggenda degli indoeuropei Frigi che abitavano l’Anatolia Occidentale recitava:
“Agados: la roccia, decise un giorno di prendere le sembianze della Grande Madre ... Una notte il Dio del Cielo riposò sopra di lei e lasciò cadere dentro di lei il suo seme ... Dall’unione di Madre e Padre nacque Agdistis: l’indomito ... ma nessuno volle provare a domare quell’essere androgino … Ci provò solo Dioniso, Dio dell’Ebrezza, che trasformò in vino una fonte dove beveva. Così il Dio si ubriacò e cadde addormentato, e durante il sonno Dioniso gli legò il membro in modo che quando si fosse alzato la corda glielo avrebbe strappato. Infatti, così avvenne e il sangue di Agdistis andò a fecondare il terreno ... facendo nascere un Melograno ... Più tardi passò di lì la Dea Nana, che colse un frutto dall’albero e se lo posò nel grembo … Questo sparì, e nove mesi dopo nacque Attis ...”
E ancora, un’altra leggenda Greco-Romana:
“… Mentre Persefone raccoglieva i fiori di un’eterna Primavera (un Giardino Paradisiaco senza fine)si aprì sotto i suoi piedi la Terra e venne rapita da Ade e portata nell’Oltretomba … Demetra adirata impedì che i frutti sulla terra maturassero dando così inizio ad un inverno perpetuo. Zeus preccupato mandò un messaggero ad Ade chiedendogli Persefone … Lui ubbidì liberandola, ma le offrì di mangiare il seme del melograno che la costrinse ad accettare di trascorrere sei mesi con la madre sulla Terra e sei mesi come sua sposa negli Inferi ...”
E’ una conferma … ancora Terra e Inferi, Vita e Morte, eterno ritorno, ciclo senza fine di rinascita come quello delle stagioni ... Il Melograno posto sugli abiti e fra i capelli delle “Ospealère, le Putte della Pietà”faceva intendere che ci poteva essere per loro una novità, una speranza feconda di rinascita:
“Il succo del Melograno è rosso come il vino e come il sangue … come il vestito e le guance delle “Putte Ospedalère della Pietà”.
Peter Andreevic Tolstoj nel 1698 diceva:“Ci sono a Venezia conventi di donne, dove queste suonano l’organo e altri strumenti, e cantano così meravigliosamente che in nessun’altra parte del mondo si potrebbero trovare canti così dolci e armoniosi …”
In quegli stessi anni la Pietà fu di nuovo ampliata: “… per le fraudi fatte all’ospedale dalle tenutarie degli Esposti, fu preso che presenti e venturi siano segnati, acciò possano essere conosciuti in ogni tempo per Figlioli della Casa …” Gli Esposti perciò vennero marchiati a fuoco sotto al piede sinistro con una “P” di Pietà arroventata per riconoscerli, e si ponevano loro cognomi come: Baracca, Barca, Forca ... Nel 1678 nacque in Contrada alla Bragora e fu battezzato dalla levatrice Veronese Margherita in pericolo di vita per “strettezza di petto a nativitate”: Antonio Lucio Vivaldi, figlio di Giovanni Battista da Brescia, barbiere e violinista nella Cappella di San Marco e Camilla Calicchio ... Nello stesso anno Giovanni Giustinian legò lire 291 a 71 lire annue “per ricreare le Figlie del Coro”.
Lungo i secoli la vita alla Pietà scorreva seguendo le solite regole:
- Alla comparsa del bambino sulla ruota o nell’Istituto gli si appone un segnale numerato al collo per distinguerlo.
- Si spoglia dei vestiti che vengono scrupolosamente registrati e descritti in apposito libro con eventuale nome e cognome e ora del ritrovamento.
- Si elencano anche eventuali marche o contrassegni trovategli addosso: mezza immagine sacra, mezza carta da gioco, mezza moneta o altro.
- Si elencano imperfezioni o alterazioni, colore dei capelli, età apparente desunta dallo stato del cordone ombelicale, grandezza del corpo, maggiore o minore sviluppo delle parti.
- Si appone un cognome adatto a rivelare la sua situazione miserabile.
- S’introduce il segnale e marca col ferro arroventato sotto al piede sinistro con la lettera “P”.
- Si colloca l’Esposto in campagna a “Ruolo del Baliatico” presso: “sane nutrici e onesti allevatori” con regolare contratto o “bollettone”. La nutrice riceve 9 braccia di fascia di canapa, 2 pannolini di tela e 2 di lana, il certificato di vaccinazione del lattante, il contrassegno d’identificazione e alcuni “ricordi” e istruzioni e raccomandazioni.
- Gli Esposti possono essere restituiti dai tenutari solo prima del compimento degli 8 anni salvo rare eccezioni.
- I Tenutari percepiranno dalla Pietà “un premio” di 36,50 lire per i maschi fino ai 18 anni e 72,50 per le femmine che vanno a marito o fino ai 24 anni, alle quali l’Istituto conferirà una dote di lire 108.
- La “dozzina” per ogni Esposto costa: da 7 a 10 lire mensili, cessa con gli anni 12, ma per malattia o casi eccezionali può essere applicata fino ai 14 anni e oltre quando non convenga richiamarlo all’Istituto della Pietà.
- Raramente potrà accadere la restituzione dell’Esposto al genitore legittimo che dimostri le prove di appartenenza. Sarà tenuto a indennizzare l’Istituto eccetto i casi di miserabilità.
- Verrà anche informato il Parroco del luogo al quale si concederà un premio di lire 36,50 per mantenere correttamente aggiornati i registri parrocchiali al riguardo degli Esposti.
- La Direzione della Pietà informerà trimestralmente le Deputazioni Comunali sul movimento degli Esposti nei relativi Comuni.
Nel corso del 1700 la Pietà ospitava circa 400-500 persone di cui circa 70 ruotavano intorno al Coro … Più di 138 Legati confluirono a favore dell’Istituto costituendo una rendita annuale di 2.642 ducati ... Giacomo Tanello lasciò 25 ducati per ciascuna alle “Figlie del Coro” ... Antonio Vivaldi divenne il “Prete Rosso”(il colore della Pietà) e si dedicò all’insegnamento religioso e di Maestro di Violin e Viola Inglese alle “Figlie del Coro” aggiungendo al suo onorario altri 40 ducati annui ... Filippo Dei Rossi casaro in Contrada di San Gregorio legò alle figlie del Coro della Pietà: “… una formaggia piacentina di libbre 70 ad ogni ricorrenza di San Michele ...”
Nel 1716 s’interpretò alla Pietà la “Maria maddalena” del Maestro Gasparini con Sylvia che cantò la parte di Cristo, Barbara che fece Maria Maddalena, Miccielina fece San Pietro e Polonia cantò come San Giovanni ... Due anni dopo alla Pietà pervenne l’eredità di Giacomo Celsi composta da capitali in Zecca e numerosi immobili in Venezia, Padova, Verona e Treviso con una rendita annuale di ducati 2.277 … Occorrevano ogni anno più di 70.000 ducati per far funzionare l’Ospedale della Pietà, che possedeva solo una rendita di 24.000 ducati ... il Consiglio dei Dieci accordò per 3 anni un’estrazione del Gioco del Lotto per incrementare le entrate dell’istituto, mentre i Predicatori nelle chiese di Venezia soprattutto in Quaresima raccomandavano “abbondante elemosina”a favore della Pietà:
“… Si raccomanda la carità vostre al miserabilissimo Ospital della Pietà, quale riceve quegl’infelici bambini che vengono scacciati da propri genitori e s’attrovano al numero di 5.500. Per il sostentamento dei quali vi vuole ducati 70.000 annue, né avendo rendite sufficienti per mantenerli, si trova aggravato di gravissimi debiti con aggravi annuali e perciò ridotto in estrema miseria … Si raccomanda il pagamento de’ legati, ed un pane alla settimana …”
Sempre in fatto di soldi … I Preti del Capitolo di San Giovanni in Bragora protestarono contro la Pietà per la perdita dei “Diritti di stola” provenienti dai numerosi esercizi soppressi in zona inglobati dall’Ospedale:“… una bottega da tintoria … una bottega da luganegher … una marzeria … una bottega da bereter … una bottega da Spicier da medicine … una Caneva del Bastion … senza contare cortili, cortiletti, ammezzati, terreni e magazzini corrispondenti alle attività citate ...”
Nel 1720 Edmund Wright scriveva:“Tutte le domeniche e le altre feste si tengono nelle cappelle di questi ospedali dei concerti sia vocali che strumentali eseguiti dalle fanciulle … Esse stanno su di una cantoria e una spessa inferriata le cela agli occhi del pubblico. Le loro esecuzioni sono di assoluta eccellenza: parecchie tra di loro sono dotate di voci stupende, e l’essere così nascoste alla vista rende il tutto più attraente …”
Quindici anni dopo con bando pubblico vennero presentati i progetti di Andrea Tirali, Giorgio Massari e Padre Pietro Foresti Francescano della Vigna per l'ultima riorganizzazione dell'intero complesso. Si scelse con 15 voti a favore quello del Massari con due grandi ali laterali per l’Ospedale e in centro la chiesa secondo lo stile del Palladio per le Zitelle della Giudecca … Intanto Vivaldi ritornò di nuovo alla Pietà come Maestro dei Concerti, e vi rimase fino al 1740 quando andò a morire a Vienna nel luglio seguente, accompagnato al funerale dallo“scampanio semplice dei poveri dal costo di soli 2,36 scellini.”… Povero Vivaldi ! … che fine miserevole dopo tanto successo.
Giunto il 1740, la “Gallinera” ossia Angela Trevisana esercitava “l’antica professione” a Sant’Aponal ed era così spudorata da ricevere nella sua casa assieme Cristiani ed Ebrei e perfino le “Figlie del Pio Ospedale della Pietà”... S’iniziarono i lavori di scavo delle fondamenta per la nuova chiesa-ospedale della Pietà con qualche critica sul progetto del Massari da parte del Francescano Lodoli che suggerì di alzare di molto il timpano della chiesa. Si consultò anche il matematico Bernardino Zendrini … Si benedisse la prima pietra alla presenza del Doge iniziando i lavori dalla parte del Presbiterio. Il Proto Domenico Rossi fu messo a disposizione del Massari e si supplicò il Doge di concedere dei “legni vecchi” dell’Arsenale … Nicolò Porpora succede a Vivaldi come Maestro del Coro della Pietà, a sua volta succeduto da Andrea Bernasconi ... Salvador Varda lasciò alla Pietà una consistente eredità con possedimenti a Mogliano, stabili e capitali in Zecca e 246 campi …. Nicolo’ Pensa, invece, lasciò alla Pietà 100.000 ducati ... ma la facciata della chiesa rimase quasi nuda e incompleta.
Il celebre svizzero Jean-Jacques Rousseau compositore e musicista oltre che scrittore e filosofo, ma anche grande viaggiatore, si spinse fino a Venezia nel 1743. Forse dopo un’epidemia sfortunata, il suo incontro con le “Pute del Coro” fu un po’ disgraziato:
“Quello che mi dava fastidio erano le grate che lasciavano passare i suoni ma impedivano la vista di quegli angeli di bellezza … Il Signor Le Blond che sapeva il mio desiderio mi presentò una dopo l’altra quelle cantanti celebri di cui non conoscevo che la voce e il nome … “Venite, Sofia …” era orribile, “Venite, Caterina …”, era guercia. “Venite, Bettina …”, il vaiolo l’aveva sfigurata. Quasi nessuna era priva di qualche difetto. Le Blond rideva crudelmente della mia sorpresa. Ero desolato. Durante il pranzo le ragazze si animarono e diventarono allegre … La bruttezza non esclude la Grazia, e loro ne avevano. Pensavo: non si può cantare così senz’Anima: e loro ne hanno ... Infine mi abituai talmente alla loro vista, che uscii di lì che ero innamorato di quasi tutte quelle bruttezze …”
Negli stessi anni Giambattista Tiepolo rappresentò sul soffitto della chiesa della Pietà, con le insegne di una confraternita Mariana, il canto dei Cori delle Ospealère. Si disse che la tela inscenava: “un sontuoso Gloria di Vivaldi”, ma quando Tiepolo dipingeva Vivaldi era già morto ormai da 15 anni.
“… Al di sotto di un cielo in cui volano gabbiani sullo sfondo di nubi rosacee tipiche dei cieli Tiepoleschi e lagunari, trionfo lagunare del Solarismo con “un sole che non ha forse esempio” ... si nota un insieme di concertiste, di violini, fiati, cembali, trombe e Musica interpretata e suonata in compagnia di Angeli acrobatici e sgambettanti, che pregano, ridono, danzano, giocano, cantano e ballano … La Madonna è vestita in raso bianco come una sposa, qualcuno l’ha interpretata come rivalsa di Venezia Immacolata sul Papato (ma anche no) ... Le coriste Ospealère sono chine e concentrate sugli spartiti, hanno tutte sulla nuca, fra i capelli, o sulla fronte il fiore distintivo del Melograno ...”
Nel 1760, pur essendo ancora incompleta di fuori, fu finalmente riaperta e riconsacrata la chiesa della Pietà da Pietro Diedo Primicerio di San Marco ... Nel luglio dello stesso anno a Ca’ Rezzonico 100 figlie coriste dei 4 Ospedali tennero un brillante spettacolo per la venuta di Giuseppe II a Venezia. Le Coriste erano disposte in 3 piani separati: di sotto stavano violini, clavicembali, violoncelli e arpe; in mezzo c’erano le virtuose del canto col Maestro Ferdinando Bertoni, e nel piano superiore si collocarono: l’oboe, flauti e fagotti, trombe, corni e timpani ... Al grande evento concorsero 120 dame in abito nero, gioielli, guardinfante e cuffia di gala, e 600 e più fra Senatori, Nobili e Cavalieri togati ... e l’Imperatore delle Russie mandò 220 ongari “per la ricognizione delleFiglie del Coro”... Un sabato del seguente agosto: “… scoppiò una folgore sopra il Pio luogo della Pietà; e benché non facesse danno veruno, pure empiè di spavento tutte le femmine che vi dimoravano …”
Nel settembre del 1765 una disposizione dell’Ospedale della Pietà: “… proibì dopo il tempo del canto ogni sorta di ballo di sua natura sconveniente per il Pio Luogo onde non far entrare dentro estranei e forestieri.” ... L’anno dopo per i difetti d’acustica congeniti della chiesa si decise che i due organari addolcissero le sonorità eccessive degli organi ... e per lo stesso motivo si stese un grande telone sotto al soffitto, e due teloni amovibili di tela cinerina sopra alle due cantorie risolvendo parzialmente il problema.
Nell’aprile di tre anni dopo, “… per le fraudi fatte all’Ospitale dalle tenutarie degli Esposti, fu preso che presenti e venturi siano segnati, acciò possano essere conosciuti in ogni tempo per figlioli della casa …” Si marchiarono perciò di nuovo a fuoco con una “P”sotto al piede sinistro tutte gli “ospiti”della Pietà ... e ci si lamentava che “… le ragazze della Pietà infarcivano di trilli le cadenze dei duetti … dove giocavano a chi andava più in alto, più in basso, più veloce … fino al massimo delle loro possibilità.” … Nello stesso tempo, Francesco Zinelli Speziale da confetture a San Filippo e Giacomo chiese di collocare in educazione alla Pietà una propria figlia nel “privilegio” di Maria Meneghina dal Violin. Alla Pietà, infatti, c’era l’abitudine di ricevere in educandato fino a 24 putte esterne per l’Insegnamento. Perciò in quell’epoca le famose “Putte del Coro” potevano essere figlie di nobili o benestanti affidate alle Maestre del Governatorio della Pietà ... C’era, ad esempio, una Maria Elisabetta figlia dell’avvocato Alcaini sotto “il privilegio” della Maestra Agostina. Il Pio Luogo manteneva oltre i ragazzi, 800 putte e 4.000 esposti, e delle Putte 70 e più entravano nel Coro ... Per supplire e provvedere a tutto questo servivano non meno di 80.000 ducati annui contro i soli 30.000 d’entrate che possedeva la Pietà. Perciò urgevano sempre iniziative e soprattutto donazioni …
Nel 1781 il Maestro di Coro Bertoni dei Mendicanti allestì un festival degli Oratori con almeno 7 rappresentazioni lavorando gratis all’interno dell’istituto che li ospitava. In gennaio il Senato regolò il dispendio del Coro che non doveva sorpassare le entrate ... Il coro spendeva annualmente 1503 ducati: 400 ducati per il Maestro di coro, 150 ducati per il Maestro di maniera, 120 ducati per il Maestro di violin, 80 ducati per il Maestro di violoncello, 80 ducati per il Maestro di corni di caccia, 90 ducati per il Maestro di traversier, 39,2 ducati per il conza spinette ed organi, 80 ducati per altre spese ... “Troppo !” disse il Senato Serenissimo … Quando il figlio di Caterina la Grande di Russia erede al trono visitò Venezia il concerto delle figlie dei 4 ospedali fu un evento straordinario. La cantata venne scritta da Mortellari e insegnata alle coriste, si spesero per l’allestimento 16.635 lire ossia 2.500 ducati comprese 2000 lire per gli abiti delle fanciulle.
Dal 1783 al 1790 si sospese la marca a fuoco degli Esposti, e quando fu rinnovata l’abitudine invece di bruciare il piede lo s’impresse a fuoco sul braccio sinistro. Solo nel 1807 si abolì quella barbara abitudine sostituendola con un più umano e comodo “segnale”appeso al collo con una Madonna da una parte e una “P”di Pietà dall’altra.
Nello stesso arco di tempo il Senato istituì una:“Deputazione Straordinaria alla regolazione dell’Ospedale della Pietà”approvando nel 1791 un relativo nuovo piano economico, l'Ospizio venne restaurato spendendo 37.880 ducati, esentato ancora dal pagamento delle Decime, e sostenuto pubblicamente e in privato con offerte di legna, farina ed elargizioni infinite assicurandogli una rendita annuale di quasi 300 mila ducati. Gli“Esposti lattanti” raccolti alla ruota detta “la scafetta” erano migliaia (si trattava di un’apertura-urna seminascosta nelle mura della Pietà dove poteva passarci solo un piccolo neonato).
“… Alla Scafetta si ricevono tutti quegli infelici che nascono da concubinato, e quelli che vengono esposti dai genitori … A volte si spingevano dentro neonati troppo grandi con conseguenze anche mortali ...”
Gli Esposti venivano mantenuti a distanza ossia “collocati a dozzina” presso famiglie in campagna dove rimanevano fino ai 12 anni. Se nel frattempo non venivano addottati tornavano a Venezia per un massimo di 4 anni per i maschi alla Pietà e le femmine fino ai 30 anni presso la succursale aperta a Sant’Alvise. Chi non si sistemava trascorreva alla Pietà il resto della vita. L’Ospedale sempre sottoposto a Jus e protezione Dogale e del Primicerio di San Marco, veniva governato da alcuni Nobili, Cittadini e Mercanti Veneziani … e la domenica delle Palme dopo aver udito nel dopo pranzo la predica in San Marco il Doge e la Signoria facevano pubblica visita alla chiesa per ascoltare le “Fantole del Coro”.
I ricoverati della Pietà venivano divisi e classificati in 6 classi diverse: “I lattanti o figli da pan” fino ai 7 anni, “I figli garzoni maschi” fino a 13 anni a cui s’impartivano utili cognizioni e un mestiere, “I maschi lavoranti” fino a 18 anni che contribuivano al proprio mantenimento, “Le figlie da lavoro” dai 7 anni fino al matrimonio, “Le giubilate” ossia le non sposate o mantenute dentro alla Pietà fino alla morte perché brutte, menomate, o in condizioni fisiche ed economiche precarie.
Ancora nel 1805 Baldissera Biffi testò a favore anche della Pietà lasciandole beni a Fossalta di Piave e Pressana di Cologna ... e i Minello regalarono un mulino sul Sile … La Congregazione di Carità succeduta al Magistrato Sopra agli Ospedali, stabilì la separazione delle “Esposte giovani” da quelle più attempate che vennero mandate presso Sant’Alvise dalle Canossiane dove rimasero fino al 1832. Da lì dovettero sgomberare entro il 1836 eccetto le 40 vecchie che occupavano una parte vecchia del fabbricato e godevano per mantenersi di un assegno giornaliero di 65 centesimi oltre al combustibile … In quegli anni la Pietà seguiva ancora con varie modalità 2.269 Esposti ... e le 116 adulte ricoverate a Sant’Alvise “… con schiamazzi e proteste non intesero ottemperare ai decreti Austriaci di sortita e allontanamento dalla casa di Ricovero.”
Sempre nel 1841 l’Ospedale della Pietà possedeva 34 campi in Carpenedo lasciati dal Nobilhomo Cristoforo Minelli del 1793 ... Il Governo e la beneficenza privata s’interessano ancora dell’Istituto con lasciti e legati ... Gli Esposti nati da matrimonio legale erano circa 40 annui, le “dieci balie ordinarie” venivano mantenute e stipendiate dall’Istituto con cucina propria e alloggio gratuito ... Esistevano anche alcune “balie straordinarie” che si recavano in giro per le campagne a cercare Esposti.
Nel 1853 le Coriste della Pietà cantavano ancora negli ultimi giorni di Carnevale da Giovedì grasso fino a Martedì Grasso remunerate da un antico Legato Foscarini specifico per il Coro … e anche in Giugno nella Festa solenne di Sant’Antonio da Padova le coriste cantavano messa solenne … poi più niente.
Infine scorrendo i registri della Pietà del 1857 si evince che “gli Esposti esistenti”: erano 62 di cui 36 maschi e 26 femmine … “gli entrati”: 489 di cui 255 maschi e 234 femmine … i “partiti” 360 di cui 183 maschi e 177 femmine … “I morti”: 139 di cui 86 maschi e 53 femmine … “I rimasti”: 64 di cui 31 maschi e 33 femmine.