“Una curiosità veneziana per volta.” – n° 74.
“RUMORS SUI GRIMANI …”
Lo sapete meglio di me … Su certi argomenti Veneziani si sa quasi tutto ed è stato detto e scritto intere biblioteche. Esistono “fior fior” di ricercatori, studiosi e scrittori che con intelligenza hanno scovato, riordinato e sistematizzato gli eventi, i personaggi e le vicende della nostra Venezia Serenissima.
Lo sapete meglio di me … Su certi argomenti Veneziani si sa quasi tutto ed è stato detto e scritto intere biblioteche. Esistono “fior fior” di ricercatori, studiosi e scrittori che con intelligenza hanno scovato, riordinato e sistematizzato gli eventi, i personaggi e le vicende della nostra Venezia Serenissima.
A noi appassionati dilettanti tocca perciò di gustare i preziosi risultati di questo grande sforzo, e perché no … godere delle “chicche”, delle curiosità e delle particolarità di quanto è stato scovato e abilmente riportato.
Per me parlarne è quindi come cogliere degli eco, dei rumors di rimbalzo e di sfuggita ... dei lampi solitari da quello che è un intero e immane temporale.
I Grimani, si sa, sono stati una delle più potenti e grandi Famiglie o Casati Nobili dei Patrizi di Venezia.
Riassumerli come premessa in poche righe non è facile, ma ci provo lo stesso.
Si dice che i Grimani inizialmente siano stati Longobardi giunti a Venezia ed entrati progressivamente a far parte dei Maggior Consiglio, della “fazione nobiliare” dei “Curti” e di “Casa Nuova”. A dire il vero, l’inizio dell’ascesa della famiglia non fu proprio dei migliori, perché nel 1388 Jacopo Grimani fu processato e condannato perché usava lettere contraffatte, sigilli e giuramenti falsi con lo scopo di creare documenti a lui favorevoli. I documenti furono annullati, e lui fu esiliato in perpetuo a Candia e condannato a 1 anno di prigione.
Ma fu solo l’inizio … In seguito i Grimani risultarono regolarmente iscritti alla “Balla d’Oro dei Nobili” almeno con 2 Padri e 6 Figli … Subito dopo la batosta di Agnadello Alvise Grimani faceva parte della Zonta del Consiglio dei Dieci della Serenissima, i vertici del potere di Venezia ... I fratelli Grimani erano definiti ricchissimi, fra i 18 membri che dichiaravano redditi annuale superiori a 3000 ducati. Ma erano “geneticamente” tirchi e spilorci perchè quando il Doge lanciò un appello per concedere prestiti per risanare lo Stato Marino Grimani offrì solo 13 ducati e Francesco Grimani la miseria di 10 ducati.
I Veneziani di allora, notoriamente senza peli sulla lingua, li definirono subito: “Grimani Avarizia pura” … non fanno nulla per lo Stato ... Marco Grimani e suo fratello Piero pagano per una “Casa da Stazio” di Marin Cavalli a San Vidal 250 ducati annui di affitto ... e neanche la abitano …”
Anche il Doge Gritti in persona si aggregò “al coro pubblico” e deprecò davanti al Collegio il fatto che: “… tre Case in questa città vogliono e ambiscono a tutte le cariche e i benefici episcopali disponibili con una fame senza fine … i Corner, i Pisani e soprattutto i Grimani.”
In seguito però, i Grimani:“… avendo ben 27 membri presenti nel Maggior Consiglio erano fra i Primi nei 134 clan Patrizi di Venezia … Misero insieme un ingente patrimonio frutto dei commerci con l’Oriente ... furono fra i più grossi commercianti di pepe veneziani …” evennero soprannominati “Ducali”per il fatto che la loro Nobilissima Famiglia annoverò ben tre Dogi: Pietro 76° Doge per due anni; Marino 89° Doge dal 1595, eAntonio: 115° Doge a quasi due secoli di distanza dal suo antenato ... Niente male come prestigio ! … ma non è tutto.
Fra i Grimani si furono anche: 2 Cardinali, 3 Patriarchi d'Aquileia, Procuratori, Militari, Cavalieri, Senatori, Podestà, Consiglieri ... una lista lunghissima. La Famiglia riedificò ed abbellì in Venezia diverse chiese, possedette vari palazzi e un’infinità di case, fece costruire ben tre teatri: quello in Calle della Testa che non esiste più, quello di San Samuele e quello a San Giovanni Crisostomo esistenti tuttora.
I Grimani erano acculturatissimi, mecenati generosi, forbiti pensatori e acuti economisti … Artisticamente prediligevano l’Arte Antica Romana e la “pittura modernaall’epoca” dei Nordici d’Europa: Durer,Memlinc, Lucas van Leiden,Paulus Briltanto che vennero a più riprese tacciati e accusati d’essere “filoprotestanti ed eretici”nonostante i loro legami con Roma e il Papa fossero sempre stati non solidissimi … ma ben di più. Invidia ? Forse tentativo politico di scalzarli e ridimensionarli ? … Può darsi.
Probabilmente sarà stata una pura coincidenza il fatto che nello stesso anno in cui Marino Grimani divenne Doge (1595) l’Inquisizione della Curia di Rovigo processò una certa Cecilia Grimani q.Michele, sorella di Andrea e Marco. L’accusa era di aver mandato una certa Fratirola come esecutrice di un maleficio ai danni di Orsina, figlia del Conte Guglielmo Bevilacqua e moglie di Giovanni Francesco Manfredini di Rovigo, che pare s’intendesse o fosse l’amante della Grimana. Orsina Bevilacqua venne perseguitata dalla Fratirola anche nella sua Villa di Verona, e la stessa Fratirola venne giustiziata per aver compito numerosi altri malefizi anche su altre famiglie nobili locali: Mazza, Diedo e Durazzo. Michele Grimani padre di Cecilia probabilmente insieme ai Roncali era considerato parte di un movimento o cerchia di nobili ereticali, amici di famosi e pericolosi eretici veneti come Alessandro Trissino da Vicenza e Francesco Emo.
Probabilmente sarà stata una pura coincidenza il fatto che nello stesso anno in cui Marino Grimani divenne Doge (1595) l’Inquisizione della Curia di Rovigo processò una certa Cecilia Grimani q.Michele, sorella di Andrea e Marco. L’accusa era di aver mandato una certa Fratirola come esecutrice di un maleficio ai danni di Orsina, figlia del Conte Guglielmo Bevilacqua e moglie di Giovanni Francesco Manfredini di Rovigo, che pare s’intendesse o fosse l’amante della Grimana. Orsina Bevilacqua venne perseguitata dalla Fratirola anche nella sua Villa di Verona, e la stessa Fratirola venne giustiziata per aver compito numerosi altri malefizi anche su altre famiglie nobili locali: Mazza, Diedo e Durazzo. Michele Grimani padre di Cecilia probabilmente insieme ai Roncali era considerato parte di un movimento o cerchia di nobili ereticali, amici di famosi e pericolosi eretici veneti come Alessandro Trissino da Vicenza e Francesco Emo.
Coincidenza storica ? … Può darsi. Ma non era un segreto che il nuovo Doge e le manovre di Venezia non godevano per niente delle simpatie del Pontefice. Tanto è vero che con il Doge Grimani iniziò una durissima querelle tra Papato e Repubblica che portò il Dogado sotto il successore del Grimani: Leonardo Donà a incappare nell'Interdetto per Venezia. La Serenissima non rimase per nulla apatica di fronte alle scelte del Papa, ma emanò leggi limitatrici del potere Ecclesiastico garantendosene il controllo su strutture, persone e soprattutto rendite. Nel 1605, ad esempio, due Preti e Frati vennero imprigionati come “criminali comuni” e senza concessione dei privilegi che gli spettavano, e Paolo V risentito e infuriato inviò a Venezia proteste formali il 10 dicembre ... senza che la Serenissima si scomponesse più di tanto.
Cecilia Grimani ed Elisabetta Grimani facevano parte nel gennaio 1541 del numero delle 19 Monache Professe del Monastero di Santa Caterina di Mazzorbo diretto dalla badessa Benedetta Michiel … mentre il Monastero di Sant’Eufemia di Mazzorbo tenne un processo per quattro anni contro i NNHH fratelli Grimani che lo disturbavano e inquietavano … nel 1596 Zuan Grimani fu Rettore delle isole strategiche per le spezie di Zante e Cefalonia: dove le entrate della Camera Fiscale compresa la Nuova Imposta fruttavano alla Serenissima: 24.500-25.000 ducati annui ... Antonio Grimani Patriarca di Aquileia aveva 18 servitori, e investì 12.000 ducati in un saponificio esortando i suoi eredi a rimanere nel commercio ... Giovanni Grimani fu Ambasciatore Veneziano presso l’Imperatore e poi a Parigi .. come Alvise Grimani, e Antonio Grimani a Roma ... I Grimani a Venezia erano capaci di coprire e gestire qualcosa come quaranta prestigiosi incarichi di Stato durante una sola esistenza … e ti par poco ?
Cecilia Grimani ed Elisabetta Grimani facevano parte nel gennaio 1541 del numero delle 19 Monache Professe del Monastero di Santa Caterina di Mazzorbo diretto dalla badessa Benedetta Michiel … mentre il Monastero di Sant’Eufemia di Mazzorbo tenne un processo per quattro anni contro i NNHH fratelli Grimani che lo disturbavano e inquietavano … nel 1596 Zuan Grimani fu Rettore delle isole strategiche per le spezie di Zante e Cefalonia: dove le entrate della Camera Fiscale compresa la Nuova Imposta fruttavano alla Serenissima: 24.500-25.000 ducati annui ... Antonio Grimani Patriarca di Aquileia aveva 18 servitori, e investì 12.000 ducati in un saponificio esortando i suoi eredi a rimanere nel commercio ... Giovanni Grimani fu Ambasciatore Veneziano presso l’Imperatore e poi a Parigi .. come Alvise Grimani, e Antonio Grimani a Roma ... I Grimani a Venezia erano capaci di coprire e gestire qualcosa come quaranta prestigiosi incarichi di Stato durante una sola esistenza … e ti par poco ?
Detto questo, giungo finalmente a scrivere di alcuni “flash curiosi” provenienti da quell’immane “mondo speciale e dorato” che è stato quello della Nobiltà Veneziana.
Cominciando un po’ alla rovescia, dalla fine dell’epoca Serenissima ... Nella primavera del 1788: Cattaruzza Grimani trentenne del ramo III di San Boldo, figlia di Zuanne e Caterina Foscarini, quinta figlia di cinque già tutte maritate, scrisse una supplica agli Inquisitori di Stato della Serenissima. Dichiarò d’essere stata indotta tre anni prima a sposarsi col Nobile Patrizio Tommaso Giuseppe Farsetti del ramo II di San Luca di 66 anni per accedere al suo consistente patrimonio. Aveva celebrato il suo matrimonio Don Jacopo Morelli grande amico del Farsetti sposandola nella chiesa di San Gimignano in Piazza San Marco. Il vecchio Farsetti era uno spirito libero, un bibliofilo, amava viaggiare, era riluttante ad assumere le cariche di Stato e non amava gli impegni e la vita di società dei Patrizi di Venezia. In precedenza si era fatto anche Monaco Gerolosolimitano ma non disdegnava affatto frequentare il bel sesso, tanto da litigare a Parigi per ottenere i favori di Giustiniana Wynne con lo stesso Casanova. Temendo l’estinzione della famiglia, aveva chiesto e ottenuto la dispensa dall’Ordine di Malta e si era sposato per cercare di avere un erede.
Già pochi mesi dopo il matrimonio, la madre di Cattaruzza: Caterina Foscarini scriveva agli Inquisitori:
“... vedo la minore delle mie figlie sedotta dalle mali arti di certo Vincenzo Medici che visita le Pizzoccare di San Gioacchino di Castello…”
Cateruzza, infatti, si era rifugiata lì dopo aver presentato una richiesta di divorzio al Patriarcato e ottenuto il permesso dagli Avogadori da Comun di abbandonare la casa del marito.
Vincenzo Medici non la stava insidiando, ma era il suo amante forse già da prima del matrimonio. Gli Inquisitori ordinarono di arrestare il Medici e imbarcarlo per Zara dove avrebbe dovuto rimanere in residenza coatta, e di controllare se fosse rientrato a Venezia per rimandarlo di nuovo lì.
Nel gennaio 1788 la madre di Cattaruzza scrisse ancora agli Inquisitori informandoli che il padre del Medici stava giungendo a Venezia per aiutare il figlio nell’organizzare la fuga di Cataruzza incinta da Venezia. Gli Inquisitori intimarono a Cataruzza di non uscire dalle Pizzocchere di San Gioacchino di Castello se non con la madre o le sorelle invitando il Capitano Grande dei Fanti della Serenissima a vigilare sulla situazione.
In febbraio Caterina comunicò agli Inquisitori di essere in possesso di una prova del progetto di fuga di Cattaruzza: una lettera inviatale dal Medici che stava nascosto con un suo servo in Corte Pedrocchi a Castello a casa di una certa Bettina.
Nella lettera si leggeva:“Cara ed amata anima mia fedelissima, mia unica felicità, mia vera sposa, mia cara moglie … vivi certa che il caro tuo sposo ti adora e che più non può viverti lontano, prima per l’amore che ti professo e poi perché mi sento un desiderio d’abbracciarti al mio petto … mia coccola ... In brevi giorni sarai felice e contenta … ti prego di darti animo … vedrai quanto il tuo sarò infallibile nell’esecuzione del mio dovere e della mia parola data … Vivi tranquilla e contenta che con la direzione del tuo cocolo ogni cosa anderà bene …”
Gli Inquisitori inviarono un Fante in sopraluogo ad ispezionare la casa di Bettina che ospitava il Medici invitandola a non importunare la Nobildonna Grimani, e anche ad intimare alla Madre Ministra delle Pizzocchere di San Gioacchino di non permettere a Cattaruzza di uscire e ricevere visite.
In aprile, la madre Caterina Grimani chiese con una nuova supplica agli Inquisitori un pluriconsulto di più medici sulla gravidanza di Cataruzza. Voleva che fosse visitata dal dottor Varvè, dal dottor Guelfi e dal dottor Rizzo.
Cattaruzza rifiutò ogni consulto e visita lasciando tutti nell’incertezza e impedendo ai medici di rilasciare certificazioni e attestati di gravidanza. Questa volta gli Inquisitori si astennero dall’intervenire, e Cattaruzza si mise a scrivere anche lei agli Inquisitori recapitando una supplica tramite un amico Patrizio Giuseppe Gradenigo.
Scrisse: “… la morte potrebbe facilmente liberarmi dall’insoffribile peso di tanti crudeli affanni e dall’infamia che mi sovvrasta … non ne posso più ormai di questa tirannia … Ripongo, tuttavia, la speranza di Giustizia nel mio Principe il Doge di cui spero protezione e capacità di ridarmi onore, vita e libertà. Sciolta dal precedente vincolo matrimoniale sono ora libera di disporre del mio cuore come meglio voglio … e se fosse per me sarei stata già da sei mesi sposa e fra pochi madre … se la tirannia dei miei congiunti non mi avesse assolutamente impedito …”
Alla fine, Cattaruzza Grimani sposò Vincenzo Medici con rito segreto e l’approvazione del Doge.
Alla fine, Cattaruzza Grimani sposò Vincenzo Medici con rito segreto e l’approvazione del Doge.
E questo è uno … Ora: “secondo flash”.
Quando Gerolamo Grimani del Ramo dei Grimani di San Luca s’invaghì e desiderò sposare, verso la metà del 1500, una giovane donna della Nobilissima Famiglia Tiepolo, il Patròn dei Tiepolo rispose: “Non sarà mai dito vero che mi daga la man de mia fia a un desparà che no ga gnanga palazzo in Canal”. Punto sull’orgoglio, Girolamo Grimani, padre del futuro Doge Marino, fece costruire su disegno del Sammicheli, non lontano da Rialto, un grandioso e imponente palazzo rinascimentale sul Canal Grande che divenne la dimora dei Grimani fino al 1806. Le singole finestre del nuovo palazzo risultarono essere ben più grandi del portone principale di Ca' Tiepolo: “…poveri pezzenti !”
E con questo fanno “due flash”… e giungo al terzo.
Come vi dicevo, i Grimani ebbero ben tre Dogi in famiglia … Marino Grimaniè stato uno di questi. Vissuto sempre a Venezia dal 1532 al 1605, figlio di Girolamo e Donata Pisani, ebbe un ascesa politica velocissima: ricchissimo e abile, fu Podestà, Ambasciatore a Roma, Consigliere Dogale, Savio, Cavaliere … e infine fu “promosso” a Doge dopo ben 70 scrutini andati a vuoto per gli ostacoli delle solite alleanze trasversali (c’erano i liberi tiratori ieri come oggi … in fondo niente è cambiato nella politica). Marino Grimani comunque, grazie a mirati “regali e brogli”, superò i suoi concorrenti e raggiungere l’ambito Dogado.
Uno dei motivi per cui venne storicamente ricordato furono le splendide feste per la sua incoronazione Dogale che lo resero amatissimo dal popolo dei Veneziani, e soprattutto la festa cittadina che diede per sua moglie Morosina Morosini quando divenne Dogaressa nel 1597. Spese un totale di 6.943 ducati …e fino alla fine del 1600 non si ripeté più nulla di simile a Venezia.
“… qui successe la solenne incoronazione di Morosina Morosini moglie del Doge Marino Grimani. Approdarono perciò a queste rive il 4 maggio sulle ore diciotto, il Bucintoro e le Peate Ducali coi Consiglieri, altri nobili di Pregadi, il Cancellier Grande, i quali tutti, al suono di trombe, ed al tuonare delle artiglierie, ascesero le scale, e pervennero in sala. Allora il Cavaliere del Doge andò per la Principessa che venne tosto incontro alla comitiva, e poscia giurò quanto nella Commissione Ducale donando una borsa d'oro a ciascuno dei Consiglieri ed al Cancellier Grande, ove contenevasi un'aurea medaglia colla sua effigie e le parole: “Maurocena Maurocena” da un lato, e l'iscrizione:” Munus Maurocenae Grimanae Ducissae Venetiar 1597” dall'altra.
Dopo tale cerimonia, la Dogaressa montò in Bucintoro accompagnata da una folla di barche, e dai brigantini dell'Arti magnificamente addobbati. Discese poscia alla Piazzetta di San Marco nella quale per cura dei Beccai era stato eretto un grand'arco, e fece con tutto il suo seguito il giro delle piazze sotto un porticato di tende. Aprivano il corteggio trecento Bombardieri, a cui tenevano dietro le Arti coi loro gonfaloni; quindi i suonatori di pifferi e di trombe; quindi una schiera di Gentildonne giovani, a due a due, vestite di seta bianca, e seguite da altre Gentildonne più vecchie, vestite di verde, pavonazzo, e color di rosa secca. Dopo le Gentildonne, venivano quattro Procuratesse, e la moglie del Cancellier Grande in abito di seta nera. Si vedevano in seguito sette tra figlie e nipoti della Dogaressa in vesti bianche ad argento ed oro. Finalmente, preceduta da sei damigelle vestite di verde, e da due bellissimi nani, maschio e femmina, compariva la Dogaressa col corno in testa, sotto del quale le scendeva sugli omeri un sottilissimo velo, e con manto bianco, e sottana di soprariccio d'oro. Chiudevano la processione i Consiglieri, i Procuratori, e tutta la Signoria. Così accompagnata, entrò Morosina Morosini nella Basilica di San Marco, e di là al Palazzo Ducale, passando innanzi a tutte le 19 Arti in bell'ordine disposte. Giunta nella Sala del Maggior Consiglio, e seduta sopra il trono, successe un bellissimo festino, rallegrato da una refezione composta di confetture rappresentanti uomini, donne, barche, ed altri oggetti, la quale, al lume di più che 60 torce, era stata prima condotta in giro per la Piazza di San Marco. Morosina Morosini, rimasta vedova, chiuse i suoi giorni nel palazzo di San Luca il 29 gennaio 1614, legando alla Basilica di San Marco la “Rosa d'Oro” che le era stata spedita in regalo dal Pontefice Clemente VIII ...”
Non meno accattivante, curiosa e contorta fu la vicenda di un altro dei tre Dogi dei Grimani: Antonio, che abitava nel Palazzo Grimani di Santa Maria Formosa. Un personaggio ! Vissuto sempre a Venezia dal 1434 al 1523 si fece ritrarre a Palazzo Ducale da un certo Tiziano Vecellio insieme addirittura alla “Fede” nel 1575.Nato da Marino e Agnesina Montanar, un poveraccio inizialmente, lo chiamavano “figlio della popolana”. Ebbe successo col commercio dimostrandosi mercante abilissimo al punto di diventare riferimento per l’intera comunità mercantile di Venezia (il potere economico che di fatto ha sempre governato la Serenissima). Astutamente sposò Caterina della potente quanto famosa Nobilissima Famiglia dei Loredan, e da lei ebbe cinque figli che fece ascendere ad importantissime cariche amministrative e clericali. Poi fu tutta un’ascesa continua: Ambasciatore Veneziano presso l’Imperatore, comprò in contanti per il figlio Domenico il Cardinalato da Patriarca di Aquileia, e due anni dopo divenne Capitano Generale da Mar nelle battaglie di Morea … dove però sbagliò tutto e fallì la strategia di battaglia in una situazione generale davvero convulsa e confusa portando a Venezia due amare sconfitte a Sapienza e Zonchio.
I Veneziani non gliela perdonarono affatto … Antonio Grimani non mandò nessuno in soccorso e a recuperare i superstiti dei due grandi vascelli veneziani incendiati ed esplosi insieme alla nave ammiraglia dei Turchi ... inoltre alcuni giorni dopo perse per ben due volte … “Grande codardia ! … si disse a Venezia”… l’occasione di distruggere la flotta turca presso Chiarenza e Akra Papas nel golfo di Patrasso ... e Lepanto cadde in mano turca.
Grimani fu sollevato dal comando, e tornato a Venezia nell’autunno 1499 trovò il popolo in gran tumulto. Sulle porte dei negozi c’era scritto: “Antonio Grimani, nemico di Dio e dello stato veneziano”, i suoi servi vennero bastonati e i figli temendo per la vita non osavano mostrarsi in pubblico. Antonio fu tenuto in prigione: “… per difenderlo dall’ira della gente …” mentre Filippo Tron e Leonardo Loredan antichi rivali del partito dei “giovani”gli si schierarono contro, e l’Avogador da Comun Nicolò Michiel riuscì a carpirgli il titolo e soprattutto la rendita di Procuratore. Poi si agì “alla Veneziana”: il successore del Grimani al comando della flotta fece tagliare la testa ai subordinati colpevoli del fallimento della spedizione, il Provveditore di Lepanto Giovanni Moro fu rimosso perché accusato di aver lasciato cadere la città in mano dei Turchi, il Provveditore Girolamo Contarini fu condannato a 2 anni di esclusione da ogni Ufficio e da ogni Capitaneria accusato d’essersi ritirato a Corfù simulando malattia senza inseguire la nave portabandiera fino a Prevesa, Alvise Marcello uno dei luogotenenti del Grimani venne condannato a carcere a vita. Antonio Grimani perse la carica di Procuratore e fu confinato al bando in esilio nell’isola di Cherso e Ossero da dove fuggì salvandosi alla Corte di Roma presso Domenico, il figlio Cardinale.
Fu macchinazione politica ? ... E chi lo sa ?
Negli anni seguenti Venezia incappò in una grave crisi economica generale con il tracollo totale dei mercati, fallimenti a catena, perdita dell’egemonia del commercio col Levante, mentre i mari divennero insicuri. Scriveva Girolamo Priuli sullo stato dei Mercanti: “… li marchadanti veneziani visto li viagii restricti et senza spetie et cum pocha utilitade se sono ritirati dali viagii et li loro danari posti in posesione cum sit che l’fusse meglio aver ogni piccola utilitate che niente et tenire li danari mortii…”
Venezia aveva bisogno di uno come Antonio Grimani… perciò grazie all’intervento dei figli venne graziato, richiamato dall’esilio, e gli fu restituita la carica di Procuratore. Tornato a Venezia, Antonio ricoprì varie cariche amministrative, si rimise sul mercato e aumentò i prezzi delle Spezie ricavando per Venezia un utile immediato di 200.000 ducati di cui 40.000 andarono in tasca ai Grimani. In breve si costituirono le circostanze favorevoli e le giuste premesse per il consenso necessario alla sua elezione a Doge … cosa che avvenne puntualmente nel 1521 trovando e comprando col “solito broglio” i 25 voti necessari per l'elezione. Per Venezia si gridava:
“Antonio Grimani ! … Mercante felicissimo nella mercatura …Bona parte dei mercanti veneti se governava per lui, che quando vendeva lui loro vendevano e quando el teniva loro renivano …”
Come cambia presto e facilmente l’opinione della gente !
Si organizzarono feste grandiose e spesero fiumi di denaro per un Doge d’età avanzata che un po’ tutti definirono già "rimbambito"… Infatti, di lui si ricorda che attivò in città il gioco del Lotto … e si disinteressò quasi del tutto, da buon Grimani, dello Stato e della “cosa pubblica” seguendo i conflitti familiari per l’eredità e assecondando la voracità economica dei numerosi nipoti. I Veneziani si riproposero di farlo abdicare, ma le cose si sistemarono da sole in quanto il Doge morì probabilmente d’indigestione dopo la partecipazione a un luculliano pranzo di nozze: “Sic transit Gloria Mundi! … l’avranno ingozzato a posta fino a farlo scoppiare …” commentò un cronista dell’epoca.
Il cospicuo patrimonio dei Grimani si trovava depositato nella Zecca della Serenissima, ed era investito in Palazzi e case zeppe d’Arte e cose preziose siti in Venezia. Buona parte del capitale Grimani si trovava però investito anche nella Terraferma: in Ville, terreni, campi, acque, boschi e fattorie.
Già nel 1406 Nicola Grimani subentrò al condottiero Taddeo dal Verme acquistando per 12.500 ducati la sua proprietà di Pontepossero nella bassa pianura sul fiume Tione, al confine col Mantovano, e le terre di Cavalcaselle, sulla collina Gardesana per altri 2.500 ducati ... I Grimani di Santa Maria Formosa nel 1482 comprarono per 8.300 ducati dal Monte Novo della Serenissima terreni a Pontecchio nel Polesine dove accanto alla loro possessione a Boaria fecero sorgere un loro complesso in centro al paese vicino alla chiesa dove si teneva il mercato del paese con:
“ … Palazzo murato, solarato e cupato, Barchessa, Casa per gastaldo e ortolano, Oratorio Chiesola, Colombara, Forno, Corte, Orto, Viale e Giardino sulle rovine di un antico castello distrutto dai Veneziani …”
“I Grimani furono investiti di una seriola detta “Grimana Vecchia roggia” che originava dal Brenta a Crosara e correva ad irrigare i terreni a Longa, Soella e Bressanvido e poi anche a Spessa ... Si univa alla Rezzonica ... Nel 1604 la “Grimana Nuova roggia”, invece, si staccava dal Brenta a Friola e correva verso Belvedere e poi entrava in comunicazione con la Isacchina e la Contessa … La “Grimanella”, poi, era un collettore che a Grantorto univa la “Grimana Nuova” con la Candola ...”
Domenico Grimani patriarca di Aquileia acquisì la proprietà di Villa Grimani-Vendramin Calergi con alcune centinaia di ettari intorno ... Francesco Badoer e il cognato Vincenzo Grimani acquisirono proprietà a Fratta Polesine ... I terreni erano di proprietà Giorgio Loredan, che alla morte suddivise il patrimonio fra le sorelle Lucietta e Lucrezia, mogli di Francesco Badoer e di Vincenzo Grimani. Giorgio Loredan e Francesco Badoer erano amici e alleati, e partecipavano entrambi alla “Compagnia della Calza” a Venezia. Grimani e Badoer fecero costruire nel centro del paese due splendide Ville. Quella dei Grimani era dotata di barchesse laterali simmetriche, “rivolta a Nord a guardare la Badoera” con grande loggia a tempio greco su basamento bugnato, ampie scalinate laterali e sei colonne doriche. Ambienti interni decorati a grottesche e affreschi su temi dell'Amore e della Fecondità … e tanto, tanto, tanto altro ancora.
I Grimani possedevano un altro complesso a Grompo di Concadirame nel Polesine di Rovigo: una grande fattoria con barchesse, torre, colombara e cantine ... Un terzo complesso Grimani con Villa a corte, annessi, brolo e orto sorgeva a Polesella nel Polesine, accanto alla piazza collegata da un portico e al ponte e all’acqua della confluenza della Fossa Polesella col Po... I Grimani concessero terreno sufficiente in piazza per fabbricare chiesa, sagrato, campanile e casa per l’Arciprete-Parroco ... Ottennero investitura dai Provveditori di 6 feudi nel Padovano, Trevisano e Veronese, possedevano inoltre una “casa da statio” a Venezia, un’altra a Padova in Prà della Valle vicino a Santa Giustina, ville a Noventa Padovana e Bovolentae 60 campi a Piacenza ... Girolamo Grimani ottenne un’investitura per una risaia abbandonando le vecchie coltivazioni a grano e sfruttando le acque del Brenta Padovano … Nel 1613 i Grimani assieme ai Tomaselli estraevano 4 quadretti d’acqua dal Brenta per irrigare le loro proprietà a Spessa, San Pietro in Gu’ ed Ancignano ... Giovanni Grimani q Vettor, chiese al Magistrato dei Beni Inculti una concessione d’acqua del Canal Bianco per irrigare i suoi beni ad Adria riducendo a coltura prati e boschi, valli e paludi inutili per il bene comune e privato ... Francesco Grimani q.Zuanne chiese la concessione di acque per mulini sulle sue terre presso Giavera del Montello nel Trevigiano.
In passato sorgeva sul confine fra Padovano e Veneziano a sinistra dell’Adige una torre malridotta e tozza: una “torrazza” ai piedi, “ai piè”della quale si radunavano marinai e popolani. Era la località di “Pettorazza”. Quel posto divenne: Pettorazza Grimani, mentre il territorio dall’altra parte del fiume si chiamava Pettorazza Vecchia o Pettorazza Papafava appartenente a nobile famiglia Veneta ma Padovana. Si trattava di un piccolo borgo di case di paglia sorto attorno alle corti e Ville dei Nobili Patrizi. I Grimani avevano acquistato l’intero territorio a una asta battuta a Rialto con l’impegno della bonifica e la sistemazione idraulica dei fiumi, degli argini e delle terre. La zona era soggetta a continue e devastanti inondazioni (tra 1654 e 1772 si verificarono ben 8 rotte dell’Adige in quel posto).
In passato sorgeva sul confine fra Padovano e Veneziano a sinistra dell’Adige una torre malridotta e tozza: una “torrazza” ai piedi, “ai piè”della quale si radunavano marinai e popolani. Era la località di “Pettorazza”. Quel posto divenne: Pettorazza Grimani, mentre il territorio dall’altra parte del fiume si chiamava Pettorazza Vecchia o Pettorazza Papafava appartenente a nobile famiglia Veneta ma Padovana. Si trattava di un piccolo borgo di case di paglia sorto attorno alle corti e Ville dei Nobili Patrizi. I Grimani avevano acquistato l’intero territorio a una asta battuta a Rialto con l’impegno della bonifica e la sistemazione idraulica dei fiumi, degli argini e delle terre. La zona era soggetta a continue e devastanti inondazioni (tra 1654 e 1772 si verificarono ben 8 rotte dell’Adige in quel posto).
Tra Papafava Padovani e Grimani Veneziani non corse mai “buon sangue” e per decenni accaddero lunghe lotte, dispute, processi e conflitti segnati da compromessi e tregue tra le due parti. I successori dei Grimani finanziarono la costruzione di una nuova chiesa dedicata a San Giuseppe dopo la demolizione della vecchia chiesa pericolante di San Salvatore voluta e costruita dai Grimani, mentre i Papafava costruirono a Pettorazza una chiesa-santuario dedicata a Santa Maria delle Grazie.
Nel Santuario, dove secondo una leggenda un contadino donò una spiga d’oro perché la Madonna salvò raccolto e casa dall’inondazione del fiume, c’era “un altare privilegiato in perpetuo”dove i contadini andando a pregare potevano acquisire l’Indulgenza Temporanea di 200 giorni. Se aggiungevano, invece, Confessione e Comunione e debita elemosina potevano ottenere l’Indulgenza Plenaria nei giorni di Natale, Pasqua, Corpus Domini, Pentecoste, 8 dicembre: Immacolata Concezione, 8 settembre: Natività della B.Vergine, 21 novembre: Madonna della Salute e 25 marzo: Annunciazione … tutti giorni che divennero anche buoni per mercato, sagra e fiera del paese.
Solo nel 1519 si tracciò una netta e definitiva linea di confine tra le Parrocchie di Cavarzere e Agna che avevano giurisdizione territoriale rispettivamente sui territori dei Grimani e dei Papafava.
La “Corte dei Grimani” con la sua Villa a loggiato di 16 colonne detta “il Palazzòn”, con aia, due vere da pozzo, scuderie, stalle e due enormi granai è stata fino al Dopoguerra uno dei più grandiosi complessi rurali del Veneto, centrale per la sua produttività economica e l’influsso insediativo e aggregativo sociale.
Ancora nel 1750 i Grimani dei Servi erano annoverati fra le nove famiglie più ricche di Venezia ... “I Notatori” del Gradenigo raccontano che nell’agosto 1756 la Pia Congregazione dell’Ospedale della Pietà elesse 4 Governatori Patrizi fra cui Lorenzo Grimani per ultimare la fabbrica della nuova chiesa ... Nel 1761 i Grimani di San Polo Nobili di I° classe “avevano al soldo”: 39 fra barcaroli e servitori con 7 gondole, ed erano fra le 14 famiglie di Venezia che ne possedevano di più ... Correndo il tempo … Nel 1797 la biblioteca dei Grimanidi San Polo era aperta ad uso pubblico e considerata la prima fra le sette principali dei Patrizi Nobili di Venezia: dopo di lei veniva quella dei Nani di San Trovaso, dei Pisani di San Vidal, di Sebastiano Zeno ai Gesuiti, dei Querini di Santa Maria Formosa, dei Corner di San Polo e quella dei Tiepolo di Sant’Aponal ... Nel 1808, come ben si sa, la biblioteca Grimani era già andata del tutto saccheggiata e dispersa … Ma chi sarà mai stato ? ... Napoleone forse ?
Infine, tristemente, nell’ottobre 1797, Filippo Grimani del ramo di San Girolamo e Zorzi Grimani del ramo di San Polo furono fra i 35 Nobili Patrizi di Venezia presi come ostaggi-complici e rinchiusi nel forte dell’isola di San Giorgio Maggiore a Venezia accusati di congiura contro i Francesi ... I loro beni vennero ovviamente tutti confiscati, e nel 1810 ai Grimani rimanevano solo le briciole del piccolo impero che possedevano: a Quinto di Treviso sul Sile possedevano ancora 40 ettari di campi ... Nove anni dopo l'Impero Austriacoconfermò ufficialmente la Nobiltà dei Grimani commentando dietro alle spalle nei corridoi di Corte: “Tanto quei titoli ormai non contano più niente … Sono solo fumo e specchietti per le allodole, valgono meno del più basso dei titoli imperiali …”
Nel 1919 Filippo Grimani fu il “Sindaco d’oro” di Venezia … ma di dorato aveva probabilmente solo il soprannome.
Basta ! … Mi fermo qui … Ho provato a dir qualcosa sui Nobilissimi Grimani Veneziani di un tempo …