“UNA CURIOSITA’ VENEZIANA PER VOLTA – n°40.“
“VENEZIA ... FRA POZZI, SANTI, PESTE, PRETI, GIOCO E DOTI.”
Sentite un po’ queste curiose notizie veneziane. Ve le butto lì alla rinfusa, come mi è capitato di recente di ritrovarle e rileggerle. Sono briciole di storie di contrada, una delle tante veneziane. La contrada è quella dell’Anzolo Raffael, della Mendigola e Santa Marta, una delle zone da sempre più periferiche, povere e popolari di Venezia ... la mia zona.
Nel 1349 a Venezia c’era, tanto per cambiare, la peste. Il mercante Marco Arian che apparteneva a una preminente famiglia di cittadini, fu anche Capo Contrada ossia “Major” della Contrada dell’Anzolo Raffael. Lasciò un legato di 300 ducati per costruzione dei pozzi nella parrocchia dell’Anzolo Raffael. Nel testamento scriveva: “… a li vivissimi de la contrada … per i bisogni del popolo e dei boni homeni de la contrada”. Morì anche lui di peste, le sue intenzioni vennero incise sui pozzi che furono costruiti a sue spese, e il suo testamento veniva letto a gran voce due volte l’anno davanti alla porta della chiesa e applaudito dalla gente del posto.
Camminando un centinaio di metri oltre il Campo dell’Anzolo, si può giungere al “Ponte delle Terese”. Nel 1475 Bernardo Rusco lasciò qui dei suoi locali contrassegnati da un’edicola marmorea merlettata ancora visibile infissa nel muro ai piedi del ponte. Ordinò che la sua casa diventasse un Ospizio per 4 povere donne “… e anche più se se porà nella mia casa per amor de nostro Domene Dio …”. Nel testamento indicò anche la quantità di frumento e di vino da distribuire alle donne “… per cadauna”,prelevandolodai suoi terreni a Rugoletto di Oriago sulla Riviera del Brenta oltre la laguna nella Terraferma. L’ospizio funzionò senza interruzione fino al 1800.
A neanche venti metri di distanza, il Nobil Homo Zuanne Contarini lasciò per testamento del 20 maggio 1462 un patrimonio per far edificare un Ospizio di 5 stanze da assegnare ad altrettante donne di condizione nobile che fossero:“ … 5 donne impossenti” . Oggi esiste ancora, amministrato dall’IRE, ed è riconoscibile da una bella finestrella gotica dentro a uno stretto cortile circondato da mura.
Due gesti di elevatissima sensibilità sociale accaduti e costruiti a neanche due passi di distanza sul suolo veneziano.
Ora, come dicevano le guide turistiche del 1800, “Si prosegua sui propri passi percorrendo la fondamenta delle Terese”. Ci si troverà di fronte a San Nicolò dei Mendicoli, un tesoretto artistico strepitoso, che non mi azzardo neanche a descrivere.
Mi soffermo, visto che andiamo verso dicembre e le feste natalizie, solo sulla leggenda di Santa Claus che alla fine non è altro che San Nicolò stesso.
Nel “Catalogus Sanctorum” di Pietro de’ Natali Vescovo di Jesolo della prima metà del 1500, si ricorda la “storia primigenia” di San Nicolò.
“ … dopo la morte dei genitori rifletteva su come rendere gradito a Dio l’uso delle ricchezze ereditate, temendo che gli procurassero solo vanagloria. Pochi giorni dopo, un suo nobile concittadino caduto in estrema miseria pensava di avviare alla prostituzione le sue tre giovani figlie pur di ottenere di che sopravvivere. Venuto a saperlo, Nicola si avvicinò di notte di nascosto alla finestra di casa del suo concittadino e vi gettò dentro una certa quantità d’oro allontanandosi. In quella maniera l’uomo sposò la sua figlia primogenita Il santo allora ripetè il suo gesto, e il nobile decaduto maritò la seconda figlia. E così Nicola ripetè per la terza volta il gesto venendo però scoperto dal concittadino, che gli si prostrò ai piedi… A questo Nicola raccomandò le parole evangeliche sul mantenere segreto i propri gesti di carità ...”
Da queste vicende-leggende derivano le tre palle dorate sopra al libro del Vangelo con cui viene di solito rappresentato San Nicolò, anche ai Mendicoli.
Continuando … Tre furono i soldati condannati a morte ingiustamente che il Santo salvò dal Console corrotto Eustazio e dai falsi testimoni Eudosso e Simonide. Il santo corse trafelato con ansia fraterna giungendo giusto in tempo davanti al carnefice che stava decapitando gli uomini inginocchiati strappandogli la spada dalle mani. Si recò a casa del console spingendo irritato le porte ed esigendo d’essere ricevuto. le parole pronunciate in faccia al console non furono delle più delicate.
“L’imperatore conosce le tue colpe, e sa come governi e saccheggi la città … Non Eudosso e Simonide ti hanno convinto a condannare i soldati ! … ma Crisaffio (l’oro) e Argirio (l’argento) …”
I tre soldati innocenti ebbero così salva la vita.
Sempre tre furono i fanciulli scolari uccisi da un oste perverso a Venezia, che li fece a pezzi e li mise in salamoia per poi cucinarli e servirli macabramente a tavola. Ovviamente il Santo li resuscitò facendoli riemergere dal tino in cui erano nascosti. Per questo San Nicola o San Nicolò viene rappresentato con la barba candida come la neve e considerato protettore dei bambini e soprattutto portatore di doni. Le mamme venete, alterando la storia originaria, spiegavano a lungo ai bambini che il tino raffigurato accanto al santo era pieno di doni natalizi, per cui certe nonne veneziane, spazientite per le eccessive richieste dei nipotini , dicevano spesso: “Non ho mica il pozzo di San Nicolò !”.
Nella tempesta marina in cui si ritrovarono impacciati alcuni pescatori e marinai veneziani, apparve un uomo robusto e possente di nome Nicolò, che si dimostrò abile a governare antenne, vele, remi e timone riuscendo a riportare al Lido sani e salvi i Veneziani naviganti, che lo avevano invocato.
Infine, se si osservano i dipinti e le statue che raffigurano San Nicolò, si noterà che pur essendo vescovo viene sempre rappresentato sempre senza mitria in testa, né palio al collo, ma col solo pastorale in mano. La motivazione stava nel fatto che da vecchio il Vescovo Nicolò si recò al Concilio di Nicea dove colpì sulla testa un eretico Ariano per un eccesso di zelo e di fede. Per il suo gesto inconsulto il Concilio lo privò immediatamente della mitra e del palio simboli dell’autorità e del potere. Avvilito e pentito, Nicolò ottenne in seguito dalla Madonna in persona e dai suoi Angeli la restituzione di quei due simboli preziosi.
Niente male come Santo, eh !
Tornando a Venezia e alla Contrada di San Nicolò, nel dicembre 1585 si arrestò e mise in carcere, zoppo, paralizzato per un ictus e malato, Prè Jacomo Comin abitante della Contrada di San Nicolo’ dei Mendicoli, denunciato dalla gente con tre comari come testimoni, come falso stregone guaritore, e imbroglione di una povera donna. I Magistrati del Santo Uffizio lo lasciarono a lungo in prigione fino a dicembre 1586, quando lo fecero comparire in tribunale. Buttandosi in ginocchio davanti all’Inquisitore lo pregò di venire assolto, non negando d’aver commesso “strigherie” ed affermando di aver restituito tutti i soldi alla vedova imbrogliata. In precedenza il Prete aveva decretato che la figlia di una certa Orsetta era posseduta dal Demonio, chiedendo 24 lire per farle confezionare una speciale medicina a Padova per liberare la figlia dalla fattura. In seguito aveva detto alla donna che doveva procurarsi altre 44 libbre di medicine contro il Demonio, celebrando anche alcune Messe sopra l’acqua, ed appendersi al collo un bollettino con certe parole magiche efficaci. In definitiva Pre’ Comin aveva racimolato dalla donna a più riprese la somma di 13 ducati e ½ , senza che la figlia fosse liberata da un bel niente. Come punizione fu condannato alla svestizione definitiva dalla Religione.
Strane le storie di Religione e di Preti in quella Contrada poverissima di Venezia assalita senza sosta dalla miseria più nera. Quella povera gente semplice mancava di tutto, eppure nel 1600 il Parroco-Piovan lodava i contributi versati alla sua parrocchia dalle Confraternite locali dei laici:“… Avete speso in questi ultimi 26 anni per abbellir la chiesa et mantenir i suoi altari pur in tutta la vostra povertà, intorno ai 12.000-13.000 ducati …”
Caspita ! Una cifra ! Alla faccia della povertà e della miseria dei poveri pescatori di periferia. Eppure la devozione dei Veneziani era capace di tanto.
Quattro anni dopo, nel 1604, il Piovano Salomon Lando affermava:
“… si cerca elemosina per li poveri della Contrada nella mia chiesa, ma si trova poco et quasi niente et quel poco che si trova vien dispensato da me a quelli che son più in bisogno … Non credo che in tutta Venezia esista una Contrada più povera della mia …”
Non erano quindi tutti imbroglioni e interessati i Preti della Contrada.
Trascorsero ancora altri sei anni, e nel 1610: Arzentese degli Arzentesi lasciò per testamento 2.000 ducati alla Contrada dell’Anzolo e dei Mendicoli.
“ … perché con il pro di quelli si possino maridare tutte donzelle della contrà di San Nicolò … le fie dei pescaori … per destuàr così li miei peccati … “ Le prescelte venivano indicate con sorteggio di una balotta d’oro.
All’inizio del 1700 nella Contrada erano attive 41 botteghe e la sola Pistoria consumava ben 3.734 stara di farina, mentre la Statua di legno della Madonna del Rosario ed Addolorata della chiesa: “… era vestita col pizzo degli abiti delle spose e con gli ori regalati dalle vedove e da quelli che facevano Promesse e Voti alla Divina Provvidenza ...”
Nel 1717 alcuni membri della Parrocchia e Contrada della Mendigola decisero di tentare la fortuna al gioco del Lotto, giocando: “3-36-72”, e per far questo il Parroco-Piovan in persona si vendette e impegnò:
“ … anche le caldiere di casa parrocchiale …”. Non vinsero nulla e rimasero “ ... i poveri miseri pellegrini morti di fame di sempre. “
Il 21 settembre 1803 il Patriarca Flangini visitò la Parrocchia e la vicina chiesa delle Orsoline chiamate “Le Romite”.
Sulla relazione susseguente del Patriarca si scrisse e si legge:
“Le rendite della “Fabbrica di chiesa” sono di 108,06 ducati di entrate da affitti di 5 case e da alcuni livelli. Le uscite sono di 322 lire per obblighi di Messe ed Esequie e per tasse da pagare alla Serenissima e al Patriarca. La “Fabbrica della Mendigola” ha perciò un debito corrente di 1.000 lire. Il parroco, siccome la sua casa di residenza è inabitabile e minaccia di crollare, è costretto a vivere in un’altra casa di cui paga l’affitto. Possiede entrate personali di 1 ducato e spende in uscita 14 lire ... Ci sono 10 Preti che girano intorno alla Parrocchia e nella Contrada fra Santa Marta, Ognissanti, l’Anzolo Raffael e Santa Margherita, fra cui il Parroco-Piovan diventato infermo. Nella sua casa si trovarono 3.420,4 lire ... Ai Mendicoli si celebrano 2.468 messe perpetue e 45 fra esequie ed anniversari con 50 avventizie. Osservano ancora la tradizione dell’Ottavario dei Morti: per 8 giorni di fila celebrano una Messa al mattino e il Vespro dei Defunti al tramonto. La cura è delle Confraternite dei Morti che pagano le spese per l’acconciatura della chiesa. Arrivano da fuori alcuni conzadori esperti in materia che elevavano catafalchi enormi alti anche fino al soffitto, e rivestono a nero di lutto tutte le colonne e gli altari usando tessuti a volte preziosi con i simboli della morte e con scritte bibliche ... I preti sono riflesso di questo popolo materiale … più di ogni altra cosa fra loro c’è l’ozio … Don Plander cammina con affettazione, frequenta ritrovi notturni, serve poco la chiesa … Un altro prete veglia costantemente presso il parroco moribondo, ma più per preservare il denaro che altro … Anche don De Piccoli frequenta ritrovi notturni e non gode di buona fama, mentre don Lucatello è solo un ragazzo che forse non possiede tutta la prudenza necessaria per vivere … Ma c’è anche del buono ai Mendicoli: nel giorno della festa di San Andrea il 30 novembre, contitolare della chiesa soppressa di Santa Marta, inasprendosi il freddo invernale, la Scuola dei Pescatori dona 12 pastrani in onore di San Andrea e dei 12 Apostoli a “… dodici poveri homeni” ...”
Volendo si potrebbe continuare all’infinito frugando nella miniera senza fondo della storia minuta, della tradizione e delle vicende della Venezia di sempre ... Beh, allora: alla prossima occasione.