“Una curiosità veneziana per volta.” – n° 77.
“I LUOGHI DELL’UMILTA’ E DELLA TRINITA’ DEI TEMPLARI E TEUTONICI … A VENEZIA.”
Per chi ne sa almeno un poco di Venezia: la Punta Dogana è “la Salute”… e ti viene subito in mente il chiesone della peste con tondo cupolone largo e la cupoletta fra i due campaniletti dietro costruito da Baldassare Longhena dopo il 1620 … Esiste una bella descrizione di quella tipica zona Veneziana che la immagina come: “Un’immensa nave galleggiante sulle acque del Bacino di San Marco, un antico galeone di pietra col cassero di poppa (i due campanili posteriori) … il cui nocchiero, comandante, è la Madonna collocata in cima intenta a “navigare” sulle sorti e i destini della città lagunare …”
Bella immagine! ... suggestiva per davvero.
Se non ci siete mai stati, andate a farvi una passeggiata (col bel tempo possibilmente) in quella bella contrada di Venezia in fondo alle Zattere fin dove il famoso Canal Grande sbocca nel Bacino di San Marco. Vedrete uno scenario magnifico ormai millenario celebrato da tanti pittori illustri e declamato da molti versi insigni: l’isola di San Giorgio Maggiore da una parte, la Punta della Dogana in mezzo come una prua protesa verso San Marco, la Laguna, il mare … come un monito, e a sinistra la “magica”Riva e Piazza di San Marco con la grande Casa Dogale dove è accaduta tanta Storia e si decideva tutto quanto riguardava la Serenissima.
Una veduta classica … davvero bella, che continua a richiamare per vederla migliaia di persone e turisti.
Provate però a immaginare per un attimo com’era quel posto prima che vi fosse costruito il chiesone della Salute ? Che c’era lì ? … Anzi, chi c’era ?
Vi si aprirà un vuoto nella mente … e non troverete facilmente risposta. E’ capitato anche a me perché quel posto nella nostra testa non potrebbe essere se non così come lo vediamo oggi. Quello che esisteva prima è “tabù”… Boh ? … Mistero sconosciuto quasi per tutti.
Allora provo ad aiutarmi un pochetto osservando la stampa-disegno che ho postato in cima a queste righe: ecco com’era la zona della Dogana prima del 1620 e della chiesa della Salute. Curiosa vero ?
C’erano almeno due cose, due complessi edificativi significativi: Santa Maria della Visitazione o dell’Umiltàcon facciata sul Canale della Giudecca e Santa Trinità affacciata sul Canal Grande insieme a diversi altri edifici confluenti verso la Punta della Dogana. Non affannatevi a cercare su Google Maps e sulle mappe attuali di Venezia la chiesetta dell’Umiltà e quella della Trinità: non le troverete affatto perché non esistono più.
E sapete a chi appartenevano quegli ambienti e quegli antichi locali ? Anche questo si sa: quella Contrada di Venezia era un posto anticamente abitato e posseduto dai Cavalieri Templari e poi da quelli Teutonici residenti in Venezia.
“I famosi, misteriosi e tanto chiacchierati Cavalieri Templari ?”… vi chiederete incuriositi drizzando occhi e orecchi.
Sì … proprio loro, proprio quelli.
Lo so che si raccontano e inventano tante cose nei loro riguardi … e che spesso per la smania di dire qualcosa si dice di tutto per allargarne il loro mito e la leggenda … Non aspettatevi perciò che vi faccia chissà quali rivelazioni inedite sui Templari a Venezia … non ne ho, ovviamente. Però è storicamente certo e documentato che quei luoghi e quegli ambienti contigui alla chiesetta dell’Umiltà e della Trinità in Punta alla Dogana sono appartenuti e sono stati frequentati a lungo dai famosi Cavalieri Templari che hanno soggiornato per diverso tempo proprio a Venezia.
L’Umiltà con tutto il Monastero che vi stava intorno sono stati demoliti, mentre quel che resta della chiesa della Trinità dei Teutonici Trinitari e prima dei Templariè stato inglobato e ricostruito dentro all’edificio del Seminario che s’affaccia sul Campo della Salute accanto, a sinistra, dell’omonima Basilica.
Per i più curiosi: si tratta delle ultime finestre a pianoterra a sinistra con un portale che s’affaccia proprio sul Campo. Lì dentro c’è ancora oggi la Cappella della Trinità ... anche se è solo un resto di quella chiesa antichissima che ha subito infinite modifiche lungo i secoli. Però esiste ancora … Ci sono passato e vissuto dentro quotidianamente per undici anni.
I Cavalieri Templari li conoscete bene, ne conoscete di certo la storia … In estrema sintesi: era il 13 ottobre 1307 quando il Gran Maestro dei Templari: Giacomo de Molay morendo sul rogo in un isoletta sulla Senna minacciò il Papa Clemente V di comparire entro 40 giorni e il Re Filippo il Bello entro un anno davanti al Tribunale di Dio perché fosse resa Giustizia all’innocenza dei Cavalieri Templari.
I fatti storici seguenti sono chiarissimi, non si possono smentire: Papa Clemente V morì esattamente 38 giorni dopo quel rogo e quella minaccia, mentre Re Filippo il Bello morì esattamente 8 mesi dopo. E Giustizia fu fatta ? … Chissà ?
I ricchissimi e potentissimi Templari vennero eliminati e “caldeggiati col rogo” innocentemente dal Re di Francia e dal Papa con varie accuse infondate d’eresia, satanismo, tradimento, sodomia e molto altro ancora. In realtà Papa e Re avevano bisogno di “far cassa” incamerando i beni di quelli che erano di fatto loro antagonisti politici, economici e in un certo senso forse anche spirituali.
Ebbene, fino alla loro soppressione i Cavalieri Templari vivevano anche a Venezia dove erano giunti subito dopo la prima Crociata ossia nel 1118 – 19 circa … I Cavalieri vivevano anche a Venezia, era ovvio, perché era il capolinea di gran parte degli itinerari Europei e utilissimo punto d’arrivo e partenza da e per la Terrasanta. Era città insigne governata da uno Stato Serenissimo tollerante e in grandissima ascesa ... I Templari non potevano non esserci a Venezia … così come c’erano presenti molte altre realtà importanti dell’epoca.
Sapete anche che il “Quartiere Generale”, ossia “La Commenda” dove risiedevano i Cavalieri Templari a Venezia si trovava presso la chiesa-convento di San Giovanni del Tempio o dei Cavalieri Templari in Contrada di Sant’Antonìn vicino a quella della Bragora diventato solo in seguito San Giovanni dei Furlani e dei Cavalieri di Malta. Anche della presenza stabile dei famosi Cavalieri Templari altrove per Venezia si sa già tutto: i Templari possedevano altri luoghi in città, come la chiesetta di Santa Maria in Brolo detta dell’Ascensione “in bocca” di Piazza San Marco nei pressi della quale avevano una loro “Locanda della Luna”. Un’altra locanda la possedevano poco distante dai magazzini del Rio dell’Anzolo Raffael dove approdavano, caricavano e scaricavano quasi tutte le barche provenienti dalla Terraferma, così come possedevano numerose altre case e botteghe sparse in giro per Venezia.
Dopo la soppressione cruenta dei Templari, i Cavalieri Trinitari Teutonicidetti anche Frati Bianchi della Trinità hanno chiesto e ottenuto dai nuovi Papa e Re di sostituirli e così incamerarono le scarse rimanenze dei beni rimasti, e utilizzarono gli stessi luoghi usati e abbandonati dai Templari ... anche a Venezia.
Già nel 1180 circa, a Gerusalemme: “Il Conte Rudolf von Pfullendorf ordina a Stefano Barocci, Procuratore di San Marco in Venezia direstituire la somma da questi depositata presso la "Camera di San Marco” ad Archanbando Priore dell'Ospedale di Venezia dell'Ordine di Santa Maria dei Teutonici di Gerusalemme o nel caso di morte di quest'ultimo ad altro soggetto a ciò delegato dal Maestro del detto Ospedale.”
“Nel 1211 a Roma in Laterano, Papa Innocenzo III confermò ai Frati dell'Ospedale dell'Ordine di Santa Maria dei Teutonici di Gerusalemme in Acri la convenzione fra essi ed i Templaricirca i mantelli bianchi ed i palii di stanforte: accordo già approvato da Albertus Patriarca di Gerusalemme.” ... Sempre a Roma in Laterano, nel 1221: “Papa Onorio III confermò i beni e i diritti all'Ordine di Santa Maria dei Teutonici di Gerusalemme …” e due anni dopo, lo stesso Onorio III Papa: “… concesse al Maestro e Frati dell'Ordine di Santa Maria dei Teutonici di Gerusalemme le libertà e i privilegi già concessi ai Frati Gerosolimitani e del Tempio …”
I Cavalieri-Frati Teutonici quindi erano in grande ascesa dopo la scomparsa dei Templari, ed erano tenuti in grande considerazione dal Pontefice di Roma e dai Grandi Sovrani dell’epoca ... Venezia compresa.
Nel 1250-70 il Doge di Venezia e Ordine dei Cavalieri-Frati Teutonici andavano particolarmente d’amore e d’accordo, proprio a braccetto per via “dell’affare e degli imbarchi” per le Crociate, tanto che il Serenissimo Doge Raniero Zen permise l’edificazione di una loro nuova chiesa-residenza dove sorge oggi la gradinata della Basilica della Salute sulla motta così detta di San Gregorio.
Il 18 luglio 1257 a Rivoalti di Venezia: “Angelus Gradensis Ecclesie Patriarche et Dalmacie Primas", ed "Albertus Episcopus Tervisinus" dichiararono conforme all'originale la copia scritta da Dominicus Fina Pievano e Notaio di San Paternian di Venezia, con la quale ilPapa Alessandro IV rivolgendosi al Maestro eFrati dell'Ordine di Santa Maria dei Teutonici di Gerusalemme, li incaricava di assolvere da scomunica o interdetto i Frati che avessero seguito l’Imperatore Federico II e i suoi figli Corrado e Manfredi.”I Cavalieri Teutonici erano allora uno degli Ordini che conta.
Nel febbraio 1302 a Rivo alto di Venezia: l'Ordine di Santa Maria dei Teutonici di Gerusalemme affittò a Jacobo muratore una terra con casa e fornace situata presso il luogo della Trinità in Venezia ... Nella città lagunare i Frati Bianchi Teutonici facevano affari … Tutto procedeva per il meglio … a gonfie vele !
Nel 1309 però si ruppe qualcosa fra Teutonici e Serenissima, tanto che i Cavalieri trasferirono la loro principale residenza da Venezia a Mariemburgo in Prussia lasciando gli ambienti veneziani in totale decadenza sebbene la chiesa fosse ugualmente frequentata per via delle numerose indulgenze che il Papa vi aveva assegnato lucrabili da chiunque la visitasse e vi facesse generosa elemosina ... solita storia. Allo stesso tempo, i Frati-Cavalieri pensarono bene di sfruttare quel loro possedimento collocato sull’estrema punta dell’isola proprio all’imbocco del commerciale Canal Grande di Venezia che andava all’Emporio di Rialto. Vi fecero perciò costruire tutta una serie di magazzini paralleli cintati da mura merlate con una torricella di controllo. In seguito la Repubblica farà propria tutta quell’area strategica e la adibirà a Depositi del Sale e poi a Dogana da Mar in precedenza situata al di là del Bacino di San Marco sulla Riva di San Biagio vicino all’Arsenale.
In realtà i Frati Bianchi Teutonici non se ne andarono mai del tutto dai loro ambienti nell'isola della Salute a Venezia, perchè come raccontano documenti redatti in continuità fra 1181 e 1417 continuarono a tenere un loro puntuale e aggiornatissimo "Giornal del Priorato della Santissima Trinità" che è stato scritto e annotato da qualcuno fino al 1661.
“Il 27 maggio 1312 a Venezia "in Claustro locis Sancte Trinitatis": Bertoldo, Fattore del "locus" della Santissima Trinità dell'Ordine di Santa Maria dei Teutonici di Gerusalemme in luogo del Precettore di detta casa a sua volta Luogotenente del Maestro Generale dell'Ordine e Zeno Fornaserio abitante alla Trinità, nominano congiuntamente arbitri per risolvere bonariamente le liti tra loro insorte: Stefano Magno del Confinio di Sant'Agnese di Venezia, Marino Lombardo del Confinio di San Gregorio e Michele Alberti di quello di San Vito …”
I Teutonici erano perciò presenti e attivi a Venezia, anche se privi della loro rappresentanza ufficiale più prestigiosa. Un’altra porzione degli ambienti, dell’ex Monastero e del terreno e orto verso il Canal Grande appartenente ai Frati Bianchi Trinitari venne concessa dai Teutonici ad alcuni Veneziani nel 1419 per erigere una Scuola di Devozione intitolata alla Trinità: “… in cambio del pagamento di un Livello perpetuo di 8 ducati d’oro annuali da pagarsi al maestro Provinciale nell’ottava della Festa della Trinità …”
“Il 30 dicembre 1466 a Civitanova, il Provinciale Balivo della Lombardia e della Marca Trevigiana costituito Procuratore da Henricus de Lonnterslrhem, Maestro dell'Ospedale dell'Ordine di Santa Maria dei Teutonici di Gerusalemme e Procuratore Generale per la Germania, l'Italia e Oltremare, costituì Procuratore Francesco di Berto Francesco con mandato di recuperare i beni del Monastero della Santissima Trinità di Venezia:"in Monasterio et loco Sancte Trinitatis de Venetiae ..."
La concessione venne rinnovata dai Frati Bianchi Teutonici ancora nel 1493 e puntualmente pagata dai Confratelli Veneziani della Scuola della Trinità.
Solo nel settembre 1512 rimase vacante il Priorato della Trinità per la morte di Frate Alberto Allemanno:“… che annegò andando in Livenza”. Il Papa concesse allora il Priorato della Trinità dei Teutonici al Nobile di Venezia Andrea Lippomano zio di Pietro Vescovo di Bergamo e poi di Verona, fratello di Luigi Lippomano che divenne anch’esso Vescovo di Verona … una famiglia ricca e potente insomma. Il Senato della Serenissima non ebbe nulla da obiettare, e in ottobre approvò quella scelta Pontificia formalmente.
Già che c’era, Papa Clemente VII concesse per 62 anni allo stesso Nobile Lippomano anche il Beneficio di Santa Maria Maddalena di Padova che era stata anch’essa un tempo luogo-residenza dei Cavalieri Templari concesso in seguito ai soliti Cavalieri-Frati Teutonici … Anche lì la sede del Beneficio era rimasta vacante per la morte contemporanea di Frate Domenico Filippo di Altolapide, ultimo Priore Teutonico … annegato anche lui nel fiume Livenza.
Giunto l’anno 1533 anche a Venezia, venne arrestato e processato come eretico un Mastro falegname Antonio residente nella contrada di San Giacomo dell’Orio. Dal processo risultarono anche delle predicazioni sospette fatte da due Frati Domenicani: Fra Zaccaria e Fra Damiano “nei luoghi della Trinità”, nella chiesa della Fava e in San Giovanni e Paolo.
“Gli altri aderenti a questa “Congrega pericolosa ed eretica” erano alcuni Tedeschi, alcuni toscani, un maestro di scuola e un forestiero di 25 anni “Gran Luteran” ...” Dagli atti informali del processo risultò che:“… possedevano scritti di Lutero, Bibbie in volgare e soprattutto i “Gravamina Nationis Germanicae” libro pericolosissimo quasi da cospiratori … Nella comunità clandestina in cui vigeva una forte solidarietà comune si discuteva di temi come la Confessione, Purgatorio, Libero Arbitrio, Papa, Giustificazione, Quaresima, Culto dei Santi ... tutti argomenti delicatissimi ...”
Il processo si concluse nel 1534 con la sola condanna del falegname Veneziano a carcere perpetuo.
L’anno seguente, 1535, giunse a Venezia il famoso Ignazio di Lodola o Loyola, Santo in seguito e “inventore-fondatore dei Gesuiti”, impegnato nel suo secondo viaggio-soggiorno a Venezia proveniente da Parigi e diretto in Terrasanta. Venne accolto inizialmente in casa del Nobile Andrea Lippomano dotto e generoso benefattore e Priore della Trinità dei Teutonici. Alcuni compagni di Ignazio di Loyola andarono ad abitare all’Ospedaletto, altri, invece, agli Incurabili sulle Zattere per curare gli infermi. Il Loyola era venuto a Venezia con l’intenzione per svolgere attività pastorali di servizio pratico alla povertà tanto diffusa in città, ma si ritrovò a mettere in piedi un Collegio per istruire soprattutto i figli dei Nobili.
Il Priore Lippomano insistette per riuscire ad ottenere dal Loyola almeno 12 soggetti competenti, con almeno 3 Sacerdoti … Ignazio rispose promettendo 5 studenti ed 1 sacerdote come persona qualificata. Lippomano allora li ospitò in casa propria e poi cedette loro la metà di un palazzotto che dicevano “La Pietà” contiguo a casa sua, e una Cappella o Pubblico Oratorio dedicato alla Vergine soprannominato l’Umiltà situato dietro ai Magazzini del Sale alla Punta della Trinità.
Si assunse anche le spese di vitto, vestiti, libri per tutti quei Preti-Frati e della ristrutturazione della casa molto spartana e poco adatta alla vita comune, tanto che notando il grave disagio in cui vivevano, Ignazio di Loyola consigliò ai suoi e all’Olandese Nicola Florenz detto Goudanus o Gaudano che nominò Superiore di fingere di trovarsi in India.
Andò così che dopo varie peripezie, restauri e ulteriori donazioni da parte del Nobile Priore Lippomano si ampliò la chiesetta spendendo 800-1000 ducati, si sistemarono alcuni ambienti dell’Umiltà spendendo circa altri 1500-2000 scudi provvedendo anche alla decorazione pittorica dei luoghi, e il 12 aprile 1550 la Scuola-Collegio dei Gesuiti in Punta alla Salute iniziò le sue attività aprendosi anche ad accogliere alcuni alunni esterni.
Saputo ovviamente tutto, Papa Pio IV nel 1560 e 1565 confermò da parte sua l’assegnazione dei luoghi dell’Umiltà ai Padri Gesuiti in cambio di annuo tributo al Priore della Trinità di 2 ceri ed 1 libbra d’incenso.
Una cronaca veneziana del 1573 descriveva i luoghi: “… il sito è assai comodo… la Chiesa ha 5 altari e un ricco e bel soffitto, è dotata di una bella e grande Sacrestia ben provvista di paramenti e ornamenti di chiesa … (possiede anche un ricchissimo tabernacolo da 1.000 ducati offerto da alcune Donne Nobili di Venezia) … la casa dell’Umiltà ha un cortile con una cisterna nel mezzo, un Oratorio in prossimità dove portarsi per confessare uomini e ragionare con forestieri … Dispone a pianoterra di due camere per il Portiere e i forestieri, di un magazzino per la legna, cantina, cucina e refettorio … e un assai bello e grande giardino … La casa è articolata in 2 solari il primo con 12 camere e il secondo con 11 (alcune talmente grandi da poterne fare 4) oltre la biblioteca assai grande e ben fornita di libri … infine una comoda e grande sala dove si fa fuoco durante tutta l’invernata ...”
La Compagnia dei Gesuiti del Loyola, però, non era molto simpatica alla Serenissima per i suoi modi e soprattutto per le sue idee. Venezia e il Doge consideravano Loyola & C troppo intraprendenti, irriverenti, presuntuosi e soprattutto troppo filopapali … troppo schierati dalla parte del Papa di Roma … E si è sempre saputo che fra la Serenissima e il Pontefice Romano non è mai “corso buon sangue del tutto”.
Già l’anno dopo, infatti, Repubblica di Venezia e “Compagnia dei Preti Riformati del Gesù detti Gesuiti”si scontrarono aspramente fra loro soprattutto a Padova … e Ignazio di Loyola scrisse al Papa per chiedere indicazioni e il suo appoggio per dissipare i contrasti sorti con la potente Signoria Veneziana.
Cinque anni dopo, la “cronachetta di Venezia” continua a parlare dei Preti del Gesù presenti a Venezia aggiungendo nuove informazioni sul sito “dell’Umiltà dei Gesuiti” sempre più perfezionato:
“… s’è aggiunto alla Chiesa una Cappella Grande col coro di dietro in solaro rendendola più capace … con sedili di noce ben lavorati capaci d’ospitare 200-300 persone … pavimenti in pietra viva di vari colori e con alcuni quadri grandi di pittura sulla vita della Madonna … Allo scopo non sono mancate le elemosine … e anche la Signoria ha fatto più larghe elemosine per “vitto e fabbrica” rispetto agli anni passati … Dall’altra parte di dentro si sono fatti 2 Oratori nei quali si può celebrare la Messa, udir predica e far esortazioni ... Di sotto a ciascuno di questi ci sono due stanze che possono servire a Sacrestia et altri bisogni … e si hanno anche belle Reliquie in bei Reliquiari …”
Nell’estate del 1580 i lavori stavano ancora continuando, tanto che si dovette per il troppo rumore e confusione interrompere la celebrazione delle Messe e delle prediche dei Gesuiti che attiravano molte persone:
“… alcune feste dell’estate per essere impedita la chiesa da muratori e falegnami nel far il pavimento e banchi nuovi da sedere alla predica, tutti a modello così per gli uomini che per le donne; il che ha aggiunto grande ornamento alla chiesa…”
Nell’agosto dell’anno seguente il Visitatore Apostolico e Papale di Venezia visitò e ispezionò anche il Priorato dei Cavalieri Teutonici di Prussica presenti a Venezia. Nei verbali della visita spediti in seguito “in visione”direttamente al Papa, si leggeva:
“Negli ambienti della Trinità a Venezia ho trovato il Priore: Piero Lippomano che percepisce 500 ducati annui assistito da 2 Cappellani con casa, vitto ed incerti. Sono inoltre ospitati altri 2 chierici, e sono attive 3 Mansionerie di Messe quotidiane da celebrare valevoli 68 ducati annui ... La chiesetta possiede un Altare della Madonna e uno del Crocifisso ... ospita la Confraternita della Trinità e si presta servizio al vicino attivo Ospedale … Mi è sembrato tutto a regola e in ordine …”
Perfino il Doge, al di là del contrario atteggiamento politico pubblico e ufficiale della Serenissima ostile ai Gesuiti, si serviva per la sua Confessione personale dei Preti dell’Umiltà che mandava a prendere spesso portandoli con la sua gondola personale a Palazzo Ducale.
Nel frattempo, Papa Clemente VIII essendo divenuto nuovamente vacante il Priorato dei Frati-Cavalieri Teutonici della Trinità alla Punta del Sal o Dogana da Mar, fece nel 1594 nuove assegnazioni al Seminario dei Preti di San Cipriano di Murano e con l’approvazione di Massimiliano Re di Polonia Maestro dell’Ordine dei Teutonici vendette ai Rettori del Seminario tutti gli ambienti del Priorato della Trinità per 14.000 ducati riconfermando tutte le indulgenze legate al luogo. E lì rimasero gli studenti del Seminario Patriarcale (i futuri Preti) fino al 1630 ossia gli anni della costruzione della Chiesa della Salute quando tornarono di nuovo nell’isola di Murano.
Nel gennaio di nove anni dopo la Compagnia dei Gesuiti rifiutò sdegnata e clamorosamente la richiesta dei Procuratori di San Marco di prendersi cura del Seminario Ducale del Doge (erano due i Seminari a Venezia: quello del Patriarca e quello del Doge) fondando un apposito Collegio e ottenendo un entrata fissa di 1.500 scudi. I Gesuiti motivando il loro rifiuto affermarono che i Chierici del Doge e di San Marco: “… innanzitutto non sono Nobili, e poi sono avezzi a vivere in difficili e pericolosi costumi…” Il Doge si offese, e “si legò al dito” l’affronto da parte dei Gesuiti.
Intanto i Preti del Gesù spopolavano in città per stima e simpatia … tanto che la ricchissima Nobildonna Adriana Bernardo vedova dell’altrettanto Nobile e ricco Vincenzo Contarini, Governatrice dei Derelitti e delle Zitelle lasciò un cospicuo lascito testamentario anche ai Gesuiti dell’Umiltà per il loro “Collegio del Gesù”… che di conseguenza venne ulteriormente ampliato e ristrutturato nel 1599.
La chiesa dell’Umiltà non era mica un bugigattolo né una chiesupola di campagna: possedeva al suo interno diverse opere di un certo Jacopo Tintoretto che dipinse su tela per l’Umiltà il: “Compianto sul Cristo Morto o Lamento di Maria” inscenando in maniera plastica e visibile le movenze contenute nel sentitissimo e conosciutissimo Inno-Sequenza dello “Stabat Mater” di medioevale memoria ancora usatissimo nel Rinascimento. Le tematiche devozionali dei famosi “Sette Dolori della Vergine” erano vivissime e molto diffuse anche nella spiritualità dei Veneziani dell’epoca che riconoscevano nella Madonna afflitta in un certo modo la copia di se stessi, delle proprie disgrazie e afflizioni dovute alle conseguenze delle frequenti pestilenze ... Nel bene e nel male, i Veneziani d’allora percepivano il Cielo come fortemente partecipe del loro spicciolo e concreto destino mortale quotidiano. Era comunque “un sentire”di molti, sparso perlomeno nell’area Europea se non molto di più … Oggi le cose sono un po’ cambiate … anche se non per tutti.
Nella chiesetta con ben sette altari, c’era una vera e propria miniera d’opere d’Arte prestigiose: accanto a un arco dipinto dal Petrelli con “molti Santi”, c’era un “San Francesco”della scuola di Paris Bordone, c’era appesa una “Circoncisione” di Marcantonio Moro, mentre sull'Altar Maggiore esisteva una pala con una “Natività” di Jacopo Bassano che per la stessa chiesa aveva dipinto anche un “San Pietro e San Paolo”. Contornava quell’opera tutta una serie di operette di Paolo Veronese: “Padre Eterno, Angeli e Cristo Redentore”,“Vergine con Angeli che la coronano”,“Redentore con Cherubini”, “San Giovanni Battista che predica” e “Il centurione davanti a Cristo”.
A destra dello stesso Altare Maggiore c’era infissa nel muro una “Presentazione al Tempio” e una “Visita ad Elisabetta” del Fiammingo Baldissera d’Anna che aveva dipinto anche per la stessa chiesa: “Santi e Sante” e “Il Martirio di Sant’Andrea e di San Paolo”.
Inoltre in chiesa non mancavano opere di Palma il Giovane: “Cristo fa scendere Zaccheo dall’albero”ed “Elia soccorso dall’Angelo” poste accanto a una “Madonna del Rosario” dipinta da Fabio Canal. Il clou della chiesa era però il soffitto dove Paolo Veronese aveva dipinto 3 capolavori con “Storie Sacre”, ossia: “Assunta con Apostoli”, “Natività di Gesù con i pastori” e “Annunciazione”posta sopra il soffitto del Coro.
Andate a guardare quelle opere se potete ! … Avrete così una vaga idea di quale ricca e bellissima bomboniera d’Arte e Storia sia stata quella parte remota e un po’ discosta di Venezia. Oggi non ne rimane più niente.
Tornando ai Gesuiti dell’Umiltà … Visto il successo avuto a Venezia dal Collegio dei Preti del Gesù, quattro anni dopo un gruppo di ben 27 Patrizi Veneti facoltosi e potenti fra cui: Loredan, Foscolo, Morosini, Barbaro, Barbarico, Venier, Foscarini, Malipiero, Marcello, Priuli, Vendramin, Molin, Paruta, Corner, Pesaro, Badoer eRimondo chiesero e ottennero di trasformare il Collegio dei Gesuiti in Scuola per Nobili … e la cosa avvenne e durò per 3 anni … finchè nel 1606 i Gesuiti vennero espulsi da Venezia e chiesa, casa e Collegio rimasero del tutto chiusi e abbandonati. La Serenissima non sapeva perdonare e incassare gli affronti dei Gesuiti … e tantomeno quelli del Papa. Andate a vedervi le vicende storiche di quegli anni … e capirete meglio.
Erano tremendi i Gesuiti … senza paura … Pensate che negli ultimi anni del 1500 erano arrivati ad introdurre a Venezia un vero e proprio Sistema di Penitenza AntiCarnevale da mettere in atto negli ultimi giorni di Carnevale quando la festa era maggiormente sfrenata e accesa … I Gesuiti tenevano in concomitanza un’Esposizione Solennissima e continua del Santissimo per 40 ore, che ebbe un’ampia rinomanza e richiamo cittadino: Chiamarono anche a predicare il futuro Santo: Roberto Bellarmino e il futuro Venerabile: Cesare Baronio riformatori austerissimi e rigorosi di grande fama. Venezia Serenissima si sentì come attaccata nei suoi costumi e nelle sue tradizioni.
(***C’è da precisare comunque, che questo non accadeva solo a Venezia, e che in giro per l’Italia c’era anche di peggio: in Lombardia, ad esempio, tutte le chiese negli ultimi giorni di Carnevale venivano a lutto parate di nero, e si celebrava in continuità la Messa dei Morti).
E’ curioso ricordare, anche se forse vi sembrerà quasi impossibile, che quel rito attivato dai Gesuiti durante il Carnevale alla fine del 1500 sopravvive ancora oggi nella vicina chiesa della Salute (e non solo lì) dove si celebrano ancora oggi “Le Quarant’Ore” con scopo riparatorio e di espiazione per le “malefatte trasgressive” perpetrate dal Carnevale … e non solo da quello.
Trascorsero ben dieci anni senza che nessuno mettesse piedi in quel che era stato un posto “brillantissimo” di Venezia. Era un peccato lasciare lì tutto abbandonato e in rovina, per cui la Serenissima nell’estate del 1615 offrì tutti quei luoghi alle Monache Benedettine provenienti da San Basso di Malamocco rovinato dalle acque della laguna, e trasferite provvisoriamente nell’isola di San Servolo.
Le Monache di San Servolo o Servilio si diedero subito da fare, e la Badessa Cecilia Barozzi costruì immediatamente un bel Coro nuovo per le sue Monache ... Nel frattempo a Venezia accadde la Grande Peste del 1620, quella che infuriò per tutta l’Europa facendo migliaia di vittime ovunque e 80.000 solo a Venezia … S’iniziò a mettere in piedi il grande Tempio Votivo di Stato di Santa Maria della Salute sotto le direttive e il progetto di Baldassare Longhena. L’intera isola venne ripensata e scombussolata prendendo un volto nuovo: sparirono edifici, botteghe, conventi, orti, case e spazi liberi e ne vennero costruiti diversi di nuovi.
Le Monache dell’Umiltà comunque non furono affatto le eredi dei prestigiosi Gesuiti, per cui si affievolì del tutto l’interesse dei Veneziani nei loro riguardi (se mai ce ne fosse stato qualcuno). Infatti, già quaranta anni dopo le Monache di San Servolo si ritrovarono in piena crisi economica e provarono a vendere in giro per Venezia gli arredi sacri della loro fornitissima chiesetta … Non fecero a tempo a realizzare e alienare nulla, perché intervennero subito i Provveditori Sopra ai Monasteri che impedirono duramente qualsiasi vendita.
“Le opere Sacre e di Pittura e Scultura non si toccano ! … e tantomeno si alienano impunemente … Appartengono a tutti i Veneziani !” tuonarono i Provveditori di Stato (altro che il nostro attuale Sindaco Brugnaro … ma questo è un altro tempo).
Tuttavia, fra alti e bassi economici, nel 1661 le Monache dell’Umiltà possedevano rendite annue di 240 ducati provenienti da immobili posseduti in Venezia … e ancora mezzo secolo dopo, nel 1712, le rendite annue stabili delle Monache da immobili posseduti in Venezia ammontavano a 946 ducati. Infatti, nel 1736 le Monache si permisero un restauro di chiesa e monastero spendendo 1.658 ducati … e nel successivo 1740, la rinomata Osteria de la Donzella condotta dall’Oste Piero dei Pieri in Contrada di San Giovanni Elemosinario di Rialto apparteneva proprio alle Monache del Monastero di San Servolo e di Santa Maria dell'Umiltà… le cui rendite annuali erano salite a985 ducati.
Giunti al 1778, c’erano ancora Nobili donne di Venezia che andavano a vivere come Monache Professe nel Monastero Benedettino dell’Umiltà vicino alla Salute … e i musicisti Furlanetto & Grazioli musicarono la festosissima cerimonia di vestizione di una di queste ... Poi giunse il “castigamatti”: Napoleone Bonaparte, che nel luglio 1806 soppresse tutte le Corporazioni, Ordini e Congregazioni Religiose di Venezia e dintorni incamerandone tutti i beni e saccheggiandone senza alcun ritegno tutti i luoghi.
Anche la Chiesa e il Monastero dell’Umiltà vennero perciò chiusi del tutto, e le 23 Monache Benedettine residenti vennero “concentrate” assieme alle Monache Benedettine di San Lorenzo nel Sestiere di Castello. Gli ambienti dell’Umiltà divennero un deposito di opere e libri trafugati ovunque dai Francesi e messi in vendita al miglior offerente.
Il 02 dicembre 1809 in un solo giorno furono venduti 4.318 libri dal Deposito dell’Umiltà ... e si proseguì allo stesso modo anche quando vennero a Venezia gli Austriaci, e così quando vi ritornarono i Francesi per la seconda volta.
Dal 1821 al 1824 si demolì tutto, compreso un piccolo Oratorio neonato dedicato a San Filippo Neri … e dove c’era “tutto” si fece un bel cortile adatto ai giochi per permettere un nuovo trasferimento del Seminario Patriarcale da San Cipriano di Murano alla Madonna della Salute dove vive e agisce tuttora nel 2015.
Una guida turistica di Venezia spiegava dopo il 1851: “Il passaggero oggidì, suo malgrado, si arresterà al Ponte dell’Umiltà, né seguirà più il cammino delle Zattere e il giro alla Punta della Dogana fino al Campo della Salute ... poiché il ponte fu chiuso da muro quando la Dogana di San Giorgio fu qui trasferita nel 1851 …”
Ho quasi finito … C’è un’ultima curiosità da aggiungere inerente al quel posto abitato un tempo dai Cavalieri Templari e dai Bianchi Cavalieri-Frati Teutonici … Stavolta è un fatto personale che mi riguarda direttamente … Ho vissuto per ben undici anni nel posto dell’Umiltà e della Trinità occupati un tempo dai Cavalieri Templari e poi da quelli Teutonici. Proprio sul sito dove sorgevano i Conventi, le Chiesette e i Monasteri dell’Umiltà e della Trinità in Punta alla Salute.
Quando vi ho vissuto io a cavallo degli anni 70-80 del 1900, nel giardino del Seminario che è stato il giardino dei Templari e delle Monache di un tempo esisteva una collinetta, una motta di terra circondata da alberi e coperta di bassi arbusti. E’ stata ricavata con la terra e le pietre d’asporto e di risulta ricavate dalla demolizione di quelle chiese, Conventi ed edifici di cui vi ho raccontato poco fa per farne cortile per gli studenti del Seminario Patriarcale di Santa Maria della Salute … la “fucina” dei nuovi Preti ... (fra cui c’ero anch’io).
Negli undici anni in cui ho vissuto e studiato lì dentro ... ho calpestato ogni giorno quei cortili, quel giardino e quei posti.
Quante ginocchia e gomiti sbucciati e caviglie gonfie e distorte, pantaloni sdruciti, e ferite, graffi, botte aggiustate a suon di giocare, “combattere” durante le infinite partite di Basket, Pallavolo, Calcetto, Tennis e infinite altre gare campestri e da cortile pietroso e polveroso di Seminario “quotidie conclusus”.
In un certo senso era il seguito, “il continuus” di quell’antica presenza dei Templari, un campo di battaglia coperto da un asfalto consumato e distrutto … pieno di buche, croste, sassi, schegge e pezzi di risulta … Le Piante di Pioppo e Platano che lo circondavano alzavano e ingobbivano il piano con le loro radici riempendolo di gobbe, fessure, spuntoni e brecce … Giocarci e correrci era sempre un’avventura (assimilabili a quelle dei Templari e dei Teutonici)… atterrarci un po’ meno … finiva sempre a fasce e cerotti. Accadeva lì il nostro mondo sportivo di “tiri e tiretti”, “lanci a canestrida sotto, dal fianco, da dentro e da fuori”… e infinite acrobazie issandosi su a spalle lungo le corde e le pertiche fissate nel cortile … luogo di mille “goleade”e competizioni con infinite vittorie e sconfitte ... come gli antichi Templari, insomma.
Ci pensavamo ogni tanto … non ve lo nascondo.
Proprio lì stava aperto e accessibile quel che rimaneva dell’antico giardino dei Templari e dei Teutonici diventato per noi luogo di meditazione e di momenti di contemplazione diurna e notturna indimenticabili. Quante emozioni speciali, sogni e sensazioni di grande entusiasmo che ho vissuto lì dentro … un patrimonio ancora presente dentro di me dopo ben quarant’anni.
In un angolo del “cortile dei Templari” esisteva un albero che usavo come pendolo improprio per catapultarmi sopra al tetto dell’edificio vicino dove si teneva la Scuola di Teologia. M’arrampicavo come goffo scoiattolo fin sui rami più alti, poi abbracciavo letteralmente l’intera cima dell’albero, e mi dondolavo a destra e a manca fino a prendere slancio sufficiente a lanciarmi sopra al tetto come fossi attaccato ad un elastico teso e rilasciato.
“Che matto che ero allora ! … che spericolato ! ” se si fosse rotto quell’albero, forse non sarei qui a raccontarvi e scrivere tutte queste cose ... ma chissà ? Forse avrei imparato a volare … Era necessario salire sopra a quel tetto per andare a recuperare i numerosi palloni e le palle da tennis che perdevamo sopra lanciandole in alto e lontano con un po’ troppo entusiasmo. A quei tempi le nostre tasche erano parecchio bucate … non c’erano soldi per altre palle e palloni nuovi.
Ogni volta mi facevo coraggio e appendevo su di un ramo basso dell’albero la tonacona nera da Prete dai mille bottoni. Poi m’arrampicavo fino in cima recuperando tutte le palle sotto gli occhi divertiti e in apprensione dei ragazzini che mi osservavano di sotto scoppiando in un grande applauso liberatorio quando le lanciavo tutte di sotto divertito. Il vero problema non era tanto il salire e ridiscendere, ma era quello di riuscire ed eseguire quella performance velocemente quando non c’erano nell’entourage i superiori … senza farsi notare, altrimenti erano dolori … Ed è capitato anche questo … Non è stato un momento felice quando, trovandomi sopra al tetto, ho riconosciuto di sotto il volto del ViceRettore che mi stava aspettando ai piedi dell’albero. Conoscevo bene quella faccia che mostrava … non prometteva niente di buono. E così, infatti, è stato … Sceso ai piedi dell’albero, è “scoppiato il temporale … che poi si è fatto tempesta.”… ma questa è un’altra storia diversa che vi racconterò un’altra volta.
“Che anni grandi però !”
Nel giardino dei Templari c’era e forse c’è ancora una vasca con i pesci rossi … dove un bel giorno sono finito preso per il collo, e con la testa immersa a forza sotto dell’acqua … E’ mancato pochissimo che non ci finissi dentro in ammollo del tutto … per fortuna era inverno, e il mio “assalitore vendicativo” ebbe un po’ pietà di me … Me l’ero cercata, ero stato io a provocarlo e canzonarlo (un po’ troppo) … Che ci volete fare ? In qualche maniera bisognava pur ravvivare e aggirare la noia di vivere dentro a quei palazzi storici pieni di belle cose, e cintati di robuste mura vetuste ... ma sempre recinto chiuso rimaneva.
In un angolo del giardino stava capovolta “la baleniera” con cui ogni tanto un giovane Chierico forzuto e muscoloso, diventato poi Prete Sportivisssimo, quando aveva la febbre a trentotto invece di mettersi a letto, apriva in pieno inverno la porticina che era stata un tempo l’entrata della chiesa dell’Umiltà, e calava la scialuppa nel Canale della Giudecca andando a farsi una bella vogata per smaltire sudando le tossine della “febbricità”. Che personaggio ! … Un corpicione d’acciaio che conteneva un uomo buono e gentile, in fondo semplice e molto umano ... un Prete “alla buona” che ho conosciuto bene … una specie di “successore inconscio” degli antichi Cavalieri Frati Teutonici … e per quello spirito d’avventura e di spregiudicatezza … un po’ anche degli antichi Cavalieri Templari il cui eco forse non s’è mai spento ed esaurito del tutto in quei nostri luoghi di crescita umana e interiore.
Per oggi può bastare ! … Provate ad andare a farvi “un giretto” da quelle parti di Venezia … a volte anche “le pietre” parlano e raccontano, non ne ho alcun dubbio ... basta leggerle, osservarle ... e ascoltarle.