“Una curiosità veneziana per volta.”– n° 78 di Stefano Dei Rossi.
“SAN GIOVANNI NOVO o “IN OLEO” … A VENEZIA, OVVIAMENTE.”
“Ci troviamo più tardi qui da me, a San Giovanni !” ha risposto recentemente una giovane studentessa universitaria al cellulare.
“Seh ! … a San Giovanni ? Ma che sarebbe ?” ha chiesto il suo nuovo amico Veneziano.
“San Giovanni … la chiesetta qui accanto a dove abito io. Mi sembra facile …”
“Non lo è affatto, perchè siamo a Venezia … San Giovanni detto così non significa niente … Venezia è piena di San Giovanni ! … e tutti diversi l’uno dall’altro … soprattutto distanti fra loro …”
“Come ? Non riesco a capire … San Giovanni è San Giovanni …”
“A Venezia: no ! … di San Giovanni ce ne sono di tutti i tipi … Dentro alle sue pieghe Venezia annovera un’infinità di posti e luoghi diversi che portano varianti di quel nome generico di Santo … Tu sei nuova di qui, e devi ancora scoprirlo … C’è da perdersi se non specifichi un po’meglio di che San Giovanni si tratta ...”
“Ha ragione Andrea …” ha aggiunto il fratello più giovane che non aveva perso una sola parola della conversazione dal “vivavoce”. “A Venezia c’è una matassa indistricabile, un intrico di Santi per tutti i gusti ... Che io sappia, e non li conosco tutti di certo, c’è San Giovanni Elemosinario vicino al Ponte e al Mercato di Rialto, San Giovanni e Paolo che sarebbe l’ospedale, San Giovanni Evangelista che si trova dalla parte opposta di Venezia … e San Giovanni in Bragora che è vicino a San Marco … San Giovanni in Laterano la cui chiesa non esiste più ma è rimasto il nome a tutta la zona … Vedi ! Sono proprio tanti e molto diversi … e distanti fra loro delle belle camminate …”
“E questo è niente …” riprese Andrea, “In alcune zone i Veneziani chiamano Giovanni col diminutivo di Zuàn o Zuanìn o perfino Zàn … perciò esiste anche San Zàn Degolà … che sarebbe San Giovanni Decollato … ossia che gli hanno tagliato la testa … e lasciamo perdere di contare le chiese scomparse perché c’era anche un San Giovanni Battista nell’isola della Giudecca dove adesso c’è la caserma della Guardia di Finanza accanto all’isola di San Giorgio Maggiore …”
“E non è finita ! … Non so se si tratti sempre dello stesso personaggio, ma c’è anche San Giovanni dei Furlani, del Tempio … dove abitavano i Templari … e San Giovanni Crisostomo, e San Giovanni Nuovo o Novo …”
“Ho capito adesso ! … Infatti, osservando fuori dalla finestra vedo scritto sulla pezzuola bianca dipinta sul muro: “San Giovanni Novo” …”
“Eccolo là ! … E’ lui ! … Adesso è tutto chiaro ! … E’ quel San Giovanni vicino a San Marco … quello poco distante da Santa Maria Formosa e vicino a Campo San Filippo e Giacomo … Venezia è tutta così … Bisogna essere precisi, altrimenti non ci s’incontra più …”
L’ex piccola Contrada di San Giovanni Novo è ancora oggi una zona Veneziana di portici scuri, fondamente basse a pelo d’acqua, callette strette, e case scrostate e mangiate dalla salsedine poco distanti dall’acclamatissima Piazza San Marco … E’ una serie di luoghi e posti quasi anonimi, che sembra non abbiano più niente da dire, ma un tempo, invece, vivissimi come è stato quasi ogni angolo di Venezia.
Sansovino ricordando un restauro di San Giovanni in Oleo eseguito nel 1520 scriveva:“… ora tutti i narrato Luoghi Sacri, come di Chiese come di ogni altro Sacrario edificato in questa città, è impossibil cosa a narrare, quali ricchezze habbiano et in quanta copia per amministrar gli Offici che s’appartengono a sua Divina Maestà. Oltra che tutte le chiese, per picciola che sia, hanno il campanile, l’organo, et la piazza o per fianco o dinnanzi. Et ogni piazza ha il suo pozzo pubblico … Sono parimenti in tutte le chiese, Sacerdoti secondo al convenienza del luogo, i quali assiduamente attendono al carico loro. Et tutte le cere che si consumano dal clero per qual si voglia occasione, sono bianchissime come neve, et le gialle non sono in conto alcuno. Appresso questo ogni Chiesa ha qualche provento, chi più, chi meno, et i Piovani d’esse sono creati da cittadini et popolani che posseggono stabili nelle Contrade, per via di suffragii et approbati et confermati dal Patriarca. In somma la qualità delle ricchezze et del governo loro è di così fatta maniera che ogni Chiesa di Venezia può dirsi con ogni ragione un picciolo Vescovado …”
Flaminio Corner fissò al 968 d.C. la data dell’antica prima edificazione della chiesa di San Zuan “in Oleo”, forse finanziata dall’antica famiglia Nobile Trevisan. Si titolò: “San Giovanni in Oleo” probabilmente per distinguerla da qualche altro edificio con titolo simile. La dedica forse voleva ricordare la morte-Martirio dell’Apostolo ed Evangelista Giovanni diventato Santo anche perché posto nell’olio bollente per ordine dell’Imperatore Domiziano.
Probabilmente San Zuan in Oleo divenne subito Parrocchia o Piovanato trovandosi al centro dell’omonima vispissima Contrada di Venezia, e venne affiliata alla Chiesa Matrice della Purificazione di Maria chiamata dai Veneziani confidenzialmente: Santa Maria Formosa. In seguito, con un’apposita pergamena giunta da Roma il Capitolo dei Canonici di San Giovanni in Laterano dell’Urbe concesse l´aggregazione della Parrocchia di San Giovanni in Oleo di Venezia ai meriti e privilegi dell’insigne Basilica Papale di Roma.
Grandi contatti altolocati, quindi … grande prestigio per la chiesetta di Venezia.
A confronto con la miniera di notizie esistenti su altre parti di Venezia, nell’insieme sono scarsissime quelle riguardanti questo spicchietto seminascosto della città Serenissima, ma per questo sono ancora più gustose ... a mio modico parere.
Nel 1371 il Nobile Marco Trevisan q. Francesco abitante in Contrada di San Giovanni in Oleo lasciò dei soldi alla Parrocchia legati all’esecuzione di una Messa-Mansioneria da celebrarsi però nella chiesetta di San Francesco e Maria Maddalena ai Ronchi in Terraferma ... Mmmm … e alla sua chiesa niente ?
Otto anni dopo, al tempo del doge Andrea Contarini tutti i Veneziani abbienti s’impegnarono a prestare dei soldi, più o meno spontaneamente e generosamente, allo Stato quasi Serenissimo per finanziare la guerra contro i Genovesi spintisi ormai dall’Adriatico fin dentro alla Laguna dove avevano già preso e saccheggiato Chioggia … Non c’era tempo da perdere … bisognava contribuire e darsi da fare.
Allora la Contrada di San Giovanni in Oleo nel suo piccolo“fu splendida”, perché offrì ben lire 121.550. Non fu un caso inspiegabile, perchè nelle calli, campielli e palazzi di San Zuàn abitavano ben 24 famiglie di prestigiosi Nobili Veneziani fra cui Lorenzo Dandolo che contribuì con 16.000 lire del totale. Oltre a lui c’era anche: Nicolo’ Zuccuòl che offrì 10.000 lire, il Notaio Amodio de Bonguadagno che ne diede altre 1.000, Lovandri spendidòr: altre 2.600 lire, Vetòr dall’Oro: ancora 1.000 lire, e Tagiamento murèr altre lire 1.000. Da meno non furono gli artigiani della stessa zona che con Jacomin caleghèr diedero lire 300, Nicolo’ Bon bechèr lire 500, Piero Catarino spicier lire 300, Tomaso bechèr lire 600 e Julio dal legname lire 500.
E trascorse il secolo … San Zuan in Olio venne rinnovata nei primi decenni del 1400, visitata nel 1461 da Andrea Bondumier, e consacrata il 1 maggio nel 1463 da Andrea Bon ultimo Vescovo residente per davvero e con giurisdizione sulla Diocesi di Jesolo ... che sarebbe ben presto scomparsa per sempre.
Nell’aprile 1502 Adriana q Antonio Del Torresan moglie del mercante di legname Natale abitante nel Confinio di San Giovanni in Oleo scrisse un punto di testamento a favore del Monastero di San Francesco della Croce che però sorgeva dall’altra parte di Venezia … ancora niente, dopo secoli, alla propria Parrocchia di residenza: … significativo.
La vita della Contrada era comunque fervidissima:
“Ogni anno la frequentatissima Processione del Santissimo percorreva quasi ogni calle, ponte e angolo della Contrada di San Zuan pregando, suonando e cantando a gran voce … Si portava in giro per strade, calli e campielli quasi tutto quanto si poteva trovare in chiesa, l’intera Contrada diventava chiesa allargata, spalancata, perché Dio appartiene a tutti … Perfino i carcerati delle Prigioni di Palazzo Ducale di Venezia addobbavano le finestrelle con dei lumini, e la processione di San Giovanni in Oleo faceva sosta e impartiva speciale benedizione davanti alle carceri della Serenissima …”
Ed fu sempre a pochissimi passi da San Giovanni Novo, dentro all’area territoriale della sua Contrada che si è inscenata e riconosciuta per secoli la conosciutissima “Leggenda del Palazzo del Demonio con la Scimmia e l’Angelo”.
Mi piace riassumerla per i pochi che ancora non la conoscono.
Il Palazzo interessato è quello di Ca' Soranzo de l'Anzolo prospiciente sul Rio della Canonica o di Palazzo che va a sboccare nel Bacino di San Marco passando sotto al famosissimo Ponte dei Sospiri. Se osserverete la facciata esterna del Palazzo affacciata sul canale non potrete non vedere al primo piano sulla sinistra un altorilievo con un grande Angelo benedicente incastonato in parete.
Nel 1552 abitava il palazzo un certo Avvocato della Curia Dogale: Iseppo Pasini, che pur essendo molto devoto alla Madonna s’era arricchito con imbrogli e guadagni disonesti (i tempi son cambiati ma le abitudini dei politici e di molti uomini di Palazzo sono rimaste). Un giorno il Pasini invitò a pranzare a casa sua Fra Matteo da Bascio, grande riformatore dell’Ordine Francescano, primo Generale dei Frati Cappuccini, uomo di vita e costumi santi, celebre predicatore e autore di diversi miracoli tra cui appunto quello “del Diavolo”. Prima di sedersi a mangiare, l’Avvocato raccontò al Frate che aveva in casa una scimmia brava ed esperta che lo serviva in tutte le faccende domestiche come un provetto domestico. Il Frate, narra la leggenda, riconobbe immediatamente per speciale dono divino, che sotto quelle spoglie animalesche si celava in realtà un vero e proprio Demonio. Perciò, fattasi portare davanti la scimmia che era corsa ad appiattirsi e nascondersi sotto a un letto, le disse "Ti ordino da parte di Dio di spiegarci chi sei, e per quale motivo sei entrato in questa casa!"
"Sono il Demonio.”rispose la scimmia, “e sono entrato qui dentro per prendermi l'Anima di questo Avvocato che mi spetta per molti motivi…”
"E perché allora, se sei così famelico, non l'hai ancora ucciso e portato con te nel più profondo dell'Inferno?"aggiunse il Frate.
"Soltanto perché ogni sera prima d'andare a letto, si raccomanda sempre a Dio e alla Santa Vergine … Se almeno per una volta tralasciasse di compiere questa consueta preghiera, puoi star certo che senza indugiare tanto lo trascinerei “di sotto” fra gli eterni tormenti".
Sentito questo, Fra Matteo comandò al Nemico di Dio di uscire subito da quella casa. Il Diavolo (furbissimo !) allora oppose il fatto che gli era stato ordinato dall'alto di non uscire da quella casa senza far almeno qualche danno.
“Allora”rispose il Frate, “Se proprio vorrai far danni, farai quelli che t’indicherò io e non altri. Uscirai immediatamente da qui forando questo muro, e il buco che lascerai servirà a testimonianza per tutti di quanto è qui accaduto oggi".
Il Diavolo minacciato dal Santo non se lo fece ripetere due volte, e scappò subito sfondando la parete del palazzo che guardava il canale. Allora il Frate si sedette a mangiare con l'Avvocato, lo riprese per il tenore della sua vita trascorsa, e prendendo in mano e torcendo un capo della tovaglia, ne fece uscire abbondantemente del sangue. “Questo”gli disse, “è il sangue dei poveri che hai succhiato con tutte le tue ingiuste estorsioni”.
L’Avvocato allora si pentì di tutte le sue malefatte, ma manifestò anche la preoccupazione che attraverso quel buco sul muro potesse rientrare di nuovo il famelico Diavolo. Fra' Matteo allora gli ingiunse di far porre sul buco l'immagine di un Angelo perchè i Demoni Angeli Cattivi scappano sempre alla vista degli Angeli Buoni. Così accadde, e l’Angelo Buono tenne fuori dal palazzo per secoli quello Cattivo, e per questo il Ponte accanto al palazzo si chiama ancora oggi Ponte dell'Angelo.
Nella realtà, quel Ponte in pietra portava la denominazione dell'Angelo da molto prima del 1552 … e di quella storiella, e l’edicoletta in marmo posta in parete sulla facciata del palazzo contiene anche un affresco del 1300.
Quindi …
Nel 1564 la chiesa-Parrocchia di San Giovanni in Oleo pagava a un organista 6 ducati annui, e ne spendeva un altro “per tenere in concio l’organo”. Spendeva anche 4 ducati ossia lire 1 e soldi 12 per organizzare “consona e dovuta accoglienza” alla Visita del Patriarca. Infatti, il Piovano commentò: “… se la Visita si facesse ogni anno sarebbe un’angheria per l’economia del povero Piovano ...”
A San Giovanni Nuovo esisteva una “Stua”nel Sottoportico omonimo, molto rinomata in tutta Venezia dove ce n’erano molte.
Coronelli ricordava: “Molti sono gli Stueri sparsi per le Contrade di Venezia, ma quello di San Giovanni Nuovo porta sopra tutti il vanto …”
Le “Stue” a Venezia erano dei bagni caldi, delle specie di saune dove c’erano “Chirurghi bassi” che tagliavano unghie di piedi e calli … ma non solo. Tali “Mastri d’Arte”, un po’ particolari a dire la verità ma corrispondenti più o meno agli Estetisti odierni, si chiamavano “Stueri o Stufaioli”. Erano uniti all’Arte dei Chirurghi avendo Scuola e sede comune d’Arte Mestiere e Devozione presso la chiesa di San Paterniàn loro Santo Protettore.
Gli Stueri a Venezia s’interessavano e prodigavano soprattutto “in altro”, visto che già una legge del 1460 ricordava che: “Quod aliqua pecatrix, vel femina, non possit se tangi facere, au carnaliter cognoscere aliquem hominem de die in aliqua hosteria, taberna, vel stufa …” Erano gli ambigui “Centri massaggio” di allora che prosperavano indisturbati già a quei tempi … Infatti, a distanza di quasi duecento ulteriori anni, un decreto del luglio 1615 ricordava:
“… nelle Stue parecchi prendono a curare malati di diverse qualità di mali, e da se stessi gli ordinano decotti di legno, che non avendo cognitione della complessione del patiente, per il più lo abbrugiano, altri fanno ontioni con l'argento vivo, profumi, od altro, a gran danno del prossimo, et anima loro, et altri, segnando da strigarie, danno medicamenti per bocca così gagliardi che, invece di cacciar spiriti, cacciano l'anima …”
Cambiando genere, e tornando in chiesa, negli stessi anni 1550 iniziò ad essere tenuto e redatto il Libro dei Battezzati in Contrada di San Giovanni in Oleo e continuò ininterrottamente ad essere compilato puntualmente per tre secoli terminando “di brutto” con l’ennesimo volume: "Libro Squarzafoglio battizzi"solo nel luglio 1808 (con l’arrivo di Napoleòn !).
In parallelo, in chiesa si teneva meticolosamente anche il “Registro alfabetico dei morti” che portava la data d’inizio: 1551 e quella finale: 09 luglio 1808.
E’ interessantissimo sbirciare dentro ai “Libri Parrocchiali” in generale … Un solo esempio fra i tanti: si legge nel Libro dei Necrologi dei Morti di San Giovanni in Oleo: “Adì 27 agosto 1569. Lo ecelente ms. Nicolò Masa medicho, de anj 84 in circa, è sta amallato mesi 4 da fievre”. Si trattava dell’ottantenne Nicolò Massa: celebre Medico e Filosofo Veneziano che risiedeva in una casa appartenente alle Monache di San Servilio dove morì. Divenuto cieco per l’anzianità, Luigi Luisini da Udine compose per lui un dotto dialogo per consolarlo della sua sventura. E’ curiosa e quasi comica una precisazione del suo testamento steso il 28 luglio 1569 presso il Notaio Marcantonio de Cavaneis, e indirizzato-raccomandato agli eredi: “… e se aricordino delle mie vertigini al tempo che crederanno sia morto, lassandomi doi giorni sopra terra, acciò non si facesse qualche error, e non mi mettano in gesia avanti sia passato detto termine di due giorni …”
E bravo il Dottore ! … Temeva alla sua età, veneranda per quell’epoca, d’essere sepolto ancora vivo !
Dopo aver ben controllato che fosse morto per davvero, il Massa venne sepolto come aveva ordinato nella chiesa di San Domenico di Castello, e i Veneziani riconoscenti gli dedicarono un busto marmoreo che esiste ancora oggi al pianterreno dell'Ateneo Veneto in Campo San Fantìn accanto al Teatro della Fenice … anche stavolta: vissuto a San Zuan ma seppellito altrove … Di nuovo mmm … tre indizi sono già una prova di scarsa affezione alla propria chiesa da parte dei parrocchiani. Ci sarà pur stato un qualche motivo ?
Lo stesso si deve dire anche del "Registrum Matrimoniorum”compilato diligentemente e senza interruzioni “ab anno 1607” fino al 26 maggio 1808. Tutta la vita della Contrada, insomma, veniva riassunta puntigliosamente e passava attraverso quelle carte d’Archivio compilate con un lavoro costante, certosino e immane. Ne deriva uno spaccato prezioso e affidabilissimo di quanto è accaduto in quell’angolo di Venezia (tutto da studiare e scoprire … chi lo farà mai ?).
Nello stesso Archivio si conservavano e aggiornavano con cura e precisione anche Libri e Registri di: "Contradizioni",“Autentiche delle Reliquie”,“Inventari delli sacri arredi di ragione di detta chiesa, ed altari ut intus", … e vari Proclami, Concessioni, opuscoli, lettere a stampa o manoscritte dai Patriarchi di Venezia. C’è di che perdersi … o lasciar perdere del tutto.
Sappiamo dagli atti dell’ennesima quanto indesiderata costosissima Visita Apostolica del giugno 1581, che la Parrocchia e Collegiata di San Giovanni in Oleo contava fra 1670 e 2000 abitanti con una media di 900 Comunioni ricorrenti.Accanto alla chiesa con 5 altari regolarmente officiati su cui si celebravano 6 Mansionerie di Messe quotidiane, risiedeva il Parroco-Piovano assieme a un altro Prete e un Diacono che percepivano di stipendio: 40 ducati annui più la possibilità d’abitare nella Casa-Canonica e gli introiti derivanti “dagli incerti di stola” … ossia“le mansioni da Prete”. Nella stessa chiesa officiavano anche un Suddiacono e 5 Chierici che percepivano in tutto: 95 ducati annui ... non poco per una chiesetta secondaria.
Una sola nota significativa di demerito conseguente dall’ispezione del Messo Papale a Venezia:“Deve essere visibile la Croce sull’Altar Maggiore, in quanto mancante.”
Il 21 marzo 1597 Giacomo Rota Stuera San Zuan in Oleo e Vincenzo suo nipote uccisero presso il Campo di San Zuàn in Oleo il Nobiluomo Antonio Molin q.Giovanni. Perciò furono banditi il 6 giugno successivo, venendo pure citato a scolparsi il Capitano di Giustizia Marco Dolce presente al fatto perché tardò ad inseguirli.
Nel “Suplimento di Venezia al Giornale delle Cose del mondo avvenute negli anni 1621-1623”, si legge:
“… Giovedì mattina 29 gennaro 1621 furono dati in pubblico 3 tratti di corda ad Agostin Stuer a San Giovanni in Oleo et ad un giovine Battioro trovati mascherati con armi, havendoli dato la corda con le maschere sulla faccia, et in oltre condennati certo tempo in prigione”.
E venne il tempo della grande Peste col voto di Stato alla Madonna della Salute, che mieté a Venezia ben 80.000 persone. In Contrada di San Giovanni in Oleo vivevano: 1.507 persone. Furono una stagione e delle annate davvero drammatiche e tragiche per la storia di tutta la Venezia Serenissima.
Alle conseguenze mortali e rovinose della Peste si sovrapposero anche campagne militari rovinose che imponevano ai Veneziani sempre nuove tasse e balzelli. Con un proclama apposito s’ingiunse: “ … da febbraio sarà imposto 1 soldo per lira a tutti Dazi esclusa la Gabella del Sale e a tutte le gravezze a vantaggio dell’Erario da pagarsi a cura di tutti gli abitanti del Dominio compreso quello da Mar.”
L’8 marzo 1629 si aumentarono ancora una volta d’urgenza le tasse per bisogni importantissimi e gravissimi della Repubblica. Il Senato impose altre 2 decime su Venezia e Dogado da pagarsi una: “… da Patroni sopra Livelli Perpetui, Stati, Inviamenti de Pistorie, Magazeni, Forni, Poste da Vin, Banche di Beccaria, Traghetti, Poste, Palade, Passi, Molini, Foli, Sieghe, Instrumenti da ferro, Battirame, Moggi da carta ed altri, Dadie, Varchi che si affittano e si pesano, Decime di Biave, Vini ed altre robbe, Fornari, Hosterie et ogn’altra entrata simile niuna eccentuata …”.
L’altra tassa-decima fu imposta su: “… tutti i “Livelli Francabili” fondati su case, campi o altri beni in qual si voglia luoco, fati con chi si sia ...” Chi pagava entro aprile aveva un condono del 10%, chi pagava più tardi un aggravio uguale.
E non fu tutto … perché soltanto 8 giorni dopo si aggiunse un altro “Prestito obbligatorio” sotto forma di 2 decime e 2 “tanse”:
“… da pagarsi in agosto e febbraio da tutti coloro che a Venezia erano soggetti a gravezze, in buona valuta o moneta corrente con il quinto de più, senza sconti né esenzioni …”
E perché nessuno sfuggisse a quelle imposte, il Senato della Repubblica fissò un termine di 15 giorni per denunciare ai 10 Savi alle Decime tutti i Livelli Perpetui e Francabili ed ogni altra fonte di reddito, e impose a dei Commissari Straordinari di:
“… reperire entro un mese in ogni modo denaro ricavandolo in tutto lo Stato imponendo nuove decime sulle campagne, testatici e simili seguendo la via più facile e veloce e proporzionata alle persone che dovevano pagare.”
Fu un’angoscia, un’oppressione continua e quasi impossibile da sopportare per tutti i Veneziani di quegli anni … “Forse sarebbe stato meglio morir di peste”, giunse a dire qualcuno. Solo a metà agosto del 1629 si decisero in certi casi proroghe fino a dicembre, e l’esenzione dall’imposta straordinaria dei poveri e di chi a Venezia e nel Dogado pagava un affitto di casa fino a 20 ducati, o l’affitto di casa e bottega fino a 30 ducati annui. S’era considerato che il tributo obbligatorio sarebbe stato trascurabile per le casse dell’Erario dello Stato, ma gravoso fino ad essere rovinoso per i cittadini debitori.
Passò anche quella … e i Veneziani ripresero a “respirare”… Nella Contrada di San Zuàn in Oleo c’erano 91 botteghe d’artigiani, ed era Piovano il Prete Natale Corridei che quattro anni dopo divenne Vescovo di Sebenico.
Intanto nella solita Stua di San Giovanni Novo nel maggio dello stesso 1929 morì Zaccaria Fasuol Parroco di Santa Maria Elisabetta del Lido. Che cosa ci faceva lì dentro quel Prete ? … Eh ?
All’inizio del 1700 le botteghe presenti in Contrada di San ZuanNovo giunsero ad essere ben 122 … e nel 1745 vi abitava il poeta erotico Giorgio Baffo in una porzione di casa pagando un facoltoso affitto di 120 ducati annui … La chiesa venne rinnovata ancora una volta e praticamente del tutto, ma rimanendo incompiuta e senza facciata come diverse altre chiese di Venezia. Questo accadde dopo il 1750 su disegno dell’Architetto Matteo Lucchesi che fu lui ad appore per primo alla chiesa l’aggettivo-nomignolo di “San Zuane Novo”.
Matteo Lucchesi aveva una grande considerazione di se, perché ricostruendo la chiesa di San Zuan in Oleo pretese con la sua opera di correggere i vistosi difetti eseguiti, secondo lui, da Andrea Palladio costruendo il tempio del Redentore alla Giudecca. Infatti, chiamò il suo “San Zuane Novo” il “Redentor redento”, e costruì un interno a una sola navata con “mezze colonne binate d'ordine corinzio” reggenti un soffitto “a botte”. Inoltre su entrambi i lati della chiesa edificò due piccole cappelle, e nel Presbiterio a pianta quadrata pose isolato l'Altare Maggiore.
Secondo i “Notatori” del Gradenigo: “… nel maggio 1753 fu gettato a terra il vecchio campanile di San Giovanni Novo, onde continuare li dilatati fondamenti alla nuova chiesa della quale fu eletto Piovano Don Antonio Prunsteder che fece solenne ingresso nel giorno del Titolare del Tempio.”
Viste le immani spese previste per la nuova costruzione, tutti i beni e le rendite del Capitolo vennero sospesi e “alienati ad tempus”, congelati, lasciando sprovvisti perfino i Preti Titolati e la chiesa stessa. Si pensò di tutto nel tentativo di reperire risorse utili per la nuova fabbrica: si provvide a istituire in Sacrestia una “Piccola Cassa-Fabbrica”ricavando magre 543,16 lire d’entrata di cui se ne spesero subito 384. Inoltre si chiesero e ottennero sovvenzioni dalla Serenissima che continuarono ad essere versate dallo Stato fino al 1797.
Ma non fu terminata la ricostruzione nel 1762 ? Fu dimenticanza della Serenissima, distrazione ? … Ieri come oggi, nulla è cambiato.
Il giorno di Santo Stefano dello stesso anno, sempre secondo gli stessi “Notatori” del solito Gradenigo: “… fu pubblicato un Invito Sacro onde implorare elemosine, mediante il bacio del Sacro Manipolo del Piovano nel nuovo tempio non ancora compito per 4 giorni sia di mattina che dopo pranzo … perciò martedì, mercoledì, giovedì e venerdì mattina e dopo pranzo si fece il bacio onde aumentare dinaro per il proseguimento dell’importante lavoro del coperto, altari e pavimento nella fabbrica di quel moderno tempio ...”
Solo il 21 novembre 1762, dopo 11 anni di restauri, si poté riprendere a celebrare dentro alla nuova fabbrica di San Giovanni Novo.
Anche San Giovanni Novo nel suo piccolo era una bomboniera d’Arte oltre che di storia: sull’Altar Maggiore c’era un “San Giovanni Evangelista”del Bassano, e sulle pareti erano affisse due tele con i: “Miracoli di San Giovanni” dipinte da Antonio Foller. C’era inoltre una “Crocefissione” del Montemezano, e un “Santi Cosma e Damiano” di Girolamo Dante allievo del famoso Tiziano. Completavano l’arredamento pittorico una “Cena degli Apostoli” del Calegarino, e un “Sacrificio di Melchisedec e di Abramo” dipinti probabilmente dal Veneziano Fabio Canal. Niente male per una chiesetta secondaria e seminascosta di Venezia !
Poco prima dello stravolgimento di Venezia da parte dei Francesi, tra 1780 e 1789, in Contrada di San Giovanni Novo risiedevano: 571 persone fra 14 e 60 anni considerate abili al lavoro, esclusi i Nobili, ovviamente, che non lavoravano in alcun modo, ma erano il 38% dell’intera popolazione presente in Parrocchia ossia 1.311 persone … L’ultima modifica in chiesa fu del 1794, quando Gaetano Martinellio fece da sovraintendente alla costruzione del nuovo organo a una tastiera.
Alla ultima Visita Pastorale, nel settembre 1803, prima della devastazione Francese, il Patriarca Flangini scrisse:
“In Contrada di San Giovanni Novo vivono 2.000 abitanti e la Parrocchia è povera ... Le rendite della Fabbrica ammontano a soli 233 ducati provenienti dall’affitto di 4 case in buon stato e da alcuni Livelli. Si spendono 103 ducati d’uscita, di cui ancora 15 per proseguire i restauri (?) ... Il Piovano o I° Prete percepisce 56 ducati annui, mentre il II° Prete riceve 12 ducati, il Diacono solo “Incerti di stola”, il Suddiacono 9 ducati più le offerte dei Funerali con l’obbligo di almeno l’offerta proveniente da 1 Anniversario. Il Piovano Prè Domenico Benedetti possiede inoltre una casa di residenza “trista”, che ha bisogno di restauri del coperto da cui gli piove dentro in casa, e gode solo “d’incerti di stola” con l’obbligo della manutenzione della chiesa che gli costa 384 lire annue. Inoltre spende ogni anno altre 200 lire per la celebrazione della festa del Titolare (“…spese in gran parte superflue e di lusso eccessivo …”) si annota … Intorno alla Chiesa-Parrocchia-Contrada di San Giovanni Novo gravitano e vivono 16 Sacerdoti e 2 Chierici ... Alcuni per mantenersi vanno a celebrare Messe-Mansionarie altrove: a San Marco, Anzolo Raffael, Santa Maria Nova e San Giovanni Elemosinarlo.
In San Giovanni Novo si celebrano ogni anno 4.067 Messe Perpetue provenienti da Mansionerie; 32 fra Esequie e Anniversari e circa altre 1.000 Messe avventizie ... Nella Parrocchia è attiva fin dal 1506 la Scuola del Santissimo Sacramento, che fa celebrare ancora 633 messe e 5 esequie annue.
Esiste inoltre fin dall’aprile del 1620 la Scuola della Purificazione della Beata Vergine Maria che celebra Messa tutti i sabati e 13 Messe Solenni annue ... Dal 1657, inoltre, è attivo anche il Suffragio del Santissimo Crocefisso che fa celebrare altre 1.357 Messe annue, 1 Messa ogni venerdì, 18 Anniversari e 15 Messe Solenni ... Ci sono infine tracce del passaggio della Compagnia di San Francesco di Paola, della Compagnia di Sant'Adriano dei Morti, e soprattutto della Scuola e Sovvegno dei Santi Cosma Damiano dell’Arte cittadina dei Parrucchieri ... Durante l’anno si effettuano varie Esposizioni del Santissimo, si predica il Quaresimale, e si vorrebbe praticare l’Istruzione dei Catechismi, ma la Dottrina Cristiana per i fanciulli non c’è in quanto fanciulli e Preti vanno a frequentare la vicina chiesa di San Filippo e Giacomo …”
Riferendosi in particolare alla Scuola-Fraglia dell’Arte dei Parrucchieri, il Patriarca Flangini precisava: “… la Scuola è in sommissima decadenza di Confratelli e per le combinazioni de’ tempi non v’è più quella devozione che scorgersi esservi stata nel secolo trasandato verso detti Santi … dalla Nuova Democrazia a questa parte fu cavata una delle Reliquie dall’argento che aveva; indi il Reliquiario della stessa acquistato da un Confratello della Scuola dei Santi Cosma e Damiano; il Confratello medesimo fece riporre la Reliquia nell’acquistato Reliquiario; ma la tiene presso di lui ed a stento in qualche incontro la consegna alla chiesa per esporla a tutti i fedeli …”
Merita, perciò, una paroletta a parte e in più l’Arte dei Parrucchieri di Venezia cheriuniva gli acconciatori di parrucche da uomo e da donna molto diffuse nella città Lagunare. Secondo tradizione l’uso della parrucca per gli uomini e dei toupet per le donne venne introdotto a Venezia dall'Abate Vinciguerra Collalto nel 1665-1668, ed ebbe subito un enorme successo, tanto che alla caduta della Repubblica i Parrucchieri erano ancora più di 1.500 …. Erano considerati mezzani malfamati dai costumi corrotti e deviati perché accedevano liberamente alle stanze riservate delle donne.
Mutinelli scrisse nelle sue “Memorie storiche degli ultimi cinquanta anni della Repubblica Veneta”:
“Millecinquecento parrucchieri finalmente (e già, a preferenza di qualsivoglia altro mercenario, li vedemmo servigiali, e schiuma brodo delle Loggie Massoniche) millecinquecento parrucchieri, cui per esercizio dell'arte loro confidentemente veniva schiusa la porta di ciascheduna stanza, e quella dei più custoditi recessi delle femmine, e delle damigelle, erano altrettanti sfacciatissimi ambasciatori di Cupido, e d'ingiusti favori mezzani infamissimi …”
In realtà, i Parrucchieri esistevano già a Venezia almeno fin dal 1435, in quanto a quella data erano stati unificati con l’Arte dei Barbieri che aveva sede prima a Santa Maria dei Servi e poi alla Madonna dell’Orto sempre sotto la stessa Protezione dei Patroni Santi Cosma e Damiano.
Si può leggere ancora oggi dentro alla Mariegola o Mare-Regola degli iscritti alla Scuola-Arte dei Parrucchieri di Venezia:
“… molto degna cosa è, da che la reverentia di gloriosi Martori Miser San Comes et Miser San Damian è in la gliexia de Miser San Zane Nuovo, chello Evangelista Benedetto sia per nui honorado in lo di della soa festa de Miser San Zane Evangelista. Sia di ordenado, e tutti li Frati et Sorore sia tegnudi de vegnir alla Messa della ditta Festa … fazando lo Piovan la solennità come convien alla ditta Festa a tutte so spese, si che da altra spesa la nostra Scuola non sia tegnuda, né aggravada, la qual Festa è il terzo di duopo Nadal …”
Ancora nel 1773 l'Arte dei Barbieri e dei Parrucchieri,di nuovo unificati, era attiva e possedeva in Venezia 387 botteghe, e contava 787 iscritti che pagavano una “Benintrada”di 12 grossi e 16 soldi annui. C’erano insieme: 203 garzoni, 107 lavoranti e 477 Capimastri. Nel 1801, invece, sotto il solito nome e gli stessi Patroni, l’Arte con 852 iscritti chiese e ottenne di potersi servire della sede al civico 4361 del Sestiere di San Marco e dell'altare della Scuola soppressa nel 1796 dedicata a quei due Santi ancora presente nella chiesa di San Giovanni Novo utilizzandone anche il suo “penelo” (ossia il gonfalone processionale).
Prima dell’avvento dei Parrucchieri i Veneziani e soprattutto le Veneziane si acconciavano i capelli da sé. Le Veneziane usavano una particolare tintura detta “acqua bionda di gioventù” per schiarirsi i capelli al sole rendendoli biondi. All’inizio il Consiglio dei Dieci ostacolò tantissimo la nuova moda, tanto da produrre un apposito decreto nel maggio 1668. Si ricordava, infatti, che il vecchio Nobile padre di Nicolò Erizzo giunse a diseredarlo lasciando tutto il suo capitale all’Ospedale della Pietà, perché il figlio era affascinato dai nuovi costumi, portava calzette rosse e scarpette bianche, e soprattutto portava in testa una lunghissima parrucca. In realtà Nicolò Erizzo con la parrucca intendeva nascondere i segni di un colpo di sciabola che aveva ricevuto sulla fronte durante la sua gioventù avventurosa, e alla fine sborsò 6.000 ducati all’Ospedale della Pietà per poter rientrare in possesso della sua eredità ... Ancora col decreto del 7 maggio 1701 la Serenissima mise una tassa su chi portava la parrucca, e il primo Doge a portarla fu nel 1709 Giovanni Corner … mentre nel 1757 era ancora vivo l'ultimo Nobile che avversava l’uso della parrucca ossia Antonio Correr della Contrada di San Marcuola che morì nello stesso anno.
I Francesi del “Buon Napoleone”, giunsero puntuali a Venezia nel 1808 … Ovviamente chiusero del tutto la Sede dei Parrucchieri trasformandola in negozio di commestibili … e assieme a quella chiusero e soppressero anche la Parrocchia Collegiata di San Giovanni Novo gestita ancora dai soliti tre Titolari: Piovano, Diacono e Suddiacono. Il controllo del territorio assieme a quello della piccolissima Contrada vicina di San Basso venne affidato inizialmente al Primicerio di San Marco retrocedendo la chiesetta di San Zuan Novo a succursale. In seguito, durante un nuovo riordino del 1819, si concesse lo stesso territorio alla neonata Parrocchia derivata dall’ex Monastero e chiesa di Santi Zaccaria e Atanasio.
Nel dicembre 1812 l’ex Piovano di San Zuan Novo: Prè Domenico Bendetti privato di tutto, era ridotto ad abitare la casa un tempo usata dallo “Spenditore del Monastero” e in seguito dall’Ortolano del Monastero a sua volta soppresso delle ex potenti e ricchissime Monache Benedettine di San Zaccaria, pagando un affitto di lire 238 annue fino a quando morì nel 1816. La somma era risibile in quanto era il corrispettivo dell’annuo reddito dovuto dal Nuovo Governo all’ex Capitolo di San Giovanni Novo calcolato dai Francesi come risultato dalla liquidazione delle rendite e dei beni incamerati su cui si applicava un aggravio del 33% per un totale di lire 215,72 … Ossia l’ex Piovano pagava d’affitto annuo per la casupola 15 lire in più di quanto percepiva come rimborso dallo Stato … ossia nulla, una miseria simbolica.
Tuttavia nel giugno 1863 la chiesa venne riaperta e riconsacrata dal Patriarca di Venezia Giuseppe Trevisanato, e Don Bartolomeo Degan Vicario di San Giovanni Nuovo o in Oleo era tra i firmatari di una petizione diretta all’Imperiale Regio Governo Austriaco che chiedeva d’abolire la Commissione per la gestione degli ex beni Capitolari ed Ecclesiastici ridotti ormai ad un terzo dell’originale ... una burla irrisoria: le Chiese e i Preti, i Frati e le Monache di Venezia erano stati predati di tutto sia dalla doppia “visita” dei Francesi che da quella Austriaca.
Nel 1850 si ricostruì in ferro il primo ponte ligneo di Venezia: il Ponte dellaCorona anticamente detto “Ponte dei Patrizi Liòn”a San Giovanni Nuovo nei pressi di Calle della Corona dove già nel 1713 c’era “… l’Ostaria alla Corona habitata da Pietro Padrini, di ragione dell'iIlustrissimo Francesco Briani”… Ancora dal 1863, a San Giovanni Novo era viva la tradizione del Rosario quotidiano recitato in chiesa collegato all’Indulgenza Plenaria per chi visitava la chiesa Confessandosi, Comunicandosi e facendo “giusta elemosina” ... Ogni giovedì mattina si celebrava “l’Ora Eucaristica”… e il Venerdì Santo pomeriggio si: “… raccontava la Santa Passion con la Via Crucis Solenne.”
Scriveva W.Dean Howells Console Americano a Venezia fra 1861 e 1865 durante la dominazione Austriaca di Venezia:
“… Ogni campo a Venezia è una piccola città, chiuso in se ed indipendente. Ognuno ha una sua chiesa, della quale, nei tempi più remoti, esso era anche cimitero; e ciascuno entro i suoi confini, comprende uno speziale, un merciaio, un negozio di tessuti, un fabbro ed un calzolaio, un caffè più o meno elegante, un erbivendolo e un fruttivendolo, una drogheria; no, c’è anche un negozio di oggetti usati dove si compra e si vende ogni sorta di cose vecchie al minimo prezzo. Ci sono di sicuro un ramaio ed un orologiaio, e quasi certamente un falegname intagliatore e doratore, mentre nessun campo potrebbe preservare la sua integrità o tenersi informato delle novità del giorno, sociali e politiche, senza un barbiere ...”
La Contrada di San Giovanni Novo era una di quelle …
Ultimi squilli … nel 1948 avvenne un generale restauro da parte della Sovrintendenza ai Monumenti perché l’edificio era considerato pericolante … Nell’ottobre 1987 San Giovanni Novo era ancora una delle 15 Rettorie di Venezia alle quali è annessa una Casa-Canonica appartenente all’ex Fondo Clero Veneto … Nel 1999 la chiesa venne chiusa al culto dal 30 novembre ... e non più riaperta.
Non so se sia vero, mi hanno detto che adesso è diventata un magazzino e deposito di birra per un vicino Pub.
Spero di no … Non voglio crederci.