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“CHI HA FREGATO CAVALLO E MANTELLO DI SAN MARTINO ?”

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“Una curiosità veneziana per volta.” – n° 80.

“CHI HA FREGATO CAVALLO E MANTELLO DI SAN MARTINO ?”

Ieri: un’alba sublime, pulita, tersa … sfacciatamente rossa e di tutte le tonalità e le sfumature del giallo, arancione, indaco e ocra … Uno spettacolo sopra, e una laguna lucente e liscia … un senso d’immobilità quiescente, un’apparenza di pace sotto.

Era per caso l’estate di San Martino ? … Boh !

Oggi è tutt’altra cosa: le foschie mattutine hanno lasciato il posto alla nebbia autunnoinvernale … Le banchine del Porto di Venezia si fanno giorno dopo giorno sempre più deserte … sembra diminuire la folla dei vacanzieri festaioli vomitata a terra ogni giorno dalle Grandi Navi. Gli alberi intorno hanno assunto quasi tutti un aspetto pallido, smunto, slavato e caduco … s’ammucchiano negli angoli per terra collinette di foglie. Anche il ciliegio della Marittima si sta spogliando del fogliame e sembra inebetito e già perso nei meandri del sonno invernale ... le erbe alte oltre le mie spalle che dondolavano verdi dentro alla calura estiva, ora sono ridotte a pennelli secchi, “steccarotti” avvizziti che scricchiolano nell’aria in attesa di un provvidenziale colpo di vento che li stenda a terra definitivamente. Hanno terminato la loro storia e la breve stagione della loro esistenza … pochi mesi in tutto.
Fischia cupa e tetra la sirena di una nave dentro alla nebbia sempre più fitta … Estate di san Martino … Sì o no ?

Romeo Vettorello con le dita gialle di nicotina si stava fumando una delle prime sigarette della giornata davanti alla porta spalancata del bus in sosta. Mancavano cinque minuti prima della solita partenza.
Gli faceva compagnia chiacchierando Achille Tempestilli: barcarolo e tiracaretti alla Punta di San Giuliano a Mestre … spedizioniere ufficialmente. Calottina di lana calcata in testa e bavero alzato sul collo.
Non si chiamavano affatto così … ma in qualche maniera dovevo chiamarli visto che non conosco il loro nome. Io me ne stavo, invece, seduto proprio accanto alla porta spalancata del bus, intento a scribacchiare e inseguire i miei soliti pensieri, ma visto che parlavano a voce alta … non ho potuto fare a meno d’ascoltarli.

“Centoventi centocinquanta euro a notte per stanza … che a volte ti danno un “cesso” … e noi siamo in quattro. Altri settanta euro se andiamo col pulmann … oppure sono quaranta più quaranta, andata e ritorno, se muoviamo la macchina, più i soldi dell’autostrada e quelli eventuali del parcheggio … Poi c’è la funivia, la motonave sul lago … E poi si mangerà no ? … e ho detto a mia moglie: “Andrete anche avanti e indietro come il solito a fare shopping inseguendo i vostri capricci … e tornerete a casa con le borse piene usando come sempre la mia carta di credito … Fai te un po’ di conti ! … Amore ! … In pochi giorni mi partirà tutto lo stipendio di un mese …”
Gliel’ho detto bene però … delicatamente: “Se proprio vuoi … partiamo e andiamo … anche se …”
Ohi ! … Mi ha sbattuto giù il telefono ! … Me l’ha buttato giù ! … Così: “di brutto” … Vai a capirle tu le donne ! … Quest’anno volevo portarle a casa un San Martino grande per la festa … ma mi sa che rimarrà in pasticceria …” ha raccontato Romeo fra un colpo e l’altro di tosse rauca e catarrosa.

“Guarda te ! … E’ già San Martino di nuovo … me l’ero scordato del tutto ... Non è più come una volta. Si fa tanto casino per Hallowen … e abbiamo messo da parte vecchie cose importanti come i Morti e San Martino …” ha risposto Achille emettendo di continuo un fischietto per via dei denti che gli mancavano proprio davanti a destra.

“Cambia tutto … Cambiano i tempi … Cambiamo anche noialtri … Diventeremo vecci … e faremo sempre i soliti discorsi, sempre quelli … Manca solo che ci mettiamo a tirare fuori il ritornello della pensione e il gioco è fatto … Siamo a posto …”

“A proposito di San Martino … Giorni fa sono tornato in campagna dove andiamo ogni tanto a trovare parenti … E’ in collina, sulle prime gobbe delle Prealpi … subito dopo Verona e Brescia … Dopo pranzo a pancia piena siamo andati in giro per una passeggiata spingendoci fino a una chiesetta dedicata a San Martino … Una cappelletta di campagna che ho sempre visto là fin da bambino …  A sorpresa non c’era più niente … neanche un lumino acceso davanti all’altarino ... Stavolta entrambe le ante del portoncino d’ingresso erano forate e tenute chiuse da una grossa catena lucente con un bel lucchetto … Dentro era tutto spoglio e buio, l’ho intravisto attraverso le fessure delle porta.
Non c’era più neanche la vecchia tela sull’altare col Santo intento ad affettare il mantello per darlo al miserello raffreddato seduto a terra di sotto! … Che fine avrà fatto ? … Mi piaceva tantissimo … Venivo sempre a rivederlo nella mia infanzia … Ho pensato: “Che cosa sarà accaduto ? … e ho chiesto a uno del posto …”
“E’ accaduto che è morto Remigio il vecchio ortolano … quello che si occupava di tenere aperta e in ordine la chiesetta … Metteva i fiori ogni tanto e accendeva sempre il lumino davanti all’altarolo … Sparito lui è scomparso anche Don Pieretto … il vecchio Prete che veniva ogni tanto a celebrare la Messa …”
“Lo ricordo ! … Quello con i capelli bianchi e ricci e gli occhiali con le lenti spesse come un culo di bottiglia !”
“Già … proprio lui … E’ andato a ritirarsi a Monselice … in una casa di riposo per Preti e Frati, o qualcosa del genere … Non l’ho più visto ... Remigio l’ortolano faceva in realtà di nome Martino … come la chiesetta. Ecco perché le era così affezionato … Pensa le stranezze della vita: da giovane faceva proprio il campanaro, il sacrestano della chiesa grande del paese …”
“Come quello della canzone! … “Fra Martino … Campanaro … Dormi tu ? … Suona le campane … Suona le campane … Sdàn sdàn sdàn ! … Sdàn sdàn sdàn !… Che tempi ! … La mia infanzia …”
“In ogni caso il suo destino era quello … perché sebbene il nuovo Parroco l’abbia lasciato a terra licenziandolo per ridurre le spese della Parrocchia … è finito lo stesso a interessarsi in vecchiaia della chiesetta … Ha lavorato tutta la vita in fabbrica … quella dei mobili, in fondo al paese … quella che hanno chiuso due anni fa ... Ma ha fatto a tempo ad andare in pensione prima … ed è finito ad occuparsi dell’orto … e della chiesetta fino alla fine ... quando è morto.”
“E dopo ?”
“Dopo lo vedi con i tuoi occhi quanto è accaduto … E’ rimasto tutto abbandonato e i soliti giovani vandali scapestrati del paese ci hanno messo un attimo a capire che la chiesetta è rimasta incustodita, e hanno sparpagliato tutto quel poco che c’era dentro ... Si sono presi tutto quello che pareva di qualità …”
“Si son fregati anche la vecchia tela ?”
“E non solo … Hanno anche inzozzato tutto e reso impraticabile la cappelletta … L’altro inverno hanno perfino acceso dentro un fuoco per scaldarsi … e hanno annerito un muro intero … Abbiamo chiuso tutto …”
“Bastardi ! … Povero San Martino ! … depredato di tutto … anche del mantello e del cavallo … Sono rimasti solo i muri spogli … e tanto squallore … San Martino è passato da star della contrada a poveraccio nudo simile a quello che ha trovato per terra quella volta … Dalle stelle alle stalle … come si è detto di quell’altro …”

Poi il bus è partito in perfetto orario … ed era ieri.

Sapete tutti che Martino è diventato solo in seguito Vescovo di Tours in Francia fino alla morte del 397, e che dopo l’hanno fatto Santo per diversi motivi. Era originario di Sabaria in Ungheria o Pannonia Romana dove nacque fra 316 e 317 d.C. Soldato Romano in Francia, secondo la tradizione avrebbe dimostrato la sua Carità tagliando in due il suo mantello donandone metà a un povero incontrato per strada ... Racconta la leggenda che quel povero era il Cristo in persona, e che dopo quel gesto si aprì e illuminò il cielo plumbeo invernale inventandosi nella così detta breve estate di San Martino. In seguito l’ex soldato catecumeno si ritirò a Ligugé vicino a Portiers sotto la guida di Sant’Ilario, dove si fece monaco fondando un monastero e lottando energicamente contro le eresie Ariane dell’epoca e contro i culti pagani ancora presenti di cui abbatté in abbondanza edifici e simboli. La sua fama si diffuse per tutta la Gallia Occidentale anche in funziona AntiRomana, divenne sacerdote e quindi Vescovo di Tours, quindi, come dicevo, dopo la morte uno dei Santi più popolari dell’Europa intera.
Considerato Patrono dei soldati, quattromila chiese dedicate a lui in Francia, e lo stesso nome dato a migliaia di paesi e villaggi; non solo in Europa e Italia, ma anche nelle Americhe. Fin dal secolo VIII sia Longobardi che Ravennati d’influenza Bizzantina erano soliti dedicare le loro chiese a Santi campioni di Fede, come: Sant’Ilario, Sant’Ambrogio e appunto San Martino.

Di toponimi, posti e chiese di “San Martino” ce ne sono tanti anche nel Veneto: è dedicata a San Martino la Cattedrale di Belluno, così come si chiama San Martino il Castello di Ceneda e del Vescovo a Vittorio Veneto … La lista sarebbe lunghissima: San Martino di Lupari a Campo San Martino di Galliera Veneta, Col San Martino a Farra di Soligo, San Martino di Castrozza, San Martino a Campese di Bassano del Grappa, Santi Martino e Rosa di Conegliano … e poi la Pieve di San Martino edificio più antico della Valle dell'Agno nel Vicentino, San Martino in Piano a Monselice, San Martino a Este sui Colli Euganei, San Martino a Revine sul Lago fra Ceneda e Valdobiadene … San Martino a Marano Lagunare … mi fermo senza esaurire di certo la lista.

Mi soffermo, invece, sui San Martino “nostrani”. Ce n’è più di uno anche in Laguna e a Venezia: uno nel Sestiere di Castello, e altri due nelle isole di Murano e Burano. Ce n’era un altro anche a Chioggia, e un altro ancora molto antico …“In strata”… a Campalto sul bordo della Laguna verso l’aeroporto.

Significa innanzitutto che i Veneziani di un tempo erano molto devoti a Santo Martino.

Esistono stupende guide scritte su tutte le chiese illustri Veneziane e Lagunari che ho citato, perciò neanche oso provare a raccontarne le bellezze e la storia. Ricordo solo qualche nota secondo me curiosa ... secondo me, però.

San Martino nel Sestiere di Castello… Fu il Doge Ordelafo Falier a donare nel 1107 a Giovanni Gradenigo Patriarca di Grado, un terreno per rifabbricare in pietra e con portico antistante la primitiva chiesa in legno situata in: “… piscaria posita post Brissalium Sancti Martini et pisina Poncianica …” di proprietà di “… Nobiles viri et convicini…”.

I primi Piovani della chiesa di San Martino affiliata alla Matrice di San Silvestro (fino al 1451) e non a quella vicina di San Pietro di Castello furono Domenico Fabiano seguito poi da tale Pre’ Marino Agnello originario del Confinio di Santa Maria Mater Domini. Era il Patriarca di Grado che possedeva assoluto diritto di nomina e di revoca del Piovano di San Martino che aveva l’obbligo di confluire il Sabato di Pasqua presso San Silvestro di Rialto e offrire annualmente tributi di varia natura come due ampolle di vino per la festa di San Vito e altrettante per quella di San Martino, a cui si aggiunsero più tardi anche un “cespite” del valore di 12 grossi di moneta veneta sempre da consegnare per la festa di San Vito.

Nel 1230 c’erano i Frati Domenicani che dormivano all’aperto sotto al portico di San Martin di Castello, perciò fu dato loro un terreno vacuo a San Daniel, poco distante, e una chiesola in Contrada di Santa Maria Formosa … mentre qualche anno dopo, Nicola Sirano abitante nel Confinio di San Martino di Gemini ricevette a prestito da Martino Gisi dal Confinio di San Geremia lire 200 per commerciare ovunque dietro corresponsione di ¾ dell’utile. Furono testimoni dell’atto steso a Rialto presso Marinus Notarius et Presbiter di Sant’Aponàl: Jacobus Basilio e Johannes Badoario entrambi Giudici Examinatori ... Giovanni Boso, invece, che possedeva già una casa con orto davanti all’Arsenale, per ampliare la sua casa prese in affitto per 29 anni rinnovabili alla scadenza, un altro lotto di terra adiacente al suo incuneato nella vigna appartenente alla chiesa di San Martino ... e poi prese in affitto un secondo terreno per costruirvi un’altra casa  con diritto d’affittarla.
Quando Boso morì nel 1316 lasciò scritto sul suo testamento che i Preti della chiesa di San Martino potevano riscattare e comprare le sue case purchè costruissero nel suo orto 10 casette, 5 per lato, da dare in uso gratuito a persone povere della contrada. E così fu fatto … e già che si stava decidendo, la Serenissima ordinò che la Piscaria di San Martin divenisse suolo pubblico consentendo così l’avanzamento e allargamento di 5-6 passi del muro dell’Arsenale.

Nel 1450 la Serenissima ordinò la chiusura dei Portici di San Martin apponendovi dei cancelli in quanto “… zona obscura et tenebrosa ...” e qualche anno dopo la Casa dell’Arsenal acquistò dai Preti di San Martin per 1100 ducati d’oro le casette dei poveri volute dal testamento di Giovanni Boso: “Entro 6 anni dovranno essere abbattute per costruire un nuovo campo davanti all’Arsenale …”

Un giorno del luglio 1483 il Patrizio Francesco Dalle Boccole stava parlando con Andrea Giustinianche era affacciato con altri Nobili da una delle finestre di una casa abitata da Girolamo Malipiero “…super strata per quam itur in campo duorum puteorum confinii Sancti Martini …” ossia in Contrada di San Martin …
Il falegname Luigi Gofritto cominciò a guardarlo con insistenza provocatoria, perciò il Patrizio risentito gli si rivolse dicendogli: “Che vardestù?”Non l’avesse mai fatto ! Perché il falegname per tutta risposta gli pose prima le mani sul petto, e poi si armò di un bastone menandogli sulla fronte un colpo disonesto che fece morire il Dalle Boccole il 5 agosto successivo estinguendo con lui la sua famiglia per sempre. L'uccisore fuggì via, e venne condannato a perpetuo bando con sentenza contumaciale del 23 ottobre 1483. Tre anni dopo però, venne riconosciuto e catturato a Capo d'Istria in territorio del Dominio Veneto, perciò venne condotto a Venezia e decapitato in mezzo alle due colonnette della Piazzetta di San Marco subito dopo avergli tagliato una mano sul luogo del delitto … La Serenissima era la Serenissima: non aveva memoria corta ... né scherzava affatto.

All’inizio del 1500 la chiesa prese fuoco e venne consumata da un violento incendio, perciò venne ricostruita dal Piovano Antonio Contarini su disegno di Jacopo Sansovino a pianta quadrata centrale alla maniera in cui la possiamo vedere ancora oggi.
Le spese di ricostruzione furono ingenti, perciò i Preti di san Martin vendettero al miglior offerente la vigna della chiesa. L’acquistò Alvise Mocenigo col fratello Giovanni offrendo 1536 ducati, e poi si vendettero anche alcuni campi in Villa de Fazuol sotto Castelfranco e si aprì anche una sottoscrizione agli abitanti della Contrada col Piovano che per primo versò 25 ducati … ma fu seguito da pochissimi: solo 19 somme, tutte fra 4 e 6 ducati. Non c’erano soldi da sprecare fra i 2300 popolani della zona ... anche se in contrada esistevano 22 botteghe che divennero in seguito 46.
La Parrocchia tuttavia, spendeva 12 ducati ogni anno per la Festa di San Martino noleggiando spalliere e comprando fiori, facchini et gondola et organo a nolo per tutta la solennità pagando anche 6 ducati annui all’organista. Non era poverissima quindi … Solite storie … ieri come oggi.

Durante il 1600 in San Martin c’era una Madonna dei Sette Dolori di legno, vestita con abiti preziosi e diversi ori ... e quando morì il Doge Francesco Erizzo, venne sepolto in chiesa di San Martin.

Nei primi decenni del 1700, invece, sempre presso la Contrada di San Martino, il Conte Domenico Althan di San Vito del Friuli, d'anni 31, figlio del Conte Giacomo, uccise a tradimento con un colpo di trombone, Gaetano Marasso detto Rinaldo Sora, Sopraintendente all'Artiglierie dell’Arsenale. Essendo anche lui fuggito da Venezia, venne bandito capitalmente, ma lasciatosi catturare in Piazza di San Marco, venne subito giustiziato. Si raccontò che quel giorno: “… era vestito in codegugno di drappo di seda, e parrucca in sacchetto, et andando al supplizio salutava li suoi amici ... e che sopra al palco abbia parlato un quarto d'ora, et infine, avendo il collo sopra il ceppo, abbia detto: Popolo addio!”In contrada di San Martin si affittava Drio la Tana a ducati 272 annui un Inviamento da Forner con casa e bottega, ed esisteva anche una Pistoria … Il solito Gradenigo nei suoi “Notatori” scriveva che il soffitto della chiesa dipinto dallo Zanchi venne a costare 900 ducati, mentre il quadro dipinto dal Guaranà ne costò altri 300 … Sempre il Gradenigo aggiunse anche: “… li Signori Musici e Suonatori esistenti in questa metropoli si raccoglievano tutti gli anni il 22 novembre nella chiesa Parrocchiale di San Martin e davano lode con la voce e con gli strumenti alla loro Beata Protettrice in Cielo: Santa Cecilia …”

Ancora e sempre in Contrada di San Martin, proprio aderente all’Arsenale, risiedevano molti popolani appartenenti al numero dei 900 Calafàti e Pegolotti aderenti all’Arte che si radunava in chiesa di San Martin sotto il Patrocinio di San Foca e della Beata Vergine. Godevano del privilegio di non venire arruolati nella Milizia della Serenissima, e d'essere chiamati a lavorare fuori dell'Arsenale quando si doveva costruire naviglio commerciale ... e ogni giorno festivo: “… andavano a piantare un banco in Piazzetta di San Marco presso la Porta della Carta, ove sedevano i Sindaci incaricati di pronunziar giudizio sopra coloro che violavano i diritti della loro Arte …” Però !

In Calle deiForni a San Martin sorgevano 32 forni nuovi per approvvigionare le Milizie Marittime e Terrestri di “pan biscotto” per costruire i quali la Serenissima spese ottomila ducati. Ne esistevano altri anche nell'isola di Sant’Elena e in Contrada di San Biagio poco distanti dal Molo di San Marco.  Nel maggio 1721 proprio “di faccia ai Forni di San Martin”stava ormeggiata una Tartana dei Turchi. Nello stesso giorno e ora in cui il Doge e la Signoria tornavano come ogni anno spinti dai remi a bordo dei “Peatoni Dorati Ducali” dalla visita e dalla celebrazione di un Rito presso la vicina chiesa e Monastero delle Vergini, i Marinai Ottomani, forse ubriachi, col pretesto d’aver ricevuto dispiaceri e offese dai Veneziani, iniziarono a sparare contro chiunque passava da quella parte sia per terra che per acqua, e già avevano ucciso un Marinaio Inglese e un Arsenalotto. In vari campaniletti e punti della città s’iniziò allora a suonare “campana a martello”, e molti Veneziani si misero a convergere verso la Riva degli Schiavoni. Poco dopo, alcuni Marinai Dalmati salirono e diedero fuoco a una barca attraccata alla Tartana costringendo i Turchi a gettarsi in acqua dove vennero tutti trucidati dai colpi dei Veneziani giunti tutto attorno su battelli di ogni tipo.

Nel 1740 sempre nella stessa Contrada sitrovava un terreno da Margaritèr in Corte Margaritera appartenente al Nobil Uomo Francesco Barbarigo, tenuto però da Michiel dalla Venezia ... e in Calle Bastiòn, ancora presso San Martin c’era una grande Osteria o Bastiòn condotta da un Valentino Grandi che vendeva vino al minuto nel 1713, e nel 1767 venne quasi distrutta da un gravissimo incendio.

All’inizio del 1800 nella stessa Contrada erano attive due Spezierie da Medicine: quella “Alli due Pavoni”al Morion, e quella “All’Europa”al Ponte storto di San MartinNel 1841, la chiesa col Convento di San Francesco della Vigna dei Minori, l’Ospizio della Ca’ di Dio e  il Monastero della Celestia dipendevano dalla Parrocchia di San Martin dove risiedevano 8 Preti al posto dei 14 precedenti, non c’era scuola comunale, né levatrici, era considerata “miserabilissima” e ci vivevano 3000 persone lavoranti quasi tutti in Arsenale. Nacquero 84, ne morirono 49, e si celebrarono 14 matrimoni … e si celebrava ogni mattina d’estate alle 4 ½   una Messa per gli Arsenalotti ½ prima che si recassero al lavoro, e altre 40 Messe Annue pagate con i fondi raccolti da una “Cassella” posta alle porte dello stesso Arsenale.

Nel settembre 1849, subito dopo le asprezze dell’assedio di Venezia: fame, colera e dissenteria si portarono via 46 persone della Contrada di San Martin ... Fra 1865 e 1868 Venezia era sotto l’Austria e l’Imperatore, e il Governo Austriaco indusse tutte le Parrocchie a vendere tutti i pochi immobili loro rimasti e a investire il ricavato in Cartelle del Debito Pubblico. La svalutazione in atto portò prestissimo quei reddito a zero ... Lo stesso Governo diede disposizioni ferree sul modo e la durata del suono delle campane, pretese dai Parroci il prospetto dettagliato di tutte le elemosine riscosse durante ogni Messa, dei legati lasciati da testamenti, e di ogni offerta spontanea fatta alla Chiesa ... Nel 1899 i Preti di San Martino indirono una causa contro l’Antiquario Emilio Bossi reo d’aver acquistato da Luigi Ballarin dei soprarizzi rubati in chiesa insieme a 7 lampade d’argento del valore di 4000 lire non più recuperate.

Come dentro a una scatola cinese ce n’è sempre un’altra più piccola … Così a San Martino di Castello è esistita una Schola specifica dedicata a San Martin … con sede affiancata, anzi, integrata dentro alla chiesa stessa.

Pare sia stato all’inizio Messer Andrea Salotto Piovan della Contrada di San Martino di Castello e poi Vescovo di Chioggia, a inventarsi nel 1335 la Confraternita di San Martino a Venezia. Poi è accaduta la solita trafila con la Mariegola della Schola(custodita ancora oggi nella Biblioteca Marciana), l’elenco delle partecipazioni obbligate alle Messe, le mansioni del Gastaldo e della Gastalda, dei Dodici Degani, dello Scrivano, dei due Nonzoli e di tutti i Confratelli. Fra l’assunzione di una carica e l’altra della Schola dovevano trascorrere due anni di contumacia obbligatoria … l'età minima di adesione era fissata a quindici anni … e si sarebbe cacciato chiunque fosse stato scoperto a giocare a dadi, vivesse nel peccato, fosse causa di litigi o trascurasse di versare le dovute contribuzioni ed elemosine.
Già dal 1356 viene deciso che nella ricorrenza della Festa del Patrono Titolare della Schola ai Confratelli dovrà essere consegnato: “un pan di focaccia dolce"(come si usava fare nella maggior parte delle altre Schole di Venezia). Un San Martìn de pan ? … Un pan a forma di San Martin ? … Forse è nata già da lì l’usanza Veneziana pasticcera dei dolci a forma di San Martino a cavallo.
Nel marzo 1362 il Gastaldo della Schola di San Martin custodiva anche un calice d’oro donato da Pre' Bernardo che non si poteva prestare ad altri … nel 1369 alla Schola venne donata la Reliquia di un dito di San Gerolamo ... la Schola:“…nella terza domenica di ciaschedun mese dell’anno, canta una messa solenne con zago, e sotto zago e con procession colla crose avanti, co’l ghonfalon e cirri impressi”Nel 1441 la Schola di San Martin strinse un accordo con l’illustrissima, potente e ricchissima Schola Granda de San Zuane Evangelista del Sestiere di San Polo, affinchè il giorno della festa di San Martino si recassero in processione i Confratelli e l’intero Capitolo o Bancali di quella Schola Granda con le Reliquie da loro possedute (ma forse solo prestate dalla stessa Schola di San Martin) della gamba e piede destro di San Martino, fino alla chiesa di San Martin nel Sestiere di Castello con qualsiasi condizione atmosferica.
L’enorme Processione avrebbe attraversato a piedi tutta Venezia, perciò il Doge e il Consiglio dei Dieci analizzarono e autorizzarono la manifestazione curandone l’ordine pubblico e la sicurezza di anno in anno … Immaginate solo per un attimo una Processione con migliaia di persone che attraversa tutta Venezia … Nel 1471 si pose sull'altare della Schola una pala rappresentante San Martino dipinta da Hieronimo depentor, e ai piedi dell’altare si posero i lunghi elenchi dei Confratelli e Consorelle iscritti … nel 1601 il Capitolo della Schola decise che tutti coloro che versavano“12 soldi di Luminaria” sarebbero stati accompagnati a sepoltura: “seguiti dal Penelo della Schola (vessillo)con due aste e dodici candelotti.” … Nel 1704 la Schola si scorporò e duplicò e divenne anche Sovvegno di San Martino versando ai Preti di San Martin 192 soldi annui d’affitto per l’uso della sede e dell’altare in chiesa. La Confraternita-Sovvegno aveva 162 iscritti che dovevano avere tutti meno di 60 anni, pagavano 7 lire di Benintrada e poi 16 soldi al mese avendo garantiti: assistenza medica, medicine gratuite e un sussidio di 9 lire alla settimana per tutta la durata di un eventuale malattia ... Sede di Schola e Sovvegno si trovano nell'edificio "a due soleri etbarbacani” addossato al fianco della chiesa di San Martin con murato sopra la porta d'ingresso un bassorilievo raffigurante San Martino a cavallo sormontato dall’iscrizione: “IN TEMPO DE MISSIER STEFANO TORE TAGIAPIERA GUARDIAN, ET MISSIER ANTONIO ZOGIA VICARIO, ET MISSIER ZUAM DELLI CAVALLI SCRIVAN,  ETCAPITOLO -  ANNO MDLXXXIV.” 

Pochi anni prima, nel 1713 iniziò una furibonda diatriba con la Schola Granda de San Zuane Evangelista con ben trentatrè attestazioni giurate sul possesso delle Reliquie di San Martino ... Due anni dopo, davanti ad un reclamo sollevato nuovamente dalla Schola de San Martin, Il Consiglio dei Dieci fu costretto a intervenire ristabilendo ordine e accordi, e interrompendo la lotta furibonda a suon di processi e Avvocati … Solo fra 1764 e 1771 i Provveditori da Comun avviarono la soppressione del Sovvegno ormai disertato dai Veneziani di Castello, e consegnarono i pochi beni rimanenti alla Compagnia del Crocifisso degli Agonizzanti residente nella stessa chiesa di San Martino che spese 2.856 ducati per restaurare e ampliare la sede ad opera di Bortolo Aseo murer usata anche dal Capitolo e dalla Contrada di San Martino come ripostiglio di corpi interdetti (suicidi o di altre religioni) o di annegati.

Tutto questo riguarda San Martino di Castello a Venezia con la sua vivissima Contrada storica di cui ci sarebbero da dire non mille, ma chissà quante altre cose in più …

Di San Martino di Burano, invece, la chiesa dell’isoletta dove sono nato e vissuto per ben 19 anni … non ve ne parlo proprio. Mi servirà un libro intero per farlo ... Mentre mi piace ricordarvi quantole cronache Veneziane ricordano riguardo all’isola di Murano dove esisteva una chiesetta e Monastero intitolato a San Martino delle Monache Agostiniane a cui era accluso un Ospedale delle Vecchie di San Martindetto anche Ospedale di San Zuanne.

Si diceva che in quei luoghi fin da prima del 1054 la famiglia Nobile e Patrizia Marcelloavessecostruito un San Martino di Murano, e circa cento anni dopo Pietro Marcello figlio di Pietro Marcello da Torcello della stessa Famiglia, residente però a Venezia in Contrada di San Giovanni Crisostomo vicino a Rialto, abbia dato in eredità e proprietà perpetua chiesa con fabbriche adiacenti e terreni a Costantino Mucianicho Prete e Piovano della chiesetta di San Martino di Murano.

Solo nel 1501 il piccolo complesso col terreno venneceduto a Maria Merlini Monaca Agostiniana di Santa Caterina di Venezia chedopo averrestaurato la chiesetta vi costruì vicino un Monastero di Monache di San Girolamoscelte frale più Nobili e ricche di Venezia.
Nel 1517 il Parroco di San Martino di Murano eletto dalle Monache dell’omonimo Monastero litigò a lungo contro le vicine e potentissime Monache del Monastero di Santa Maria degli Angeli di Murano per diritti economici derivanti dalla Sepoltura dei morti … e quarant’anni dopo dovette intervenire perfino il Papa Giulio III incaricando il Sommo Penitenziere Vaticano Ranuccio Farnese per derimere certi liti e cause intentate dalle stesse Monache di San Martino per il diritto ad eleggere e rimuovere a piacimento il loro Vicario.

La chiesetta venne riedificata più volte, e nel luglio 1684 alla Visita Pastorale del Vescovo Jacopo Vianoli era ad unica navata orientata con una sola porta, tre altari, un fonte battesimale a destra, pavimento in marmo a quadri bianchi e rossi e diverse pitture appese alle pareti.

Fra 1709 e 1712 la Parrocchia Muranese era però definita: “miserabonda” e contava circa 300 abitanti di cui 15 Pescatori, 3 Fassineri, qualche Ortolano e Barcarol da traghetto, mentre le donne fabbricavano bottoni di filo bianco che vendevano in giro per Venezia. Sempre a San Martin di Murano: Carlo Toso, uno dei due Giustizieri dell’anno dell’isola, con suo fratello Lorenzo aveva in affitto uno squero ma subì il sequestro col bollo di San Marco in quanto moroso. Nel Monastero omonimo vivevano più di 32 monache che possedevano una rendita annua di 24 ducati provenienti da immobili siti in Venezia, e spendevano pochi ducati annui per “… Solenizàr la festa de San Martintra Preti, organista et altre spese.”

Nella stessa chiesetta si sposò in quegli anni con Lisa Morosini di Gerolamo e Giustina Morosini: Andrea Renier di Daniele che fu Senatore, Capitano di Brescia, Camerlengo, Provveditore di Comun, Provveditore alla Sanità, Provveditore sopra gli Atti e padre del futuro Doge Paolo. I testimoni delle nozze furono Benedetto Zorzi, Domenico Minelli e Marino Bragadin.

Chiesetta e Monastero rimasero aperti anche comeParrocchiale fino al 1810 quando la comunità delle Monache venne soppressa e incorporata insieme a quelle provenienti da San Giacomo alle Agostiniane di Santa Maria degli Angeli. Nel 1815 venne puntualmente distrutta dai Napoleonici per far spazio ailocali di una nuova fabbrica di canna per le conterie e margaritarie appartenente inizialmente alla ditta Dal Mistro, poiErrera, Minervi & C, e infine: Vetreria De Majo. Curiosamentela chiesetta col Monastero di San Martino di Murano era nella lista delle 36 Parrocchie più povere e deficitarie dell’intero Dipartimento Adriatico del Regno d’Italiacon un deficit di lire italiane 479,53 su un totale di lire 8.234,28 prodotto dall’insieme di tutte le parrocchie in grave difficoltà economica.

Tornando ad oggi …

“Chi fine ha fatto San Martino … Chi è stato a fregarci il vecchio San Martin ? Qualcuno l’ha più visto ? ” chiedo ancora dentro alla nebbia silenziosa ... Nessuno sa niente … Non c’è risposta …

“Dopo tutti questi discorsi, chissà se qualcuno da qualche parte invocherà ancora devotamente il nome di San Martin quest’oggi ? … o se sarà finito per davvero in soffitta come canta la vecchia canzone ?” mi ha detto ieri un vecchio amico.
“Non è accaduto per caso che insieme alle altre rivelazioni di Vatileaks sia emerso che la Chiesa si sia venduta insieme a tutto il resto anche cavallo e mantello di San Martino ?”
 “Ti dico io dov’ è andato a finire San Martino … E’ andato in pasticceria … è diventato dolce e friabile …” ha continuato sorridendo.

A parte le battute più o meno felici e condivisibili, mi sono avvicinato a una vetrina illuminata dove troneggiava un gigantesco San Martino di pastafrolla coperto di dolcetti. Un attimo dopo s’è spalancata la porta ed è esploso un fracasso infernale di pentole, coperchi e mestoli sbattuti  e cuciti insieme a una canzoncina intramontabile urlata a squarciagola da dei “folletti Veneziani” di turno.

“Eeeeh: … One ! Two! Three !
E San Martìn xe andà in soffitta … a trovàr la so novìsa …
La Novìsa non ghe jera … San Martìn col cùlo per terra …
E col nostro sacchettìn … Cari signori xe San Martìn !
Zòn ! Zòn ! … Ho cantà bèn Signora ? … Me dà qualcosa ?
O ritàcco a sonàr fin domàn de mattina?”

La bottegaia e pasticcera non ha perso un attimo, vista la minaccia e i clienti già in fuga frastornati, e ha sborsato volentieri “il pizzo di San Martin” giustificandosi: “Mi fanno tenerezza … Ricordano la mia infanzia … San Martìn non muore mai …”

“E’ vero ! … San Martino è proprio ancora qua. Non sarà forse il vecchio San Martino dell’antica leggenda sparsa per tutta Europa e oltre, ma di certo mostra ancora un suo richiamo, un suo aspetto gradevole … Sono cambiati di certo i tempi e i modi …”


Ma questo già lo sapevate … e allora basta per questa volta.


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