“UNA CURIOSITA’ VENEZIANA PER VOLTA.” – n° 92.
“SAN ZANIPOLO DEI MASTINI DI DIO … A VENEZIA.”
Fra l’aprile 1533 e agosto 1534, Nicolò Pisani di Zuannefu Podestà Veneziano di Asolo dove esercitò la sua propaganda religiosa anche dopo la scadenza del suo mandato. Lo testimoniò in cella il Frate Francescano Minore Conventuale di Asolo Stefano Boscaia, incarcerato come eretico nel 1547. Nella stessa cella aveva letto la “Tragedia del Libero Arbitrio”scritta dal Bassanese Francesco Negri e pubblicata nel 1546, “… in cui si affermava che la Grazia aveva tagliato la testa al Libero Arbitrio.” Era un libro antiromano e filo Calvinista che metteva in ridicolo l’Autorità Pontificia, portato ai Frati di Asolo da Benedetto Del Borgo, giustiziato a Rovigo nel 1551 come Anabattista e Antitrinitario, che a sua volta riferì che a introdurlo ad Asolo era stato il Podestà Veneziano Nicolò Zuanne Pisani. Nel suo testamento presentato al Notaio Cesare Ziliol nel marzo 1568, l’ex Podestà si dichiarò però fervido Cattolico, iscritto alla Scuola Grande di San Giovanni Evangelista, benefattore degli Incurabili e anche del Convento e dei Padri di San Zanipolo sede dei Frati Domenicani Predicatori e Inquisitori di Venezia.
Vi scrivo questo per ricordarvi di tempi in cui le convinzioni religiose e politiche a Venezia “giravano”in maniera molto diversa da oggi, e le autorità Civili e Religiose della Serenissima esercitavano il loro potere in un contesto storico del tutto particolare.
Detto questo, racconto della curiosità veneziana di San Zanipolo, luogo in cui hanno abitato per secoli i temibili Frati Domenicani Predicatori Mendicanti in seguito divenuti Inquisitori: ossia i potenti Domini Canes, i soprannominati “Segugi e Mastini di Dio”per la loro tenacia, fermezza e assiduità nel difendere e propugnare le cose della Fede, della Dottrina, della Morale e della Tradizione Cattolica Romana anche in Laguna e nei luoghi del Dominio della Repubblica Serenissima.
“San Zanipolo a Venezia ? … E dove sarebbe ? … dove si trova ?”, mi dirà ci certo qualcuno a ragione.
Giusto.
Come dicevo di recente, San Zanipolo di Venezia corrisponde a San Giovanni e Paolo di oggi, così come l’ex Convento dei Frati Domenicani coincide con l’area dell’attuale Ospedale Civile di Venezia.
Lungi da me “imbarcarmi”in storie e spiegazioni circa la grande Basilica di San Giovanni e Paolo: esistono esaustive visite guidate settimanali a cui si può facilmente aggregarsi e accedere, così come sull’argomento ci sono pubblicazioni stupende con magnifiche spiegazioni e bellissime fotografie, volumi che a volte sono grandi e grossi e pesano chili.
Quel che c’è da dire, insomma, su San Giovanni e Paolo, ossia San Zanipolo, è già stato detto molto e anche bene, e io come il solito mi accontento di raccogliere qualche briciola caduta per strada, trasformandola nelle mie piccole Curiosità che oso proporvi da assumere un poco per volta.
Per diversi Veneziani di oggi San Zanipoloè uno dei tanti posti da ignorare … Altri, invece, ricordano d’avere trascorso l’infanzia a “sparare” addosso ogni giorno il pallone sulle pareti del chiesone.
In ogni caso, l’ex Convento di San Zanipolo è quel formidabile complesso nel Sestiere di Castello verso la Barbaria delle Tole e le Fondamente Nove, un mastodonte di posto perché occupa quasi per intero una Contrada Veneziana che va dal Campo omonimo fino in faccia alla Laguna aperta di Venezia da una parte, e fino a quella che è stata “la Cavallerizza” di un tempo dall’altra.
“Cavallerizza ?”
La Cavallerizza è stato l’orto, il brolo, il terreno e il cortile, le stalle dei Frati Domenicani di San Zanipolo. Una zona “tutta roba dei Frati”, che veniva utilizzata anche come luogo per i Nobili di Venezia dove andare a “cavalcare in giostree trastullarsi tirando con l’arco e la balestra al Bressaglio” come si faceva anche in altri posti simili di Venezia:in Contrada di San Vidal, a Sant’Alvise, a San Polo e San Tomà… ma quello accanto ai Frati di San Zanipolo divenne il Bressaglio più importante, quello più “in”,il più prestigioso e alla moda che la Serenissima favorì e abbellì in diverse occasioni.
Lì, infatti, c’erano anche due“Tezoni a palchetti con pozzo e pilastri affittate dai Padri a Carnevale per quattrocento ducati e tre soldi in tre ratte, dove si tenevano anche Teatro e Opere Eroiche e non Buffonesche in Canto e Musica.”
In realtà la Contrada intorno a San Zanipolo raccoglieva un consistente agglomerato sanitario Veneziano tutt’altro che giocoso e divertente. Proprio di fronte alla “Cavallerizza” sorgeva e sorge tuttora l’Hospealetto dei Vecciossia: Santa Maria dei Derelitti, così come dall’altra parte dell’area del Convento sorge ancora oggi: San Lazzaro dei Mendicanti cioè un altro Ospedale-Ospizio. Erano vicini, e alla fine risultarono essere uno dentro e accanto all’altro, come una specie di scatola cinese sanitaria veneziana.
Sapete meglio di me che per via delle pestilenze frequenti, ed essendo un porto di mare aperto a tutti, la Serenissima è sempre stata particolarmente soggetta alle epidemie e sensibile all’argomento sanitario e della prevenzione. In giro per le Contrade di Venezia c’erano sparsi ovunque Ospedali, Ospizi e Ospedaletti di ogni tipo, misura e categoria. Nel Sestiere di Dorsoduro sulle Zattere esisteva anche l’Ospedale degli Incurabili usato espressamente per le “malattie veneree” ossia il “Mal franzoso, gallico”, poi c’erano tutti i posti per l’ospitalità degli orfani, gli abbandonati, le prostitute e le giovani pericolanti come: la Pietà, le Zitelle, le Penitenti, il Soccorso, le Convertitee tutto il cordone sanitario delle Isole e dei Lazzaretti della contumacia e delle quarantene come: Poveglia, San Lazzaro degli Armeni, il Lazzaretto Nuovo e il Lazzaretto Vecchio, Santa Maria delle Grazie, Sacca Sessola, San Clemente, San Servolo, e in antico anche: Santa Maria e San Marco in Boccalama e altro ancora.
Venezia insomma era specialista efficiente in Sanità, tanto che venivano da ogni parte dell’Europa e del Mediterraneo per vederla, copiarla e imitarla.
Accontentiamoci poi di aggiungere che la grande Basilica di San Giovanni e Paolo è di dimensioni veramente grandiose: 101,60 di lunghezza, 45,80 di larghezza nel transetto, e 32.20 di altezza, tre navate suddivise da enormi colonne cilindriche e pilastri collegati fra loro da tiranti lignei per sostenere le altissime volte e gli archi gotici.
San Zanipolo è un’altra delle famose “Foreste di Pietra o Boschi Mistici” di Venezia secondo il sentire religioso dell’epoca Gotica, come Santa Maria Graziosa deiFrari, Santo Stefano, la Madonna dell’Orto e Santa Maria del Carmeloossia i Carmini. Nell’idea degli architetti quelle immense colonne e quelle volte erano assimilabili a una grande radura Naturale dove abitava e si poteva incontrare Dio.
Non si è molto lontani dal concetto di culto e Religione di quelli che venivano chiamati pagani e celebravano i loro riti e assemblee dentro in mezzo alle radure dei boschi e delle foreste.
Infatti, In mezzo al grandioso edificio costruito dai Frati Architetti Domenicani: Nicola da Imola e Benvenuto da Bologna, esisteva un tempo anche il Barco del Coro ligneo e di marmo (rimosso, simile a quello che si può ancora vedere dentro alla Basilica dei Frari) ossia “una radura dentro al Bosco Mistico dove ai Frati accadeva il mistero quotidiano dell’incontro mistico con l’Altro Divino”.
Infine, intorno alla Chiesa in quello che oggi è il Campo Veneziano di San Giovanni e Paolo sorgeva l’ampio Cimitero di Sant’Orsola che circondava quasi tutto il perimetro del complesso Domenicano.
Per costruirlo del tutto ai Frati sono serviti quasi due secoli fino alla consacrazione avvenuta nel 1430.
Un gran bel posto, insomma, non c’è che dire !
San Zanipolo è stata anche Phanteon e sepoltura monumentale di ben 25 Dogi, e ai lati e lungo le pareti della chiesa esiste ancora oggi una folla di Cappelle e Cappelline volute e finanziate dalle più illustri e ricche famiglie Nobili di Venezia come: Bragadin, Mocenigo, Pisani, Michiel, Loredan, Morosini, Vendramin, Cavalli, Malipiero, Marcello, Soranzo, Contarini, Barbarigo, Dandolo e Venier a cui apparteneva anche il Doge Sebastiano Venier per citarne uno solo.
Costui, figlio di Mosè ed Elena Donà, è stato l’ottantaseiesimo Doge della Repubblica. Da giovanissimo fu Avvocato, poi Amministratore del governo della Serenissima, Governatore di Candia, Procuratore di San Marco e Capitano General da Mar della flotta Veneziana impegnata contro i Turchi. Si racconta di lui che sia stato uno dei protagonisti della famosa Battaglia di Lepanto a cui prese parte in prima persona a settantacinque anni uccidendo numerosi Turchi con una balestra che un aiutante gli ricaricava perché a lui mancava la forza delle braccia per farlo. Si dice ancora di lui che sia stato anche ferito a un piede da una freccia che si strappò via da solo, e che in battaglia calzava pantofole invece di stivali perché secondo lui facevano miglior presa sul ponte della nave bagnato. In realtà sembra che la vera motivazione sia stata il fatto che soffriva di calli e indossare gli stivali gli faceva male ai piedi. Tornato dopo la pace a Venezia, venne eletto Doge all'unanimità all’età di 81 anni, e di lì a poco morì d’infarto durante l'incendio di Palazzo Ducale.
Detto anche questo, vi ho detto che a me è sempre interessato maggiormente quanto è accaduto accanto e dentro all’immenso Convento dei Frati, sede anche della Scuola Grande di San Marco oltre che di altre 20 Schole d’Arte, Mestiere e Devozione di Venezia di cui vi dirò un’altra volta.
L’Ordine dei Frati Domenicani Mendicanti e Predicatori era stimatissimo dalla Serenissima e dai Veneziani che vedevano di buon grado quei Frati tutti dediti alla Dottrina della Fede, alla Tradizione, ai Dogmi e al Diritto della Chiesa Cattolica. In seguito tuttavia i Padri divennero anche Inquisitori, perciò si considerarono figure maiuscole, temibili e anche sinistre che vivevano dentro a una culla di Cultura, Letteratura, Filosofia, Religione, Arte, buon gusto e molto altro ancora: cioè il Convento di San Zanipolo.
Il Convento era a Venezia uno di quelli più belli che sono andati per secoli “per la Maggiore”,come quello delle Monache Benedettine di San Zaccaria, quello di Santa Maria Graziosa dei Frari dei Francescani, o quello di San Giorgio Maggiore in isola dei Benedettini.
Là dentro sono accadute un’infinità di storia di storie, quel posto è stato un luogo formidabile, un grande alveo che ha ospitato parte della cultura e delle vicende dell’intera nostra Venezia Serenissima.
San Zanipolo dei Domenicani Predicatori e Inquisitori era il top insomma: una potenza in tutti i sensi.
Il Convento era per davvero un bijoux: Refettorio con dipinto del Veronesepieno di storie (premi il link se vuoi saperne di più),celle sontuose che s’affacciavano su corridoi solenni, chiesa stupenda, bellissima, da sballo, ogni tipo di struttura utile per la vita comunitaria … e un’immensa e famosissima quanto decoratissima e fornitissima Biblioteca.
Come vi ho già raccontato, la Biblioteca dei Domenicani di San Zanipoloera talmente bella (premi il link se vuoi saperne di più),che venivano da tutta Europa per visitarla e apprezzarla. Molti dei testi che conteneva erano delle rarità, più di qualche volta opere uniche, tomi di bellezza e contenuto invidiabile e interessantissimi che meritavano un viaggio solo per potervi mettere gli occhi sopra ... o per rubarli !
Il Monaco Benedettino Montfaucon visitando entusiasta la Biblioteca nel 1698 accompagnato da Apostolo Zeno, scrisse fra l’altro: “… si annota con soddisfazione la presenza di numerosi Codici Greci tra cui scritti di Tucidide, Plutarco, Esopo, Polibio, Pindaro e latini … mentre la maggioranza dei libri sono di Scrittori Scolastici ad eccezione di qualche testo di Classici e di Padri. La Biblioteca è ornata da una duplice fila di statue lignee raffiguranti Autori Cattolici da accogliere ed Eretici da respingere tra i quali si trova la statua di Guglielmo di San Amorfe avversario dell’Ordine dei Mendicanti e di Erasmo da Rotterdam considerato colui che ha covato le uova a Lutero …”
La Libraria Nuova Granda di San Zanipolo valeva da sola una visita perché il suo arredamento d’intaglio pregevolissimo era una rappresentazione unica, davvero singolare e originale di quelle che erano le certezze dell’Inquisizione e delle Categorie mentali e di Fede dei Domenicani di quel tempo.
Un capolavoro unico: “… non si trattava dei soliti scaffali ordinati e degli armadi con le griglie in legno e ottone, divisi per materia e disciplina, ma di un insieme originalissimo e composito di paraste e capitelli e soprattutto di statue lignee intagliatissime che foderavano l’intero ambiente dalle pareti al soffitto. Si trattava dei Riformatori Protestanti e degli Eretici che reggevano gli scaffali con i libri ... Resi come Telamoni in vari atteggiamenti di rabbia, di stizza, tutti incatenati, fungevano da piedistallo ai loro vincitori depositari della Vera Sapienza ... Illuminava il locale una portafinestra che dava sul giardino e le finestre a lunetta inquadrate dalle unghie delle volte che stavano sopra alle scaffalature. Inserite nel soffitto stavano una grande cornice e cornici minori con all’interno dipinti dei Padri Conciliari dell’Ordine dei Predicatori, mentre in corrispondenza delle finestre dentro ad alcuni medaglioni in legno si ritraevano scolpiti i volti dei Domenicani Inquisitori: ossia i Vincitori degli Eretici ... Sopra alla testa di ogni Telamone ligneo era scolpito un uccello che simboleggiavano le pecche degli Eretici a cui erano associati. Diversi erano uccelli del malaugurio come il Gufo, il Nibbio e il Pappagallo, ma c’erano anche altri uccelli come la Cicogna e il Pellicano il cui significato positivo era stato mutato in negativo. Inoltre c’erano ovunque c’erano motti e frasi della Scrittura che spiegavano simboli e casi dentro ad appositi cartigli …”
Era quindi impressionante nel suo insieme quella realtà dei Frati Domenicani di Venezia, ma la cosa secondo me più curiosa era che quei Frati-Padri diventati anche Inquisitori non “brillavano affatto di luce propria”.
Come succedeva spesso nei Conventi di quel tempo e quindi anche a Venezia, per il loro “modus vivendi”i Frati “predicavano bene ma razzolavano male”.
Non è una novità mi direte ... Sì. Ma fu per davvero un peccato perché i Domenicani a Venezia avevano iniziato davvero molto bene.
Tutto era iniziato nel 1226 sotto i migliori auspici: e i Veneziani con l’intera Serenissima avevano preso a ben volere quei Padri Predicatori Mendicanti giunti a Venezia che sembravano per davvero entusiasti, sinceri e convinti del loro ruolo di Religiosi. Erano trascorsi appena 13 anni dalla morte del loro fondatore: San Domenico di Guzman, e quegli uomini sembravano per davvero credibili negli intenti e degni d’ogni attenzione.
Il Doge Giacomo Tiepolo, infatti, regalò subito ai Domenicani “una palude d’acqua superlabente” fra le Contrade di Santa Marina e Santa Maria Formosa per bonificarla, imbonirla e costruirvi sopra un bel Tempio con annesso Convento dedicato a San Daniele. Addirittura si diceva in giro che il Doge in persona aveva fatto un sogno speciale: “Aveva visto in visione il nuovo Oratorio dei Frati in una piazza vicina coperta d'olezzanti fiori, e con bianche colombe che vi svolazzavano sopra, mentre due Angeli profumavano l'aere con turiboli d'oro, e si sentivano dal Cielo le seguenti parole: “Questo è il luogo che scelsi a' miei Predicatori”.
Ma siccome per far le cose anche allora servivano soldi e i lavori andavano a rilento, anche il successivo Doge Raniero Zen dispose per testamento un lascito di 1.000 ducati per costruire campanile e portale della nuova chiesa. Pure il Maggior Consiglio fece la sua parte, e decretò di allargare il Monastero e il suo terreno verso l’Isola di Murano mettendo a disposizione appositi fondi.
Giunti i primi decenni del 1300, anche Giovanni delle Boccole per testamento lasciò di Domenicani proprietà a Venezia e nelle campagne intorno a Treviso e Ferrara assieme a 3.000 ducati in contanti per continuare l’ampliamento di San Zanipolo dove volle essere seppellito. Per tutta risposta a queste nuove risorse: i Domenicani si presero un’altra aerea da bonificare, “una piscina” in Barbaria delle Tole, che interrarono del tutto. I Frati insomma si diedero da fare, e in soli due secoli (solo ?) riuscirono a portare a compimento la loro formidabile residenza.
E lì iniziarono subito i tempi dei casini e dei problemi, perchè i Frati Domenicani di San Zanipolo decisero di passare alla Fazione Religiosa dell’Osservanza radicale.
A noi di oggi questa cosa dirà poco o niente e potrà sembrare anche futile, ma invece a Venezia in quel tempo non fu affatto così, fu per davvero una cosa grossa. Accadde concretamente che dopo qualche anno si presentarono a Venezia in gran corteo, chiasso e manifestazione un gruppo di 150 “Bianchi”guidati dal Frate Domenicano Giovanni Dominici.
“Beh … Un corteo, che c’è di strano ?” direte e penserete.
A dire il vero in quei tempi certe manifestazioni non erano molto ammesse e considerate, anzi: erano un azzardo, una provocazione e un’intemperanza che andava a stuzzicare direttamente gli interessi dell’intera Serenissima.
Sta di fatto che i “Bianchi, Uomini e Donne” arrivarono da Chioggia bianco vestiti, con cappuccio e faccia velata-mascherata, gridando: “Misericordia andiam gridando … Misericordia a Dio clamando … Misericordia ai peccator! … Misericordia, o Dio verace … Misericordia, e manda pace … Misericordia alto Signor!”
Lo stesso gruppo era abituato a passare processionalmente di città in città, cantando a squarciagola lo “Stabat Mater” e contestando apertamente le autorità cittadine e Religiose ree d’essere conservatrici e poco Cattoliche.
Figuriamoci allora la Serenissima !
Già non vedeva i “Bianchi” di buon occhio considerandoli una setta fastidiosissima e tediosa. Appena venne a sapere che si trovavano a Chioggia mandò ad avvertirli: “che era meglio se andavano per i fatti loro”.
Ritrovandoseli, invece, proprio in casa, in città a Venezia, la Serenissima non se lo fece dire due volte, e intervenne pesantemente disperdendoli tutti in Campo San Giovanni e Paolo.
Non essendosi tuttavia spaventato più di tanto, il Frate Dominici(che poi diventò Cardinale e perfino Beato) andò la domenica dopo a cantare Messa Solenne in chiesa a San Geremia, e dopo la Messa si mise a capo di una nuova schiera di molte persone marciando un’altra volta verso il Campo di San Giovanni e Paolo.
La Serenissima perse la pazienza, e i Capi del Consiglio dei Dieci fecero trovare i soldati ad aspettare i Bianchi. Giunta che fu la manifestazione in Campo San Zanipolo, i soldati fermarono il Nobile Antonio Soranzo che guidava la testa della processione dei Bianchi: gli strapparono bruscamente di mano il Crocefisso rompendolo, e di nuovo dispersero “con le buone maniere e qualche botta” l’intera brigata.
“I soldati sono segno della Collera Celeste nei nostri riguardi !” commentò il Frate Dominici, che venne condannato a 5 anni di Bando da Venezia e da tutti i territori della Serenissima. Un anno di Bando si prese pure il Prete Leonardo Pisani, e uno anche il Nobile Antonio Soranzo a cui vennero sequestrati tutto i beni. Tutti i Bianchi identificati vennero ammoniti severamente invitandoli: “… a non mettere più su Processioni e scorrerie soprattutto in Venezia …”Inoltre il Consiglio dei Dieci respinse più volte la richiesta di formare nuovi Terzordini Domenicani definendoli: “Scolae non patentes” ossia pericolose e indesiderate.
Perfino il Papa Bonifacio IX dovette scendere in campo a rimproverare e trattenere i Bianchi perché procuravano disordini in giro per l’Italia, agglomerando tante persone di sesso diverso, dormendo nelle chiese e nei Monasteri alla rinfusa sopra la nuda terra … e perchè stavano ormai marciando anche su Roma.
Ciò nonostante, bisogna dire che la Serenissima continuò ad avere lo stesso grandissimo riguardo, simpatia e rispetto per i Domenicani di Venezia, tanto che scelse la loro grande chiesa per celebrare i funerali dei Dogi, e ogni anno Doge e Signoria visitavano solennemente chiesa e Monastero il giorno 26 di giugno sacro ai Santi Titolari. Ci fu addirittura un tempo in cui la Serenissima voleva fare diventare San Zanipolo la Cattedrale di Venezia al posto di quella di San Pietro di Castello ... e la Storia continuò a scorrere.
Nel 1502 i Signori di Notte sentenziarono: “… contra Alvise Benedetto popular che stava a San Zanipolo, il qual costringeva la propria sposa a prestarsi per prezzo alle altrui voglie … et il guadagno teneva scripto in libro et con chi. Decretossi ch'el detto beccho sia vestido de zalo, e con una corona con corne in testa, su un aseno, sia menà per la terra a noticia di tutti, e cossì fu fatto.” mentre nel gennaio di tre anni dopo, facendo gran freddo a Venezia e morendo molti poveri per strada, si eresse un fabbricato di tavole presso il Bressaglio dei Frati di San Zanipolodando ricovero e paglia e legna gratuita ai miserevoli.
Qualche anno dopo, i Frati Domenicani si misero di nuovo in subbuglio sempre per la questione del ritorno del Convento all’Osservanza propugnata stavolta da FràTommaso De Vio Maestro Generale dell’Ordine di tutti i Domenicani. Costui decretò che chiunque partecipasse degli utili delle casse comuni dei Frati fosse tenuto a versare a queste la metà di tutti gli introiti ed elemosine percepiti, mentre coloro che non volevano averne parte in ogni caso erano tenuti a versare lo stesso la terza parte dei loro guadagni.
Ricevuta questa notizia, i Frati Domenicani di Venezia che erano spesso Nobili e diventati ricchissimi andarono fuori di testa:
“Grande esempio di Frati Perfettissimi Conventuali urbani, caratterizzata dal rallentamento delle Discipline, delle Regole, della Predicazione e Assistenza … Nei casi limite si giunse alla dispensa dalla mensa comune, dal Coro, dal dormitorio e alle deroghe dai voti fondamentali, con relativo rilassamento dei costumi e secolarizzazione, fino alla licenziosità, eccessi e corruzione ...”
Marcantonio Michiel nei suoi Diari manoscritti racconta che nell’ottobre 1516 scoppiarono veri e propri disordini tra i Frati del Convento di San Zanipolo: “A dì 6 detto era venuto el General delli Frati Conventuali di San Domenico mandato a chiamar, ovver sollicitato dalli Signori Capi del Consejo dei Diese, però che li Frati di San Zanipolo erano in gran risse tra loro, et haveano date diverse querele un contra l'altro alli Capi, et massime Fra Francesco Colonna havea querelato contro 4 o 5 de li Primarii, et accusavali inter cetera de sodomia e altro ancora … Il General dei Frati Caietano perciò venne et cominciò ad inquisir.
Fra Francesco Colonna, o ch'el dubitasse non esser scoperto, et che fusse conosciuta la mano sua, essendo venuta la querela in le man del General, o per conscientia essendo essi accusati innocenti, andò a confessar et scoprir la calunnia facendosi reo, et chiedendo perdono al General el qual volse ch'el dimandasse perdono al Capitolo. Li Frati accusati intendendo l'autor della loro accusatione fulminarono diverse querele contra di lui, et massime ch'el avesse sverginata una putta, et provorno il tutto. Al che il Generale el bandì de Venetia, et lo confinò a Treviso in vita, e ch'el non potesse più dir Messa, né confessar, et bandì molti altri chi per anni 5, chi per 10; fra gli altri c’erano anche Frà Zanfior, et Frà Martin dal Naso …”
Trascorse solo un anno, e di nuovo il neoeletto Maestro Generale dei Domenicani Garcia De Loaysa fu costretto a richiamare all’ordine e all’Osservanza i Frati recalcitranti di San Zanipolo che per nulla intimoriti si rivolsero a chiedere aiuto e supplicare il Collegio e la Signoria, chiedendo di essere mantenuti al loro posto e con le loro abitudini, pur promettendo di: “fare bona vita”.
Passarono altri dieci anni … e ci rifummo di nuovo: stavolta fu Papa Clemente VII con un “breve papale” apposito che unificò la Provincia Osservante dei Domenicani di Lombardia sfavorendo e desautorando di fatto i Domenicani Conventuali di Venezia. Questi allora si presentano in massa dalla Signoria Serenissima per lamentare la destituzione del loro Maestro Provinciale e la pretesa di Roma di ridurli all’Osservanza. Davanti al Doge gridarono arrabbiatissimi: “… per niente voleno soportàr, più presto se fariano Lutherani ...”
Il Doge fu perfino costretto a rimproverarli per il linguaggio poco da Frati, ma mandò un Ambasciatore di Venezia a Roma per difendere i loro interessi economici e i loro “Studi o Residenze”.
Il Papa allora finse di cedere, dando facoltà ai Domenicani di scegliersi i propri Vicari, ma impose loro che i prescelti dovevano essere confermati dal Maestro Generale che avrebbe privilegiato solo gli Osservanti, e in ogni caso: … tutti i Frati Domenicani entro due anni dovevano diventare per forza Osservanti.
I Domenicani di Venezia insorsero divenendo furibondi … e la Signoria di Venezia dovette attivarsi ancora una volta, rimandare il proprio Ambasciatore a Roma chiedendo un Vicario Provvisorio per i Frati di San Giovanni e Paolo precisando che c’erano solo qualche Frate “un po’ discolo, mentre gli altri sono honesti”.
Come risposta il Papa inviò a Venezia come Vicario il Domenicano Frà Leonardo da Udine col compito di ridurre tutti i Domenicani all’Osservanza forzando i Frati riottosi. La Serenissima reagì subito difendendo i suoi Frati, e costrinse Leonardo da Udine ad abbandonare l’incarico.
Alla fine fu il Papa a cedere lasciando una certa libertà d’azione e di comportamento ai Frati Veneziani.
Intanto anche a Venezia s’era attivata l’Inquisizione gestita proprio dai Frati Domenicani dopo l’insuccesso inziale dei Frati Francescaniconsiderati troppo deboli e remissivi: nel 1533 a Venezia venne arrestato e processato come Eretico Antonio Mastro Marangòn, ossia falegname, della Contrada di San Giacomo dell’Orio: l’Inquisizione aveva incominciato a fare sul serio.
“Dallo stesso processo risultano anche delle predicazioni sospette di due Frati Domenicani: Fra Zaccaria e Fra Damiano tenute nelle chiese della Trinità in Punta alla Salute, alla Fava e nello stesso San Giovanni e Paolo. Inoltre risultò che alcuni aderenti alle Dottrine Eretiche: un maestro di scuola, un forestiero di 25 anni “Gran Luteran”, alcuni Tedeschi e alcuni Toscani, erano in possesso di scritti di Lutero, dei “Gravamina Nationis Germanicae”, e di Bibbie in volgare (la prima traduzione Italiana in volgare è stata stampata a venezia nel 1471 a cura di un Monaco Camaldolese di Murano: Nicolò Malerbi) ... Costoro avevano fondato una comunità clandestina in cui vigeva una forte solidarietà sociale e reciproca, e all’interno di essa si trattavano temi delicatissimi e sospetti come: Confessione, Purgatorio, Libero Arbitrio, Papa, Giustificazione, Quaresima, Culto dei Santi e altro ancora ...”
Il processo si concluse con la condanna del Falegname a carcere perpetuo.
Nel 1534 a Carnevale una maschera urtò in Piazza San Marco un Frate Domenicano di San Zanipolo che bighellonava e si divertiva in giro per Venezia in compagnia di “bone femmine”. Ne seguì una rissa e un parapiglia in Piazza perché sotto alla maschera venne fuori che c’era un altro Confratello, ossia un altro Frate Domenicano di San Zanipolo. Il Nunzio del Papa a Venezia: Girolamo Varallo che aveva provato a quietarli e mettere inutilmente un po’ d’ordine, alla fine denunciò tutti al Papa di Roma affermando che il Convento di San Zanipolo di Venezia viveva ai limiti della legalità:
“… donnacce albergano intra moenia … i Frati non obbediscono ai superiori … si batteno fra loro et voglian cavar gli occhi, et fino a tendersi agguati notturni per ammazzarsi fra loro, a tal punto che sarebbero più sicuri in un bosco che lì dentro al Convento…Quelli sono veri Diavoli di Frati … che vivono da perfetti mondani … anche se la maggior parte dei Frati sono virtuosi…”
Da Roma dove le vicende del Convento erano già note “… anche per qualche lutheranità …”, gli pervenne l’ordine di lasciar fare e di non impicciarsi.
Comunque la faccenda non finì lì, perché la riduzione all’ordine del Convento Veneziano di San Zanipolo divenne a Roma un affare di Stato, e Papa Paolo III con un breve apposito affidò la riforma dei Frati Veneziani al Domenicano Agostino Recuperati da Faenza nominato per l’occasione Commissario Apostolico. Costui partì immediatamente per Venezia, dove l’operazione andò in porto solo a metà, in quanto il Convento si divise in due fazioni: una favorevole alla Riforma cappeggiata dal Priore Sisto Medici col sostegno del Maestro Generale e del Nunzio di Venezia, l’altra tradizionalista con a capo Niccolò Biriano già Priore in precedenza in più di un’occasione. Con Sisto Medici si schieravano anche i Frati Giulio Alberghetto, Niccolò Croce, Arcangelo Sagredo.
Lo scontro ideologico e disciplinare fra gli 85 Frati di San Zanipolo degenerò di nuovo in tumulti: i Frati si menarono e picchiarono alla grande, e iniziò una lunga sequela d’azioni legali ... Fra Sisto Medici e Fra Niccolò Biriano, i più esagitati di tutti, vennero convocati in giudizio a Roma davanti al Cardinale di Santa Croce Marcello Cervini, e vennero entrambi allontanati per punizione non solo dal Convento di Venezia ma anche dalla Vicaria del Veneto Dominio.
Di nuovo nel giugno 1544 il Papa inviò a Venezia Ludovico Beccadelli per stigmatizzare e risolvere la situazione del Convento che non era affatto cambiato, e finalmente a luglio si riuscì a ricomporre le discordie chiedendo alla Signoria Serenissima di esercitare sul Convento un protettorato attento eventualmente riscrivendo e chiamando a intervenire il Papa di Roma in persona.
“Roma con Papa e Cardinali definiscono incurabile la piaga Veneziana.” riferì al Doge l’Ambasciatore di Venezia presso il Pontefice di Roma ... Infatti lo era.
Nel 1564, tornata apparentemente la calma, nel Convento di San Zanipolo abitavano 100 Frati Domenicani che pagavano 20 ducati annui per l’Organista, 50 ducati per i Cantori del Canto figurato delle Liturgie in chiesa, 50 ducati per il Maestro di Musica e quello di Grammatica per i Fratini del Noviziato. Il Convento di San Zanipolo possedeva anche 40 campi a Ronchi di Loreggia sotto Camposampierodati in affitto a Mastro Antonio Gardane che era anche Libraro in Venezia. Costui pagava in tutto ai Frati: 36 stara di frumento e nient’altro, mente il Convento affittava anche “il luogo del fumo” a Mastro Tommaso e Zammaria Zonta; e un magazzino sotto al Refettorio a Mastro Ottavian Scoto che era anche lui Libraio e pagava ai Frati Domenicani 14 ducati annui.
Due anni dopo, cercando di dare una conclusione alla lunga stagione dei conflitti e delle lotte interne al Convento dei Frati di San Domenico, si iniziò una vera e propria epurazione “dei Frati Cattivi soggetti o Frati incorreggibili e apostati”. Vennero considerati dai Frati Domenicani Osservanti come morti, e iscritti nel “Libro dell’Emortuale” compilato dal Domenicano Padre Urbano Urbani, come se fossero deceduti per davvero, anche se in realtà lo erano solo metaforicamente.
Fra 1567 e 1576 si dichiararono morti ben 30 Frati Domenicani fra cui Fra Domenico Luciano, considerato morto, ricercato dall’Inquisizione, e trovato nel 1579 che faceva di nascosto il Piovano in territorio di Treviso.
Ancora nel 1569, quando Fra Pierino Lauretti da Venezia era Priore di San Giovanni e Paolo, il Convento di Venezia era l’unico dell’intero Ordine Domenicano d’Italia e di tutta Europa a disattendere la Riforma dell’Ordine voluta dal Papa di Roma. Perciò il Cattolicissimo Nobile Vincenzo Giustinianiandò a lamentarsi con Doge e la Signoria, perché non s’impedisse la Riforma dei Frati Veneziani: “ … per favorir qualche uno … essendo fra quelli Frati di San Zuanne Polo molto discoli et vitiosi … gran vituperio della Religione et disonor di quella nostra inclita Città … che quel Convento sia come un antro de homeni scelerati et di mala vita …”
Solo alla fine dell’anno i Domenicani accettarono le risoluzioni del Capitolo Romano degli Osservanti, tranne due Frati appoggiati dalla Signoria di Venezia: fra cui Fra Tommaso Pellegrini protagonista d’insubordinazione d’ogni tipo che si rifiutò anche di scendere a Roma a Capitolo. Chissà perché … non volevano saperne del divieto di accettare in Convento Novizi ossia Fratini inferiori ai 16 anni, né volevano assolutamente che fosse un Frate Osservante a comandare la Vicaria di San Domenico di Venezia.
Ancora nel 1570 venne nominato dai Frati Veneziani nuovo Priore di San Zanipolo: Camillo Spera da Venezia, “figlio del convento”, Teologo esemplare a Padova, stimatissimo dalla Serenissima. Immediatamente i vertici dell’Ordine Domenicano di Roma invalidarono l’elezione, e l’Ambasciatore di Venezia il Nobile Surian dovette correre a Roma a difenderne la causa presso il Papa che era arrabbiatissimo con la Serenissima perché era appena accaduto l’omicidio di un Frate per questioni di donne presso il Convento di Sant’Agostino di Padova.
Giovanni Antonio Facchinetti Nunzio del Papa a Venezia si presentò in Collegio rimproverando la Signoria di non favorire la Riforma voluta da Roma, e chiese a nome del Papa al Doge Alvise Mocenigo l’intervento entro 4 giorni del braccio secolare della Repubblica Serenissima per ridurre del tutto all’Osservanza i Domenicani di San Giovanni e Paolo prevedendo anche l’uso di Scomunica e Interdetto. Inoltre propose come Priore il candidato Osservante: Tommaso da Murano in sostituzione di FraCamillo Spera, e nello stesso giorno informò del suo presunto successo il Papa. Come risposta, Doge e Collegio fornirono al Nunzio una loro lista-poliza di 20 nomi di Domenicani Conventuali graditi e secondo loro adatti alla carica di Vicario di San Domenico e Priore di San Zanipolo.
“Era un “tira-molla” senza fine, un “batti e ribatti continuo” fra Venezia e Roma senza né vinti né vincitori, mentre i Frati Domenicani di Venezia continuavano a passarsela bellamente e liberamente …”
I problemi dei Frati Domenicani durarono fino all’incendio del Convento accaduto nel 1571 quando ebbero altre urgenze e altre cose a cui pensare. “La notte del 14 febbraio 1571 andò in fumo il Refettorio con l’”Ultima Cena” del Tiziano e della sua bottega, insieme al granaio e la cantina di San Zanipolo … per causa delli soldati che alloggiavano et stanziavano in esso …”
Il Capitolo dei Frati Inquisitori sollecitò subito la ricostruzione chiedendo contributi straordinari anche all’Editore di Libri Luca Antonio Giunta e ai fratelli Giulio e Girolamo Croce ai quali condonarono il debito della Mansioneria annuale di Messe da celebrare di 6 ducati istituita dai loro avi in cambio della donazione “una tantum” di 100 ducati: “…per fabrichar quella parte del Monasterio che si ha brusato ultimamente ...”
Approfittando del subbuglio dell’incendio, partì un altro colpo col sapore di compromesso da parte di Roma ! … Nell’agosto 1571 il nuovo Maestro Generale dell’Ordine dei Domenicani Serafino Cavalli istituì d’ufficio come Vicario della Vicaria di San Domenico e Priore di San Zanipolo il Frate Domenicano Osservante Eliseo Capys, “figlio del convento Osservante di San Domenico di Castello”, Priore, Teologo al Concilio di Trento, Rettore e Inquisitore dello Studio di Bologna e Ferrara con sentenze esemplari e durissime. In seguito fu il turno di Remigio Nannini da Firenze, detto Remigio Fiorentino: Poeta, Scrittore, Editore, Traduttore, Studioso nello Studio di Padova, Allievo di Sisto de Medici, autore dell’unico volgarizzamento della Bibbia autorizzato da Roma e scampato ai roghi dell’Indice Clementino del 1596, stampato, letto e utilizzato ovunque fino al 1863 dopo l’unità d’Italia.
In seguito fu il turno del Priore Inquisitoriale Giacomo Maria Gianvizio che ideò con Baldassare Longhena la Biblioteca in chiave antieretica, ma diede anche ulteriore impulso allo sviluppo artistico, economico ed edilizio dell’intero complesso di San Zanipolo. Fu inoltre Cassiere, sovraintendente della ricostruzione della Farmacia, e viaggiò fino a Roma dove ottenne privilegi per il Convento pagandoli alla Dataria Vaticana presieduta dal Cardinale veneziano Pietro Vito Ottoboni (futuro Alessandro VIII), e speciali patenti che lo riconoscevano come Commissariocon l’autorità di punire e reprimere con precetti, censure e carcere: “… i Frati dell’Ordine fuggitivi, vagabondi et che vanno soli nelle hostarie, camere, locande overo case de secolari così in Venetia come nelle isole adiacenti ...”
Nel 1637 morì il Conte di San Donà di Piave Domenico Trevisanche aveva progettato di collocare 16 statue di suoi antenati nelle nicchie della facciata di San Zanipolo finanziandole con rendite di due poderi nell’isola di Torcello che i Trevisan lasciarono in eredità ai Frati Domenicani nominati Commissari Testamentari insieme a Fiorenza primogenita del Trevisan. Lo stesso Trevisan aveva lasciato alla moglie Donata Tiepolo: “… 4.000 ducati annui a vita per se e per mantenere sua madre e la casa, 25.000 ducati ciascuna alle figlie per sposarsi, e 15 quadri dei suoi antenati da donare ai Frati Domenicani per appenderli fino al Barco in chiesa dai quali ricavare l’immagine per le statue della facciata ed altri 3 quadri personali da appendersi dove volevano i Frati … dispose inoltre di suffragarlo con 100 Messe in qualsivoglia chiesa di Venezia, donò 25 ducati a ciascuno dei 4 ospedali cittadini; una Mansioneria a Santa Maria delle Grazie in San Donà di Piave e una alla Chiesa Ducale di San Marco al Capitello, infine di donare 10 ducati a ciascuno dei servitori che dovevano vestirsi a lutto…”
Ovviamente i Frati Domenicani tramite il Priore Marco Cerchiariconcessero il permesso di costruire la nuova facciata della chiesa a spese del Trevisan, ma cinque giorni dopo la moglie Donata Tiepolo contestò e impugnò tramite Notaio le volontà del marito revocandone le concessioni e la gestione del suo patrimonio. Moglie, figlie ed eredi si rivolsero agli Auditori Vecchi tramite l’Avvocato Giovanni Salvioni chiedendo d’annullare il testamento del Trevisan accusandolo d’aver testato secondo i suoi scopi dimenticandosi della sua famiglia. Il testamento, infatti, venne annullato anche dalla Quarantia Civil Vecchia con 25 voti contro 1, definendolo “malefatto e dannoso per moglie e figlie” ... e i Domenicani di rimando non apportarono alcuna modifica alla facciata della loro chiesa che rimase spoglia come si può notare ancora oggi nonostante in seguito il Nobile Francesco Maria Zen, fattosi seppellire nella tomba di famiglia a San Giovanni e Paolo, avesse promesso di spendere 5.000 ducati e altri 300 ducati annui per 7 anni ponendoli nel Banco Pubblico con lo scopo d’abbellire la stessa facciata dove c’era anche il sepolcro di suo padre. Suo padre Reniero Zen aveva lasciato la bellezza di 120.000 ducati di debiti da pagare per aver giocato a Bassetta durante un’Ambasceria all’estero, perciò il Nobile invitò i figli e i suoi discendenti a non giocare “per non dannarsi e perdere l’Anima.”
Potremmo continuare fino a domani mattina e oltre a raccontarci di altri episodi cha hanno caratterizzato la vita e le stagioni di quel spettacolare Convento dei Frati Domenicani Inquisitori e Predicatori di San Zanipolo … ma questo è solo un blog, mica un saggio di Storia, perciò mi fermo qui.
I Veneziani Nobili e non facevano a gara per farsi seppellire dentro alla chiesa dei Frati Domenicani, o almeno nel vicino cimiterietto di Sant’Orsola … mentre i Domenicani che possedevano rendite annuali da immobili siti in diverse Contrade di Venezia continuavano ad affittare case, botteghe, un inviamento da Forner … e a rivestire con abiti e collane d’oro la Madonna del Rosario che stava in chiesa. Restaurano: soffitto, finestre, tavole, spalliere, arredi e pavimento del gran Refettorio, spesero 400 ducati per restaurare anche il dormitorio superiore del Convento, lastricarono di macigni i Chiostri e a proprie spese anche l’intero Campo di San Zanipolo… ma durante l’ennesima ispezione vennero trovati inadempienti della celebrazione non eseguita di 16.400 Messe già pagate dai devoti fedeli di Venezia.
Nel 1770 Charles Burney, viaggiatore musicofilo inglese di passaggio a Venezia raccontò: “… lunedì 6 agosto. Stamane il doge si recava in processione alla chiesa di San Giovanni e Paolo, seguito da tutti i nobili validi che si trovavano in città… Vi fu una Messa cantata a quattro parti accompagnata solo dall’organo ma fu così perfetta che non ricordo d’aver mai provato tanto piacere in questo genere di musica ...”
Nel 1782, il giorno di Pentecoste, proprio in mezzo al Campo San Giovanni e Paolo, il Papa Pio VI, assiso sopra una loggia maestosa costruita per l’occasione, benedì tutto il popolo di Venezia concedendo in quella circostanza un “Giubileo di quindici giorni” ... corsi e ricorsi storici: ancora Giubileo come quest’anno.
Non mi voglio dilungare di più su questo argomento, vi dico solo che vi ho fatto sopra un intero romanzo:“UNO STRANO OSPIZIO”,(se volete saperne di più cliccate sopra al link qui accanto).Comunque di tutti quei capolavori non è rimasto quasi più nulla: i Francesi col loro buon dannato Napoleone hanno soppresso, chiuso, depredato e sfasciato tutto facendone mucchi di pietre e legna da ardere. I 43 Frati Domenicani rimasti vennero progressivamente espulsi dal Convento e dispersi per Venezia sostituendoli con i militari e le loro famiglie, finchè rimase un unico Frate Domenicano a custodire la chiesa di San Zanipolo e tutto il resto divenne Ospedale Militare e Caserma.
Come ultimo colpo di coda storico, essendo morto nel 1813 il Nobile Zaccaria Valier, venne sepolto in chiesa di San Zanipolo nell'arca monumentale dei Dogi Valier architettato da Andrea Tirali nel 1708. Nell’occasione i sacrestani-nonzoli della chiesa aprendo la tomba trovarono vari oggetti dorati fra cui un leone, una Madonna e una Croce che corsero immediatamente a vendere di nascosto, “… ma scoperto l'affare, i nonzoli passarono dalle loro abitazioni che avevano in quello stesso circondario a vedere il sole a scacchi in prigione.”
Nell’ottobre 1916, quando in zona abitavano circa 4000 persone divise in 960 famiglie, una “bomba barbarica causò danni e guasti per 35 lire sopra San Zanipolo”, mentre un esercito di 75 Suore continuarono a prestare servizio nell’Ospizio-Ospedale Civile con 780 malati e 550 vecchi.
Dei temibili Mastidi di Dio Inquisitori: più nessuna traccia … Non si sono più visti nè risentiti ... o quasi.