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“QUALCOSA DI BUONO PERO’ L'HAN FATTO"… ANCORA SUI MASTINI DI DIO A VENEZIA.

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“Una curiosità veneziana per volta.” – n° 93.

“QUALCOSA DI BUONO PERO’ L'HAN FATTO"… ANCORA SUI MASTINI DI DIO A VENEZIA.

In certi secoli a Venezia si contarono fino a 70.000 poveri veri, ossia quasi un terzo dell’intera popolazione della città lagunare e Serenissima. Erano miseri veri non come quelli finti e di professione di oggi che per mestiere girano elemosinando e facendo anche di peggio. Quella volta trovavi intere famiglie intente a morire di freddo e fame sotto ai ponti, ai portici delle chiese, o dentro a qualche barca. Le cronache veneziane raccontano che: “ … ti s’aggrampavano addosso e ai vestiti … e non si poteva trascorrere per strada senza che qualcuno ti prendesse gridandoti: “Ho fame ! … Muoio di fame ! ... Abbi pietà ! … ed era vero.”

Intorno e dentro ai luoghi di San Zanipolo esisteva un’intera serie di iniziative caritatevoli efficienti che si premuravano d’assistere e farsi prossimi a quell’immensa folla di diseredati e sfortunati. Fu il “buon cuore” dei Veneziani di quei tempi che associandosi e affidandosi alla direzione dei Frati Domenicani di San Zanipoloriuscì in quell’impresa ardua di arginare quel fenomeno così disastroso e incontenibile. In quel modo i Frati Predicatori e Inquisitori, i famosi Segugi e Mastini di Dio, di certo trovarono il modo di pareggiare e controbilanciare la fama di alcuni di loro, che a detta di tutti i Veneziani erano: “… Padri strapazzoni, libertini e arroganti, dediti solo alla loro smania inquisitoria …”

Già vi ho detto delle tese o tettoie del Bressaglio della Cavallerizza di San Zanipolo messe a disposizione dai Frati regalando: “… riparo, pane e legna da ardere per i più miseri.”
Bisogna aggiungere che le venti e più Schole d’Arti e Mestiere e Devozione ospitate nei luoghi e nei chiostri di San Zanipolo, oltre a regolare, difendere e propugnare i loro interessi, si occuparono “alla grande” di quella triste realtà sparsa cittadina. Oltre a quelle, e prima fra tutte, c’era incorporata dentro al Convento di San Zanipolo, incastonata proprio in facciata, la famosa Scuola Grande di San Marco, una delle otto Scuole Grandi di Venezia. Era una realtà cittadina munifica e gloriosa, ricchissima e potente, che faceva a gara per primeggiare anche in Carità con le altre Scuole Grandi di Venezia, soprattutto con la Scuola Grande di San Rocco che fra tutte è forse stata la maggiore.

Fu variegatissima la qualità delle Schole che vennero ospitate a pagamento dai Frati Domenicani Inquisitori di San Zanipolo.Si andava dalla semplice e modesta Schola dei Ligadori del Fontego dei Tedeschi, alla celeberrima Scuola del Rosario che divenne per un certo tempo la nona Scuola Grande di Venezia, e alle semisconosciute Schola di Sant’Orsola o delle Undicimila Vergini, la Schola del Santissimo Nome di Diocontro i bestemmiatori, la Milizia Angelica e altre ancora.

Curiosa per davvero in mezzo a tutto quel grandore la presenza della Schola degli Artieri della Santissima Trinità dei Ligadori e Imballadori del Fontego dei Tedeschi. Era una delle Associazioni o Schole Piccole di Veneziache riuniva i Facchini o Bastazi di Nazionalità Tedesca impiegati per l'imballaggio delle merci dei Mercanti Allemanni e non presso il Fondaco dei Tedeschi di Rialto. Un lavoro che oggi praticamente non esiste più, o perlomeno è stato trasformato del tutto, ma che allora a Venezia aveva una sua precisa identità e valenza anche pratica. L’attività degli imballaggi era regolata da un tariffario del 1424, era diretta da un Gastaldo che ricopriva il ruolo di Direttore dei lavori o Protomagistrodei 18 Ligadori che in seguito divennero 25 e poi 38. Esercitavano il monopolio “sotto bolletta di carico” anche fuori dal Fontego, e avevano il compito di:“… imbottar, imbarilar, insaccar polvere de zucharo, legname, fighe, allume, mandorle di proprietari Tedeschi.” Non potevano esercitare al di fuori del commercio che gravitava sul Fontego dei Tedeschi, e operavano a due per volta alla presenza di un Messeta o Sensale.
Tutti erano sotto l’attento controllo quotidiano dei Tre Visdomini del Fontego, e nel 1421: “… la tariffa andava da un max di lire 5 e soldi 6 per balla, da lire 2.800 a 3.000 a barile di polvere di zucchero, a un minimo di soldi 2 per una cassa di Cannella “a cusir intorno alla canevaxa …”

Un’altra presenza modesta ma assidua dentro a San Zanipolo, era quella degli uomini della Scuola del Traghetto di San Giovanni e Paolo o dei Barcaroli della Beata Maria Vergine.
La Fraglia era composta dal solo Tragheto in Rio dei Mendicanti con sedici Libertà” (ossia permessi, licenze di esercitare la professione di Gondoliere e Traghettatore) che prestava “servizio da parada per le isole di Murano, Torcello, Burano e le altre isole lagunari, manon teneva barche in servizio durante la notte.” Si trattava perciò di uno dei “Traghetti de Dentro” di Venezia, ossia uno dei tanti servizi di trasporto interno alla città che offriva anche collegamenti col resto della Laguna.
Un frammento malconcio rimasto dell’antica Mariegola della Schola del Traghetto di San Zanipolo andata rubata insieme alla gondola di Giacomo chiamato Andrea Gastaldo della Schola, raccomandava d’imporre una giusta pena o multa ai compagni che avessero “bestemmiato o pronunciato parole nefande o male parole ", mentre un altro ordinava che il primo Compagno” del turno del mattino aveva il compito di provvedere a rifornire d'olio “il cesendelo” che ardeva notte e giorno davanti al “Capitello della Madonna del ponte”
I Barcaroli Gondolieri stabilirono che dal primo di agosto 1637 si dovevano celebrare per loro dodici Messe annue all'Altare della Croce nella chiesa di San Zanipolo, e fu per questo che: “… anche i Gondolieri dello Stazio di San Zanipolo giravano scalzi, col cappello in mano, e segnandosi frettolosamente il volto per i Chiostri dei Frati Domenicani a levare, prendere e riaccompagnare i Padri che necessitavano dei loro servizi …”

Piccole realtà lavorative quelle dei Ligadori del Fontego e dei Gondolieri Traghettatori, quasi microscopiche direi, che però ruotavano anch’esse dentro e intorno al grande complesso e ai luoghi dei Frati Domenicani di San Zanipolo. Immaginate il contrasto fra certi “papaveri illustrissimi”di grande pregio e nome che frequentavano i Chiostri dell’Inquisizione, e la presenza umile, quasi trasparente, dei semplici lavoratori devoti di questo tipo: un abisso ! … ma convivevano e s’incrociavano sotto le stesse volte dei Chiostri di San Zanipolo.

Di spessore artistico, culturale, religioso, sociale, devozionale e caritatevole ben diverso era, invece, la presenza di altre realtà inglobate dentro ai luoghi dei Domenicani, come quella della Scuola Granda del Rosario.
A considerarla dal nome sembrerebbe una semplice Frataria, una Congrega apparentemente bigotta, di vecchiette intente a pregare dalla mattina alla sera non sapendo che altro fare. In realtà non è stato affatto così.

La Schola in onore di Santa Maria del Santissimo Rosariovenne istituita con apposito decreto del Consiglio dei Dieci del 17 ottobre 1575 a ricordo della vittoria della Battaglia di Lepanto e alle Curzolariricostruendo gli spazi della Cappella già nel 1582 sotto la direzione del Vittoria. Nel 1765 verso gli ultimi anni della Repubblica, la Schola che possedeva tra beni mobili e immobili un capitale di mezzo milione di ducati e usufruiva di numerose Commissarie: Girardi, Gherardo Wahemans, Grassi e Pietro Negri (per testamento in tempo di peste lasciò tutti i suoi beni alla Scuola del Rosario di San Zanipolo dove viveva come Frate Domenicano suo nipote Fra Pietro Martire Degna) venne ascritta fra le Scuole Grandi di Venezia assumendone tutte le prerogative e ottenendo speciali privilegi e indulgenze da Papa Pio VI.

In quell’occasione l’edificio venne ricostruito su disegno di David e Filippo Rossi e Jacopo Guarana dipinse il soffitto, mentre Jacopo Tintoretto dipinse: “I trionfi dell’armi cristiane sopra il Turco”, e Tiziano Vecellio un: “San Pietro Martire” .
Di certo meglio di me descrive la Cappella del Rosario il Gradenigonel 1761 nei sui “Notatori” su Venezia:
“…ottenuta la grande e memorabile vittoria contro i Turchi del 1571, crebbe in maniera la devozione del sacro Rosario in S.Giovanni e Paolo che i signori confratelli di esso rinnovarono la loro cappella et altare adornandolo di rare sculture formate da Alessandro Vittoria che fu allora anco l’architetto e da Girolamo Campagna; cosi’ di eccellenti pitture; poiché Giacomo Tintoretto nell’ovato del soffitto dipinse la vergine in atto di porgere rosari a S.Domenico et a S.Caterina da Siena con il pontefice, imperatore, re e doge della repubblica che in quell’età fiorivano alleati. Vi sono inoltre quadri del Tintoretto, del Corona, del Palma che tra le altre cose spiegarono la Lega Cristiana, anziché Tintoretto fece li ritratti al naturale di Pio V, Filippo II e Luigi Mocenigo, dietro a quali annicchio’ le sembianze de vittoriosi Generale Marcantonio Colonna, Giovanni d’Austria e Sebastiano Venier et inoltre graziosamente fu posto il Guadiano della scuola medesima…”

La Schola Grande del Rosario venne soppressa dal “caro” Napoleone nel 1806, e andò bruciata, quasi distrutta perdendo gran parte delle opere che conteneva il 16 agosto 1867.

Accanto alla Scuola del Rosario, lasciando perdere per questa volta la Storia avvincente e straraccontata della Scuola Grande di San Marco, una delle più splendide e ricche di Venezia, c’è da notare, invece, la presenza di un’altra realtà spazzata via ancora dal solito Napoleone: la Scuola di Sant’Orsola delle Undicimila Verginie Martiri che sorgeva addossata alle pareti del chiesone di San Zanipolo (l’attuale Canonica di oggi dei pochi Frati Domenicani rimasti)dando nome anche a tutto il cimitero che contornava la grande chiesa.

Quella di Sant’Orsola e delle undicimila amiche Vergini e Martiri era una leggenda amata e diffusissima in tutta Europa fin dal Medioevo a cui erano affezionati tutti i devoti Cristiani, e quindi anche i Veneziani.
Secondo la leggenda, Orsola era una bella principessa undicenne cristiana d'Inghilterra figlia di Re cristiano. Chiesta in sposa da un Principe pagano, Orsola già consacratasi segretamente a Dio, chiese tre anni di tempo per pensarci, e per rendere la cosa ancora più difficile chiese la conversione del futuro sposo, e anche mille compagne per sé e per ciascuna delle sue dieci ancelle al suo seguito: ossia undicimila fanciulle in tutto, ovviamente Vergini.
Fate salire tutte su undici navi, Orsola attraversò il mare, risalì il corso del fiume Reno fino in Svizzera, e poi proseguì per Romain devoto pellegrinaggio. Ma tornando a casa per la stessa strada, le undicimila fanciulle incapparono negli Unni che nel 385 d.C. stavano assediando Colonia, perciò furono prese in ogni senso senza tanti complimenti, e infine uccise nello stesso giorno. Si salvò solo Orsola di cui s’innamorò perdutamente Attila capo degli Unni che le chiese di sposarlo in cambio della vita. Orsola, donna e credente tutta di un pezzo nonostante la giovanissima età rifiutò, perciò Attila annoiato che aveva altro a cui pensare, la fece uccidere da una squadra dei suoi arcieri.
A Colonia effettivamente si conservano le Reliquie di “certe Donne Vergini e Martiri” fra cui una certa Orsola, ma probabilmente gli undici anni d’età della ragazzina sono stati confusi con le undicimila donne ... e non solo quello.

E’ una leggenda infatti … ma andate a guardare gli otto grandissimi teleri del Ciclo delle Storie di Sant’Orsola dipinti da Vittore Carpaccio tra 1489 e 1498 finiti all’Accademia di Venezia (l’altare e le balaustre di pietra della Schola di Sant’Orsola sono stati venduti e acquistati dalla chiesa di Santa Maria Formosa dove stanno ancora adesso).
Alle Gallerie dell’Accademia potrete vedere dentro a uno stanzone: “Arrivo e partenza degli Ambasciatori”, “La città del Re Inglese”, “La partenza degli Sposi”, “L’Apoteosi di Sant’Orsola”, “Arrivo a Roma”, “Il sogno del Martirio”, “Arrivo a Colonia” e il “Martirio e Funerali di Sant’Orsola” dipinti amabilmente dal Carpaccio: capolavori sublimi (almeno per me, e non solo.)

Vedrete che spettacolo, che splendore, e che dovizia di particolari e colori!
Non voglio neanche pensare a quanto bello doveva essere quel ciclo pittorico quando stava inserito nel suo contesto originario incluso nella chiesa di San Zanipolo.

Fino dal 1300 a Venezia intorno alla Leggenda di Sant’Orsolasi coagulò una notevole folla di Devoti tanto che col consenso del Doge Piero Gradenigo e del Minor Consigliodella Serenissima si costituì un’apposita Schola che pose la sua sede presso la chiesa dei Frati Domenicani di San Zanipolo che c’interessano. Precisamente oltre a un generoso lascito testamentario lasciato da un ricco Confratello Mercante Pollini, fu la Nobile Famiglia dei Loredan di San Cassianoche fece della sede della Schola la propria Cappella mortuaria di famiglia, perciò per più di un secolo finanziò e controllò direttamente l’attività e le espressioni di devozione di tutta la Schola di Sant’Orsola con tutti i suoi numerosissimi Devoti.
La costruzione gotica della Schola era un edificio rettangolare preceduto da un portico, con a piano terra le stanze ad uso della Schola e l'Oratorio dipinto della Santa, al piano superiore “a soler” stava, invece, la Sala dell’Albergodella Schola.

I Confratelli di Sant’Orsola stabilirono che non potevano appartenere e iscriversi alla Schola chi provocasse danni allo Stato, chi dimostrasse "despresio" per il Doge, chi aveva subito qualche condanna. Ogni nuovo Confratello doveva promettere d’osservare le indicazioni della Mariegola (la Madre di tutte le Regole)davanti all'Altare di Sant’Orsola ricevendo in cambio “il bacio di pace e benvenuto”da parte del Gastaldo rappresentante di tutta la Schola. Chi rifiutava di assumere le cariche interne d’amministrazione della Schola a cui era stato eletto veniva espulso, la Schola beneficiava ampiamente i poveri di Venezia che però dovevano essere iscritti alla Schola da almeno cinque anni.

Si stabilì anche di dare: “…  36 lire l'anno ai Frati di San Zanipolo comprensivi delle Messe della Seconda domenica di ogni mese e di quelle del lunedì con l'impegno per i Domenicani di non cambiare la cifra al rialzo, e per la Schola al ribasso x la scuola ... Ai Frati Domenicani doveva venire corrisposto 720 soldi l'anno in totale.”

I Frati Domenicani di San Zanipolo ci tenevano perciò moltissimo alla Schola di Sant’Orsola, tanto che intervenivano processionalmente ogni volta in dodici con un cero acceso ciascuno in mano quando c’era da celebrare per essa una delle “Messe Ordinate per le Aneme Nostre” pagate con i ricchi lasciti dei Defunti e con i fondi della Schola … Nei cinque giorni precedenti la Festa di Sant’Orsola la Schola inviava dei suonatori di flauto e tromba con le insegne, i simboli e gli stendardi della Schola di Sant’Orsola a bordo d’imbarcazioni lungo tutto il Canal Grande da San Marco fino a Rialto per annunciare le solenni celebrazioni cantate che avvenivano a San Zanipolo nella vigilia e nel successivo giorno della Festa quando sarebbero state esposte grandi immagini della Santa da baciare, regalate altre da custodire, e dato un “pane et candela benedetti” ad ogni Confratello iscritto.
Nel 1488 i Confratelli che avevano l’obbligo di partecipare a un Messa mensile, di confessarsi a Natale e Pasqua, di partecipare alla Festa Patronale, e di presenziare al Capitolo della Schola due volte l’anno per eleggere i “Quindici Ufficiali della Banca di Sant’Orsola”, decisero di autotassarsi severamente per abbellire l’interno dell'Oratorio con “le istorie di Madonna Orsola”, perciò commissionarono la decorazione a Vittore Carpaccio che la eseguì impiegandovi cinque anni per dipingerla.
I quindici uomini eletti annualmente come “Ufficiali della Banca di Sant’Orsola” coprivano le cariche di: Gastaldo, Vicario, Scrivano, di due Masseriper tenere i libri contabili della Schola, due Bagnadori per andare a lavare i Confratelli morti e prepararli per i “Corpi o Funerali”organizzati dalla Schola, e dodici Degani(due per Sestiere di Venezia) con i compiti obbligati di: “… partecipare alla Messa cantata dello Spirito Santo prima delle elezioni annuali, di presenziare alla Messa del lunedì di suffragio (almeno due Degani al mese), visitare a domicilio gli infermi iscritti alla Schola, partecipare in Processione con la Cappa Bianca della Schola e con Croce e Pennello recitando 25 Pater e 25 Ave ai Corpi o Funerali pagando 4 soldi di piccoli, selezionare e ricevere nuovi affiliati, cercare n giro per Venezia dove fosse stato necessario che la Schola esercitasse la Carità”.
Per i poveri era prevista: “Sepoltura onorevole e gratuita” e celebrazioni in Rito Greco se qualche Albanese si fosse fatto seppellire nel Cimitero di Sant’Orsola della Schola.
I Veneziani che s’iscrivevano alla Schola pagavano la Tassa di Benintrada di 12 grossi subito e 20 soldi annui per i maschi, mentre le donne pagavano 12 grossi subito e 12 soldi annui, oltre che 6 soldi a parte il giorno della Festa della Presentazione per la Tassa della Luminaria:
“…ancora volemo che sempre di e note arder debbia un cesendelo in la gliexia de Madonna Santa Orsola ale spexe dela Schola e a loro honor santisimo e per Aneme de tuti le Frari et dele Soror che andrà alturio (aiuto) e conseio a questa Benedetta Schola.”

Inoltre ogni Confratello maschio era tenuto a pagare altri 2 grossi (gratuite le femmine) ogni prima domenica del mese quando i consociati dovevano “Levar Toleta o Tolella”cioè ritirare una targhetta personale che provava i loro pagamenti, una specie di tessera personale per poter accedere alle riunioni e alle votazioni del Capitolo della Schola.
Chi non pagava secondo i tempi stabiliti veniva multato, e se era recidivo: “era fuori”… però si sa che la Schola provvedeva ogni anno alla dote di molte ragazze povere, e sosteneva fino al giorno della morte economicamente 12 sorelle e 8 fratelli che vivevano in condizioni indigenti estratti con un ballottaggio fra coloro che erano in situazione peggiore.

All’inizio del 1500 la Schola di Sant’Orsola era frequentatissima e sovvenzionata dai Veneziani funzionando “alla grande” anche perché a lei erano collegate le sepolture nel prospicente Cimitero di Sant’Orsola. Ininterrotto e redditizio afflusso insomma, tanto che scoppiarono come il solito liti e dissidi fra i Confratelli e i Frati Domenicani di San Zanipolo per la gestione dei soldi della Schola e delle Reliquie della Santa.
I Frati non volevano avere l’obbligo di fornire e pagare i Suonadori e i Cantori per far la Messa Solenne e la Processione il giorno della Festa della scuola, la Schola considerato quanto dava e pagava ai Domenicani, ovviamente voleva il contrario.
Sempre come il solito, dovette intervenire il Doge e il Minor Consejo per calmare gli animi, e la Serenissima stabilì che la Reliquia della testa di Sant’Orsola non apparteneva né ai Frati né ai Confratelli ma alla la Signoria Serenissima stessa che l’affidava in pura custodia ai Frati Domenicani perchè l’esponessero dentro alla Schola nei giorni della Vigilia e della Festa della Santa. Le generose offerte che si raccoglievano ogni anno in quell’occasione dovevano servire per costruire un “degno tabernacolo” dove ostendere la Reliquia, e solo le rimanenze delle offerte dovevano essere suddivise in parti uguali fra i Frati Domenicani e i Confratelli della Schola ... con pace e tranquillità di tutti … altrimenti sarebbe di nuovo intervenuta la Serenissima e il Doge privando tutti della Reliquia che sarebbe stata in custodia ad altri.

Nel 1551 Gerolamo Santacroce per 25 ducati dipinse per la Schola di Sant’Orsola: “un grande penelo da campo"(gonfalone)… mentre i Provedadori alla Sanità concessero che la Schola avesse un proprio questuante vestito con "un gaban de griso, una vesta in tela rossa e un cappello da piova"che girava per la città raccogliendo olio da bruciare per le lampade dentro un recipiente sigillato a favore della Schola.

Inspiegabilmente però all’inizio del 1700 la Schola, nonostante possedesse rendite annuali di 40 ducati da beni immobili siti in varie Contrade di Venezia, subì un grave declino, tanto che fu costretta a chiedere aiuto economico e sovvenzioni a tutti i Guardiani delle altre Schole. La Serenissima sospettosa come sempre intervenne subito con i suoi Provveditori da Comun precisando: “Non si dovranno dare alla Schola di Sant’Orsola più di 5 ducati ciascuno !”… e i Frati Domenicani fecero porre una campanella all'esterno della Schola per avvisare i fedeli, i vicini della Contrada, e i presenti nel Cimitero, che nell’Oratorio di sant’Orsola stavano per iniziare delle Funzioni.

Spreco infine altre due parole per ricordare una realtà di San Zanipolo secondo me curiosissima: la misteriosa quanto microspica Cappella della Madonna della Pace.
A vederla sembrava quasi un bugigattolo insignificante, un cantuccio povero di significato a confronto con certe costruzioni monumentali immense sparse ovunque per Venezia. Era inglobata, completamente inserita e incassata nel mezzo della facciata del Convento di San Zanipolo, dove c’era fino a qualche anno fa la Farmacia dell’Ospedale Civile di Venezia, mentre uno dei pochi resti di ciò che conteneva è finito chissà come in uno dei sottoportici dell’Ospedale.
A noi forse il nome di quella Cappelletta non dirà niente, ma per i Veneziani dei secoli passati quel posto era una “calamita potente”, un luogo che attirava l’attenzione in maniera particolarissima. Si trattava di una specie si Santuarietto potentissimo, che si dice sia sorto sopra a un antichissimo tempio pagano a cui convergevano le genti di tutta la Laguna. Vero o non vero che fosse, sta di fatto che i Veneziani accorrevano lì di sovente fiduciosi che quella “Madonna fra le Madonne” fosse capace di “fare loro la grazia di cui avevano bisogno in quel momento”: fidanzati e mariti da sposare o non perdere, figli da riuscire ad avere, mantenere, far crescere e sistemare, salute malferma, fortune economiche scarse, i cari Defunti, sogni e desideri reconditi … e tutto il resto che sapete bene far parte della vita delle persone qualsiasi.

“Dalla Madonna della Pace dei Domenicani si può ottenere di tutto !” dicevano i Veneziani, e i Frati Domenicani lo sapevano bene. Per questo l’hanno incorporata e resa parte integrante del loro immane Convento. Era meglio tenere anche quel fenomeno sottocchio … anche dal punto di vista del fiume non indifferente degli introiti e delle elemosine che ne derivavano ogni giorno. Che fossero un tantino esosi i Frati ? … Ma no, dai … sono io che esagero ... o forse no.

Curiosità fra le curiosità: nell'atrio della Cappella della Madonna della Pace con le pareti dipinte da Giulio dal Moro, Leandro Bassano e Celesti, e col soffitto del Litterini trovò sepoltura nel 1355 dentro a un anonimo sarcofago di marmo il Doge traditore Marin Falierodecapitato per aver tramato contro la Repubblica Serenissima di Venezia. I resti del suo corpo sono stati rinvenuti con la testa tagliata posta fra le ginocchia e sono stati trasposti nell'ossario dell’Isola di Sant’Ariano.

Basta … mi fermo qui circa le vicende e i luoghi deiMastini di Dio di San Giovanni e Paolo o San Zanipolo.
Quel (bip) di Napoleone ovviamente ha sbriciolato, devastato e cancellato quasi tutto, e quel che non ha fatto lui con i suoi soldati l’ha fatto il fuoco o l’impalpabile capacità del Tempo di superare e far dimenticare ogni cosa. Comunque non è scomparso proprio tutto, nell’aria dell’Ospedale Civile e di San Giovanni e Paolo, la mia San G & P, rimane come un eco, una memoria che aleggia capace di attrarre ogni volta la nostra curiosità e calamitare le nostre emozioni e il nostro spirito di Veneziani … forse un po’ nostalgici dei tempi andati.

PS. Per “buttare un occhio” sui luoghi dei Frati Domenicani Predicatori e Inquisitori … i Mastini di Dio.
Clicca qui sui link:
Ecco qua com'erano fra 1700 e 1900 i luoghi di San Zanipolo dei Mastini di Dio ossia San Giovanni e Paolo dei Frati Domenicani Inquisitori di Venezia finiti imprigionati anche dentro al mio nuovo libro-romanzo: UNO STRANO OSPIZIO.
I luoghi dei Mastini di Dio di San Zanipolo a Venezia: gli interni della splendida chiesa dei Frati Domenicani Inquisitori che è stata anche Phanteon di ben 24 Dogi e di numerosi Condottieri e Capitani da Mar della Serenissima. 
https://www.facebook.com/photo.php?fbid=673490719458774&set=pcb.673493676125145&type=3&theater
Per completare un discorso, secondo me curioso (anche se potrei sbagliarmi) sui Frati Domenicani Inquisitori e Predicatori di San Zanipolo di Venezia (http://stedrs.blogspot.it/…/san-zanipolo-dei-mastini-di-dio…), ecco alcune foto dei luoghi del Convento di San Zanipolo di cui ho tanto parlato ... con la sua famosa Biblioteca (http://stedrs.blogspot.it/…/libreri-e-mastini-di-dio-san-gi…), e il suo famoso Refettorio (http://stedrs.blogspot.it/…/trementi-paranoici-i-mastini-di…).
Quel posto mi ha così avvinto e impressionato da costruirci sopra un intero romanzo: è un'altro dei luoghi magici e curiosi di Venezia saturo d'opere d'Arte e soprattutto di tantissima Storia. Come resistergli ?



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