“Una curiosità veneziana per volta.” – n° 111.
“DO SANTE MARIE ... UNA DE FASA ALL’ALTRA.”
A Venezia ovviamente … nel Sestiere di Cannaregio per la precisione. In quella che è stata ed è ancora in parte la popolosa Contrada di San Canciàn e dei Birri Grande e Piccolo verso le Fondamente Nove: zona un tempo di cortigiane, prostitute, Filatoi, casupole di Tessitori Lucchesi, straccivendoli Buranelli, e di mulini e pestrini attraversata forse in antico da un canale detto Biria, come racconta la cronaca del Trevisan: “…S'ingolfava una sacca con una velma et un canale detto Biria, che forma quella parte che oggidì Birri si chiama”.
Lì secondo le vecchie Cronache abitava: Anzola Spadera che si faceva pagare 6 scudi “a bòtta”, e Catarinella Furlana a 8 scudi come Casandra, mentre Catarina Petenera si prestava per soli 2 scudi come Orsetta e Marietta Grecaper 4, e Moresina per 1 scudo solo “perché se disèa esser vecia e sfatta come una strìa”.
Le due Sante Marie di cui vi vado dicendo erano due chiese tipicamente Veneziane: Santa Maria dei Miracoli che esiste ancora oggi in tutta la sua suggestiva e marmorea bellezza … e Santa Maria Nuova: più spoglia, essenziale, modesta … e spazzata via, cancellata per sempre, sbriciolata dal solito Napoleone devastatore.
In mezzo a dividerle c’era solo un canale, uno dei tanti della labirintica quanto bagnata nostra Venezia … Si trovavano perciò proprio: “una de fàsa all’altra”: una di fronte all’altra, faccia a faccia, come si dice alla veneziana, tanto che bastava superare un ponte per passare dall’una all’altra.
Servivano a Venezia due chiese così vicine ?
Credo che questo sia stato l’ultimo dei problemi dei Veneziani di quei tempi, anzi, pensò non abbiamo mai considerato questa eventualità: per i Veneziani ogni chiesa era indispensabile, unica e insostituibile. Esprimevano sensazioni, modi, devozioni, bisogni diversi che obbligavano ogni volta a costruire, fare e disfare, abbellire, decorare, arricchire senza mai stancarsi ... e senza smettere di spendere. Tutti ! Dal più ricco e Nobile, al più Povero e sfatto e privo di risorse.
Venezia è stata per secoli così … Noi a confronto con i Veneziani di ieri siamo degli zotici dalla vista e dalla sensibilità corta, e dal portafoglio rigorosamente chiuso per un certo genere di cose.
Sono cambiati i tempi e i modi … c’è di certo da dire.
Tornando alle due chiese … Nella zona opposta ai Birri di San Canzian, verso la “zona dei Miracoli”, abitavano diversi Nobili come i Boldù-Bembosulla cui facciata di palazzo Gianmatteo Bembo pose in nicchia l’enigmatica statua in pietra d'Istria dal probabile significato esoterico-alchemico rappresentante l’ “Uomo barbogio e peloso” da qualcuno considerata la raffigurazione del Tempo che sostiene il disco del Sole o il dio Saturno. Poco distante abitavano anche i Nobili Cappello Mercanti di Seta, i meno nobili Grifalconi, alcuni rami secondari dei Pisani, e soprattutto i Van Axelricchi mercanti di Malines divenuti in seguito Patrizi Veneti, i Soranzo, i Sanudoe più di tutti gli Amadi: veri e propri protagonisti Nobili delle vicende di quella Contrada piena di Sante Marie, e proprietari di molte ricchezze oltre che di case e palazzi che arrivavano fino alla Contrada di Santa Marina.
Gli Amadi non erano Nobili qualsiasi, lo erano per davvero ed lo erano di classe superiore. Giunti a Venezia e in Laguna a più riprese provenendo dalla Baviera, da Cremona e da Lucca, avevano perfino ospitato l’Imperatore Federico III con tutto il suo numeroso seguito nella loro Casa-Corte-Palazzo in Contrada di San Giovanni Crisostomo.
Senza tirarla tanto per le lunghe perdendomi in un immenso pistolotto circa questo argomento storico e quest’angolo di Venezia ricchissimo e vivissimo, vi racconto solo tre flash, tre lampi curiosi intercorsi e accaduti in secoli diversi riguardanti queste due Sante Marie così diverse ma vicine.
Primo atto: si era nel 1408 quando Francesco Amadi commissionò a Mastro Nicolò di Pietro per la spesa di lire 14,35, ossia meno di 2 ducati, il dipinto di una “Madonna con Bambino” per il proprio palazzo di famiglia. Qualcuno afferma che originariamente forse si trattava di un trittico dipinto con ai lati San Giacomo Apostolo e Sant’Antonio Abate andati in seguito perduti. L’Amadi neanche vagamente immaginava quale fenomeno avrebbe in seguito scatenato quel semplice dipinto. Qualche decennio dopo, infatti, Angelo Amadi pensò di collocare l’icona come Capitello illuminato di notte nella pubblica Corte Nuova, proprio all’esterno e di fronte alla residenza della famiglia Amadi.
Fu in quel momento che nel 1480 iniziò un’eclatante lista di favolosi fenomeni che catalizzarono gran parte dei Veneziani gridando al Miracolo, anzi: ai numerosissimi Miracoli che accadevano in serie.
Si legge ancora oggi nell’antica Cronaca dei Nobili Amadi:
“… item per inanzi Ser Lazaro da Biolco da Milano, ne dè per la fabrica in due fiate ducati mille, et questo perché stando a Milano infermo di flusso epatico et abbandonato da medici, essendogli scritto da un suo fattor de qui dei segni et miracoli che faceva questa gloriosa immagine, fece voto et risanossi perfettamente, et doppo lui in persona venne all’altare a contribuire i ditti danari …”
E’ questo uno dei tanti casi-episodi accaduti nella Contrada chiamata dei Miracoli, perché ne avvennero a raffica molti altri: “… un Chierico chiamato Pre’Giovanni da Napoli, Maistro dei putti di Messer Giacomo Bembo da San Moisè, lavandosi alla Giudeca né sapendo notar, andò nel fondo del canale et vi stette per spacio di mezz’hora … et raccomandandosi alla Madonna dei Miracoli venne miracolosamente di sopra et fu fatto salvo …” era luglio 1480.
“Marco da Ragusi, qual sta a San Provolo, fu ferito nella testa di un’arguola di barca da Chiozza con una gran piaga et fu tagliato cinque fiate et per tre medici fu dato per morto. Ma lui s’avvotò alla Madonna dei Miracoli et fatto voto gli uscì dalle orecchie et dal naso molto sangue et fu fatto sano …” era agosto 1480.
“Una vergine di nobilissima casa, che per suo honor si tace, cadeva di mal caduco et fatto voto alla Madonna dei Miracoli è rissanata et ha portato due veste di broccato d’oro alessandrine a l’altare di agosto 1480 …”
“Una fanciulla di anni 4, figliuola di Maistro Marco dipintore da Parma, in Cassellaria a Santa Maria Formosa, adì 30 agosto ingiottì un ago longo da Milano. Vedendo questo il padre e la madre molto mesti et aflitti la raccomandarono alla Madonna dei Miracoli et subito la fanciulla fece l’ago per disotto et hanno portato la tavola con l’ago e col miracolo …”
“… una barca di saponi et altre mercantie qual andava alle gallie di Barutti(Beirut),Capitano Messer Francesco Zorzi, trovandosi in colfo di Trieste con grandissima fortuna (burrasca)et havendo gittato in mare molti sacchi di saponi et altre robbe, seccando l’acqua a brazzia né potendo supplire alla furia di quella, s’avvotorno alla Madonna dei Miracoli et subito bonazzò et hanno portato la tavola col miracolo et divotamente sono venuti all’altare con torze grande, adì 5 ottobre 1480 …”
Cosa analoga accadde ad Andrea da Sebenico et Marco da Zara presso Umago alla Vigilia di Natale … e a Patron Zan di Luna da Parenzo in una peota nel golfo di Trieste … come avvenne alla Gallia di Barbaria, Capettanio Messer Michiel Salomon… e a Zuanne d’Antonio:“… qual sta alla Giudecca patron di navilio venendo d’Istria.”
La lista snocciolata episodio dopo episodio dalla Cronaca Amadi è lunghissima: un fanciullo della Contrada di San Zuanne Novo col “mal cadùco” che gli capitava 5 volte al giorno … il Priore Bernardino dei Frati Crocecchieri “abbandonato ormai a morte” portato guarito a “satisfàr el voto” con tutti i Frati suoi Confratelli intorno esultanti … Donna Antonia moglie di Ser Alvise Spiera “liberata da mal di petto mortale” … come Donna Margarita vedova della Contrà di Santi Apostoli con ormai tre piaghe sul seno sinistro … e anche Buona, fantesca di Madonna Daria Longo a San Domenico “col mal di cancro nel petto arrivata quasi in ultimo” … oppure: “… la figliolina di 6 anni di Donna Franceschina, qual sta a San Vido in Corte Forno, era stata orba anni due, fu votata … e gli restituì la luce et vede perfettamente, appresentò a l’altare due occhi d’argento in dono, adì 22 ottobre 1480 …”
Fatto simile accadde anche a Zuan di Zorzi Filacanevo da Venezia “… che rimase sano degli occhi”… e anche a Ruosa di Alegretto Fabbro in San Zane Novo: “che cadde in fuoco et haveva un occhio serrato qual non poteva aprire …” e “Francesco Berettèr, essendo a Figaruolo, gli fu fatto un veretton et passogli l’occhio sinistro da una banda all’altra … e fece voto … et è guarito et sano, a 25 giugno 1482.”
Un “miracolo” di guarigione accadde anche a “Gasparo Cober Thedesco, qual sta con Mastro Zorzi Pistor a San Salvador …” caduto giù da un tetto dove sistemava e “conzava i coppi et si ruppe tutte due le gambe, et steva molto male … et fu liberato … et ha portato due gambe di cera all’altare, adì ottobre 1480.”… e guarito fu anche: “Pietro Ongaro Mercante, ebbe tre peste a Buda in Ongaria, si raccomandò a questa gloriosa Madonna dei Miracoli et subito fu liberato adì agosto et ha portato la sua statua dal naturale.”… cosa che accadde anche a “un bossoler a San Bartolomio, gli venne la peste alla coscia con grandissimo dolore, qual fece voto … et fu sanato dalla peste. 1485.” … “et anco un altro che non ha scritto nome, ritrovatosi in gran fatica et angustia, fece voto alla Madonna dei Miracoli, et ebbe la gratia che dimandava, qual ha portato un cirio di cera bianca che pesa libbre 55, 1481.”… e pure a “Cosmo, famiglio all’Osteria del Saracino, fu assaltato et ferito nella golla et intaccata la gargata … et è sano e salvo.”… e anche: “Antonio Negro da Venezia, essendo a Ferrara, fu ferito da tre verrettoni … uno in fronte, il secondo nel petto, il terzo gli passò la terga e il braccio … fece voto … et fu liberato adì 3 genaro 1483.”
Potrei andare avanti a citare a lungo … I Nobili Amadi esaltati da tutta quella straordinarietà cercarono in un certo senso di mantenerne la paternità e la guida gestendo anche gli effetti economici di quel portento “dovùo alla Madonna dei nostri avoli messa in cantòn …”.
A conclusione e coronamento di quel grande epifenomeno Veneziano confluirono presso gli Amadi ben più di 30.000 ducati di donazioni con i quali si comperò un terreno e si avviò la costruzione di una monumentale chiesa e convento commissionandola aPietro Lombardo con figli e bottega. Ne venne fuori quel capolavoro a marmi policromi, navata con volta a botte compartita in cinquanta cassettoni decorati con volti di Profeti e Patriarchi, scala che sale l'altare maggiore completamente decorato da statue di Tullio Lombardo, Alessandro Vittoria e Nicolò di Pietro che possiamo vedere e ammirare ancora oggi nel Campo di Santa Maria dei Miracoli.
Procura quasi tenerezza rileggere la descrizione storica con cui la Cronaca degli Amadi racconta di : “Angelo Amadi che fu figliol di Messer Giovanni …” mentre cala entusiasta nelle fondazioni della nuova chiesa il 2 maggio 1481 alcune medaglie di bronzo di famiglia con stemmi e blasoni del Casato: “…dentro i pilastri e il cantòn di pietra viva sul rielo della nuova gesia …” per consegnare ai secoli il ricordo del prestigio e della capacità benefica e devota di “Angelus de Amatis” e della sua Madonna Miracolosa di famiglia.
Subito dopo giunsero come sempre le preziose Indulgenze dal Papa di Roma, e vennero anche le 12 Monache Nobili: “… Muniàl Osservanti da Santa Ciara de Muran coperte con veli negri grossi fin in tera, così dinanzi come dietro, con mantelli, berettini grossi, col le man sotto et discalze…” che iniziarono a vivere accanto alla chiesa sotto la guida della prima Badessa Margherita. Nel 1489 se ne aggiunsero altre cinque: adolescenti, tutte vergini Veneziane, figlie di Nobili prestigiosi come Gerolamo Dandolo, Ser Zuanne Speranza, Ser Pasqualin Negro e altri.
Il Nobile Domenico Malipiero nei suoi “Annali Veneti” racconta la vicenda: “… Quest'anno ha comenzà la devotione della Madonna di Miracoli, la qual era alla porta de Corte Nuova, all'opposto delle case di Amai, in la calle stretta, e per el concorso della zente è sta necessario levar la imagine, e portarla in corte de cha Amai, et è sta fatto di grandissime offerte de cere, statue, denari, et arzenti, tantoché se ha trovà intorno 400 ducati al mese, e quei della contrà ha creà sie Procuratori, e tra i altri Lunardo Loredan Procurator. Et in processo di tempo è sta assunà 3000 ducati d'elemosine, e con essi è sta comprà la Corte Nova da cha Bembo, da cha Querini, e da cha Baroci, e là è sta fabbricà un bellissimo Tempio con un Monastero, e dentro è sta messo donne Muneghe de Santa Chiara de Muran”.
Viceversa al di là dello stesso ponte c’era inizialmente, da molto prima, fin dall’anno 1000, l’altra chiesa, ossia quella di Santa Maria Nova.
Era l’ennesima chiesa-Monastero di Monache Benedettine sorto in città. Venne più volte riattata e ricostruita provando a distinguerla fra le tante Sante Marie presenti in città e sparse in giro per la Laguna. In seguito la chiesa abbandonata dalle Monache divenne Parrocchia di Contrada e Collegiata di Preti Secolari, come Pre’ Luca che fungeva da Notaio nel vicino Emporio di Rialto, o come Prete Zanòto che fece un prestito di denaro di 40 soldi di grossi a Francesco Bonin.
Intorno a Santa Maria Nova vivevano artigiani come Benvenuta detta “a lapidibus de anulo” che esercitava l’Arte “de piere contrafacte da lavori, de vitro blacho tam tintos in vermilio quam non”… A Santa Maria Nova abitava anche Nicola SturionSpicierMercante di spezie e droghe che offrì alla Repubblica lire 16.000 al tempo del Doge Andrea Contarini e della Guerra di Chioggia contro Genova.
E siamo già al secondo atto storico, al secondo flash sulle “dò Sante Marie una de fàsa all’altra”. Gli anni erano quelli di fine 1500 e primo 1600. Nella stessa zona della Madonna dei Miracoli avvennero cronache e fatti tutt’altro che miracolosi.
Marin Sanudo nei suoi “Diari” scriveva: “In questa mattina ussita fuora di la chiesia di Santa Maria di Miracoli una bellissima maridata, nomata Samaritana Zon, moglie di Zuan Francesco Benedeto popular, et hessendo su la riva per montar in barca, et andar a caxa, era una maschera sentata sopra la riva, la qual vista, li dete di uno fuseto, e li tajò el viso da l'ocio fino alla bocha, sì che dita dona sarà guasta. Di questo fo gran mormoration in la terra, adeo, inteso il principe e la signoria, terminono dar taja nel Consejo di Dieci”.
Inizialmente si accusò del delitto mettendolo in prigione: Cardin Capodivacca Padovano, ma poi si scoprì che il colpevole di quel gesto era, invece, il Nobile Pietro Tiepolo figlio di Paolo che venne bandito, ma che si era già reso irreperibile ormai da tempo.
I Veneziani continuavano ad accorrere numerosi “ai Miracoli” per lucrare le tante Indulgenze disponibili: “...soprattutto quella dei 40 giorni concessa ogni sabato, o le plenarie delle feste della Madonna, e quelle di Privilegio utili per liberare le Anime dal Purgatorio ottenibili quasi tutti i giorni dell’anno alle solite condizioni di Oratiòn, Sacramenti et generosa Limosina ...”
Nella “Chiesa dei Miracoli” si celebrano ogni giorno più di 40 Messe comprese quelle avventizie dei devoti per un totale annuo di circa 13.000 Messe. Le Monache percepivano le rendite e gli interessi di 28 Mansionarie di Messe depositate nelle banche e nella Zecca della Repubblica … e la Badessa invitava spesso il Clero “bisognoso e smunto” di Santa Maria Nova oltre il ponte per cantare con le Monache le solennità dei Vespri, le Messe Solenni, nonché i Riti della Settimana Santa.
Durante la Visita Ufficiale al Monastero dei Miracoli, il Patriarca Priuli trovò diversi altaroli abusivi e non consacrati, e si trovò costretto a denunciare le Monache: “…perchè cantavano canzoni profane e suonavano la cetra et il liuto … et si vestivano da homeni per far dimostrazioni … et allevavano galline che scorazzano liberamente nei dormitori ... et che le giovani non vogliono conversar con le vecchie, ma stanno insieme unite nei loro oratori …”
Qualcosa era cambiato rispetto allo stile e l’entusiasmo inziale del “Tempo dei Miracoli” … Nel maggio 1662 i Provveditori condannarono a 20 anni di bando dallo Stato Veneto il Prete Cesare Zazzeraaccusato di aver condotto una delle Monache del Convento dei Miracoli a casa di un barbiere nella vicina Contrada di Santa Sofia e di averla lì deflorata ... Le Cronache Processuali Veneziane raccontano perfino di una Monaca Margherita Strega, Herbarola e Guaridora presente e attiva nel Monastero di Santa Maria dei Miracoli dove era stata considerata inizialmente come Santa e Stigmatizzata.
Venne denunciata nel 1622 all’Inquisizione e al Vescovo di Castello dal Nobile Girolamo Colonna figlio di Girolamo da lei risanato, perché aveva visitato, insidiato, stregato, schiaffeggiato, baciato e spaventato sua sorella Monaca nel Monastero dei Miracoli, entrando e uscendo misteriosamente di notte dal Monastero con le porte chiuse, e rendendola oggetto di regali, attenzioni insane, malefiche e libidinose, e di sguardi che le facevano stringere dolorosamente il cuore.
Insieme a queste vicende, a metà del 1600 il Monastero dei Miracoli che aveva 24 Monache Professe riceveva anche una donazione di 23 staia di grano dal Senato della Serenissima perché era considerato fra i più poveri, anzi il più povero di tutta Venezia.
Quale sarà stata dunque la vera identità di quel posto ?
Viceversa al di là del ponte, in Santa Maria Nova… non accadeva praticamente nulla di speciale. Lì si ripeteva soltanto la pura quotidianità vissuta dalla gente qualsiasi di una microscopica Contrada Veneziana qualunque.
Quella di Santa Maria Assunta detta Nova era una Contrada e una Parrocchia di Venezia considerata: “da fame”, tanto che i Preti evitavano accuratamente di farsi nominare e di ricevere l’incarico di accudirla e governarla. La chiesa era quasi sguarnita di opere di pregio a differenza di molte altre di Venezia, e la Parrocchia possedeva di rendita solo una casa in Calle del Forno da cui ricavava poche misere lire d’affitto.
A causa di un incendio che aveva colpito grossa parte di Venezia la chiesa a fine 1400 era pericolante: nel 1488 crollò il campanile riedificato subito però a spese del Nobile Nicolò Morosini:“homo ricchissimo che ha fatto trentasei case in contrà de Santa Ternita, e le dà de bando a nobili poveri”. Infatti nel luglio 1535 crollò in parte la chiesa che venne riedificata a spese di Nicolò Dal Negro Suddiacono titolare della stessa Santa Maria Nova e Canonico Sacrista di San Marco ... Per questo motivo il Dal Negro venne nominato, promosso ed eletto al titolo di Prete-Diacono della Collegiata di Santa Maria Nova … anche perché il Prete-Diacono che l’aveva preceduto era stato cacciato via con l’accusa di simonia.
Nella Cronaca del Barbo si legge: “Adì 26 Aosto 1540, a hore 15, de Zuno: se impizzò fuogo in la contrà de Sancta Maria Nuova in le caxe della gesia, nella qual iera Piovan Missier Pre' Bernardin Gusmazi, et era una isola posta a mezo campo, et stava dentro due fratelli barbieri, li quali uno haveva nome Anzoleto, et l'altro haveva nome Maximo. El fuogo entrò per via de algune stelle, et fu tanto presto che non possono scapolar cosa alguna. El qual fogo fu posto per man d'una massera zovene, schiava, la qual, per esser dal patron battuda, fece questo, et fuggì, et fu un gran danno del Piovan”.
Dai resoconti della Visita Apostolica del giugno 1581, Santa Maria Nova risultò essere: “Parrocchia collegiata con 5 Preti e 3 Chierici che gestiscono su 7 altari un patrimonio di 8 Mansionerie da Messe che fruttano 134 ducati in tutto ... La Fabbriceria della chiesa frutta 20 ducati annui … all’interno dell’edificio di culto si conservano una cinquina di Reliquie di discreto valore … sull’Altar Grande sta una Madonna vestita con 25 abiti di diversa sorta fra preziosi e ordinari. … In Parrocchia risiedono 985 abitanti di cui 500 da Comunione ... in Contrada ci sono circa 40 e 50 botteghe attive, e ben 4 case di tolleranza ...”
Tuttavia il 02 aprile 1631 ilDoge Nicolò Contarini si fece seppellire proprio in Santa Maria Nova.
Terzo atto storico o flash sulle “do Sancte Marie”:… e siamo ormai agli anni di Napoleone all’inizio del 1800.
Le 70 Reverende Monache della Madonna dei Miracolipagavano lire: 8,soldi: 3 edenari: 3 di tasse alla Serenissima perché possedevano 7 caxette date in affitto. Quello dei Miracoli erafra i Monasteri di Venezia e delle Isole il più sprovvisto di rendite: “… le indigenze delle Monache di Santa Maria dei Miracoli di questa città … le quali versano nelle più miserabili ristrettezze, determinano con cadenza annue apposite elargizioni di farina e legna decretate dal Senato per tutto il decennio a seguire …”
Gli ex-voto segni dei “miracoli”che erano continuati nei secoli coprivano ormai per intero le pareti della chiesa dove si continuava a celebrare ogni giorno più di 40 messe continuando a concedere “un fiume” d’Indulgenze.
Con l’arrivo dei Francesi a Venezia un giorno accadde che alle cinque del mattino soldati e burocrati s’erano presentati a bussare prepotenti alla porta del Convento dei Miracoli provocando parapiglia, scompiglio e grande angustia fra tutte le Monache. In fretta e furia la Badessa, la Vicaria, le Madri tutte e il Confessore dovettero presentarsi davanti agli Ufficiali del nuovo governo e subire una vera perquisizione con l’esproprio immediato di tutto quanto possedevano.
Sono impressionanti i documenti al riguardo, quasi sfacciati nella loro estrema e quasi maniacale chiarezza descrittiva:
Ogni cosa e oggetto presente nel Monastero venne accuratamente confiscato, inventariato e stimato in moneta di Milano in previsione di poterlo in seguito vendere ingrossando le casse del nuovo Governo Napoleonico. Alcune cose d’uso domestico quotidiano, o utilizzate ogni giorno nella normale gestione dei Riti delle Monache vennero concesse in uso e gestione controllata, altre più preziose vennero, invece, depositate in armadi, cassoni e stanze e meticolosamente sigillate e chiuse a chiave.
Le Monache furono costrette a vedere ogni loro singola cosa frugata, soppesata, controllata e asportata. Su pagine e pagine dei verbali e delle rendicontazioni degli oggetti confiscati dagli Ufficiali si può leggere:
“… Nelli parlatori di dentro: un Cristo di legno – vale 0.10 lire di Milano; Un quadretto vecchio – vale 2 lire di Milano; Sei armadi d’albeo - valgono 8 lire di Milano; Cinque parapetti di drappo in sorte - valgono 90 lire di Milano; Sei cassette d’albeo - valgono 5 lire di Milano; Undici scagni d’albeo – valgono 1 lira di Milano.
… Nel luogo della panateria: Una burata - vale 12 lire di Milano; Quattro casse d’albeo - vale 4 lire di Milano; Tre albuoli d’albeo - vale 2 lire di Milano; Quindici tavole e concoli - vale 3 lire di Milano; Quattro cavaletti d’albeo - vale 0.10 lire di Milano; Una gramola - vale 4 lire di Milano; Due caldiere di rame - vale 12 lire di Milano; Un secchio di rame - vale 3 lire di Milano; Una cassa per l’acqua di rame - vale 1,10 lire di Milano …”
Tutto, pezzo per pezzo venne passato con precisione in rassegna: Cristi, Madonne, argenti, inginocchiatoi, letti, tavoli, panche, biancheria, abiti e mutande delle Monache, tendaggi, attrezzi, candelieri, piatti, saliere e bicchieri … perfino una sedia impagliata sfondata e una vecchia lanterna … le botti e i barili della cantina, i mortai e i coperchi della cucina, tovaglioli e canevazze, le campanelle appese sulle volte del chiostrino ... i cuscini consumati posti sui sedili del Coro.
La Badessa di Santa Maria dei Miracoli Maria Rosa Brighenti scriveva il 16 gennaio 1806: “… si promette Orazioni a Iddio Signore per la gloria del Suo Sovrano per aiutare il Monastero dei Miracoli angustiato anch’esso soprattutto dalla mancanza di farina e legna ...”
La stessa Badessa aggiungeva che i locali angusti del Monastero potevano ospitare al massimo altre 36 o 40 persone, ma non avevano spazio sufficiente per le 35 Francescane del Convento del Santo Sepolcro che il decreto Napoleonico imponeva di concentrare presso di loro.
Nel maggio di quattro anni dopo, all’atto della soppressione definitiva del Monastero dei Miracoli erano rimaste presenti solo 33 Monache Clarisse che dichiarano attraverso la Badessa Celeste Cicogna l’impossibilità di deporre l’abito religioso non tanto per ragioni di principio, ma perché trovandosi in assoluta povertà erano mancanti di mezzi per provvedersi abiti civili comuni.
Nello stesso tempo al di là del ponte, nell’altra Santa Maria, quella Nova continuava a non capitare nulla d’importante, se non accadimenti banali: il 13 giugno 1759 il Nobilhomo Loredan de Ser Antonio da San Vio d'anni 26, spogliatosi della velada e della camisiola di seda sulla riva di Santa Maria Nuova, s’era gettato in canale e si era lasciato annegare.
La Contrada continuava ad essere abitata in gran parte da popolani … c’era un Ospissio formato in tutto da sedici caxette in cui vivevano certe Pizzoccare Terziarie di Santa Maria. L'assegnazione delle caxetteveniva curata dai Procuratori de San Marco de Citra che gestivano il fondo di una Commissaria di Antonio Dal Deserto che aveva istituito l’Ospizio … La zona era anche posto di Locande e Osterie, di Schole e Scolette molto popolari … fra cui c’era anche la Scuola di Sant’Elena dei Tessitori di Panni di Lino aperta ad uomini e donne … e l’immancabile Compagnia dei Morti di Sant’Adriano… e la pettegola Congrega delle donne del Rosario che per darsi un tono si facevano chiamare: Compagnia Devotadel Santissimo Rosario. Per un certo tempo era stata presente in zona anche la famosa Schola di San Vincenzo Ferreri detto dai popolani Veneziani “el Santo destrigaletti” perché si diceva in giro che bastava fare una debita Novena di orazioni con adeguata elemosina a quel Santo per essere certi che si sarebbe liberato definitivamente un letto occupato in casa da troppo tempo da un familiare infermo.
Quando qualcuno in Contrada era preso troppo male si costumava dire per pietà: “Per risanarlo serve solo una Novena al Destrigaletti”.
Nella chiesa fatiscente e spoglia, governata da una “Banca di 21 Procuratori” che ne gestivano le scarne economie e le nomine, c’era di valore solo un bel altarino di San Vettore in mosaico, antico titolare della chiesa, lavorato dai virtuosi fratelli Francesco e Valerio Zuccato i famosi mosaicisti attivi nella Basilica di San Marco (in seguito con la soppressione verrà portato nel Tesoro di San Marco).
Nella relazione conclusiva della Visita Pastorale del Patriarca Flangini alla chiesa di Santa Maria Nova nel settembre 1803, si può leggere: “… nella Contrada di Santa Maria Nova abitano 1.200 persone con qualche protestante che non da alcun scandalo … Non ci sono levatrici … Il Piovan Costantin Scarman percepisce le rendite dall’affitto di 7 case e 1 bottega … Intorno alla chiesa prestano servizio oltre ai Titolari del Capitolo anche altri 12 Sacerdoti e 2 giovani Chierici di cui 1 frequenta la scuola dei Gesuiti ed è studiosissimo, mentre l’altro frequenta una scuola privata presso don Drizzi; entrambi recitano sempre devotamente l’Ufficio della Madonna … In chiesa si celebrano 327 Messe Perpetue, 19 fra Esequie e Anniversari, e forse 630 Messe Avventizie …e ci sono 3 casselle per raccogliere le elemosine: la Cassella della Madonna del Carmine, la Cassella per il Suffragio, e la Cassella per i bisogni della Fabbrica della Chiesa ...”
Il 10 marzo 1808 i militari Francesi se la cavarono presto e alla svelta nella chiesa di Santa Maria Nova decretandone la chiusura e la soppressione immediata con la confisca di tutto ciò che conteneva ... ossia quasi niente.
La chiesa venne subito affittata ad uso magazzino di cenci da carta … le spoglie dei defunti inumate nelle tombe di chiesa, fra cui quella del Filosofo Fortunio Spira, quella della famiglia di letterati e uomini di cultura Wocowich- Lazzari, e quella del Doge Nicolò Contarini vennero vuotate, buttate in burchiella, e ammassate alla rinfusa nel mucchio anonimo dell’Ossario dell’isola di Sant’Arian dietro a Torcello … l’organo di Gaetano Callido opera 167 andò disperso ... morì il Piovano dell’ex chiesa di Santa Maria Nova … forse di dispiacere e crepacuore … le 496 “Anime rimaste” della chiesa passarono a far parte della Parrocchia di San Canzian.
Infine, nel 1839 si provvide a demolire il campanile per venderne le pietre … e nel 1852 si atterrò l’intera chiesa con lo stesso scopo. Il 6 dicembre di quell'anno, sul mezzogiorno, cadde gran parte della muraglia della ex chiesa sopra i manovali intenti a lavorare, così che rimasero quasi soffocati sotto alle macerie tre persone, un’altra si salvò gettandosi in canale, e altre finirono ferite all'ospedale.
In conclusione: si spianò del tutto la zona allargando il Campo fino alla riva di fronte a Santa Maria dei Miracoli lasciata in piedi … per miracolo.
Oggi nello stesso luogo delle “do Sante Marie una de fàsa a st’altra”si tiene saltuariamente un pittoresco quanto vispissimo mercatino d’antiquariato, del vintage e delle carabattole in genere … mentre nei giorni più feriali e normali, le panchine del campetto ombroso ricavato dal posto dove un tempo sorgeva Santa Maria Nova sono sede del relax di una folla estemporanea ed eterogenea di turisti, vagabondi, anziani, badanti dell’Est, nullafacenti, annoiati, e Veneziani accaldati di passaggio.
Santa Maria dei Miracoli, invece, è rimasta meta turistica per coloro che osano spingere il naso un attimo oltre il solo Ponte dei Sospiri, Palazzo Ducale e il Ponte di Rialto … E’ un’altra di quelle chiese coccole tipicamente Veneziane, un gioiellino policromo e suggestivo odoroso di Storia, Arte, tradizioni e atmosfere che ben si presta a qualche bel matrimonio pomposo di qualche romantico o nostalgico.
Il tempo delle “do Sante Marie una de fàsa a st’altra”… è passato purtroppo per sempre.