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“DO TRE STRIGARIE … A VENEZIA NEL 1641.”

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“Una curiosità veneziana per volta.” – n° 112.

“DO TRE STRIGARIE … A  VENEZIA NEL 1641.”

Immagino sappiate già che l’Inquisizione di Venezia istituì e celebrò fra il 1542 e 1599 circa 1600 procedimenti e processi di cui ben 182 riguardanti: “Strigarie di donne”. Molti sono andati insabbiati e lasciati incompleti e irrisolti concludendosi in un “nulla di fatto”.
E’ curioso e interessante notare in parallelo a uno di questi la testimonianza del 1641 di una servetta di Casa Zani o Ziani che racconta di aver portato a compimento insieme alla sua Nobile Signora Cattenella Zani diverse “strigarie amorose”.

La prima: su diretto mandato della stessa “padrona Cattanella” che l’aspettava in gondola a debita distanza, la servettaPaulina andò a rubare un “osso da Morto” di un giustiziato bruciato in Piazza San Marco: “… ne presi uno grosso sarà come un grano di fava … una putta fu che mi vide, venne per pigliarmi e guardarmi addosso, ma avendoli giurato d’averlo buttato via, che non era vero, mi lasciò star et molti che mi videro cominciarono a gridar: “Piglia ! Piglia ! Al Santo Officio !” ... li correvano dietro e strepitavano: “Piglia ! Piglia ! che deve voler far delle strigarie, onde io tutta confusa partii.”
L’osso interessato fu in un secondo momento posto sotto al cuscino della stessa servetta Paolina convinte le due donne che “lo spirito del giustiziato” sarebbe comparso a rivelarle ciò che la padrona voleva sapere perpoter “guadagnàr al gioco della piria”.Per favorire meglio quella misteriosa “rivelazione notturna” la Siora Zani fece allo stesso tempo celebrare una Messa da Morto, tenne accesa una candela, e recitò “tanti Pater et Ave Maria”. la servetta Paulina ovviamente obbedì come raccontò lei stessa:“… posi l’osso suddetto sotto la mia testa ma non vidi né sentii cosa alcuna ... Perciò dopo due tre giorni facendomi coscienza andai a gettarlo in un Sacrato dentro a uno scatoletto...”

In una seconda occasione: sempre la stessa Illustrissima Sjora Cattanella Zani diede disposizioni per conquistare l’amore di un tale, di: “… far bollire un cuore di castrato in una pignatta di terra nuova legandolo con seta di più colori, fissando dentro degli aghi, con dell’acqua salata, fino a ridurlo quasi a niente ... E mentre bolliva bisognava dire: “Sì come si consuma quel cuore che bugìva, così si consumasse l’amor di Antonia che è la Signora di detto Polo, e che l’amor di Polo si ritornasse alla Siora Cattanella …” Poi il cuore ridotto in polvere venne portato dalla Strìa Laura de San Martin de Castello che lo ridusse in polvere e ordinò alle due donne di gettarlo addosso al moroso“per dar martello” ossia innescare un vero e proprio assillo e tormento a scopo amoroso: “per non far dormir, né magnar, né riposar l’innamorato …”

In una terza situazione: ancora la medesima Sjora Cattenella Zana si era inizialmente recata presso la stessa Strìa Laura de San Martin de Castelloquasi casualmente: “per comprare veli e altre cose ordinarie delle donne che non hanno a caro che i loro mariti lo sappiano …”
Ma poi da cosa era nata cosa, e le donne avevano iniziato a parlare fra loro d’innamorati e di uomini, “… cosiché principiarono come per gioco a buttare due tre volte le cordelle per vedere se tale o tall’altro le voleva bene”… Inoltre la Strega buttò nel fuoco due tre grandi di allume di rocca, che se si univano significava che i due si volevano bene.

La “cordella” era di solito una di quelle che tenevano su le calze sulle cosce delle donne (un primitivo reggicalze), e “l’arte scellerata di buttare la cordella o le fave” consisteva nel misurare, annodare la cordella per simboleggiare il legame che si voleva creare o disfare con un uomo o con una donna. Di seguito si recitavano delle formule particolari, e poi si buttava la cordella sopra a un tavolo o per terra “studiandone il risultato” per poterlo applicare al futuro dell’interessato/a: “Se i due capi della cordella si uniscono insieme è segno che si vogliono bene l’uomo e la donna per cui si fa quel gioco.”
L’illustrissima Donna Cattanella si sentiva innamorata non corrisposta, perciò chiese aiuto a Strìa Laura sul da farsi. Costei, come testimoniò in seguito la solita servetta Paulina, le suggerì prontamente a pagamento la ricetta giusta: “… devi pigliar tre ovi freschi, farli bugìr e venir duri, dividerli in quattro parti, una parte darla al gatto a mangiar, la seconda al cane, la terza gettarla in canale, la quarta non so dove andasse buttada … e questi ovi prima de cucinarli metterli in una sepoltura e farveli star una notte intera.”
La servetta Paulina andò quindi a comprare delle uova in Ghetto per ordine della padrona: “… per essere gli Ebrei senz’Anima … così giudico, e non che l’abbia ditto l’Illustrissima.”, e tutte insieme le donne andarono poi in gondola nel cimitero Ebraico del Lido dove seppellirono le uova dicendo: “… si come l’ovo non sa del morto, così el moroso di F. non possa saper dell’amor della sua Signora...”
Il giorno seguente la stessa compagnia di donne ritornò di nuovo nel cimitero, e questa volta lasciarono:“… tre ova sepolte facendovi sopra un laccetto, mentre ne prendemmo due per farle mangiare al moroso…”
Infine per compiere un altro maleficio amatorio utile, presero:“… del fango di Ghetto, altri ovi, e acqua spuzolente …” che la Strìa Laura mise in una pignatta con sale e altri ingredienti speciali.

Avrà funzionato alla fine tutto questo concitato ingarbuglio ?




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